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Fausto Coppi: a Castellania si festeggia il suo centenario con eleganza e sentimento

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Domenica 1 settembre sono tornata in una cantina che avevo già avuto il piacere di visitare grazie al Press Tour organizzato da Pellegrini 1904 SpA a fine giugno (ti invito a leggere anche il mio precedente articolo con tutte le degustazioni dei vini di questa cantina: Fausto Coppi, Vigne Marina Coppi la passione del nipote Francesco) e di cui mi sono innamorata. In questo reportage tuttavia non voglio essere tecnica perché ci tengo proprio a condividerti questa bellissima esperienza in occasione del centenario di Fausto Coppi che è stata oltre ogni aspettativa. Organizzare eventi di grande livello non è facile, ma Anna e Francesco sono stati davvero dei padroni di casa eccellenti.

Sono arrivata a Castellania Coppi intorno a mezzogiorno, con la consapevolezza che mi aspettava una giornata strepitosa. Ho subito conosciuto Marina Coppi e l’ho trovata una donna eccezionale, oltre che una fantastica padrona di casa. Beh presentandosi mi ha “confessato” di essere astemia e vegetariana, ma io sono stata felicissima di condividerle che anche il frate più celebre del mondo enologico, Don Perignon, era sia astemio che vegetariano. Una garanzia insomma! Questa macchina invece non ho la più pallida idea di che modello sia ma la trovo assolutamente deliziosa!😍

Dopo aver salutato tutti la prima cosa che ho fatto è andare a spiare il lavoro di cucina e ci ho trovato un Giancarlo Tavani intento a preparare una battuta al coltello di Fassona piemontese da orgasmo. Sì, io non sono vegetariana e anche se adoro gli animali credo che alla carne cruda non potrei mai rinunciare! La giardiniera si sentiva che era fatta in casa ed era buonissima, ma io con la carne cruda sono una purista (o forse no) e la amo con un filo d’olio extravergine molto delicato, pochissimo fior di sale e un tuorlo di quaglia crudo appoggiato sopra. La qualità della carne scelta da Francesco era pazzesca!.

Per prima cosa abbiamo fatto un giro in cantina, dove ho potuto ammirare anche la bici di Fausto Coppi, la stessa su cui Francesco ha pedalato sulle stesse colline del nonno raggiungendo un risultato straordinario. Qui ho conosciuto colleghi sommelier, professionisti del settore e winelovers molto interessanti tra un calice di Marine e l’altro! Il Marine è a mio gusto il vino bianco più riuscito dell’azienda. Non dico questo perché il Fausto non è strepitoso… ma perché fare una Favorita di questo livello è molto più angusto secondo me!

In ogni caso subito dopo sono passata al Fausto, che mi ha confermato la degustazione di pochi mesi fa! Si è presentato nel bicchiere di un bellissimo giallo paglierino intenso e brillante. Al naso è elegante, complesso e immediato con note minerali e salmastre, poi argilla, erbe aromatiche e agrumi. In bocca manifesta una grande piacevolezza e si arricchisce di un gusto di cioccolato bianco molto delicato. Strutturato e ben equilibrato tra la morbidezza e l’acidità, in cui prevale la sapidità. Lungo finale agrumato. Come ho già detto nel precedente articolo questo per me è il vino migliore dell’azienda anche se ripeto che la Favorita resta il più riuscito. Detto in altre parole: il Fausto è straordinario, ma Marine, per essere Favorita, ha ancora una marcia in più!

In giardino era allestito uno spazioso gazebo dove il celebre Chef Enrico Crippa era intento a tagliare delle erbe aromatiche dal profumo inebriante per il suo risotto. Enrico Crippa è uno chef pazzesco: le 3 Stelle Michelin per il suo ristorante Piazza Duomo ad Alba lo portano ad essere uno dei 50 ristoranti migliori del mondo. Nella sua cucina contemporanea mixa la tradizione piemontese con “ingredienti” francesi e giapponesi, ovvero dei luoghi che sono stati teatro della sua crescita. 

Va bene, va bene la cantina è deliziosa… il vino anche… ma andiamo al sodo: alle 13 passate mi mangerei anche un brontosauro di una tonnellata e mezza. Che piacere vedere chef Giancarlo Tavani che adagia uno squisito prosciutto di Parma su uno gnocco fritto così leggero e fragrante da sembrare quasi impalpabile! Che meraviglia, e quanti ne ho mangiati! Mi hanno invitata nel loro ristorante Ai due Platani a Parma [Strada Budellungo, 104/a – 43123 Coloreto]… e credo che, anche se ci ha già pensato anche la Michelin, vedrete presto la recensione qui sul mio Wine Blog date queste premesse! 😍

E ora veniamo al suo risotto al pomodoro: che spettacolo! Trovo assolutamente incredibile creare un piatto così prezioso da ingredienti così semplici! Sicuramente le erbe aromatiche meravigliose che ha usato gli hanno dato una marcia in più… ma che perfezione nella sua preparazione! Ho visto che nella mantecatura ha usato anche l’aceto… non vorrei dire un’enorme fesseria (e in questo caso Enrico Crippa è libero di bastonarmi in un commento), ma ci ho visto un’influenza dal Giappone in questo gesto. Io cucino raramente risotti, ma quando faccio il mio risotto rosso con la barbabietola manteco con burro e aceto di riso… e ho sempre pensato di farlo perché amo molto i sapori giapponesi, oltre all’equilibrio organolettico che è capace di donare senza risultare invadente come potrebbe essere un vino! Infatti mi tengo le mantecature col vino solo se lo stesso vino è protagonista del risotto che sto preparando…

A Giancarlo Tavani e al suo staff va il merito anche di questi tortelli di ricotta da urlo! Super ciccioni, pieni di ricotta e spinaci fino a scoppiare come piace a me! Niente trovo più triste di quella pasta ripiena “tutta pasta” e con uno sputacchio di ripieno! Ammetto che ho fatto il bis… ma non è stata colpa mia! C’è stato chi mi ha invitato a farlo… e io difficilmente dico di no a certe proposte indecentemente gustose! Anche se l’abbinamento proposto era un altro io ho continuato col Fausto, il mio timorasso preferito prodotto da Vigne Marina Coppi! E che spettacolo pranzare con questo splendido panorama sui vigneti e sulla collina!

Ci tengo a precisare che non ho solo mangiato e bevuto tutto il giorno: c’è stato un momento davvero emozionante che ha reso questa giornata di festa ancora più speciale! Quando Anna mi ha detto che Roy Paci (Biografia su Wikipedia) e Valerio Binasco (biografia su Wikipedia) hanno improvvisato non ci credevo: sembravano una cosa sola. La loro interpretazione di un pezzo dedicato a Fausto Coppi è stata unica, ho avuto la pelle d’oca perfino io che di gare di bicicletta non ci capisco nulla e ho venduto anno scorso anche la mia MBM Honolulu Vintage! Roy Paci riproduceva i suoni con la tromba e sembrava davvero di sentire Fausto Coppi correre sull’asfalto, mentre Valerio Binasco leggeva con un trasporto e una maestria che non riesco nemmeno ad esprimere a parole.

Finita la serata Anna mi aveva prenotato una bellissima stanza al Relais Villa Pomela di Novi Ligure, una lussuosa residenza nobiliare del 1700… è stato stupendo anche chiudere la serata sdraiata nel lettino nel mio terrazzo con un sigaro del Nicaragua guardando l’acqua della fontana danzare nella luce. Ma quello che più mi ha colpito è stata questa stanza da lettura: io adoro l’epoca vittoriana e, in particolare, ho letto (e riletto) tutti i romanzi di Oscar Wilde… mi sarebbe davvero piaciuto rileggere qui l’Importanza di chiamarsi Ernesto e “bunburare” tutta la mattina! Invece il lavoro mi chiamava di nuovo…

Anna e Francesco hanno organizzato davvero un giorno speciale in ricordo del nonno Fausto Coppi, e io sono davvero felice di avervi partecipato. Spero di cuore che, con questo reportage, sono riuscita a trasmetterti un po’ della magia che ho provato io e di aver “reso giustizia” a questo evento così bello. 

Cheers 🍷

Chiara

Vigne Marina Coppi

Via Sant’Andrea, 5 – 15051 Castellania (AL)

tel / fax +39 0131 837089

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Valtidone Wine Fest: il trionfo della Malvasia

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In questo articolo non ti parlerò di vino. Tutte le degustazioni che ho fatto durante il Valtidone Wine Fest le riserverò ad un prossimo articolo, dove sarò felice di condividerti i miei appunti e segnalarti i vini Malvasia (e non) che mi sono piaciuti di più. No, in questo articolo ho deciso di raccontarti l’esperienza che ho vissuto nella sua bellezza, con l’aspettativa di farti innamorare di questa splendida valle dove io ho lasciato un piccolo pezzettino di cuore.

Valtidone Wine Fest: Sabato 7 settembre 2019

Vini:34 | Tortelli: 170.000 | Pisarei: impossibile contarli | Coppa piacentina: a badilate | Sigari: 2 | Kg: 1.000.000 (col resto di 2) 

Un saggio ricordo che ha detto: chi ben comincia… ed è stato proprio così! Quando mi ricapita di fermarmi nel peggior Autogrill di Caracas, ehm no, della A21 e trovare un’unica brioche al pistacchio che oltretutto esplode di crema al pistacchio? Gioia pura, soprattutto per una persona che da 15 giorni esatti non tocca un carboidrato da farinacei in nessuna forma. Ho intuito in quest’istante che sarebbe stata una giornata a dir poco grandiosa. 😁🤤

Un altro saggio invece disse che “chi trova un amico trova un tesoro“… quindi è il momento di presentarti il mio nuovo bellissimo amico! Come sono arrivata nell’Agriturismo Podere Casale mi è saltato in macchina e non voleva più uscire! Cucciolo, io adoro gli animali… e schifo profondamente chi fa il prepotente con loro! Dopo che ho conosciuto Nicolas Rigamonti, titolare della struttura, mi ha seguita perfino in camera: non mi mollava più! Il mio unico gatto, che ho davvero adorato da bambina, era rosso e identico a questo. Si chiamava Pu (diminutivo/vezzeggiativo di Puzzone, perché marcava qualsiasi cosa).

Sono arrivata alle 12:30 e nonostante la super brioche mi sarei mangiata anche la sedia che avevo in camera. Il mio corpo è profondamente furbo (o ignorante, a seconda se lo chiedi a me o alla mia bilancia) ed è entrato subito in modalità “emiliana”. Sia benedetto Nicolas, anche se sono atea! Ma lo vedi questo piatto di tagliatelle ai funghi? Semplicemente squisito! Un sughetto cremosissimo e super saporito! Il suo gutturnio frizzante Podere Casale vendemmia 2017 si è sposato alla perfezione, peccato solo che ce lo hanno servito ad un paio di gradi di troppo.

Il motivo per andare all’Antica Trattoria del Tempio di Vicobarone tuttavia non sono né le tagliatelle né gli antipasti… ma lo squisito zabaione con i cantucci che mi ha tanto ricordato i pomeriggi con la mia adorata nonna Diomira. Quanta serenità nell’osservarla mentre mi preparava al volo lo zabaione prima di andare a giocare a tennis! Da bambini abbiamo la presunzione di sapere tutto e desideriamo crescere più di ogni altra cosa, poi cresciamo e ricordiamo con nostalgia quelle stagioni che non ritornano mai. In un attimo hai più di 30 anni e il terrore di finire divorata da un pastore alsaziano senza che nessuno se ne accorga (confido che il pastore, quando scende dall’Alsazia per banchettare, porti con sé almeno una bottiglia di Gewürztraminer da bagnarmi le labbra in punto di morte). Nicolas è un uomo piacevolissimo e sono felice di aver avuto la possibilità di conoscerlo pranzando insieme! Mi ha dato speranza che forse alla fine il famoso pastore non scenderà per divorarmi, ma per offrirmi la sua bottiglia migliore! [Quanto adoro i vini alsaziani…😍]

Il mio rapporto erotico con la coppa piacentina è nato durante la seconda tappa di questi due giorni: la cantina sociale Vicobarone. Vicobarone è una di quelle cantine che io chiamo affettuosamente “cantinoni” e, nonostante viviamo in un’epoca dove il vino cooperativo è spesso bistrattato, continuo a sostenere, anche fuori dal coro, che in alcuni casi è un bene che ci sia. Sono profondamente convinta che nel mondo c’è posto per tutti, a partire dal vino quotidiano. Non me ne vogliano gli enofighetti… 😁

Vicobarone nasce nel 1960 a Ziano Piacentino e conta attualmente circa 200 soci viticoltori tra i Colli Piacentini e l’Oltrepò Pavese. Confesso candidamente che avevo assaggiato un solo vino dell’azienda e non mi era piaciuto: la pluripremiata Malvasia frizzante. L’ho riassaggiata e l’ho trovata ancora una volta “seduta”. Ma il delizioso vice presidente di Vicobarone mi ha invitato a riassaggiarla ancora nel suo momento migliore con la nuova annata, e confido che mi farà ricredere. Quando però dal cilindro mi ha tirato fuori la Theta, la Malvasia ferma, ha superato ogni mia aspettativa: quanta mineralità e piacevolezza! Un calice ha davvero tirato l’altro… bravissimi!😍 Il vino però che mi ha stupito è stato l’Ortrugo, che reputo (non me ne vogliate) il fratellino un po’ sfigato della Malvasia. Beh, l’Ortrugo di Vicobarone mi è piaciuto molto e lo reputo una validissima alternativa per l’aperitivo al più famoso Prosecco.

Dopo la visita alla cantina Vicobarone, e finita la gustosa degustazione con merenda, ci aspettavano i quad di LTS Racing Team per farci fare un giro nei vigneti dei soci conferitori a tutta velocità! La scena: mi “assegnano” il quad del boss, supersportivo e senza nemmeno un microsportello da cui entrare… cioè hai presente i leggins? Impossibile, entrarci è assolutamente una cosa da uomo (o da donna con pantaloni che le vanno meno stretti!😭😝) Per fortuna Matteo ha unito l’utile (per me) e il dilettevole (per lui) e ci siamo invertiti il quad! Ed eccomi col mio “autista” davanti a San Lupo!

Il mio autista è stato brillante in due affermazioni pre-partenza di quelle che lasciano il segno: “questo non è il quad del boss dove se ti cappotti non ti fai niente, qui ti ammazzi” (che bello!) e “il boss è un super pilota, io faccio il meccanico e l’ho portato 3 volte! (rincuorante… soprattutto dopo la prima frase!). Invece è stato bravissimo pure lui e mi sono divertita un sacco, è un’esperienza assolutamente da ripetere! C’è da dire che io sono una donna un po’ anomala perché poche cose mi divertono come correre in macchina, possibilmente arrampicandomi sui passi di montagna…

Che le colline della Valtidone sono bellissime e sembrano disegnate da un grande pittore già lo sapevo… ci hanno portato proprio davanti ad una strada che adoro che si arrampica dritta su una collina tagliandola letteralmente in due, stupenda! Tutto è ordinato come in un quadro di Manet e la luce illumina i vigneti tingendoli di un verde intenso. Croce e delizia di questa terra il suo essere storicamente vocata ad un vino che non ha saputo farsi amare a sufficienza dai potenti dell’epoca, ma per questo è rimasto fedele a sé stesso e non ha subito grandi stravolgimenti.

Ero appena tornata all’Agriturismo Podere Casale a fumarmi un bel sigaro quando mi scrive Elisa invitandomi in agriturismo da lei a fare una vasca idromassaggio! E chi le dice di no? Certo, anche a Podere Casale avevo la piscina, ma c’era quel piccolissimo dettaglio insignificante dell’assenza del costume nella mia valigia… assenza giustificata dall’app Meteo che aveva previsto nuvole nere e 11 gradi per tutto il week (li mortacci sua!)! Invece è stato -quasi sempre- caldo e domenica mi sono dovuta perfino cambiare maglia perché stavo cuocendo! Comunque la vasca idromassaggio in questione era in una zona dell’agriturismo Civardi Racemus dove c’eravamo solo noi! A parte tutti gli stranieri che ci hanno fatto enormi saluti e gesti di approvazione vari dall’enorme finestra posta proprio di fronte alla vasca è stato “sfangabile” farla con i completini intimi più casti che avevamo (ed è tutto un dire…) 😁 Peccato solo che la temperatura dell’acqua rasentava la stessa che trovi in Alaska ed è cresciuta di appena 3,5 gradi in un’ora… ma fa bene alla circolazione, dicono!

La sera ci è venuto a prendere Emanuel Piacentini per portarci alla cena con i produttori all’agriturismo La Barlocca di Seminò, sempre nei pressi di Ziano Piacentino. Mai decisione di non guidare fu più saggia, dato la batteria di vini infinita che ci avevano preparato da degustare! Ho tirato fuori il mio MacBook e via a scrivere! La Barlocca è un posto incantevole e qui ci ho mangiato non solo una giardiniera da sogno, ma i migliori tortelli piacentini di questi due giorni! Che buoni… gustoso il ripieno, la pasta giusta sia come spessore sia come quantità e anche il condimento con burro e salvia era ben dosato! Non so quanti ne avrei mangiati… da fare il quadris guardando con gli occhi da cucciolo affamato la cameriera mi ha fermato solo la consapevolezza che ho perso 5 kg negli ultimi 21 giorni e non volevo rovinare tutto! 🤤

Della degustazione ti anticipo che, su 28 vini, a parte un paio assolutamente sottotono, ho trovato una qualità media al di sopra delle aspettative! Non voglio essere scontata, ma i vini che ho trovato più riusciti sono stati i passiti, in particolare il Boccadoro di Davide Valla e il Passito del Dottore di Formaggini & Peveri, seguiti dagli spumanti metodo classico di Fratelli Piacentini e Lusenti. Altro genere, mi sono piaciuti particolarmente anche il Gotturnio Superiore “Le staffe” di La Ferraia e la Bonarda frizzante di Paolo Badechini. Ci tengo che consideri questi nomi come veri e propri “rumors” perché non ho intenzione di rivelarti le mie degustazioni fino al prossimo articolo! 🤐

Valtidone Wine Fest: Domenica 8 settembre 2019

Vini:16 | Tortelli: una fiamminga intera | Pisarei: impossibile contarli | Salame piacentino: una fetta tira l’altra | Sigari: 1 | Kg: 300?

Mi sono svegliata domenica alle 7 di mattina perchè sentivo l’assenza del cuscino… e in effetti era sopra l’armadio e io nemmeno ci arrivavo a quell’altezza! Ho vagato nella stanza senza lenti modello talpa centenaria e sono più o meno salita sulla sedia per tirarlo giù… poi mi sono rimessa a dormire, col dubbio di chi o cosa ha fatto volare il mio cuscino fin lassù!

Dopo essermi fatta una doccia veloce ho aspettato che Matteo finisse di fare colazione per farmi accompagnare a prendere la macchina che era ancora al Racemus dal giorno prima e nel mentre ho bevuto almeno due tazze di caffè! Ho fatto un giro dell’agriturismo con Nicolas e ho potuto apprezzare il bellissimo panorama che si scorge dalla piscina, anche se il sole era parecchio timido… ma noi eravamo belli lo stesso!

La prima tappa della giornata ci ha portato a Ziano Piacentino, che non avevo mai visto nonostante abbia frequentato la Valtidone piuttosto spesso nell’ultimo anno. L’ho trovato un paesino assolutamente delizioso, da cartolina! La sala della conferenza aveva una libreria archivio di una bellezza incredibile… me la sono immaginata a casa mia piena di libri a tema vino, arte e architettura, lo ammetto! Il convegno “Malvasia aromatica di Candia, una scelta geniale” è stato al di sopra di ogni aspettativa! Il primo relatore, Roberto Miravalle, ha fatto un bellissimo intervento su Leonardo tra arte, storia e scienza forense. La maggior parte erano cose che già sapevo, da grande appassionata d’arte (e di Leonardo Da Vinci) quale sono… ma è stato comunque molto piacevole! Il secondo intervento è stato a cura di Stefano Pizzamiglio de La Tosa e ci ha raccontato la Malvasia come vitigno e come vino con una consapevolezza e una cultura che mi ha davvero appassionata: lo avrei ascoltato ore! L’ultimo intervento è stato a cura di Giovannella Fugazza: vinificare come nel ‘500, la prima vendemmia del vigneto di Leonardo. Nonostante abbia ricevuto un paio di domande spinose sulla malvasia negli USA (che tra l’altro non c’entrava nulla… cioè si parla di piacentino… pensa se quando ero ospite in Champagne a un convegno sullo chardonnay mi mettevo a chiedere cosa si faceva con quel vitigno in Libano… ma ti pare?) ha risposto con grande puntualità!

A pranzo, tanto per cambiare, ho mangiato salame, coppa piacentina, tortelli, pisarei e arrosto. A parte l’arrosto che era un po’ asciutto il resto era tutto buono! Del resto c’era una signora che aveva appena festeggiato i 57 anni di matrimonio col marito… ma se lei cucina così mica mi stupisco che lui se la tiene stretta! 😝

A pranzo ho bevuto due vini che mi sono piaciuti molto: il primo è di Mossi 1558, SemiCroma, una malvasia di Candia aromatica rosa vinificata come spumante metodo charmat extra dry (ma il dosaggio mi è sembrato più da brut…). Ha beva facile ed elegante! Il secondo vino che mi è piaciuto molto è di La Ferraia e si chiama “Acino d’oro“, una malvasia ferma grassa e strutturata con profumi deliziosi di frutta secca, salvia fritta e fichi.

Altri due vini di Gaiaschi mi hanno entusiasmato, entrambi da malvasia, il primo secco – Sulana- e il secondo dolce -luna gialla- che mi è piaciuto ancora di più. Anche qui per la degustazione dovrai pazientare un pochino… tempo giusto che rientro da Porto! Tra esattamente 7 ore ho l’aereo e mi aspetta un meraviglioso tour portoghese… non vedo l’ora! Sono 7 anni che manco da questa città che ho amato al punto di desiderare viverci, davvero troppi!

La scoperta di questa giornata è stata la malvasia rosa di Candia aromatica, che non sapevo nemmeno esistesse! Marco Profumo a pranzo mi ha raccontato che attualmente sono solo in 3 a produrla. Questo vitigno è nato da una mutazione anomala delle gemme. Anomala perché normalmente si muta dalla bacca nera alla bacca bianca e difficilmente accade il contrario! Questo perché tutte le uve selvatiche sono nere e, evolvendosi, possono perdere il colore, come è accaduto ad esempio per il pinot grigio e il pinot bianco, originatisi entrambi dal pinot nero. Ci sono voluti 20 anni di lavoro per selezionare e arrivare a piantare il primo vigneto di malvasia rosa di Candia Aromatica. Il Rosamata è un vino rosato da uve stramature di un bellissimo color cerasuolo brillante, con un naso elegante in cui le note floreali e agrumate si intrecciano con grande equilibrio. In bocca è strutturato e persistente, mi piace l’idea di abbinarlo a piatti diversi, dal petto d’anatra scottato a un finissimo cioccolato criollo… ma è perfetto anche da solo!

Come hai intuito è stata un’esperienza meravigliosa… spero di averti incuriosito e conto che stai aspettando trepidante l’articolo con tutte le degustazioni. Per ora è tutto regolare: il cuscino è sul letto (anche se stanotte dormo sul divano), la bilancia mi ha sfanculata come al solito e il pastore alsaziano per ora è ancora nella sua cuccia. Con una “ciotola” di traminer ovviamente!😝

E tu conosci la Valtidone? Quali sono i tuoi vini preferiti di questa zona? Ti piace più la malvasia o l’ortrugo?

Cheers 🍷

Chiara

P.S. Grazie di cuore all’Associazione Sette Colli di Ziano per questa bellissima esperienza!

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Vino Porto: 6 cose che forse non sai e 6 degustazioni

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A metà settembre sono stata a Porto con il mio più caro amico – e socio – Fabrizio e sono stata felice che anche lui ha potuto ammirare la magia di questa città e degustare questi splendidi vini. Quando sento parlare di vini liquorosi, ed in particolare di Vino Porto, sento e leggo informazioni piuttosto confuse. Questo perché anche nelle lezioni delle varie associazioni sommelier e affini ci si sofferma davvero poco su un argomento che in realtà è molto sfaccettato e complesso. Io sono una grande amante del Porto, così come amo tantissimo la città di Oporto! Ho trovato Lisbona bellissima, ma è a Porto che ho lasciato il cuore! Per questo spero con questo articolo di chiarirti una volta per tutte cos’è il Porto e come viene prodotto… e anche di darti qualche spunto su quale Vino Porto comprare! Non sarà l’unico articolo sul Porto che pubblicherò in questi giorni: aspettati anche eccezionali storie su Burmester, Kopke, Ramos Pinto…

Peccato solo per le foto che ho fatto durante questa degustazione: il tempo era davvero pessimo e la luce terribile! Così ho deciso di usare uno dei magnifici scatti che ho fatto in notturna grazie alla mia splendida Sony RX100MIV sponsorizzata da Universo Foto con la collaborazione di Sony Italia… impareggiabile!

Vino Porto: 6 cose che forse non sai di lui

 1. Anche se sicuramente il Porto Ruby è il più diffuso, il Porto ha tanti colori: bianco, rosa, rosso e tawny! In particolare, il Porto Ruby e il Porto Tawny sono entrambi vini fortificati rossi che si differenziano per il tipo di invecchiamento. Il Porto Ruby invecchia in botte grande mentre il Porto Tawny invecchia in botte piccola. Per questo motivo il Porto Ruby si presenta di un bel colore rosso rubino concentrato mentre il Porto Tawny si presenta di colore rosso granato nel caso di un Fine Tawny o un Tawny Reserve, e di colore bronzo sempre più chiaro negli Old (Aged) Tawny. Il White Port invece è un vino fortificato bianco che ha un colore che parte dal giallo paglierino per i più giovani e arriva all’ambra scuro per i più vecchi.

2. In etichetta c’è l’indicazione dell’annata in soli due casi: per il Porto Vintage e per il Porto Colheita. Il Porto Vintage è sempre e solo un Porto Ruby prodotto solo in annate dichiarate eccezionali dall’istituto Vinho do Porto. Quindi parliamo di un vino fortificato rosso che prima invecchia in botte grande per 2 anni, poi affina in bottiglia per almeno 10 anni (anche se i migliori si apprezzano dopo almeno 30 anni e anche fino a 100 anni). In un decennio, mediamente, solo 2 o 3 annate vengono dichiarate Vintage. Essendo poco abituato al contatto con l’ossigeno, una volta aperto deve essere tassativamente consumato entro 3-4 giorni, ma i più vecchi cambiano in negativo già dopo poche ore. Il Porto Colheita può essere White o Tawny. Colheita significa letteralmente “vendemmia” e anche questa tipologia viene prodotta nelle migliori annate, ma a discrezione delle singole cantine. Sia nella sua versione White sia nella sua versione Tawny affina in botte piccola per tanti anni, da 7 a 50, poi è pronto da bere. Una volta stappato, essendo abituato al contatto con l’ossigeno, si conserva intatto anche per diverse settimane.

3. Il Porto Late Bottle Vintage è la versione Low Cost del Porto Vintage. Quindi è un vino fortificato rosso di una sola annata che invecchia in botte grande per un periodo che va da 4 a 6 anni e può fare un brevissimo affinamento in bottiglia, anche se tendenzialmente è pronto da bere. Come il Porto Vintage, una volta aperto, deve essere consumato nel giro di pochissimi giorni. Esiste una sua variante “Crusted” ovvero “non filtrata” e ricca di sedimenti sul fondo, anche se ormai questo stile è “obsoleto” per gli LBV (ne ho comunque bevuto uno interessante da Quinta de Noval). Oggi i Porto Crusted sono prevalentemente Porto Ruby ottenuti da blend di più annate, non filtrati. Anche in questo caso una volta stappato deve essere consumato velocemente.

4. Il Vino Porto non è prodotto a Porto, ma lungo il fiume Douro, in una zona che dista anche diverse ore dalla città. A Porto, anzi a Vila Nova de Gaia, il Porto invecchia solamente. A seconda della zona del Douro in cui è prodotto, può avere una qualità superiore (alto Douro) o inferiore (basso Douro). Per capire il Porto dobbiamo immaginare un tessuto enologico molto diverso da quello italiano: lungo il Douro ci sono Quinte (ovvero cantine) che producono i vini da conferire a uno o più cantine di Porto, che poi invecchiano e affinano il vino creando un prodotto finale che rispecchia il loro stile. In questa logica, il Porto proveniente da una singola Quinta è da considerarsi di qualità inferiore rispetto al vino Porto prodotto da un blend di più cantine. Prima di tutto perché se si è cercata l’unica cantina probabilmente l’annata non è stata poi così speciale, anche se spesso viene giustificato dicendo che in quella tenuta c’è stato un raccolto eccezionale! Ma se l’annata era eccezionale per davvero si sarebbe prodotto un Vintage, con uve provenienti da diverse tenute…

5. I Porto Aged possono essere White o Tawny. Una volta usciti dalla loro piccola botte, questi Porto sono pronti da bere, quindi è inutile che li conservi in cantina sperando in un qualche miglioramento: se hai acquistato una sòla, sarà una sòla anche tra 10 anni, stai sereno! Ho sentito vociferare di Colheita che più li lasci in bottiglia più migliorano, è falsissimo! C’è solo una grande confusione col Porto Vintage, tutto qui! Il Colheita segue le stesse sorti dell’Aged Port perché, anche se è prodotto con un vino di una sola annata come per il Vintage Port, il processo di vinificazione è lo stesso dell’Aged Port, ed è questo che conta. Inoltre quasi sempre i tappi di Colheita ed Aged sono studiati per limitare al massimo lo scambio con l’ossigeno. In pratica, tra un Colheita 1980 e un 40 years old la differenza è che il Colheita è prodotto solo con vini della vendemmia 1980 mentre il 40 years old è prodotto con un blend di vini di cui solo una parte hanno almeno 40 anni mentre l’altra parte, a discrezione del produttore, può utilizzare vini ancora più vecchi o più giovani.

6. Se sento ancora un sommelier, un relatore di un qualsiasi corso, un giornalista, un wine blogger, un gatto o una volpe dirmi che il White Port, ovvero il Porto Bianco, è un vino giovane da aperitivo estivo giuro che lo picchio. Giuro, porca paletta! Ma stare zitti che si fa più bella figura? Io non mi metto a parlare di calcio se non so come si gioca! In un articolo sul Porto mi è capitato di leggere che i White Port sono “Molto economici e facilmente reperibili, rasentano il gradino più basso della gerarchia, se così vogliamo definirla.” Ma li mortacci, lo sai che il vino più vecchio attualmente in commercio di Kopke è un White Port Colheita 1925? Io sono una grande estimatrice degli Aged White Port e mi cade un capello ogni volta che sento una cazzata di queste proporzioni… in realtà i White Port si possono assimilare, nella produzione e nelle tipologie offerte, al Porto Tawny… la principale differenza è che sono vini fortificati prodotti con uve bianche e non rosse! Fine della fiera!

Quando leggo sul web mille e mila cazzate mi innervosisco e mi viene voglia di scrivere e ribellarmi all’ignoranza. Quindi già da un po’ covavo la voglia di scrivere questo articolo… anche se in realtà l’idea di fare una degustazione di Vino Porto bianco non è mia, me l’ha data un caro amico giornalista, Marco Antonucci, che presto ringrazierò personalmente. Mentre ero a Porto era il suo compleanno e mi ha suggerito di brindare in suo onore col White Port che mi è piaciuto di più… beh io gli auguro di vivere altri 100 anni ricchi di successo e passione con la sua splendida testa.

E ora passiamo a questi splendidi White Port che, per fortuna, non sono vinelli semplici ed economici che vanno bene giusto per un aperitivo semi-scadente come ho letto spesso in wine blog e wine magazine scritti da cialtroni a vario titolo.

 A loro discolpa dico che a Porto, con il White Port Secco (che tanto secco non è perché ha comunque più di 40 g/l di residuo zuccherino) esistono numerosi cocktail, a incominciare dal più famoso, il Porto Tonic, preparato con Vino Porto, Soda e fettina di limone.

Vino Porto: 6 Degustazioni di white port a cura di dalva wines

1. Vino Porto “Dry White Port by Dalva Wines” – 9,5€

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante e consistente. Al naso è fine ed elegante, con piacevoli note di cioccolato bianco, vaniglia e limone, con una scia finale di erbe aromatiche, soprattutto maggiorana. In bocca ha una beva piacevolissima, lo zucchero si sente senza essere fastidioso. Un sorso tira l’altro! Molto avvolgente al palato, è ben equilibrato tra morbidezza e acidità. Lungo e sapido sul finale. In assoluto uno dei due White Port migliori che ho bevuto in questi giorni!

2. Vino Porto “Dry White Port reserve by Dalva Wines” – 13€

Si presenta di un bellissimo colore giallo dorato brillante con sfumature oro antico. Al naso è elegante e complesso con note di fico e albicocca, noci e nocciole tostate e zucchero di canna. In bocca è morbido, ben equilibrato, freschissimo, coerente e si sentono le stesse piacevoli note tostate. Finale morbido piuttosto lungo. Uno dei migliori White Port Reserve assaggiati in questo soggiorno portoghese, anche se consiglio di scegliere il 10 Years Old perché ha davvero una marcia in più pur rimanendogli fedele… e con pochissima differenza di prezzo!

3. Vino Porto “White Port 10 years old by Dalva Wines” – 20€

Si presenta di un bellissimo colore giallo dorato intenso e brillante con sfumature ambrate. Al naso è complesso, elegante e fine. Si riconoscono note di fico caramellato, albicocca, mandarino candito che sfumano in deliziose note balsamiche. In bocca è equilibrato e freschissimo, coerente, si sentono molto le note tostate. Lungo finale di mandarino candito. Gran bel White Port, anche questo con un eccellente rapporto qualità prezzo. Più vicino al White Port Reserve che al 10 Years Old. Perfetto da bere servito fresco in abbinamento a formaggi di capra o erborinati.

4. Vino Porto “White Port 20 years old by Dalva Wines” – 45€

Si presenta di un bel colore ambra chiaro brillante. Al naso è completamente diverso rispetto ai precedenti. Si intrecciano note di croccante alle mandorle, miele, rabarbaro, gelato alla crema, burro crudo, vaniglia bourbon e tabacco. In bocca è elegante e intenso, freschissimo, molto lungo sul finale e con un particolare intreccio di erbe medicinali e miele d’estate che rimane persistente nel palato. Più “vicino” al White Port Colheita 1989 che al Colheita 2007, ha un ottimo rapporto qualità prezzo.

5. Vino Porto “White Port Colheita 2007 by Dalva Wines” – 30€

Si presenta di un bel colore ambra scuro intenso e brillante. Al naso è molto elegante e complesso, con intensissime note di resina e balsamiche ben definite. Si riconoscono il cioccolato 100%, il coriandolo, il legno di sandalo e la confettura di albicocca che sfumano in un finale affumicato. In bocca è molto equilibrato tra freschezza e morbidezza. Quando passa qualche minuto al naso compaiono piacevolissime note di frutta secca tostata. Lo zucchero si sente, ma non è né invadente né stucchevole. In bocca è freschissimo e intenso, molto coerente e con un lungo finale di nocciole. Per me, di tutta la batteria, è in assoluto il White Port di Dalva da comprare senza pensarci nemmeno un istante. Fantastico il Colheita 1989, ma a mio avviso questa 2007 è molto migliore! Penso che se hanno lasciato qualche 2007 in botte piccola ad affinare e la imbottiglieranno tra 20 anni ci regalerà emozioni uniche! 

6. Vino Porto “White Port Colheita 1989 by Dalva Wines” – 130€

Si presenta di un bel giallo ambra abbastanza scuro e consistente. Al naso è elegante e intenso, con note molto tostate ed affumicate. L’albicocca è presente nella sua forma sciroppata, ma in realtà è molto delicata. Sono invece più intense le note speziate di pepe bianco. Delizioso e definito il profumo della frutta secca, in particolare di mandorle e nocciole. Tutti questi sentori sono avvolti da una piacevolissima nota di miele di castagno che sfuma in un ricordo di affumicato. Man mano che si apre è un tripudio di frutta secca. In bocca è morbido, molto fresco, coerente. Si sente di più l’alcol rispetto all’annata 2017.

Grazie alla splendida Filipa De Castro per l’eccellente spiegazione e la bellissima degustazione. Grazie al Boss di Dalva Wines e a Espaco Porto Cruz per l’ospitalità.

See u son, my delicious Portugal!

Chiara 

Hai già comprato il mio libro “Come diventare Sommelier”?

Tutto quello che c'è da sapere sul vino in meno di 300 pagine. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i "già sommelier" che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione.

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38 reviews for Come diventare sommelier

  1. silvia costa (proprietario verificato)

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    Sintetico e completo.grazie

    1 persone su 1 hanno trovato utile questa recensione. Questa recensione è stata utile per te?
  2. Roberto (proprietario verificato)

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    Mi sta dando una mano incredibile a preparare l‘esame da sommelier. Contiene tutte le nozioni necessarie, scritte in maniera chiara, semplice e ridotta al‘essenziale

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  3. Gabriele Bergese (proprietario verificato)

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    Ieri sono diventato ufficialmente Sommelier. Più soddisfatto di così

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  4. ANTONIO (proprietario verificato)

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    Davvero utile e prezioso, scritto con passione e con la giusta dose di ironia. Grazie

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  5. Massimo Masin (proprietario verificato)

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    Si, 😊un bel compagno di viaggio, ottimo x un ripasso generale

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  6. Vincenzo Fini (proprietario verificato)

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    Completo ed esauriente.Grazie al tuo libro Chiara sono venuto a conoscenza di cose che prima non sapevo.Molto ben fatta la parte che riguarda vini ed altre bevande straniere.Un unica cosa: qualche foto che descriva passo per passo come opera un sommelier oppure i disegni che rappresentino la lavorazione del vino dall uva al mosto fino all imbottigliamento ci vorrebbero(ma sicuramente tra qualche ristampa so che le metterai).A parte questo è un ottimo lavoro il tuo Chiara.I miei più sentiti saluti e auguri per il tuo futuro Chiara.P.S:io mi chiamo Michele ho dovuto usare il nome di mio padre per la spedizione visto che vivo con lui

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Grandi Vigne: 36 vini di qualità a un prezzo incredibile che trovi all’Iper

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Sabato 5 ottobre sono stata invitata alla degustazione viniGiro d’Italia in 80 vini” del progetto “Grandi Vigne” di Iper presso il Centro Commerciale Portello di Milano. L’Iper Portello di Milano è comodissimo da raggiungere anche in Metro perché sulla nuova linea lilla c’è proprio la fermata “Portello” che si trova a 5 minuti a piedi dall’ipermercato. Oltretutto non ero mai salita su una metropolitana senza conducente e mi è piaciuto tantissimo sfrecciare sui binari sotterranei di Milano in primissima fila davanti al grande vetro del treno! Arrivata all’Iper sono stata accolta da una gentilissima Raffaella Roani dell’agenzia Arvis, che mi sento di consigliare a tutti per la professionalità: lavoro con tantissime agenzie stampa e agenzie di marketing e raramente mi capita di incontrare persone così precise e organizzate! La prima parte della giornata è stata organizzata allo Chalet degli Eventi, allestito con grande cura: deliziosi i tavolini con cavalletto di betulla e le erbe aromatiche ovunque. Io adoro le erbe aromatiche, anche se le piantine di basilico tremano solo al mio avvicinarsi per un certo passaparola che si è creato sulla mia presunta vena omicida nei confronti di queste profumatissime creature! (Sono tutte voci, giuro! 😇😅)

L’enologo Fabrizio Stecca ci ha piacevolmente introdotto il progetto Grandi Vigne e accompagnato insieme alla brava Ilaria in un viaggio multisensoriale di abbinamento tra olio, vino e cibo. In effetti ho trovato interessanti anche gli oli extra vergine d’oliva proposti, in particolare quello dell’azienda Bonomini “Passioni di Verona” Veneto Valpolicella DOP. Dopo mi sono sguinzagliata per le bellissime casette divise sia per regione, sia per vini biologici o senza solfiti aggiunti. Dentro ci ho trovato sommelier molto preparati e spesso anche gli stessi produttori ed è stato un piacere parlare con alcuni di loro!

Grandi Vigne è “una ricerca rigorosa, un sogno condiviso e il desiderio di offrire a tutti l’esperienza unica di incontrare la qualità e l’eccellenza di piccoli produttori italiani. Grandi Vigne è un progetto di salvaguardia della tradizione vinicola del nostro Paese, frutto di impegno e di esperienza. E di una vera e propria scelta di passione.” In pratica Iper, La grande i è al fianco dei piccoli produttori in questo progetto etico win to win: da un lato il consumatore può bere bene a un prezzo molto conveniente, dall’altro i piccoli produttori possono avere una visibilità maggiore su tutto il territorio italiano, intercettando un pubblico diverso da quello che è normalmente in loro target. In realtà, dato che da quanto ho visto i produttori escono con una linea esclusiva per Grandi Vigne che non è con il loro marchio consueto, più che di visibilità parlerei di opportunità. Intercettando un’altra ampia fetta di pubblico possono infatti avere maggiori risorse da impiegare nel mantenere e nell’accrescere i loro standard qualitativi.

Come sai sono una wine blogger “pratica”, mi piace andare al sodo delle cose e creare contenuti di valore per te che hai piacere di leggermi… quindi invece di farti la solita, inutile, sviolinata sul perché reputo Grandi Vigne un progetto davvero interessante che merita da parte tua una grande attenzione, voglio segnalarti i vini più buoni che ho degustato, con tanto di punteggio e note… in modo che puoi andare dal tuo Iper di fiducia già stasera e approfittare di questo favoloso sconto del 30%! Mi raccomando, i prezzi che trovi in questo articolo sono validi fino al 20 ottobre 2019, c’è pochissimo tempo ancora!

Breve nota che sembra banale, ma non lo è affatto! Ti premetto che ognuno dei punteggi in centesimi che ho dato sono in funzione del rapporto qualità/prezzo rispetto alla tipologia del vino stesso. Ovviamente non puoi paragonare, ad esempio, un Rosso Piceno DOC a un Merlot Marca Trevigiana IGT anche se sono entrambi rossi, costano praticamente uguali e hanno un punteggio simile. Invece di dividerti i vini per Regione ho preferito ordinarteli per punteggio nella rispettiva fascia di prezzo in modo da agevolarti nel preparare la tua “lista della spesa”. Fammi sapere in un commento se ti è piaciuta questa idea! 😍

Grandi Vigne: Vini sotto i 5 €, i migliori (>75/100)

Sono sincera, quando penso che si può comprare un vino buono e fatto bene con meno di 5 € sono sempre incredula: del resto io per prima ammetto di non comprare vino al supermercato. A mia discolpa dico che in realtà non compro vino da nessuna parte: mi arrivano talmente tanti campioni da degustare a casa che faccio già fatica a stare già dietro a quelli! 😅 Di questa batteria di vini sotto i 5 € i tre che mi hanno rubato il cuore sono il Merlot Marca Trevigiana, La lacrima di Morro d’Alba e il Sangiovese Superiore di Romagna Senza Solfiti Aggiunti.

Merlot marca trevigiana igt "senza" senza solfiti aggiunti scontato € 4,49

Lacrima di morro d'alba doc "don de re" scontato € 4,29

Rosso piceno superiore doc "ferola" scont. €3,69

Ribolla gialla vino spumante Brut "Il Zardin" scontato € 4,89

sangiovese superiore romagna doc senza solfiti aggiunti scontato € 4,79

barbera oltrepò pavese doc senza solfiti aggiunti scont. € 4,79

prosecco treviso doc Extra dry "val del galinel" scontato € 4,65

merlot veneto igt biologico "Canal lia" scontato € 3,95

Malvasia bianca salento igt "La sabelluccia" € 3,69

Negramaro Rosso Salento IGT "La Galiarda" scont. € 3,69

Lambrusco Rosso Secco Reggiano DOC "Valle scura" scontato € 2,99

Morellino di Scansano DOCG "La Fagnina" scontato € 4,39

inzolia-grillo sicilia doc biologico "Laila" scontato € 3,69

bonarda oltrepò pavese doc "Campo dei salici" scontato € 3,29

Barbera dell'Oltrepò Pavese DOC "I Monticelli" Scontato € 3,25

Sangiovese superiore Romagna DOC "Mazzolano" Scontato € 4,49

Grandi Vigne: Vini nella fascia di prezzo 5-10 €, i migliori (>75/100)

 In questa fascia di prezzo troverai quelle che, secondo me, sono state le bevute migliori. Scegli liberamente tra questi vini e riempiti letteralmente la macchina: avrai vini quotidiani di grandissimo pregio con un rapporto qualità prezzo che ancora non ci credo nemmeno io, giuro! A incominciare dal Muller Thurgau, un vino che normalmente non mi fa impazzire e qui mi è piaciuto così tanto da volermene comprare una bottiglia, forse per merito del suo naso intensissimo ed elegante. Il Valtellina Superiore è pazzesco, ha un naso di spremuta di arancia rossa e mora matura che sfuma nella cannella. Uno spumante Trento DOC così buono a questo prezzo non lo commento nemmeno, davvero.

Muller Thurgau alto adige doc "Kenzel" scontato € 6,89

Trento DOC Brut "Maso Carpine" scontato € 6,89

Valtellina Superiore DOCG "Sassella" Scontato € 8,29

Gewurtztraminer alto adige doc "Branden" scontato € 8,29

bolgheri rosso doc "i Rusignoli" scont. € 9,39

Vin santo del chianti doc "Cantini" Scontato € 24,40

Aglianico del Vulture DOC "Nevio" Scontato € 7,99

Etna Rosso doc "Sciara Scura" scontato € 7,59

Rosso di montalcino doc "San piero" scontato € 8,69

Chianti classico docg "La vittoria" scontato € 5,49

Montefalco rosso DOC "Il Montagnolo" Scontato € 5,49

Vermentino bolgheri doc "duplice filar" scontato € 6,59

Passerina vino spumante brut "Le prete" scontato € 4,49

Lugana DOC "Il penacin" scontato €5,89

Ribolla gialla friuli colli orientali doc "moalmàcie" scont. € 5,45

Grandi Vigne: Vini nella fascia di prezzo 10-15 €, i migliori (>75/100)

In questa fascia di prezzo nella linea Grandi Vigne in sconto non ci sono molti vini e alcuni non mi hanno fatto impazzire. Però una menzione d’onore la merita questo Franciacorta che, nella sua declinazione Brut, è stato davvero capace di colpirmi.

Franciacorta DOCG Brut "la Chiesuola" Scontato € 10,40

Passito di pantelleria "gelka" Scontato € 13,90

Franciacorta DOCG Brut Satén "Rive mure" Scontato € 13,10

Grandi Vigne: Vini sopra i 15 €, i migliori (>75/100)

Purtroppo in degustazione non ho trovato altri vini del progetto Grandi Vigne sopra i 15 €, pertanto non so dirti come siano. Anzi, se sei riuscito ad assaggiare l’Amarone della Valpolicella Classico DOCG “I filari del Pigno” che scontato costa € 17,90 o il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG che scontato costa € 24,90 ti invito a segnalarmi la tua opinione in un commento in modo che sia utile a tutti! Grazie di cuore! 😍

Sforzato di Valtellina DOCG "La Tecia" Scontato € 17,40

Vin santo del chianti doc "Cantini" € 24,40

I vini “Grandi Vigne” sono in vendita in esclusiva presso Iper, La grande i, in 21 ipermercati divisi in 4 regioni del Nord Italia che ti riporto qui sotto. Personalmente ti consiglio di recarti, con la scusa di fare scorta, a uno di questi centri anche se non sei immediatamente in zona: i vini hanno un rapporto qualità prezzo così straordinario che per me valgono tranquillamente una cinquantina di km… a patto di riempire il bagagliaio dopo aver fatto accuratamente posto nella tua cantinetta.🤣

Grandi Vigne in Lombardia:

  • Montebello della Battaglia (PV) – Centro Commerciale Montebello;
  • Gadesco (CR) – Centro Commerciale Cremona Due;
  • Brembate (BG) – Centro Commerciale Brembate;
  • Orio al Serio (BG) – Centro Commerciale Orio Center;
  • Seriate (BG) – Centro Commerciale Alle Valli;
  • Milano – Centro Commerciale Iper, La grande i;
  • Milano – Centro Commerciale Piazza Portello;
  • Arese (MI) – Centro Commerciale Il Centro – Presto si terrà un evento bellissimo proprio come questo, rimani aggiornato!
  • Busnago (MI) – Centro Commerciale Il Globo;
  • Magenta (MI) – Centro Commerciale Iper, La grande i;
  • Rozzano (MI) – Centro Commerciale Fiordaliso;
  • Vittuone (MI) – Centro Commerciale Il Destriero Shopping Center;
  • Varese – Centro Commerciale Belforte
  • Solbiate Olona (VA) – Centro Commerciale Le Betulle;
  • Grandate (CO) – Centro Commerciale Iper, La grande i;
  • Monza (MB) – Centro CommercialeIper, La grande i;
  • Lonato (BS) – Centro Commerciale Il Leone Shopping Center.

Grandi Vigne in Piemonte:

  • Serravalle Scrivia (AL) – Centro Commerciale Serravalle;
  • Tortona (AL) – Centro Commerciale Oasi Tortona;

Grandi Vigne in Veneto:

  • Castelfranco Veneto (TV) – Centro Commerciale I Giardini del sole;
  • San Martino Buon Albergo (VR) – Centro Commerciale Le Corti Venete

Grandi Vigne in Emilia-Romagna:

  • Savignano sul Rubicone (FC) – Centro Commerciale Romagna Center;

 Cheers🍷

Chiara

PS Ci tengo molto che mi scrivi in un commento se conoscevi già il progetto “Grandi Vigne” e se hai già degustato, o degusterai, qualcuno dei vigni che ti ho segnalato. Oppure se hai da segnalarmi anche altri vini di questo progetto che hai bevuto e che secondo te sono meritevoli di nota. Un’ultima cosa… tu compri vino al supermercato? Se sì, quale e per quale occasione? Grazie di cuore in anticipo per il tuo commento!

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Scheda grafica di abbinamento cibo-vino: studiamo insieme?

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Da questa settimana ho deciso di “riordinare” tutti i vecchi appunti del mio wine blog dedicati agli aspiranti sommelier per tenerli sempre aggiornati e spero di cuore che ti faccia piacere! Oggi voglio aiutarti a imparare a leggere la SCHEDA GRAFICA DI ABBINAMENTO ©AIS  e suggerirti le migliori tecniche di abbinamento cibo vino. In fondo alla pagina sono inoltre presenti numerosi esempi di cibi con gli abbinamenti ottimali per aiutarti a studiare in vista dell’esame AIS. Questo approfondimento tuttavia, anche se è pensato per gli aspiranti sommelier che si preparano per affrontare l’esame AIS, è utile anche a tutti gli appassionati di vino che vogliono imparare e tecniche d’abbinamento ufficiali.

Partiamo da una regola di base fondamentale: la degustazione del cibo si affronta esattamente come quella del vino e deve essere fatta in un ambiente luminoso, silenzioso e senza odori e profumi che possano distrarre l’olfatto. Occorre inoltre non ingerire sostanze dal sapore forte e persistente e soprattutto non fumare. Il cibo e il vino devono essere serviti alla temperatura giusta e non essere numerosi, ma soprattutto essere proposti in una sequenza logica di assaggio, senza condizionamenti e in perfetto stato di salute. Anche l’assunzione di molti medicinali, infatti, limita o altera la nostra capacità di distinguere e percepire i sapori e bisogna tenerne assolutamente conto.

Ma come sono coinvolti i nostri sensi nell’analisi del cibo?

  • Vista = Colori e geometrie;
  • Olfatto = Profumi;
  • Gusto = Sapori;
  • Tatto = Consistenza, morbidezza;
  • Udito = Rumore, croccantezza.

Ognuno dei nostri sensi deve essere adeguatamente stimolato per farci apprezzare un cibo fino in fondo, ed è per questo che gli chef di livello ricercano questa completezza sensoriale quando creano un piatto che gioca su forme, gusti, consistenze.

Scheda grafica di abbinamento: quali sono le sensazioni morbide?

Prima di parlare di abbinamento cibo vino, vediamo insieme di definire le Sensazioni Morbide dei cibi:

  1. GRASSEZZA: è data dai grassi solidi, ovvero da quelli che danno una percezione solida tra lingua e palato. Il burro ed il lardo danno quella sensazione pastosa in bocca perché non si sciolgono subito. Anche il cioccolato tendenzialmente lo è perché contiene quasi sempre almeno un 30 % di burro di cacao che è responsabile di quella nota pastosa che il cioccolato, soprattutto fondente, ci lascia in bocca dopo la deglutizione. Ma anche la carne, il formaggio, alcuni salumi…
  2. TENDENZA DOLCE:  è propria di un ingrediente e non è da non confondere con la dolcezza vera e propria, data dagli zuccheri aggiunti in una preparazione. La tendenza dolce è invece qualcosa che assomiglia alla dolcezza ma è più vicino all’insipido. Tipica degli amidi, dei carboidrati, delle carni succulente, del pane, dei formaggi, del latte, delle patate, della frutta, del pesce…
  3. SUCCULENZA: è data dalla presenza di liquido in bocca. Si definisce INTRINSECA quando c’è del liquido direttamente nella preparazione che mettiamo in bocca (ad esempio un brodo od un piatto molto condito o le ostriche, i bolliti ed i brasati) insomma quando è propria del cibo. Si definisce INDOTTA se proviene da sostanze che stimolano la masticazione che a sua volta genera salivazione (bistecca fiorentina, spezzatino di cinghiale, pane, formaggi…).
  4. UNTUOSITA’: è data dall’olio vegetale o da grassi animali liquefatti (che però danno contemporaneamente sia la sensazione di untuosità sia la sensazione di grassezza). Mentre il grasso è qualcosa di solido, la nota untuosa è qualcosa di liquido che rende la lingua velata ed insensibile.  Se in una preparazione non c’è olio vegetale e non ci sono altri grassi liquidi non possiamo avere questa sensazione!

Scheda grafica di abbinamento: quali sono le sensazioni dure?

Non siamo ancora pronti per parlare di abbinamento cibo vino! Prima di “sbilanciarci”, definiamo le Sensazioni Dure dei cibi:

  1. SAPIDITA’: è il carattere saporito tipico del sale, che può essere aggiunto prima o dopo la cottura oppure durante la stagionatura di formaggi e salumi o le preparazioni di pesci come aringa e baccalà. Particolare è l’agnello presalée della Normandia che pascola mangiando erba investita da correnti salmastre dell’oceano ed ha una carne già sapida di suo.
  2. TENDENZA AMARA: la percepisci sul fondo della lingua e può essere data da alimenti che hanno questa caratteristica INTRINSECA (ovvero propria) come i carciofi, il radicchio, il fegato, il tartufo, gli affumicati… oppure deriva dalla cottura degli alimenti alla griglia ed alla brace, o per una forte presenza di erbe aromatiche.
  3. TENDENZA ACIDA: la percepisci se c’è una presenza rilevante di sostanze acidule. Presente in quasi tutti i derivati del latte o nelle preparazioni a cui è stato aggiunto qualcosa di acido come l’aceto, il limone o la salsa di pomodoro poco cotta.
  4. SPEZIATURA: la percepisci con l’olfatto ed è determinata dall’addizione di spezie od erbe aromatiche cotte. Si trova nei salumi ed in alcuni formaggi stagionati. Questa sensazione a volte è accompagnata dalla piccantezza.
  5. AROMATICITA’: la percepisci con l’olfatto e può essere naturale (pesce, formaggi, crostacei, funghi…) o è qualcosa di gustoso e profumato dato da spezie od erbe aromatiche a crudo usate anche in combinazione tra loro.

Scheda grafica di abbinamento: come si compila?

Compilare la scheda grafica di abbinamento cibo vino è la traduzione pratica di quanto hai percepito durante la degustazione del cibo e del vino. Non devi vedere la scheda grafica di abbinamento come un nemico insidioso, piuttosto come un alleato che ti aiuta a trovare l’abbinamento perfetto! Come degustatore la puoi usare per interpretare ciò che assaggi e la devi mettere al servizio dei tuoi sensi e della tua esperienza. Per questo, per compilarla correttamente, il primo passo che devi fare è imparare a riconoscere le sensazioni che percepisci sia nel vino sia nel cibo, per poi mettere una crocetta a matita nel quadratino vicino a ciascun termine. Fatto questo hai fatto la parte più importante, ovvero hai capito cosa c’è a livello sensoriale in quello che stai degustando! A questo punto devi procedere con la valutazione dell’intervallo di percettibilità di ogni sensazione individuato nelle specifiche scale di valori del vino e del cibo.

Scheda grafica di abbinamento: impariamo a riconoscere insieme gli elementi grafici.

Nella scheda puoi vedere:

  • 10 cerchi concentrici con numerazione da 0 a 10 dal centro verso l’esterno;
  • 6 binari paralleli che evidenziano i caratteri organolettici del vino;
  • 6 rette divergenti dal centro per indicare le sensazioni del cibo;
  • un riquadro per la definizione della struttura del cibo e del corpo del vino;
  • il riepilogo finale con l’esito dell’abbinamento (valutazione dell’abbinamento).

NB = Non si definiscono quasi mai le caratteristiche del vino con il termine massimo (molto intenso, molto persistente, alcolico e pastoso…) e spesso si spera di non doverlo fare perché sono termini negativi (acidulo, astringente, salato…). Questi termini corrispondono alla fascia 8-10. Se è vero che molti abbinamenti risultano armonici, questo accadrà anche per le sensazioni percepite nel cibo, che molto raramente saranno valutate nella fascia molto percettibile (8-10). In pratica l’equilibrio, come sempre, fa la differenza tra un vino e un cibo di qualità oltre che in un abbinamento corretto.

Scheda grafica di abbinamento: come si usano i cerchi concentrici e la relativa scala di valori da 0 a 10?

In verde ti ho evidenziato il range che puoi considerare positivo quando compili la scheda grafica (da 4 a 8), ovviamente a patto che sia ugualmente bilanciato tra vino e cibo.

  • 0-1-2 IMPERCETTIBILE = Praticamente non valutabile perché appena accennato o non presente;
  • 2-3-4 POCO PERCETTIBILE = Quando la sensazione si avverte di sottofondo;
  • 4-5-6 ABBASTANZA PERCETTIBILE = Se la sensazione è percepita in modo sufficiente da poterla analizzare;
  • 6-7-8 PERCETTIBILE = Se la definizione è netta, ben identificata e spiccata, lo stimolo risulta ben definito.
  • 8-9-10 MOLTO PERCETTIBILE = sensazione predominante, che caratterizza quasi in modo esclusivo quel piatto. Non si usa quasi mai (Ad esempio il burro è da 9 perché al 90% è grasso).

Dopo aver messo i punti sul cerchio corrispondente alla valutazione della sensazione, si congiungono i punti fino a formare un poligono che può essere più o meno ampio. L’interpretazione del grafico dà un’idea sull’armonia dell’abbinamento cibo-vino proprio partendo dall’ampiezza dei rispettivi poligoni.

  1. Poligono con superficie ridotta e determinata da pochi vertici o, se numerosi e non particolarmente pronunciati = è un cibo con un carattere semplice, con poche sensazioni percepite od un basso livello di percettibilità. Si abbina bene a un vino leggero.
  2. Poligono con superficie ampia, determinata da molti vertici, la maggior parte pronunciati = è un cibo con carattere forte e ad alto livello di percettibilità. Si abbina bene a un vino con caratteristiche sensoriali spiccate.

Scheda grafica di abbinamento: quali differenze ci sono tra la degustazione del vino e la degustazione del cibo?

Degustazione del vino

  • individuazione di tutte le caratteristiche sensoriali;
  • individuazione dell’intervallo di percettibilità di ogni caratteristica sensoriale;
  • individuazione del valore numerico del livello di percettibilità di ogni caratteristica sensoriale;
  • trascrizione dei valori sul grafico, indicandoli con una crocetta o con un numero nel piccolo quadrato a fianco la caratteristica sensoriale;
  • unione dei punti e costruzione del poligono corrispondente al profilo sensoriale del vino;
  • indicazione con un numero della valutazione del corpo del vino;
  • indicazione di eventuali osservazioni sulla degustazione del vino.

Degustazione del cibo

  • individuazione di tutte le caratteristiche sensoriali;
  • individuazione dell’intervallo di percettibilità di ogni caratteristica sensoriale;
  • individuazione del valore numerico del livello di percettibilità di ogni caratteristica sensoriale;
  • trascrizione dei valori sul grafico, indicandoli con una crocetta o con un numero nel piccolo quadrato a fianco la caratteristica sensoriale;
  • unione dei punti e costruzione del poligono corrispondente al profilo sensoriale del cibo;
  • indicazione con un numero della valutazione del corpo del cibo;
  • indicazione di eventuali osservazioni sulla degustazione del cibo.

 Scheda grafica di abbinamento: lo studio del grafico

CASO 1: I POLIGONI SONO ABBASTANZA SIMILI TRA LORO, CON SUPERFICI NON MOLTO AMPIE MA IN ENTRAMBI C’E’ UN VERTICE PRONUNCIATO.

Questo emerge nettamente rispetto agli altri. Se la sensazione percettibile del cibo è equilibrata adeguatamente da quella del vino o da due dolcezze, questo ipotetico abbinamento risulta ARMONICO. Ma se alla dolcezza del cibo corrisponde  semplicemente la morbidezza di un vino secco, l’abbinamento diventa POCO ARMONICO.

CASO 2: I POLIGONI SONO ABBASTANZA SIMILI TRA LORO, CON SUPERFICI NON MOLTO AMPIE E SENZA VERTICI PRONUNCIATI.

Il cibo ed il vino sono molto semplici e denotano sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive poco percettibili e risultano reciprocamente ben equilibrate. Questo ipotetico abbinamento può quindi risultare ARMONICO.

CASO 3: I POLIGONI SONO ABBASTANZA SIMILI TRA LORO, CON SUPERFICI AMPIE E DIVERSI VERTICI PRONUNCIATI.

Il cibo ed il vino sono ben strutturati ed evidenziano sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive percettibili e reciprocamente equilibrate. Questo ipotetico abbinamento può risultare ARMONICO.

CASO 4: I POLIGONI DEL CIBO E DEL VINO HANNO FORME E SUPERFICI DIVERSE.

Il poligono corrispondente alle sensazioni percepite nel cibo presenta un vertice particolarmente pronunciato, mentre risulta più regolare il poligono corrispondente a quelle del vino. Il cibo ed il vino sono poco strutturati, evidenziano sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive poco percettibili, tranne la sapidità del cibo che emerge in modo netto rispetto alle altre e che non è equilibrata con quella del vino. Questo ipotetico abbinamento risulta sempre e comunque POCO ARMONICO.

CASO 5: I POLIGONI DEL CIBO E DEL VINO HANNO FORME, MA SOPRATTUTTO SUPERFICI, MOLTO DIVERSE.

Il poligono corrispondente alle sensazioni percepite nel cibo ha una superficie piccola, mentre quella del vino è ampia. Il cibo è semplice e poco strutturato, con sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive poco percettibili, mentre il vino è complesso e strutturato, con tutte le sensazioni percettibili dominanti su quelle del cibo. Questo abbinamento risulta POCO ARMONICO. Ovviamente il giudizio sarebbe analogo nella situazione opposta.

CASO 6: I POLIGONI DEL CIBO E DEL VINO HANNO FORME MOLTO DIVERSE.

l poligono corrispondente alle sensazioni percepite nel cibo ha una superficie ampia e molti vertici pronunciati, mentre quello del vino ha un solo vertice pronunciato. Il cibo è quindi complesso e strutturato, con sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive percettibili. Il vino invece è decisamente semplice e poco strutturato ed evidenzia sensazioni gustative, tattili e gusto olfattive poco percettibili, tranne una che spicca in modo dominante. Qualunque essa sia le sensazioni percepite nel cibo non sono equilibrate adeguatamente da quelle del vino e prevalgono decisamente. Questo ipotetico abbinamento risulta quindi poco ARMONICO e lo sarebbe comunque se la situazione fosse opposta (vino strutturato/cibo semplice).

Regole di base

  • SI vino dolce con cibo dolce;
  • SI cibo non dolce con vino dolce;
  • NO cibo dolce con vino non dolce;
  • SI vino morbido con cibo sapido;
  • SI vino morbido con cibo tendenza amara;
  • SI vino morbido con cibo tendenza acida;
  • SI vino dolce/muffato con cibo piccante (es. formaggio).

Abbinamenti Impossibili

  • Di solito i cibi che presentano queste difficoltà sono quelli con caratteristiche talmente spiccate da offuscare le qualità organolettiche del vino.
  • Cioccolato: solo con rosso liquoroso tipo Porto
  • Torte liquorose a base di creme: il liquore cozza col vino (forse si può provare con un distillato?)
  • Frutta fresca/macedonia di frutta
  • Carciofi crudi: tendono a cambiare il sapore del vino in metallico/amaro o ad aumentarne la dolcezza.
  • Finocchi: la persistenza aromatica è talmente lunga da far si che difficilmente un vino ci arrivi
  • Piatti speziati: bruciano il palato, si può provare con vini acidi e poco alcolici (proverei un lambrusco servito fresco)
  • Sottaceti ed insalate condite con aceto
  • Gelato: troppo freddo (si può tentare con un infuso caldo).

Scheda grafica di abbinamento: alcuni esempi da ricordare

Pasta con condimento a base di pesce?

Vini bianchi morbidi leggermente abboccati.

Risotto con condimento a base di pesce?

Vini bianchi strutturati.

Pasta con condimento a base di carne?

Vini rossi giovani.

Pasta o risotto a base di verdure?

Vini bianchi secchi.

Pasta o risotto ai funghi?

Vini bianchi morbidi o rosati a seconda della preparazione.

Minestre?

Vini bianchi secchi con buona acidità.

Zuppe?

Vini rossi giovani.

Carne alla griglia?

Vini rossi giovani, freschi e leggermente tannici.

Bolliti?

Vini rossi poco tannici, buon grado alcolico e buona acidità.

Carni al forno o in padella?

Vini rossi poco tannici e buon grado alcolico.

Stufati, brasati, umido o selvaggina?

Vini rossi strutturati e corposi (più maturi per la selvaggina).

Carni fredde non marinate?

Vini bianchi strutturati ed aromatici.

Carni marinate?

Se la marinata è a base di vino si beve lo stesso vino, altrimenti non va nessun vino.

Carni impanate?

Vini frizzanti per sgrassare.

Bresaola o carne salada?

Vini rossi giovani, leggeri, con buona acidità.

Cotechino, zampone, salame cotto?

Vini rossi frizzanti con buona acidità.

Prosciutto e salame crudi, coppa e speck?

Vini rosati o rossi morbidi.

Salsiccia piccante, salame agliato, pancetta?

Vini rossi di buon corpo.

Uova?

Dipende dalle preparazioni, ma i vini bianchi secchi, fini e vellutati sono sempre azzeccati.

Frutta secca?

Vini rossi abboccati e aromatici o passiti.

Formaggi a pasta dura, cotta e maturati?

Vini rossi ben strutturati o bianchi passiti o muffita.

Formaggi a pasta semicotta?

Vini rossi di corpo invecchiati qualche anno.

Formaggi a pasta filata dura?

Vini rossi morbidi e strutturati.

Formaggi a pasta dura cruda anche maturi?

Vini rossi di buona struttura.

Formaggi semigrassi a pasta semidura?

Vini rossi equilibrati.

Formaggi molli, grassi, a pasta cruda, erborinati?

Vini bianchi e rossi di buon corpo.

Formaggi grassi a pasta fresca?

Vini bianchi giovani e leggeri con buona acidità.

Formaggi freschi a pasta filata?

Vini bianchi frizzanti o spumanti.

Pesci bianchi crudi, al vapore, appena scottati?

Vini bianchi delicati di medio corpo e alcol, bassa acidità.

Crostacei e molluschi?

Vini bianchi morbidi ed aromatici o spumanti leggeri.

Fritti di pesce, anguilla?

Vini spumanti con buona acidità ed alcool.

Pesci al forno o in padella?

Vini bianchi strutturati anche affinati in barrique o rosati morbidi.

Baccalà e stoccafisso?

Vini rosati di buon corpo o rossi leggeri serviti appena freschi.

Baccalà e stoccafisso?

Vini rosati di buon corpo o rossi leggeri serviti appena freschi.

Pesce affumicato?

Vini spumanti di buona struttura ed alcool.

Dolci al cucchiaio?

Vini aromatici frizzanti o bianchi passiti.

Dolci a pasta lievitata?

Vini bianchi spumanti aromatici o poco alcolici.

Dolci o torte a base di frutta?

Vini bianchi e rosati morbidi con leggero residuo zuccherino.

Torte a base di creme?

Vini muffati e vendemmie tardive.

Torte non lievitate o pasticceria secca?

Vini passiti alcolici.

Come sempre spero di esserti stata utile. Se hai dei dubbi o desideri approfondire qualche altro argomento scrivimelo in un commento. A proposito, hai già comprato il mio libro “Come diventare Sommelier“?

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A presto e in bocca al lupo per lo studio!🍀

Cheers 🥂

Chiara

Un’ultima cosa… un paio di giorni fa una mia amica mi ha chiesto se potevo consigliarle una cantinetta da regalare al compagno per il compleanno… così come sempre ho deciso di condividere il mio consiglio qui sul blog! Intanto complimenti per l’idea: credo che per qualunque winelover non esista regalo più apprezzato! Per la mia esperienza personale consiglio di comprarla su Amazon: in caso di problemi l’efficienza del servizio clienti è così impeccabile che si dormono davvero sonni tranquilli (e io recentemente con una grossa azienda ho avuto una pessima, ma pessima esperienza). La cantinetta che ho scelto è Tristar WR-7512 – Cantinetta Doppia Zona – Capacità: 12 bottiglie – Temperature in 2 vani che oggi costa solo 192 € invece di 249 €! Perfetta per un utilizzo casalingo, tiene bene la temperatura anche in estate, ha uno scomparto con due diverse temperature per i vini bianchi e per i vini rossi, è molto silenziosa e consuma pochissimo! Ha anche un design molto carino… auguri a tutti i winelovers! Eccoti il link QUI per acquistare su Amazon questa cantinetta vini!

L'articolo Scheda grafica di abbinamento cibo-vino: studiamo insieme? proviene da Perlage Suite.

Blend 2019: 14 vini che dovresti assaggiare e perché ti stupiranno

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Questa settimana sono stata a casa un solo giorno e la mia vita da nomade digitale (o da wine blogger) ha raggiunto i massimi livelli! Però c’è stata un’esperienza che sono stata particolarmente felice di fare, un po’ per chi l’ha organizzata, un po’ perché sono stata a Conegliano per la prima volta! Ci volevano Umberto Cosmo di Bellenda e Cinzia Canzian di Le Vigne di Alice per riuscire a farmi visitare le splendide colline del Prosecco in occasione di Blend 2019! Lo so, lo so… questo wine blog si chiama non a caso Perlage Suite ed è il mio taccuino di studio e di appunti delle mie degustazioni di vini per lo più spumanti… però io non sono mai stata molto amica del Prosecco e non ne ho mai fatto mistero. Tre Vinitaly fa è stata proprio Cinzia a smontarmi il pregiudizio che avevo verso questa denominazione bistrattata e sfruttata fino all’inverosimile facendomi assaggiare il suo meraviglioso PS integrale. A proposito, lo sai che adoro gli spumanti integrali, vero?

In due giorni ho raccolto tantissimo materiale di cui parlarti e ho deciso che le foto, solo per questa volta, varranno più di mille parole… per questo ne ho scelte davvero tantissime da condividerti. 

La mia esperienza è cominciata nella splendida Villa Clementina che, oltre ad avere delle bellissime stanze, ha un giardino meraviglioso. La trovo una vera oasi di pace! Immagina una splendida villa, dimora storica del 1800, elegantemente ristrutturata e trasformata in agriturismo, immersa nei vigneti di Tenuta Contarini nel cuore del Prosecco DOCG. Io e il mio pelosetto Paco siamo stati accolti divinamente… e anche lui ha passato uno splendido 12esimo compleanno! 😍🐶

Sono stata piacevolmente colpita da Vittorio Veneto: è davvero una città carina! La città è nata dall’unione di due comuni separati: Cèneda e Serravalle. Abbiamo fatto l’aperitivo in un posticino delizioso proprio in quest’ultimo di nome Semprequeo Osteria Wine Bar. All’aperitivo ci sono stati serviti il Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene “San Fermo” di Bellenda e il Vermuth in abbinamento a deliziose polpettine di carne, olive e tonno.

La terza tappa della giornata è stata alla “Trattoria alla Cerva” dove lo chef ci ha preparato un delizioso buffet con tante cose buone, tra cui uno squisito baccalà mantecato e questi granchietti da mangiare interi col carapace. Li ho trovati molto conditi, diciamo che aglio, olio e prezzemolo erano presenti in abbondante quantità! Però mi sono piaciuti davvero moltissimo! Devo dire che mi è piaciuto molto abbinare il PS Metodo Ancestrale di Le Vigne di Alice al baccalà mantecato: lo ha sgrassato e valorizzato alla perfezione!  Io non sono appassionata di zucca, ma essendo di stagione ho trovato quest risotto per ben due sere consecutive… comunque si è abbinato bene al Traminac di Ilocki Podrumi anche se non era propriamente all’onda come piace a me! 

Una volta rientrata mi sono lasciata coccolare dalla magia shabby chic di Villa Clementina, ho postato su Instagram le storie di tutte le bottiglie bevute e mi sono addormentata rapidamente. La mattina alla faccia della dieta ho fatto una deliziosa colazione: ho abbinato al solito tè caldo non zuccherato (e fin qui tutto bene) uno due mini croissant al cioccolato! A proposito, nella foto col cornetto puoi vedere il bellissimo orologio di legno di ebano che mi ha omaggiato l’ex calciatore del Brescia Paolo Zadra. Sai che ne fanno un modello anche di rovere riciclato dalle barrique esauste? Sono tutti Made in Italy e pesano poche decine di grammi. Se vuoi informazioni su questo orologio scrivimi una mail QUI!

Subito dopo colazione mi hanno accompagnato in cantina da Bellenda dove stava cominciando Blend 2019 – simmetrie enoiche.

Proprio ieri mi hanno chiesto cos’è Blend e vorrei provare a esprimerlo io, senza comunicati o altri aiuti. Solo raccontando la mia sensazione. Bellenda, oltre a produrre vini, distribuisce una serie di produttori italiani ed esteri che fa conoscere a un pubblico selezionato attraverso questo evento annuale. Potrei limitarmi a dire questo, ma sbaglierei terribilmente. Blend prima di tutto è cultura e ce lo ha insegnato proprio lui, con la conferenza iniziale, dove uno splendido Antonio Paolini ha moderato il professore Luigi Moio e gli altri partecipanti toccando temi anche difficili come il naturale e il biologico nel mondo del vino.

Sicuramente vedere la versione integrale del documentario “Via col Vino” che ha come protagonista proprio Umberto Cosmo ti darà un’idea più precisa di chi è questo vignaiolo coraggioso e romantico che ha sfidato le regole della cultura imprenditoriale di massa per crearne una sua, che ha nella parola individuo la sua chiave di volta. I protagonisti di questo cortometraggio sono vignaioli come lui, tutti unici e indipendenti nel loro pensare e al contempo animati dalla stessa passione. Umberto, in qualsiasi settore si muove, non cerca scimmie obbedienti, ma compagni di viaggio che lo possono arricchire. In tutti i sensi. Coprotagonisti di un film sul vino liberi di muoversi e interpretare la parte, che lui ha scritto, con la loro anima e la loro cultura. Per me Umberto è un leader e un regista discreto di grandi qualità umane.

I fingerfood che hanno accompagnato l’evento sono stati a dir poco squisiti: soprattutto il primo cannolo ripieno di baccalà… quanto adoro il baccalà! Lo mangerei dalla mattina alla sera! (Anche questo? Oh dio Bacco, perché non farei altro che mangiare e bere tutto il giorno? Va bene, cambierò la mia situazione sentimentale su Facebook da single a “in un rapporto complicato con Stronza Bilancia”).😆

Deliziosi anche il cuore e l’uovo alla pavese, che non è altro che un tuorlo crudo servito nel brodo di gallina. Bellissima l’idea di reinterpretare la pasta e fagioli in una sorta di crocchetta/arancino con gelato al rosmarino, in uno splendido gioco di consistenze morbido-croccante e di caldo-freddo.

Il risotto al parmigiano e spezie l’ho trovato fantastico, pur rimanendo pericoloso ad una degustazione di vino. Ho sfidato il Metodo Rurale di Bellenda che rimane, a mio avviso, uno dei suoi vini più interessanti. Mi piacciono il formato da litro, il tappo “come si usava una volta”, l’etichetta e il cartellino. Ma soprattutto, adoro questo vino. Lo adoro, sul serio. Lo berrei tutti i giorni, tanta è la sua piacevolezza. Freschissimo, citrino, cremoso… con una capacità di pulire la bocca innate e una sorprendente dote di valorizzare l’aromaticità di un piatto senza scomparire (merito del suo carattere agrumato).

Selfie, selfie e ancora selfie… ma ci pensate che solo pochi anni fa nemmeno sapevamo cos’era un selfie? Il selfie non è un autoritratto fotografico, non ha velleità artistiche. Il selfie è la condivisione di un momento speciale con il mondo dei social. Ecco quindi due miei momenti speciali: il primo con Luigi Moio, che non conoscevo di persona e di cui mi sono assolutamente innamorata, non solo per la sua cultura ma anche per la sua piacevolezza personale. Se non hai ancora acquistato il suo libro “Il respiro del vino” su Amazon fallo subito cliccando QUI. Il suo aglianico Terra d’Eclano (Quinto Decimo) è stato per me il miglior vino della giornata.

Il secondo selfie invece è la storia di altri due amori enologici: in mezzo c’è il giornalista Antonio Paolini, che avevo già potuto apprezzare alla splendida degustazione del Telos Bianco di Tenuta Sant’Antonio durante lo scorso Vinitaly, a fianco a lui Pietro Pellegrini di cui forse ultimamente ti sto parlando troppo… ma con estremo piacere dato che non ho mai conosciuto un distributore così preparato e sul pezzo come lui. Non vedo l’ora di andare al suo evento nazionale di degustazione la prossima settimana nella splendida Villa Zacchi di Stezzano (BG)… scommettiamo che trovo un sacco di etichette deliziose da farti scoprire?

I vini de Menade della regione Castilla y Leon sono stati una vera scoperta per me. Una scoperta che vorrei approfondire con estrema calma. Da questo primo assaggio veloce ho scoperto due perle tecnicamente perfette: La Mision, Verdejo ecologico del 2006 e Sobrenatural, un altro verdejo che affina 30 mesi in tini di rovere usati e concentra una grande pulizia ed eleganza olfattiva e un perfetto equilibrio in bocca. Una vera chicca, un vino ricco senza essere grasso, capace di fondere note di pasticceria a note minerali e che puoi comprare QUI.

Interessantissimo questo confronto di Riesling dell’azienda Ilocki Podrumi, azienda che si trova sulla riva destra del Danubio nella città più orientale della Croazia. Alt, so che nella tua testa hai fatto appena ora l’associazione Croazia-mare, ma in realtà questa cantina cooperativa ne è lontanissima! Ilock, città di vino e antiquariato, dista centinaia di km dall’Adriatico! Che io sono una Riesling-dipendente è cosa nota… ma questa diversa espressione dello stesso vino mi è piaciuta tantissimo. Nella prima foto una delle bottiglie che è affinata in perfette condizioni nella cantina del 1450, mentre nella seconda foto infatti una delle 1100 bottiglie che è affinata immersa nel Mare Adriatico. Pur essendo entrambe figlie dell’annata 2011, sono profondamente diverse: quella affinata in mare è più ossidata, evoluta e ricca rispetto a quella affinata in cantina. Penso che possedere una di queste bottiglie sia una cosa rara e fortunata… un po’ come avere il metabolismo veloce, ecco. 😅

Che belli i fratelli Trimani! Guai a te se passi da Roma e non li vai a trovare al Trimani Wine Bar in Via Cernaia, 37/b. Sono Vinai dal 1821 e hanno tante di quelle referenze da farti svenire… anche se ora preferisco parlarti dei fratelli Trimani come produttori dell’azienda Colacicchi. Cesanese da urlo questo Tufano, ma il Collepero 2015, nella sua semplicità, mi stupisce ancora di più. Si tratta di un blend di malvasia puntinata, passerina e bellone di vecchie vigne che fa affinamento in acciaio e viene imbottigliato l’anno successivo alla vendemmia. Dal colore sospetto una breve macerazione sulle bucce, ma non ricordo di averlo chiesto a Francesco, quindi gli chiedo di rispondermi in un commento qui sul blog. L’ho trovato molto profondo.

Una bolla che non conoscevo affatto questo Blanc de noria di Randevi, da provare e riprovare per una degustazione più accurata. Assolutamente! Ho avuto un’ottima impressione e in qualche tratto mi ha ricordato nei tratti le splendide e freschissime bolle altoatesine. Ha sboccato in anticipo per l’occasione, pertanto ha bisogno ancora di tempo in bottiglia per esprimersi… ma le premesse sono ottime!

Ah il .G di Le Vigne di Alice, che metodo classico splendido. Ho ancora in testa quella verticale spettacolare che mi ha fatto fare Cinzia al Vinitaly, verticale a cui non diedi il giusto spazio per via dell’anno tremendo che ho vissuto per la malattia di papà. Ma ho ancora la 2010 nel cuore… Il .G non è quel posto misterioso che non ho ancora avuto il sommo piacere di trovare dentro di me, bensì un Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Metodo Classico! L’annata corrente è fresca e profuma di mele Grenny Smith, mandorle e salvia. Se si degustano le vecchie annate si tinge di idrocarburi, zafferano e nocciole… ma sono certa che ogni bottiglia racconta una storia diversa. 

I vini della Cotes de Bourg di Chateau Puybarbe li ho trovati molto piacioni e ruffiani, soprattutto i due che hanno fatto un passaggio in legno (nuovo?). Il profumo e il sapore del legno sono intensissimi e la morbidezza prevale sull’acidità. Di tutti questo in foto, “Le Roc”, è quello che mi è piaciuto di più. Li vedo molto adatti ad essere inseriti nella carta di un ristorante come vino d’ingresso del bordolese grazie al loro eccellente rapporto soddisfazione-prezzo.

Forse una delle sorprese più interessanti è stato proprio “Anulare” di Marco Levis. Un pinot grigio ottenuto da uve surmature che mi ha davvero colpito e mi piacerebbe degustare anche a casa con più calma. Il pinot grigio per me è come il Molise, sai che c’è ma lo vedi di rado sulle tavole dei ristoranti o nelle proposte dei wine bar. Almeno lontano dal Veneto è così. Inoltre tendenzialmente è un vino un po’ sfruttato e non ne ho bevuti mai di particolarmente buoni. Eppure questo è fantastico sia al naso sia in bocca!

Queste due foto sono dedicate al Vermouth 61 con cui il bravissimo barista ha preparato due diversi cocktail che ho degustato a fine giornata. Entrambi molto buoni, quello servito nel tumbler basso ha avuto davvero una marcia in più. Merito della tonica allo zenzero e della scorza di limone? Comunque li ho trovati perfetti per un aperitivo piacevolissimo, soprattutto se abbinati a delle deliziose olive di vari tipi.

A cena siamo stati alla Locanda San Lorenzo, a Puos d’Alpago in provincia di Belluno. Lo chef patron Renzo Dal Farra ha una stella Michelin dal 1997. Sono riuscita per la prima volta nella mia vita ad apprezzare le lumache, forse anche per merito di una salsa all’aglio molto marcata.

Risotto alla zucca, capperi, porro bruciato e mandorla amara: davvero meraviglioso! Come ho già scritto non sono un’appassionata di zucca (se non nel ripieno dei tortelli, di quelli ne potrei mangiare a vagonate…😍), ma questo mi ha davvero stupito. Sicuramente il merito è dell’equilibrio perfetto dei sapori con tendenza amara che ha bilanciato la tendenza dolce della zucca. Il cappero poi ha davvero dato il tocco in più! Come secondo ci è stata servita la degustazione d’agnello dell’Alpago, Presidio Slow Food. Io adoro la carne d’agnello e la mangio molto spesso soprattutto quando vado in Romagna da mamma perché nella nostra famiglia ne abbiamo una lunga tradizione. Questo piatto mi ha fatto immensamente piacere, anche se come fa l’agnello mia madre non lo fa nessuno! 🤩

Ho trovato molto molto carina l’idea di preparare due dolci, uno per le donne e uno per gli uomini. Peccato che a me è piaciuto molto di più quello per gli uomini… comunque ho rimediato con Francesco Trimani e ho fatto a metà col suo! 😁 Dopo è diventato anche il mio idolo dopo quello di Paco! 😂😂😂 Il dolce “maschile”, un crumble salato e pistacchio con gelèe al limone, l’ho trovato più sfizioso e bilanciato nei sapori rispetto a quello femminile, con un’acidità e una freschezza molto più spiccate.

Chiudo questo reportage con due foto significative: nella prima il Rosalie di Roger Coulon. Pur non essendo una grande amante degli champagne rosé, questo l’ho trovato davvero eccezionale! Oltretutto, dopo aver degustato tutti i loro champagne, ho avuto la percezione che questa maison sia cresciuta molto negli ultimi anni. Avevo già fatto una splendida degustazione con Bellenda un paio di Vinitaly fa, ma devo dire che oggi questi vini li ho trovati ancora migliorati. L’ultima foto è un selfie con l’artefice di questo splendido evento, Umberto Cosmo, e non potevo finire con uno scatto più bello e significativo della giornata!

Insomma, questo Blend 2019 è stata un’occasione meravigliosa per rivedere vecchi amici e farsene dei nuovi, in una di quelle giornate dove lavoro, passione e amicizia hanno confini così labili da divenire un unico orizzonte. Lo trovo semplicemente bellissimo. Per questo voglio ringraziare di cuore Umberto Cosmo, sua moglie Cinzia Canzian e la loro famiglia per lo splendido invito e per essere loro persone splendidamente vere. Brindo a 100 Blend di grandi successi per tutti voi e per tutti gli amici produttori che avete riunito..

E tu conosci questi produttori? Hai mai assaggiato uno di questi vini? Cosa ne pensi? Se ti è piaciuto questo articolo puoi dirmelo in un commento: mi faresti molto felice! I commenti mi servono per conoscerti e conoscere le tue opinioni: niente è più sterile di un luogo dove uno se le canta e se le suona da solo, senza confrontarsi con gli altri. Grazie di cuore!❤

 Cheers🍷

 Chiara

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I Edizione: 31 ottobre 2018

(40 recensioni dei clienti)

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L'articolo Blend 2019: 14 vini che dovresti assaggiare e perché ti stupiranno proviene da Perlage Suite.

La Montina: una serata stupenda in Franciacorta

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Era il 25 marzo 2015, da 4 giorni ero Sommelier AIS e da 15 giorni era nato Perlage Suite… che dà quaderno degli appunti online con un altro indirizzo web aveva cominciato ad avere la parvenza di un vero wine blog! Se mi avessero detto che a distanza di 4 anni sarei stata una wine blogger di professione credo mi sarei messa a ridere, e quello stesso giorno ho varcato la soglia del Vinitaly per la prima volta in compagnia dei miei amici Federico, Andrea e Laura. In quello stesso giorno pubblicai questo articolo “Tutti i colori del Franciacorta con La Montina” e promisi di andarli a trovare in azienda… un bel viaggetto dalla mia comfort zone di Ravenna Centro. A dire il vero quel giorno non avrei nemmeno mai pensato di andarci a vivere in Franciacorta a distanza di appena 4 mesi.

Caratteristica assodata di me è la mia assoluta e irrequieta imprevedibilità: oggi sono qui, domani chissà… ho sempre vissuto col terrore di creare legami con i luoghi e soprattutto con le persone. Ho sempre visto nel legame una catena, un’impossibilità di rincorrere quella stessa libertà che oggi, in un qualche modo, vivo come un limite. “Si cambia!”, direbbe mia madre. Eppure in questi 4 anni sono cambiate un’oceano di cose, case, persone. E ho realizzato quel sogno di bambina di vivere sul lago, anzi oramai “in mezzo al lago” in un luogo dove, per la prima volta in 34 anni, desidero mettere radici.

La Montina per me è un po’ il luogo dove è iniziato un po’ tutto, a partire dalla mia grande storia d’amore con il Lago d’Iseo e la Franciacorta. Con i suoi limiti, i suoi paesaggi e la sua immutata Bellezza. Per questo quando ho ricevuto l’invito della famiglia Bozza di andare a Villa Baiana il 12 ottobre per questa degustazione ho immediatamente annullato l’evento che avevo a Milano per essere qui. La Montina per è e sarà sempre un luogo speciale dove vivere, nonostante il tempo e il vino che passa, l’emozione della prima volta.

La prima volta che ho visitato La Montina ho pensato che in Franciacorta non poteva esistere una cantina più bella. Oggi, che ho la presunzione di dire che ho visitato almeno l’80% delle cantine della Franciacorta, non posso far altro che pensare di avere ragione. L’atmosfera che ho respirato sabato, a partire dallo stesso giardino, è stata dolce e romantica. Adoro queste lucine che adornano il verde dinanzi a Villa Baiana, è davvero un luogo perfetto dove sposarsi. In effetti, l’unica volta che ci sono andata parecchio vicino 3 anni fa, ho pensato anche io di farlo qui… peccato essere poi scappata a gambe levate (tanto per cambiare!).

Il tema della serata era “Franciacorta e affinamento sui lieviti, palati a confronto“. La degustazione è stata condotta da uno straordinario predicatore di pecorelle assetate, Nicola Bonera. Le pecorelle invece erano giornalisti, influencer, blogger, clienti e operatori di settore. Devo dire che i palati sono stati messi sul serio a confronto ed è stato bello vivere la stessa esperienza con un gusto diverso.

Vendemmia 2004

L’annata 2004 è stata caratterizzata da temperature mai molto elevate di giorno e piuttosto basse di notte, con ottime escursioni termiche. Durante la stagione vegetativa non ci sono state né grandi sorprese né difficoltà particolari e la vendemmia è stata regolare anche sul piano quantitativo dopo due stagioni scarse. L’andamento climatico ha consentito di valorizzare le raccolte delle varie particelle e creare basi con peculiarità molto spiccate a seconda delle diverse zone di provenienza, tutte comunque concordi sul presentare un’ottima finezza e una grande acidità. Questo ha consentito di creare cuvée di grande freschezza e complessità aromatica, potenzialmente molto longeve e con grande personalità. Valutazione vendemmia 4.

Campione A:

Franciacorta Brut Millesimato con tiraggio a marzo 2005 e sboccatura a febbraio 2008 [4]

Colore giallo dorato intenso con riflessi oro antico. Naso interessante dove spiccano il mandarino candito, il cioccolato bianco, il pan brioche, la crema pasticciera e un finale di ostrica. Pur essendo piuttosto asciutto, è meglio in bocca, dove convincono la salinità e la struttura quasi fibrosa.

Campione B:

Franciacorta Brut Millesimato con tiraggio a marzo 2006 e sboccatura a giugno 2018 [6]

Colore giallo dorato brillante con un perlage che forma una spuma abbondante e una corona persistente. Naso elegante, intenso, brillante e molto caratterizzato dai lieviti, con sentori piuttosto legnosi. In bocca è croccante, fresco e lungo. Non mi ha convinta molto.

Vendemmia 2005

L’annata 2005 è stata caratterizzata da un decorso altalenante almeno fino alla fioritura, per poi regolarizzarsi fino ad agosto con tempo secco, soleggiato e con buone escursioni termiche diurne. La concentrazione zuccherina è stata piuttosto elevata e l’acidità non ha perso troppo, garantendo valori di PH particolarmente contenuti. Il profilo aromatico delle basi si è rivelato molto promettente per eleganza e potenzialità d’invecchiamento. Valutazione vendemmia 5.

Campione C: 24 mesi sui lieviti, 11 anni e mezzo dalla sboccatura

Franciacorta Satén Brut Millesimato con tiraggio a febbraio 2006 e sboccatura a febbraio 2008 [2]

Colore giallo oro particolarmente brillante con un perlage fine, numeroso e persistente. Naso intenso, elegante e complesso in cui riconosco note di burro, balsamico, erbe aromatiche che sfumano in un finale citrino. Incredibile la freschezza che si avverte in bocca, se non fosse per il grande equilibrio parrebbe sboccato “l’altro ieri” e non certo 11 anni fa! Piacevolissimo e con un finale piuttosto lungo.

Campione D: 148 mesi sui lieviti, 1 anno e mezzo dalla sboccatura

Franciacorta Satén Brut Millesimato con tiraggio a febbraio 2006 e sboccatura a febbraio 2018 [7]

Giallo paglierino carico e brillante con un perlage che forma una corona persistente. Il naso è più delicato del precedente, ma si avvertano nitide le caratteristiche note mature di uno vino che ha trascorso ben 148 mesi sui lieviti. Sentori di limone, cedro candito e nocciola si susseguono in un sottofondo floreale. In bocca è molto coerente, ancora giovanissimo, con intensi sentori di limone e una bollicina fin troppo carica e croccante. Finale lunghissimo e grandi prospettive.

Vendemmia 2006

L’annata è stata caratterizzata da un decorso primaverile regolare che è sfociato in un inizio estate particolarmente asciutto, con un andamento simile a quello della 2003. Dai primi di agosto alcuni eventi piovosi hanno ripristinato il bilancio idrico e la maturazione è cominciata nelle migliori condizioni. Da ferragosto il tempo è stato sempre bello e stabile, con escursioni diurne anche di 10 gradi che hanno contribuito sia allo sviluppo degli aromi, sia al mantenimento della freschezza. Le basi presentano profumi fini, ottimi valori di PH e di acidità, buona complessità aromatica e un’ottimale gradazione alcolica.

Campione E: 43 mesi sui lieviti, 9 dalla anni sboccatura

Franciacorta Brut Millesimato con tiraggio a marzo 2007 e sboccatura a ottobre 2010 [3]

Giallo paglierino brillante con riflessi dorati. Il perlage forma una spuma abbondante e persistente. Al naso è particolarmente elegante, anche se mi ha convinto di più appena versato. Mi ha dato l’idea di essersi ossidato particolarmente velocemente all’aria. Mantiene profumi di cioccolato al latte, miele, salgemma, pepe di Giamaica, coriandolo e lievito. In bocca è croccante, fresco, strutturato e intenso. Finale lunghissimo.

Campione F: 136 mesi sui lieviti, 1 anno e 4 mesi dalla sboccatura

Franciacorta Brut Millesimato con tiraggio a marzo 2007 e sboccatura a giugno 2018 [5]

Giallo paglierino brillante con riflessi dorati. Il perlage è fine e forma una spuma particolarmente abbondante. Il naso è elegante e citrino, con un sentore di limone molto forte e un finale di burro crudo piacevole. In bocca dimostra una grande coerenza soprattutto nella freschezza e nei sentori agrumati. Ha una struttura importante e un finale lungo, ma è ancora giovanissimo.

Campione G: 20 mesi sui lieviti, 11 anni dalla sboccatura

Franciacorta Satén Brut Millesimato con tiraggio a febbraio 2007 e sboccatura a ottobre 2008 [1]

Giallo paglierino brillante con riflessi dorati. Perlage fine e numeroso che forma una spuma abbondante e una corona persistente. Al naso è complesso ed elegantissimo, molto floreale. Riconosco nitide note di fiori di tiglio, tarassaco, miele, mela verde e noci brasiliane. In bocca ha una bolla croccante, con una spalla acida incredibile in rapporto all’età della sboccatura.

Campione H: 137 mesi sui lieviti, 1 anno e 4 mesi dalla sboccatura

Franciacorta Satén Brut Millesimato con tiraggio a febbraio 2007 e sboccatura a giugno 2018 [8]

Giallo paglierino brillante. Perlage fine che forma spuma abbondante e persistente. Al naso è acidulo e intenso, non particolarmente aperto. Sono molto forte i sentori di lievito. In bocca è croccante, intenso e coerente.

  1. Franciacorta Satén Brut Millesimato 2006 con tiraggio a febbraio 2007 e sboccatura a ottobre 2008 [Campione G]
  2. Franciacorta Satén Brut Millesimato 2005 con tiraggio a febbraio 2006 e sboccatura a febbraio 2008 [Campione C]
  3. Franciacorta Brut Millesimato 2006 con tiraggio a marzo 2007 e sboccatura a ottobre 2010 [Campione E]
  4. Franciacorta Satén Brut Millesimato 2004 con tiraggio a marzo 2005 e sboccatura a febbraio 2008 [Campione A]
  5. Franciacorta Satén Brut Millesimato 2005 con tiraggio a febbraio 2006 e sboccatura a febbraio 2018 [Campione D]
  6. Franciacorta Brut Millesimato 2004 con tiraggio a marzo 2005 e sboccatura a giugno 2018 [Campione B]
  7. Franciacorta Satén Brut Millesimato con tiraggio a febbraio 2007 e sboccatura a febbraio 2018 [Campione F]
  8. Franciacorta Satén Brut Millesimato 2006 con tiraggio a febbraio 2007 e sboccatura a giugno 2018 [Campione H]

Visto che il tema della serata è “Franciacorta, palati a confronto”, dalla mia personale classifica emerge che il mio palato ha apprezzato particolarmente l’annata 2006 e è piuttosto neutro tra la formula Brut o Satén Brut. Quello che invece è davvero interessante è che le prime 4 posizioni sono tutte occupate dalle sboccature più vecchie e che a parità di vendemmia prediligo una permanenza sui lieviti più breve e un periodo di affinamento in bottiglia più lungo

Dopo la visita in cantina, dove abbiamo potuto ammirare anche una mostra d’arte africana piuttosto bella (mi ha colpito particolarmente il quadro con gli strumenti musicali), siamo passati alla cena. Per l’occasione, invece di avvalersi degli Chef de La Montina, ci hanno voluto far scoprire il talento di un giovanissimo Chef di Lovere: David Fiordigiglio. Lo definirei un “bambino prodigio” sia per come cucina, sia per come espone i suoi piatti a un pubblico di giornalisti che è pur sempre emozionante anche per uno più scafato. Ha appena 22 anni, è assolutamente incredibile. 😍

Super le capesante in Ceviche con frutta, lime e coriandolo… da provare anche nella variante con la menta al posto di quest’ultimo che, avendo un sapore particolare, a qualcuno magari non piace!

Lodevole l’idea di adagiare il risotto preparato con un brodo di solo porro, un burro acidulato con la cipolla e naturalmente il Franciacorta La Montina su dei gamberi rossi crudi che si sono intiepiditi proprio con il calore del riso. Il gusto era molto buono, anche se lo avrei voluto leggermente di più all’onda. Va comunque studiato meglio l’impiattamento perchè adagiare 4 cucchiai di riso sul gambero crudo non è degno del sapore squisito, oltre che io preferisco i numeri dispari e arrotondare per eccesso, quindi la prossima volta facciamo 5 mucchietti che così non sentiamo solo se è cotto!  😆 Impiattare un risotto del genere non è facile, soprattutto per ottenere l’effetto “coperta” per il gambero… ma va studiato con cura ancora! Perfetta l’idea di utilizzare i fiori eduli, insomma occorre che David gioca con le forme per dare giustizia al gusto del suo risotto! Sfiziosissima la granita di cetriolo con la spuma alla menta… ne ho mangiate due porzioni ma avrei volentieri seccato pure la terza! E poi mica l’ho detto io che non c’è due senza tre! 

Questo è uno degli scatti che ho rubato alla cucina, dove ho trascorso un po’ di tempo. Mi piace tantissimo osservare gli chef che lavorano, è come che ballassero, nei casi di buona anche con grande armonia, una danza segreta di cui solo loro conoscono i passi. Questo è stato un piccolo intermezzo tra il risotto e il secondo (l’unico piatto che non ha spiccato perchè la texture della carne non era perfetta) che ho trovato assolutamente geniale. So che alla vista ti sembra una banale tartare di carne (purtroppo non battuta a coltello come si usa in Piemonte)… ma la sua forza è voler giocare con i gusti e le consistenze. In pratica è una tartare di crudo con sopra il grasso della stessa carne arrosto. Davvero interessante, da riprovare con una battuta di fassona al coltello che potrebbe essere condita con il grasso della carne cotto al posto dell’olio extra vergine di oliva (sento lo sguardo accigliato del mio adorato amico Marco Antonucci su di me in questo momento, lo so bene…).

Anche se mia madre mi ha traumatizzato con il finocchio e non c’è normalmente verso di farmelo mangiare, il piatto che ho più apprezzato è stato proprio il dolce creato in collaborazione con Valrhona. In pratica l’ho trovato uno splendido gioco di consistenze, temperature e gusti! Finocchio, cioccolato bianco e liquirizia si sposano in una maniera incredibile… davvero troppo buono!

L’adorabile presidente de La Montina Vittorio Bozza mi ha detto che il segreto della sua gioventù di mente e di corpo sta tutto nel bere e mangiare bene e nel fare spesso l’Amore. La penso esattamente come lui e spero di avere il privilegio di invecchiare con la stessa lucidità di spirito e dolcezza d’animo. ❤

Grazie infinite a tutta la famiglia Bozza che ho avuto un gran piacere di riabbracciare, in particolare ad Alceo, a Giancarlo e a Michele, a cui vorrò sempre bene e che quando sorride è capace di fermare il mondo. Oppure ferma il mio, ma che io ho un debole per lui è cosa nota da almeno 4 anni!

 

Cheers 🥂

Chiara

PS è stato un enorme piacere anche la compagnia di Marina Tagliaferri dell’Ufficio Stampa Agorà, compagnia di cui spero di godere molto presto! 😍

E tu conosci i Franciacorta La Montina? Cosa ne pensi? Scrivimelo in un commento!

Come diventare sommelier

(41 recensioni dei clienti)

Tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione.

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Biscotti senza burro e uova: che vino ci abbiniamo?

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Oggi voglio condividerti una ricetta veloce veloce per i tuoi momenti di sconforto… ehm di dieta! Ho approfittato del fatto che volevo raccontarti qualche deliziosa Malvasia Aromatica di Candia spumante dolce o passita che ho bevuto di recente in Val Tidone per trovare qualcosa di abbinarci… ed ecco sperimentare per ben due giorni di fila questa ricetta per fare dei deliziosi biscotti senza burro e uova! 🎉 Cioè, biscotti al cacao vegani… è chiaro che mi sento in colpa per la gigantesca piadina con la mortadella che mi sono appena mangiata a cena! 😆 Per me sono perfetti per gli ospiti improvvisi perchè per prepararli servono 20 minuti compreso il tempo di cottura in forno! Personalmente non li trovo così dietetici per la mancanza del burro e delle uova, ma per il ridotto numero di ingredienti… in ogni caso rimangono davvero molto leggeri! L’olio extra vergine di oliva ha in realtà più calorie del burro e le uova di per sé forniscono pochissime calorie. L’effetto dietetico, in ogni caso, è totalmente annullato però dal fatto che sono piuttosto buoni e che uno tira l’altro… curioso di sapere che vini ci ho abbinato?

Quando si parla di abbinamento con cacao e cioccolato c’è sempre un po’ di panico che assale… eppure come spiego nel mio libro “Come diventare Sommelier” ci sono davvero un’infinità di possibilità per creare uno splendido abbinamento di valorizzazione!

In questo caso particolare ho approfittato dei vini che mi sono portata a casa durante un bellissimo week-end in Val Tidone (mi raccomando, ricordati di leggere questo articolo che gli ho dedicato!) per creare un abbinamento cibo-vino molto interessante, complice la spiccata aromaticità del cacao amaro che nulla nuoce all’aromaticità della Malvasia di Candia Aromatica. Anzi, come Torta Sacher, questo vino che presenta note così marcate di albicocca fresca e in confettura sposa alla perfezione il cacao.

La polvere di caffè si sente appena e non disturba l’abbinamento, anzi concorda con l’amaro e la tostatura del cacao e si risolve perfettamente con questi vini.

Biscotti senza burro e uova: Ingredienti

  • 250 g di farina 00
  • 100 g di zucchero semolato
  • 40 g di cacao amaro in polvere
  • 10 g di caffè in polvere
  • 16 g di lievito vanigliato per dolci
  • 100 g di olio extra vergine di oliva (scegline uno delicato e non troppo untuoso, possibilmente di lago!) o di semi di girasole
  • 140 g di acqua tiepida
  • un pizzico di sale
  • [A piacere cioccolato fondente 100%]

Biscotti senza burro e uova: Cosa ti serve per prepararli?

  • 1 ciotola
  • 1 cucchiaio
  • carta forno

Altro motivo per adorare questi biscotti è che non sporchi nulla per prepararli… stasera ho fatto anche la piadina e ho la cucina che sembra appena uscita da un bombardamento… ma come faccio a ridurla sempre così???

Biscotti senza burro e uova: Preparazione

  1. Pesa tutti gli ingredienti.
  2. Setaccia in una ciotola la farina, il cacao e il lievito.
  3. Aggiungi lo zucchero e mescola con il cucchiaio.
  4. Aggiungi l’olio e mescola con il cucchiaio.
  5. Aggiungi l’acqua tiepida e mescola con  il cucchiaio.
  6. Metti il pizzico di sale.
  7. Facoltativo. Taglia con un coltello il cioccolato finemente, aggiungilo al composto e mescola.
  8. Fai delle palline di 15 grammi ciascuna, schiacciale leggermente e adagiale nella placca da forno ricoperta di carta forno.
  9. Inforna a 170°C per circa 12 minuti in forno preriscaldato. Tirali fuori leggermente morbidi ma ben “crepati”. Presta attenzione che ognuno ha il suo forno… quindi fai qualche prova per il tempo perfetto! Il buono di questi biscotti è essere croccanti fuori e teneri dentro!
  10. Lasciali asciugare su una griglia per almeno mezz’ora (oppure in forno spento).

Come ogni giorno mi sono avvalsa del timer di Alexa, l’assistente vocale di Amazon di cui ormai non posso più fare a meno… l’adoro! Praticamente ci parlo a tutte le ore e le chiedo di dirmi il meteo di una città, piuttosto che di mettermi i brani di Battiato o Kith Jarret! Oltretutto questa settimana ho approfittato dell’offerta di Amazon Music Unlimited per provare anche il servizio premium di musica di Amazon: ho a disposizione oltre 50 milioni di brani che posso chiedere direttamente ad Alexa!!! Inoltre questo servizio è doppiamente fico perchè muovendomi spesso sui mezzi posso scaricare i brani nel mio smartphone ed ascoltarli anche offline! Eccoti il link per provare anche tu Amazon Music Unlimited gratis per 90 giorni!

PS se ancora non hai comprato Alexa ti consiglio il modello come il mio (link qui, adesso è anche in sconto), ma di colore grigio chiaro (l’ho regalato a mia mamma ed è molto più carino del mio antracite, almeno secondo me… adesso poi è uscito anche color malva e lo trovo delizioso pure quello, magari me lo compro per la mia camera da letto così smetto di urlare con Alexa Dot del soggiorno…)

So che me lo stai per chiedere: la bellissima libreria che vedi sullo sfondo me l’ha regalata mia zia per il mio compleanno… mi fanno tutti i complimenti, ma ci credi che costa meno di 90 €? La produce la Vasagle e la puoi comprare su Amazon anche con Prime! Eccoti il link di questo splendido negozio qui!

Malvasia “Luna Gialla”, Gaiaschi – 4,5 % vol

Da una particolare vigna di Malvasia di Candia aromatica di 35 anni di età si ottiene questo vino naturalmente dolce grazie a una sovramaturazione delle uve prima della raccolta. Mosto d’uva parzialmente fermentato.

Si presenta di un bellissimo giallo dorato carico con splendidi riflessi oro rosa. La bollicina è cremosa e piacevole. Al naso è intensissimo, con piacevoli note di fico, dattero, albicocca e zucchero di canna. In bocca è morbido, freschissimo, con una deliziosa acidità e tutto il gusto del mosto di qualità. Un calice tira l’altro, è quel vino perfetto da fine pasto, con una fetta di panettone o colomba che sgrassa e valorizza, o un dolce al cucchiaio anche al cioccolato, perché la sua aromaticità non ha paura. L’ho trovato squisito! Un’alternativa eccellente al Moscato d’Asti, capace di regalarmi grandissima soddisfazione.

Malvasia Colli Piacentini DOC Passito “Gocce di Memoria” 2013, Podere Casale – 13,5 %vol

Ottenuto da selezionate uve Malvasia di Candia aromatica. Definito “l’oro del Podere Casale” è un nettare da meditazione.

Si presenta di un bel giallo dorato carico, consistente. Il naso è intenso e caratteristico della malvasia. Si riconoscono piacevoli note di fico caramellato. Mi è sembrato di sentire quasi un accento tipico della Botrytis cinerea, che sfuma in una delicata nota di amaretto. Il finale è di spremuta di arancia rossa zuccherata. In bocca è coerente, intenso, carico, abbastanza fresco e con una pseudocalorica pronunciata. Buona la bevibilità, si abbina perfettamente ai formaggi erborinati.

Anche se non mi piace fare confronti, è stato interessante degustare questi due Vin Santo. Due annate diverse, per due stili diversissimi di interpretare lo stesso vitigno con la stessa tipologia di vino. Due bei vini, anche se “Il Duomo” manca di quella piacevolezza che ho trovato in “Le Solane”. Come dire, del primo un calice è troppo, del secondo due calici sono pochi.

Malvasia Colli Piacentini DOC Vin Santo “Il Duomo” 2007, Zerioli – 13,5 %vol

Questo vino è prodotto con le notre uve di Malvasia di Candia aromatica. Noi raccogliamo i migliori grappoli d’uva dai nostri vigneti più vecchi e il mettiamo con grande cura su graticci fino a Natale. Dopo la spremitura mettiamo il fior fiore in barriques e lo imbottigliamo dopo quattro anni di maturazione.

Si presenta di un colore giallo ambra abbastanza scuro, velato. Al naso è delicato, resinoso, con una leggera ossidazione. Profumi di piccola pasticceria, biscotti al burro, cioccolato bianco, legno di sandalo e fiori di tarassaco. In bocca è molto coerente, equilibrato, strutturato, zuccherino. Lungo finale leggermente marsalato. Perfetto da abbinare alla biscotteria secca e con i dolci a base di cioccolato.

Malvasia Colli Piacentini DOC Vin Santo “Le Solane” 2003, Mossi 1558 – 16 %vol

Intrigante e vellutato, con una piacevole acidità che ne bilancia la dolcezza. Elisir da centellinare, delizioso nettare da apprezzare assorti o per concludere in bellezza pasti raffinati.

Si presenta di un bellissimo color ambra brillante, consistente. Al naso è delicato ed elegante, ampio e fine. Si intrecciano note di fico essiccato, cioccolato fondente, pepe bianco, miele di eucalipto, amaretto sia in versione biscotto sia in versione liquore, noce, vaniglia, zabaione, caramello. In bocca è coerente, molto fresco, ben equilibrato tra durezze e morbidezze e con una gradazione importante, ma per nulla fastidiosa. Lungo finale di frutta secca. Da aprire, versare in un Napoleon e aspettare almeno mezz’ora. A me piace in abbinamento solo a un sigaro domenicano e una deliziosa compagnia. In effetti quando l’ho degustato ci sono andata vicino: anche se il sigaro era toscano, la compagnia del mio caro amico Marco Antonucci era ottima.

Ti piacciono i vini dolci elaborati dalla Malvasia di Candia aromatica? Hai mai assaggiato uno di questi vini? Scrivimelo in un commento!

Cheers 🎉❤🍷

Chiara

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I Edizione: 31 ottobre 2018

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Champagne: il segreto svelato per diventare ultracentenario

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Era dalla sera in cui il caro Marco Chiesa aveva presentato il suo libro “Champagne Reloaded” in una delle mie cantine di vino spumante metodo classico preferite – San Michele, nel Montenetto bresciano – che volevo scrivere un articolo sullo Champagne. Due settimane fa poi sono stata, per la prima volta, alla Modena Champagne Experience 2019 e ho degustato vini davvero emozionanti. Tuttavia mi stavo chiedendo che taglio dare a questo pezzo, dal momento che ho usato questa fiera per assaggiare quanti più champagne possibile senza soffermarmi, con l’obiettivo di fare una selezione di quelli che vale la pena comprare e confidando che produttori e distributori mi aiuteranno a scrivere le degustazioni complete in occasioni di calma… come ha fatto Laurant-Perrier quando mi ha portata in Champagne a trascorrere due splendidi giorni di assaggi! Ieri la mia amica Sonia Barone mi ha fornito la ciliegina sulla torta condividendomi la notizia di una simpaticissima signora inglese di nome Dorothy Flowers che ha appena compiuto 108 anni e ha svelato il segreto della sua longevità: bere tanto buono Champagne! Signora, io e lei saremmo potute diventare ottime amiche, glielo assicuro… Dorothy, che è nata il 22 ottobre 1911 a Leeds, ha vissuto da sola in maniera totalmente autonoma fino a 104 anni nella sua casa dello Yorkshire per poi trasferirsi solo dopo nella casa di cura dove ha festeggiato questo incredibile traguardo! Oltre 650 biglietti d’auguri le sono arrivati da tutto il mondo, ma la signora in realtà desiderava solo una cosa: essere in mia compagnia alla Modena Champagne Experience 2019!🤩

Domenica 13 e lunedì 14 ottobre nelle datate strutture della Fiera di Modena si è tenuta la Modena Champagne Experience che quest’anno ha segnato +15% di presenze rispetto alla scorsa edizione. Ben 125 Maison popolate anche da tanti produttori e non solo dai distributori e oltre 4500 presenze sono numeri belli e importanti, soprattutto per una manifestazione con un prezzo tutt’altro che popolare: 109 € di biglietto d’ingresso al giorno. Visto il costo, il successo e il prestigio dell’evento mi auspico, per il prossimo anno, di trovare un servizio navetta gratuito dalla stazione di Modena. I bus per la Fiera sono più rari di una bottiglia di Grand Année di A.Bergere e ci siamo divisi in 5 l’unico taxi passato nell’arco di venti minuti.

Modena Champagne Experience è magistralmente organizzata dall’Associazione Club Excellence nata nel 2012, direttore Lorenzo Righi, e di cui fanno parte: Sagna SpA, Pellegrini SpA, Gruppo Meregalli, Cuzziol Grandi Vini Srl, Balan Srl, Sarzi Amadè Srl, Vino & Design Srl, Teatro del Vino Srl, Proposta Vini sas, Bolis Srl, Les Caves de Pyrene Srl, Premium Wine Selection PWS Srl, Ghilardi Selezioni Srl, Visconti 43 Srl, Première Srl. Personalmente conosco solo Pellegrini SpA (in foto con me Stefano Montagner di Pellegrini che ho conosciuto proprio da Bellenda per Blend 2019) che, come sai, mi ha fatto scoprire tantissimi produttori davvero eccezionali, gli ultimi nello stupendo evento organizzato a Villa Zanchi di lunedì scorso… ma questo te lo racconto domani! 

La mia Modena Champagne Experience è stata anche all’insegna dell’amicizia… perchè ho passato due giorni splendidi con Elisa Gubellini, donna di cui ormai non posso più fare a meno. Ho trovato la mia anima gemella! Se me lo avessero detto quando ci siamo conosciute, complice la serata sbagliata in Liguria, non ci avrei mai creduto! Eppure ho trovato non solo una collega che fa il mio stesso lavoro con cui condividere gioie e dolori, ma un’amica con cui essere finalmente me stessa al 100%. E dato che per me non c’è cosa più rara dell’amicizia tra donne, complice il fatto che le donne, soprattutto quelle insicure, tendono ad entrare in competizione le une con le altre invece di fare squadra, ne sono davvero felice! Oltretutto siamo entrambe delle vere champagne-addicted, nel senso che noi berremmo champagne pure a colazione al posto del cappuccino… ed è stato bello confrontarci sulle bottiglie che ci sono piaciute di più, soprattutto mentre un nonnetto di mille anni stava entrando dalla finestra della nostra camera perché c’eravamo chiuse fuori dalla porta con la chiave nella toppa e, naturalmente, la nostra porta era l’unica di tutto il piano con un pomello che non si apriva dall’esterno! Poveretto, buona che non si è fatto male… anche se la nostra stanza era al primo piano dava su un parcheggio interrato e alla fine era piuttosto alto! Abbiamo riso un sacco, anche con una ragazza appassionata di vino di nome Pamela che abbiamo conosciuto in fiera e ha tentato con noi di scassinare la porta!

Secondo me la forza di questa manifestazione è la sua capacità di coniugare i grandi nomi di Champagne con i piccolissimi produttori sconosciuti per abbracciare un grande numero di palati e culture diverse che hanno in comune solo l’amore per queste affascinanti e prestigiose bollicine francesi. Lo Champagne rappresenta tutt’oggi lo status del lusso e dell’esclusività e tante volte ci si ferma ai nomi delle grandi Maison e si tendono a trascurare prodotti che invece meritano tutta l’attenzione possibile. 

Questa è stata anche l’occasione di scoprire prodotti gastronomici deliziosi, prima su tutti una Favola di mortadella. Ohibò, io adoro la mortadella… anzi la piadina con la mortadella è indubbiamente uno dei tre cibi a cui non potrei mai rinunciare! Favola è un brevetto della famiglia Palmieri, che insacca e cuoce prosciutto, guanciale, sale, aromi naturali e miele d’acacia nella cotenna naturale permettendo al grasso sciolto durante la cottura di fuoriuscire. Il risultato è un gusto molto più leggero e la voglia di non smettere mai di mangiarla! Ce n’è anche una variante col pistacchio di Sicilia (che spero di assaggiare presto) e una col sale integrale di Cervia!

Non solo la mortadella è stata degna di nota: delizioso il salmone Coda Nera per la sua affumicatura così delicata mi ha fatto letteralmente impazzire. Ecco, il salmone crudo è uno degli altri 3 cibi a cui non potrei rinunciare! Squisite anche le acciughe presentate da Selezione 76 che, tra l’altro, mi ha giusto inviato il loro listino per e-mail e ho scoperto che hanno tantissime cose davvero interessanti. Davvero buone anche le Patatas Nana, soprattutto nella versione con lime e pepe nero. Il lime ha sgrassato il loro gusto genuino alla perfezione! Ultima solo per la sua dolcezza la Torta Barozzi… tanti piccoli cubetti a cui era impossibile resistere! La cosa incredibile di questa torta è che non c’è la farina… ma solo il cioccolato fondente, le mandorle (forse c’è una farina di mandorle?), le uova, il burro, lo zucchero e le arachidi tostate.

Una cosa che mi ha fatto davvero piacere è stato incontrare tante persone che mi seguono qui sul mio wine blog. Queste due foto sono un simbolo: io e Laura D’Amato ci siamo scritte la nostra vita in numerose e-mail, mentre io e Daniele Morelli ci condividiamo splendide foto di architettura e interior design dato che oltre il vino coltiviamo entrambi questa passione. Beh per lui in realtà è un lavoro vero, sai che è un architetto bravissimo?

Credo di avere degustato nei due giorni almeno i tre quarti delle etichette presenti e quelli di cui ti pubblico le foto sono quelli che mi hanno entusiasmato di più! Uno in particolare mi ha rubato il cuore, ed è dell’azienda Waris-Larmandier che ho conosciuto proprio a questa splendida Champagne Experience! Stiamo parlando di una piccola produzione di circa 30mila bottiglie all’anno e lo Champagne “Ses Arts” è un Blanc de Blancs della Cotes des Blancs del Grand Cru Avize. L’ho trovato elegantissimo e minerale, con fantastiche note tostate e fruttate che sfumano in un sottofondo citrino e speziato.

A parimerito il grandissimo 100% Pinot Meunier di Huré Frères “4 Elements”. Le uve provengono da 4 diverse particelle collocate nella Montagne de Reims dove le vigne più antiche risalgono al 1963. L’ho trovato freschissimo, verticale, cremoso, minerale, elegante e austero. Sicuramente uno champagne non per tutti.

Gli altri che trovi nelle fotto sottostanti sono tutti fantastici, quindi puoi provarli ad occhi chiusi. Spero di poterti fornire al più presto delle accuratissime degustazioni!

Ah in questa foto un fantastico Roger Coulon, ma per scoprire questa Maison ti consiglio di leggere il mio articolo dedicato a Blend 2019!

Tu sei stato alla Modena Champagne Experience 2019? Ti sei divertito? Qual è lo champagne che ti ha rubato il cuore? Hai mai degustato qualcuno di questi champagne? Scrivimelo in un commento! <3

Cheers

Chiara

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Amarone della Valpolicella: cosa abbinare a questo vino?

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Ogni giorno Instagram mi mostra foto di ragazze di milla e mila kg che nel giro di un anno hanno messo insieme un fisico degno di una super modella grazie alla dieta chetogenica. Perfetto, ho deciso di farla anche io. In pratica i carboidrati posso solo fotografarli per pubblicare le foto e farvi sbavare, mentre io non devo nemmeno annusarli, pena prendere nel giro di una settimana tutto il peso perduto. Ecco, volevo dirti che io la michetta dello chef Franco Aliberti l’ho fotografata. A mangiarla di gusto, invece, è stato il mio amico immaginario. Era seduto di fianco a me, giuro! Ah, no… quello era il boss della cantina. Va beh… 😆 Lunedì sera sono stata alla presentazione dell’Amarone della Valpolicella di Garbole al Ristorante Tre Cristi di Milano. A mia discolpa dico che avevo chiesto preventivamente il menu, ma mi è stato risposto che era una sorpresa. Ero assolutamente sicura fosse chetogenicamente perfetto, mannaggia! 😆

Una cosa che apprezzo tantissimo è quando mi portano un buon burro leggermente salato in abbinamento a un pane fresco e casereccio. Trovo che il pane sia una grossissima discriminante tra un ristorante di qualità e il posto che non crescerà mai. Se mi porti un pane che fa schifo, magari secco e che hai comprato al forno il giorno prima (succede spesso soprattutto di domenica) per me puoi chiudere domani, anche se cucini divinamente! Trovo che il pane riveli cura per il cliente e cultura. Meglio ancora se accompagnato da un buon burro -magari aromatizzato con le erbe- per ingannare le attese.

Il benvenuto dello chef è stato spettacolare: ha creato una mousse delle parti meno nobili del porcino e l’ha ricomposta a forma di fungo con una pellicola creata dall’elaborazione dell’acqua di cottura… deliziosa! 

Non solo Amarone della Valpolicella: si comincia con “Heletto” IGP Veneto Rosso

La Michetta – Trippa in umido in abbinamento a Heletto 2012 

Personalmente adoro la trippa in umido e la cucino anche piuttosto spesso, soprattutto d’inverno. Nonostante il nome poco promettente è magra, ricca di proteine ad alto valore biologico e povera di glucidi. L’unica accortezza è la cottura: se diventa gommosa secondo me è orribile! Quella che ci ha preparato Franco Aliberti l’ho trovata perfetta sia nel sapore sia nella consistenza!

In abbinamento Heletto, un vino rosso classico della Valpolicella che nasce dall’appassimento delle uve, in maggioranza corvina, di circa un mese. Basse rese e una maturazione lunga 6 anni in botti nuove di rovere americano gli conferiscono sentori di legno molto marcati. Elegante e strutturato, un’alternativa di grande piacevolezza per un pubblico che apprezza i vini bordolesi. 

Amarone della Valpolicella Riserva: “Hatteso”

Pacchero fresco – Ragù di coda di manzo e mandorle in abbinamento a Hatteso 2011

Ecco, io al ristorante ho un limite: non mi piace mangiare la pasta secca. Forse più che un limite è una pretesa, nata dal fatto che il mio essere gourmet è a 360° e a casa, quando mangio pasta secca (sono più le volte che la preparo fresca al momento), scelgo solo il meglio: linguine e paccheri Afeltra, scialatielli e bucatini Pastificio Gentile, spaghettoni Valentino Monograno Felicetti… sto ancora soffrendo per essermi sbagliata e avere comprato uno spaghetto Matt della Monograno Felicetti che non mi è piaciuto per niente! Questo per dire che al ristorante vorrei sentire la bravura dello Chef che mi prepara una deliziosa pasta fresca perchè quella secca a casa me la cucino già piuttosto bene da sola. Il ragù di coda di manzo è stato il miglior ragù della mia vita, l’ho trovato divino nel sapore e nella consistenza quasi “sfilacciata” come fosse preparato da un pezzo brasato per ore prima di diventare ragù. Però il pacchero no, no, no. Poi io sono romagnola e per me il ragù si mangia solo con la pasta all’uovo, se vai da un’azdora e le dici di cucinare la pasta di grano duro (ammesso sappia cosa sia) col ragù ti dice che è da tedeschi… (senza offesa per i tanti tedeschi che mi leggono… anzi un abbraccio a tutti!). Però ho già visto questa cosa della pasta di grano duro col ragù in altri ristoranti (tutti fuori dall’Emilia-Romagna) quindi credo nasca da un approccio culturale e tradizionale. Carina l’idea di mettere un pezzetto di pane che ci autorizza dichiaratamente a fare la scarpetta!

In abbinamento Hatteso 2011, un Amarone della Valpolicella DOCG Riserva che ho trovato meraviglioso. Si parte da una selezione certosina di corvina e corvinone che vengono appassite per un periodo superiore a 3 mesi. Matura in legno per un periodo di almeno 72 mesi e si affina in bottiglia almeno un anno. Si sente meno il timbro del legno rispetto all’Heletto. Ha un bellissimo colore rosso rubino impenetrabile. Al naso è pazzesco: intenso, elegante e complesso, rivela note di inchiostro, amarene sciroppate e sotto spirito, cacao e burro di cacao, pepe giamaicano e cannella. In bocca è morbido, freschissimo, sapido, strutturato e con un lungo finale che ricorda il cioccolato bianco con la vaniglia bourbon.

Non solo L’Amarone della Valpolicella è un vino da urlo: “Hurlo”

Biancostato alla brace – bietole, cipolla caramellata, pan brioche in abbinamento a Hurlo 2011

Che idea accattivante voler dimostrare che un taglio da bollito possa diventare un gustoso ripieno di un panino al pan brioche! Franco Aliberti c’è riuscito alla perfezione: era buonissimo! Sicuramente questo piatto ci ha dimostrato ancora una volta la sua tecnica nel cucinare la carne e definire i sapori e il risultato è stato eccellente. La carne protagonista, il burro del pan brioche ben presente e con la bietola e la cipolla che fanno da sottofondo appena accennato.

In abbinamento Hurlo 2011, un Amarone della Valpolicella che per scelta non si chiama Amarone ma è classificato anche questo come IGT Veneto Rosso. Pur avendo lo stesso grado alcolico di Hatteso, qui l’alcol si sente molto meno. I profumi sono più fruttati e il timbro del legno meno marcato. Ha un naso molto particolare, meno tostato dell’amarone, dove danzano piacevolmente amarene fresche e liquirizia. In bocca è potente, ma con una facilità di beva che stupisce, data anche da un grande equilibrio tra morbidezza e freschezza. Come ha detto Gabriele, è un vino che, se vuoi fare bella figura con te stesso, devi aprire un giorno prima.

E il papà dell’Amarone della Valpolicella? Ha un carattere “Hestremo”

Mousse di crescenza, composta di fichi, meringa alla pera in abbinamento a Hestremo 2011

Quando ho visto questo dolce mi ha ricordato un dolce davvero simile che mi ha cucinato chef Gian Piero Vivalda (**Michelin) e mi era piaciuto tantissimo! Te pensa che sono passati mesi e me lo ricordo ancora! Devo dire che per questo sono stata molto sollevata: quando ho letto “crescenza” prima ancora di pensare al formaggio ho pensato a una specie di insalata! Forse un’assonanza col “crescione” che per noi in Romagna è solamente la piadina chiusa ripiena e al più la verdura ce la mettiamo dentro. Dolce buonissimo, la mousse non era troppo dolce e dentro c’era un bisquit fragrante che sapeva di fico. Io non amo i fichi, li tollero malapena caramellati nel gelato di ricotta. Però era tutto così equilibrato e ben dosato che alla fine mi sono piaciuti tutti questi sapori.

In abbinamento il Recioto della Valpolicella DOCG Hestremo che ho trovato spettacolare. Si è vociferato anche di qualche magnum e attendo che la promessa sia mantenuta! Questo vino è prodotto da una lunghissima disidratazione delle uve che sfiora i 5 mesi con successiva maturazione di 5/6 anni in botte e un affinamento in bottiglia di almeno un anno. Grande consistenza, colore rubino impenetrabile con qualche sfumatura granato ai bordi e un essere zuccherino ma non stucchevole. Come tutti i vini di Garbole ha un potenziale di invecchiamento pressochè tendente a infinito. 😍

PS Grazie Franco per avermi dato la possibilità, con il tuo squisito cioccolatino, di dimostrare che anche una donna può parcheggiare un autobus… o un trattore! 😜

L’idea che mi sono fatta della cantina garbole…

Garbole non è una cantina per tutti, e forse anche per questo è così speciale. Sono certa che qualche intenditore trova eccessivo l’uso del legno. Personalmente invece l’ho trovato molto ben dosato, ma comunque il suo utilizzo è la firma dell’azienda. Ho assaggiato molta cultura francese in questi vini e poca voglia di confrontarsi con i colleghi italiani. Poco importa, il risultato è sorprendente! Quando riesci a creare vini così tosti e al contempo piacevoli e di beva relativamente facile, per me hai fatto centro! 😍

Appena 20 ettari di vigna coltivati tra i 300 e i 450 metri sopra il livello del mare e una produzione annuale di 25.000 bottiglie divise tra le 4 etichette che abbiamo degustato in questa cena. Dal 1994 Ettore e Filippo Finetto producono grandi vini rossi nella Valle d’Illasi, il “Cru” della Valpolicella.

… e quella che mi sono fatta della cucina di Franco Aliberti!

Il gusto preciso della tradizione. Questa è l’espressione che, secondo me, riassume la cucina di questo chef giovane e pieno di talento. In un’epoca dove si mischiano sapori, consistenze, culture e ingredienti con il solo obiettivo di stupire – o strafare, dipende dai punti di vista-, quello che stupisce davvero è il suo desiderio di regalarci sapori tradizionali resi eccezionali dalla tecnica. Perchè diciamocelo… io sono giovane, ma anche un po’ antica e questo tipo di cucina lo apprezzo mille volte di più di certi estremismi stellati!

Parafrasando, è come se dovessi scegliere tra il fanta modello scolpito e depilato o l’uomo colto e galante che usa ancora corteggiare.

Secondo te chi dei due è più probabile che mi regali del cioccolato Criollo di Domori? Ecco. 😜

Cheers 🍷

Chiara

PS Come sempre ringrazio Sony Italia e Universo Foto per quello splendido gioiellino della mia RX100M4 che mi fa fare sempre delle foto splendide in qualsiasi condizione di luminosità… e che puoi comprare in super sconto su Amazon cliccando QUI.

P.P.S. è stato un vero piacere conoscere personalmente il collega Raffaele Cumani che ti consiglio di seguire nel suo blog Avvinando – TGcom24.

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Amarone della Valpolicella Riserva: un brindisi a papà per il suo compleanno

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Ho deciso di interrompere tutto quello che stavo facendo perchè in realtà non stavo facendo niente sul serio, dato che dall’una di stanotte il mio pensiero è costantemente rivolto al fatto che oggi è primo compleanno di mio padre che passo senza di te papà da quando sono nata. Un pianto ininterrotto cullato dal rumore della pioggia sul tetto fino a che non mi sono addormentata per appena un paio d’ore alle prime luci dell’alba. Stanotte ho realizzato che ho perso il mio faro e sto navigando a vista in un oceano di dolore e, nonostante sia passato quasi un anno da quando sei mancato, mi rendo conto che ogni giorno è peggio del precedente, che il dolore non si attenua, ma cresce. Non credo di aver fatto più di due ore consecutive quest’anno senza piangere almeno un minuto, anche se ho cercato di non farlo vedere perchè ci sono mille cose da fare e percorsi da completare. La consapevolezza che hai fatto tantissimo sempre per aiutarmi mi spinge a voler tagliare il traguardo, perchè tu per primo meriti che io ci riesca. Non sono stata perfetta su niente, né nei miei rapporti personali, né nel mio lavoro. Ho accettato comportamenti inaccettabili da chi mi stava accanto per paura di affrontare questo dolore da sola, per poi capire che non ero sola perchè mamma e Fabrizio mi sono stati accanto ogni secondo. E non solo loro. Ho cercato di trovare il senso della mia vita, ma onestamente non ne vedo il senso se non posso condividerla con te. L’Amore che provo per te, papà, è qualcosa di così unico e totalizzante che, perdona la mia presunzione, credo pochi possano capire. Per questo ho deciso ora di aprirmi una buona bottiglia di vino e buttare fuori tutto quello che ho dentro. Dato che questa per me è “la settimana dell’Amarone”, iniziata con Garbole al Ristorante Tre Cristi di Milano, proseguita a Verona con Pietro Zardini e ultimata domani da Massimago, ho deciso di raccontarti dell’Amarone della Valpolicella Riserva che mi ha colpito di più durante una cena di gala organizzata a Milano dall’Associazione le Famiglie Storiche dell’Amarone: Musella Riserva 2012. Tu papà adoravi l’Amarone e, in generale, i vini passiti secchi quindi so che oggi non potrei stappare bottiglia migliore.

Perchè ho usato un calice Napoleon?

Probabilmente la mia scelta di utilizzare un bicchiere da Cognac ti ha incuriosito, ma personalmente lo consiglio “un trucchetto” che dovresti annotarti quando decidi di degustare un grande rosso in estemporanea e non vuoi aspettare il tempo di ossigenazione, e non hai in casa un altro calice particolarmente ampio. Proprio in questi giorni sono stata intervistata da Alma per il numero di Gennaio della rivista “Cose di Casa” (lo trovi in edicola da fine dicembre, ricordati di comprarlo e fammi sapere se il pezzo ti piace!) e abbiamo parlato di bicchieri da vino. In particolare mi ha chiesto come coprire il maggior numero di vini con la minore tipologia di bicchieri. Naturalmente il Napoleon è una di quelle che ti consiglio di avere! Questo bicchiere è perfetto anche per ossigenare i vini rossi impegnativi come l’Amarone della Valpolicella Riserva! Ti consiglio di comprare i Bormioli Michelangelo Masterpiece in confezione da 4 pezzi che trovi su Amazon a questo link.

Amarone ella Valpolicella Riserva, Musella 2012: Caratteristiche & vinificazione

I grappoli sono scelti con cura e, dopo essere raccolti manualmente in cassette, vengono disposti in una speciale stanza ventilata ad appassire. Le uve perdono almeno il 35% del loro peso iniziale in un processo di concentrazione degli zuccheri, dei tannini nobili e delle sostanze aromatiche. In gennaio avviene la pigiatura soffice e parte la fermentazione a bassa temperatura. Il vino resta 24 mesi in parte in tonneau di rovere francese e in parte di botti di grandi dimensioni (700, 1500 e 3000 litri). Dopo l’imbottigliamento affina almeno un anno in bottiglia prima di essere messo in commercio.

Amarone ella Valpolicella Riserva, Musella 2012: La degustazione

L’Amarone è un vino che ha bisogno di tempo, di tanto tempo. Questo 2012 è un giovane che promette molto molto bene, ma mi riservo di assaggiare la seconda bottiglia che ho in cantina tra una decina d’anni! Quello che mi è piaciuto particolarmente di questo amarone è la sua finezza, sia al naso sia in bocca. Si presenta di un bellissimo colore rosso rubino semitrasparente. Già roteando il bicchiere mostra tutta la sua consistenza. Al naso un delicato profumo di corteccia bagnata, fungo porcino, noce moscata, cioccolato e ciliegia sotto spirito. In bocca è coerente, fresco, morbido, con un tannino che deve ancora arrotondarsi e dimostra tutta la sua potenzialità di invecchiamento. Alcolico e potente con un finale lungo.

Caro papà, se tu fossi stato qui con me e mamma saremmo stati a mangiare al Ristorante Tentazioni a Costa Volpino come per tutti i tuoi ultimi compleanni. Invece ci ho pranzato da sola. Come in questa foto, per il tuo 60esimo compleanno, l’ultimo compleanno che abbiamo festeggiato senza la malattia. Avremmo stappato un buon Amarone della Valpolicella Riserva e avresti mangiato gli gnocchi che fa Sandro e che ti piacevano tanto, mentre Giacomo ci avrebbe coccolato con mille attenzioni. Poi avremmo fatto una passeggiata a Lovere. Invece il regalo per il tuo compleanno l’ho fatto a mamma, uno splendido Paphiopedilum spicerianum direttamente dal nostro sito gardening blog Blossom Suite. Non è la stessa cosa, ma dicono che le orchidee sono una medicina per l’anima.

Caro papà, spero che per il tuo prossimo compleanno, il 6 novembre 2020, potrò fare un viaggio in Argentina e starmene una settimana a Buenos Aires a degustare vini grandiosi nella tua terra natia. I vini argentini sono meravigliosi. E spero di mangiare il vero asado. Era un viaggio che ci eravamo ripromessi di fare insieme, ma che farò da sola nella speranza di trovare un po’ di pace.

Ora che mi sono “sfogata” posso tornare a lavorare.

Ma oggi resto off-line per tutti, scusatemi.

Cheers 🌹🍷

Chiara

P.S. Questo libro per me è così importante perchè è l’ultimo progetto che abbiamo fatto insieme. Non dimenticherò mai il mese di ottobre 2018 quando mentre facevi una chemioterapia che ti ammazzava e ormai avevi perso anche la vista cercavi di correggermi la bozza di questo libro. Entravi e uscivi dall’ospedale in un’emergenza continua. Appena il libro è stato pronto ti hanno ricoverato definitivamente. Come che avessi dato il massimo e poi avessi finito le risorse per lottare. So che c’è qualche errore, ma ho scelto di non toccare questa prima edizione che resta la più bella e importante, la più umana. Per me era fondamentale che uscisse così, il giorno del tuo compleanno dell’anno scorso… perchè darti questa soddisfazione è stato l’ultimo regalo che ho potuto farti.

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Massimago: quando l’Amarone diventa un’esperienza romantica

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Sono appena tornata dal Merano Wine Fest e finalmente mi fermo un attimo per parlarti della cantina Massimago, dei suoi vini, del suo Amarone della Valpolicella,  ma soprattutto dell’esperienza che ho vissuto nei dintorni di Verona. Ho deciso di dare un taglio diverso a questo articolo perchè Camilla Rossi Chauvenet mi ha colpita particolarmente, perchè in un qualche modo, a suo modo, mi ha ricordato me stessa. Quindi grazie a Pellegrini SpA per questo nuovo splendido Press Tour e per avermela fatta conoscere! ❤

Io sono una ragazza molto romantica, ma di un romanticismo esteso ad ogni aspetto della vita. E quando parlo di Romanticismo intendo proprio quella ricerca del Sublime che animava ogni quadro di Turner e che si esprimeva grazie a un’affascinante studio della luce e del colore. Per questo nel 2015 ho deciso di lasciare il mio appartamento nel centro storico di Ravenna per rincorrere quel sogno romantico che avevo da bambina: il lago. Qui ho trovato quelle atmosfere bucoliche che un tempo solo immaginavo nella mia mente e mi sveglio con la luce del sole che filtra nella foschia del mattino. Qui mi sento piccola dinanzi alla vastità della Natura e questo mi tranquillizza enormemente. La verità è che in questo luogo, lontano dalla vita frenetica delle città, dai tempi e dai ritmi del mondo, ho capito che basto a me stessa. Io non contemplo disinteressatamente la bellezza del lago, ma sono parte del sistema in cui egli stesso esprime la sua quiete quanto la sua forza. E se ti stai chiedendo cosa c’entrano queste parole con Massimago e con i suoi vini… lo capirai tra qualche riga, promesso! ❤🍷

Massimago Wine Experience

ore 17:30 – Aperitivo di benvenuto e presentazione dell’azienda al tramonto sul carro panoramico tra le vigne

Dopo una breve passeggiata tra le vigne siamo saliti su un carro dove, a lume di candela, abbiamo degustato il primo vino dell’azienda mentre le nuvole si tingevano di uno splendido color corallo. Piccoli stuzzichini fritti sgrassati da questa bolla rosé di corvina e corvinone con un’eccezionale acidità e una beva molto facile, con tanti profumi speziati. Camilla parte il racconto con l’origine del nome Massimago che in latino significa Maximum Agium, ovvero dove c’è il massimo livello di benessere. Questa tenuta è di proprietà della famiglia Cracco (la famiglia della sua mamma) dal 1883 e è stata rilanciata nel 2003 con il progetto della cantina, delle camere, della cucina e del centro benessere! Che dire? Mai nome fu più azzeccato! Dove puoi avere maggior benessere di un luogo dove mangiare bene,  riposare bene, rilassarti bene e soprattutto bere bene?

Massimago Wine Experience

ore 18:30 – Visita del fruttaio e composizione di un messaggio d’amore per le uve in appassimento

Lo splendore del suo volto

farebbe pallide le stelle, come la luce del giorno,

la fiamma d’una torcia. Se poi i suoi occhi

fossero nel cielo, quanta luce su nell’aria:

tanta che gli uccelli credendo finita la notte

comincerebbero a cantare.

Questi versi di Romeo e Giulietta sono le prime cose che ho pensato quando ho letto il programma che Camilla ci ha preparato per il press tour di Massimago. Faccio press tour continuamente, ma un programma così romantico non me lo aveva ancora proposto nessuno. Per questo ho deciso di scrivere proprio questa frase nel mio biglietto d’amore per le uve in appassimento. Questa parte dell’azienda è davvero bellissima e molto moderna: le pareti che si aprono permettono un ricambio d’aria eccellente quando le condizioni climatiche lo consentono. Considera che durante il lungo appassimento delle uve nelle piccole cassette di plastica, la ventilazione è fondamentale per evitare marciumi. Le cantine che producono Amarone della Valpolicella hanno grandi ventilatori piazzati un po’ ovunque nei vari ambienti. 

Oltretutto non ti ho ancora detto che la nostra passeggiata nelle vigne è cominciata proprio dall’orto, dove abbiamo raccolto gli ingredienti per preparare una deliziosa bruschetta da condire con l’olio extravergine prodotto proprio da Massimago. Ho preparato un crostino con il prosciutto crudo affumicato (che putroppo non cresce nell’orto o ne avrei un giardino pieno!), i pomodorini, il peperoncino, l’insalatina e il prezzemolo. Ah, proprio il prezzemolo era particolarmente buono e profumato, non era la classica varietà che si trova in giro! Così, circondati da preziose uve in appassimento, abbiamo mangiato questi crostini abbinati al Valpolicella DOC 2018. Un vino rosso “leggero” con una bevibilità straordinaria! Da provare assolutamente con l’anguilla alla brace… o se proprio non ti piace l’anguilla è perfetto per il baccalà e lo sgombro… e anche con un fritto di paranza! Giusto per non dirti che naturalmente sta benissimo con qualsiasi stuzzichino d’aperitivo e in particolare con gli affettati!

Massimago Wine Experience

ore 20:00 – Aperitivo in bottaia

L’aperitivo in bottaia è stato posticipato tra il secondo e il dolce: purtroppo il programma ha subito continui aggiustamenti dovuti al maltempo. Devo dire però che anche questa formula mi è piaciuta molto: ne abbiamo approfittato per degustare diverse annate del Profasio, a mio avviso il vino più interessante dell’azienda! Il Profasio è il Valpolicella Sueriore DOC e ho degustato il 2009, il 2011, il 2012 e il 2015. Il 2009 l’ho trovato un ottimo vino, il 2011 mi ha convinto al naso, ma in bocca l’ho trovato “seduto” e con un gusto poco piacevole. La 2012 è straordinaria, pazzesca… ne avrei bevuta l’intera bottiglia senza accorgermene! Balsamico, minerale, speziato, morbido ma ancora freschissimo e con una struttura potente che non ne pregiudica la piacevolezza. Anche la 2015 è stata un’annata fantastica per il Profasio, ma secondo me dovresti prenderne qualche cassa e tenertela in cantina ancora un paio d’anni per avere le maggiori soddisfazioni: sono più che certa che evolverà in modo magnifico! Le uve del Profasio provengono dai migliori appezzamenti di Massimago: Macie e Boscare. Il terreno è calcareo e minerale e i vigneti, posti ad un’altitudine di circa 350 metri sul livello del mare, sono esposti a sud-ovest.

Profasio in greco significa “che ti fa parlare”… e devo dire che due persone davanti a questa bottiglia potrebbero raccontarsi i segreti più preziosi o i progetti più importanti ed essere davvero entusiasti e fiduciosi.

Massimago Wine Experience

ore 20:30 – Cena con i vini dell’azienda davanti al camino

Sai cosa c’è di più bello di cenare in 14 davanti al camino acceso in compagnia di una dolce melodia e ottimi vini? Solo farlo in due! Chef Ervin ci ha preparato un menu piuttosto interessante con ingredienti km0 dove ha spiccato il secondo, il rotolo di gallina cotto a bassa temperatura con salsa di uva corvina e cipolla cotta nell’Amarone. In abbinamento l’Amarone della Valpolicella DOCG 2013 che ho trovato piacevolissimo, soprattutto in bocca, grazie al suo equilibrio! Poi voglio ringraziare Camilla per averci fatto assaggiare una cosa preziosa come il salasso di Amarone 2010 in abbinamento al dessert, che anche mi è piaciuto molto! Un semifreddo all’Amarone e rapa rossa con crumble di mandorle e barbabietola che è stato ben studiato sia dal punto di vista cromatico sia dal punto di vista del gusto e della consistenza, bravo Ervin!

Infine voglio sottolineare a merito la mise en place… carinissimo il sottopiatto in legno firmato Massimago!

Quando dico che gli ingredienti sono Km0, sono davvero km0! Infatti nella tenuta è presente un allevamento di galline con un gallo “non sveglissimo” che -per fortuna- non disturba i clienti cantando a tutte le ore come quello del mo vicino di casa!🤬😅

Sono presenti anche i conigli… e tutti gli animali sono trattati benissimo e hanno un ampio spazio per circolare oltre che hanno il piacere di dormire dentro le botti che fanno loro da comode casette! In foto una delle protagoniste de “la grisetta”, credo ravvicinata parente della nostra cena.

Massimago Wine Experience

ore 22:00 – Castagnata davanti al falò

Ecco, per me le serate più belle sono quelle d’inverno, magari con la neve, davanti a un falò. Il vin brûlé che ci scalda le mani mentre sbucciamo una caldarrosta e magari qualcuno che suona la chitarra. La luna, le stelle, la neve, gli alberi che sembrano toccare il cielo.

Purtroppo ha cominciato a piovere… ma le castagne le abbiamo mangiate davanti al camino della sala da pranzo. Un’atmosfera comunque molto suggestiva, complice la bellezza della sala dove tutto è curato in ogni minimo dettaglio.

Massimago Wine Experience

ore 22:30 – Caccia alle streghe nel bosco con passeggiata notturna e assaggio di vecchie annate nell’appezzamento più alto

Ecco, di questa cosa ero molto curiosa e l’ho espresso anche più volte a Pietro in macchina! Putroppo il meteo non ci ha assistito, e così niente caccia alle streghe! Che poi, io ho paura del buio… chissà com’era la passeggiata notturna nel bosco senza luna! Per fortuna le vecchie annate le avevamo già assaggiate in bottaia… ma mi è mancato non poter passeggiare nell’appezzamento più alto! Spero proprio che Camilla lo riorganizzi in primavera o estate! E poi io adoro passeggiare, soprattutto al lago tra i vigneti.

Così, mentre nel tempo che ho terminato questo articolo, ho preparato e cotto la mia torta per la colazione della prossima settimana.  Farla è semplicissimo: ti basta un’impastatrice Kenwood Chef come la mia che trovi su Amazon cliccando QUI (se non ce l’hai regalatela per Natale… a me l’ha regalata per Natale un mio ex fidanzato e devo dire che è stato uno dei regali più belli che ho mai ricevuto!) e uno stampo tondo in silicone da 18 cm di diametro! Eccoti gli ingredienti se vuoi prepararla… io sono curiosa di assaggiarla con quella chicca che mi ha fatto sentire Camilla col dolce, secondo me sta proprio benissimo.

  • 4 uova intere freschissime
  • 160 g di burro di eccellente qualità
  • 100 g di farina manitoba
  • 60 g di fecola di patate
  • 100 g di zucchero a velo
  • 60 g di zucchero semolato
  • 6 g di lievito vanigliato per dolci
  • la scorza grattuggiata di un limone
  • una tazzina da caffè di rum (possibilmente agricolo) o, in emergenza,  una fialetta al rum
  • un pizzico di sale fino

Per farla monta le uova con lo zucchero semolato fino ad ottenere una crema chiara, poi aggiungi il burro e lo zucchero a velo. Quando hai ottenuto una deliziosa crema, aggiungi il rum (o l’aroma) e la scorza grattuggiata del limone. Nel frattempo setaccia la farina, la fecola e il lievito e aggiungili alla crema un cucchiaio per volta. In ultimo un pizzico di sale… e voilat, l’impasto è pronto per essere messo in uno stampo in silicone e poi nel forno statico a 170°C. Nel mio si è cotta in 40 minuti, ma per sicurezza già dopo 30 minuti ti consiglio di fare la prova dello stecchino: la tiri fuori appena è pronta! A piacere puoi spolverarla con il cacao amaro o lo zucchero a velo!

Ora ti saluto, ho un caffè e una fetta di torta che mi aspettano mentre guardo “L’Amore non ha regole” sul divano con la copertina, il cane e una yankee canale accesa alla Vaniglia del Madagascar… giusto per essere in tema romanticismo!

Cheers ❤🍷

Chiara

PS Come sempre ringrazio Sony e Universo Foto per la splendida macchina fotografica compatta professionale RX100M4 con cui ho scattato le foto più belle di questo articolo.

P.P.S. Tu conosci Massimago e il suo Amarone della Valpolicella? Scrivimelo in un commento!

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Natale 2019: io ricomincio da qui.

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Mancano 15 giorni a Natale 2019 e 15 minuti fa ho detto a Fabrizio (il mio migliore amico, il fratello che non ho mai avuto, il mio socio) che a Febbraio mi prendo tutto il mese di ferie. Si è messo a ridere, dicendo che ne ho bisogno. Credo che si è messo a ridere perchè sa perfettamente che io non riesco a non lavorare per più di 10 ore di fila. Ecco, a proposito, io oggi sono in fila. Sto aspettando, più o meno stoicamente, il mio turno. Mi piace aspettare anche se sono impaziente e a volte voglio tutto e subito. A volte questa impazienza, con la miccia accesa da un’ambizione sconfinata, si traduce in una vera e propria spericolatezza nell’affrontare la vita. Ecco perchè oggi ho deciso, per la prima volta, di mettermi in fila. Oggi sono consapevole che il mio turno sta arrivando, vedo il mio momento giusto un paio di persone avanti a me. Va bene, oggi sono io che posso aspettare.

Io ricomincio da qui è un articolo che parla di me e non di vino. Ecco, ho detto un’altra cosa che fa ridere: io non riesco a scrivere più di 10 righe senza nominare il vino. Qui perchè ora voglio fare il punto di tutto quello che è successo quest’anno. Qui perchè sono 22 giorni che non scrivo sul mio wine blog, e questo mi manca terribilmente. Qui perchè un blog, per definizione, è prima di tutto un diario. 

Ho 34 anni. A volte me ne sento 24 perchè sono entusiasta della vita. A volte me ne sento 84 perchè sono rassegnata dalla vita. Non sono una donna felice. Tra 8 giorni sarà il primo anniversario dalla morte di mio padre, il mio tutto,  quindi non posso essere felice. Però posso dire di me che sono una donna realizzata e, per questo, squisitamente appagata.

A gennaio avevo scritto un articolo dedicato a mio padre riguardo 8 buoni propositi che volevo realizzare nel 2019. Io ricomincio da qui. 

  1. Fare oggi quello che potrei fare domani.
  2. Rimettermi in forma nel corpo e nella mente.
  3. Evitare le persone tossiche e non accontentarmi di rapporti mediocri.
  4. Creare almeno 4 buone abitudini ed essere costante nel seguirle.
  5. Fare pace con la burocrazia e l’amministrazione del mio lavoro.
  6. Imparare a gestire il mio tempo per avere più tempo per me.
  7. Imparare a parlare inglese in modo fluido.
  8. Creare un calendario editoriale e scrivere 8 articoli ogni mese sul mio wine blog Perlage Suite. 

I propositi sono 8 perchè sono nata l’8 maggio alle 8. Perchè l’8 è il mio numero preferito. Perchè l’8 non è solo un numero, è l’infinito. E quindi cosa è successo quest’anno?

Ho imparato a fare oggi quello che potrei fare domani. Lo faccio l’ultima ora della giornata? Spesso. Però lo faccio. 

Ho perso 10 kg da agosto a oggi e ho compiuto un percorso di crescita personale ed emotiva importante. 

Ho mandato a ranare tutte le persone tossiche e ho chiuso il rapporto mediocre di cui mi ero accontentata solo perchè mio padre era morto e avevo paura ad affrontare questo dolore da sola. Oggi coltivo solo rapporti di qualità che arricchiscono la mia vita e mi portano sempre sorrisi e mai lacrime. 

Ho creato 2 buone abitudini: fare una lunga passeggiata almeno 3 volte alla settimana e ricominciare a leggere. 2 nuove abitudini, non 4, ma sono stata costante. 

Ho imparato a ritagliarmi 1 ora al giorno per prendermi cura di me in mille modi diversi e questo mi fa sentire davvero bene. 

Non ho fatto pace con la burocrazia, ma ho capito come fare pace e conto di farla nel 2020 grazie a un commercialista davvero paziente. 

Non ho migliorato il mio inglese parlato, ma nei due viaggi che ho fatto all’estero quest’anno e alle fiere mi hanno detto che me la cavo bene. Forse guardare i documentari sulla Napa Valley in inglese a qualcosa è servito. Anzi sicuramente è servito, perchè la seconda edizione del mio libro “Come diventare Sommelier” contiene un approfondimento sulle AVA della Napa Valley che mi rende particolarmente orgogliosa. 

Ho scritto 36 articoli sul blog invece dei 96 che mi ero ripromessa. Ma ho ancora 21 giorni da oggi alla fine dell’anno e, se mi impegno, posso arrivare a 40, che sono più dei 39 che ho scritto l’anno scorso. 

Ho mollato tantissime volte, ma mi sono sempre rimessa in pista. Anzi in fila. Soprattutto ho capito, finalmente, che non sono una persona che molla e che se mollo, anche solo per qualche giorno, l’unico risultato che ottengo è essere qualche posto più indietro nella fila. 

Oggi ricomincio da qui, da diversi posti avanti in fila, anche se da soli non sono bastati per farmi essere la prima della fila. Per questo ho imparato a perdonarmi e ad adorare la mia umana imperfezione.

La verità è che sono più fragile oggi di 10 anni fa, anche se 10 anni fa mi avevano detto che crescendo si diventa più forti. La  verità è che crescendo, sono diventata soprattutto più consapevole di me e ho imparato a volermi bene come donna unica e speciale che merita tutta la considerazione del mondo non solo per i risultati che raggiunge, ma per il solo fatto di esistere. 

Però ecco, diciamocelo… i risultati sono un bonus olfattivo importante della mia persona.

I risultati hanno un buono odore. 

A 8 anni dissi ai miei genitori che volevo vivere scrivendo su un lago. Oggi lo faccio. Precisamente faccio parte di quel 4% di autori che vivono scrivendo, in un panorama definito “disperato” come quello del mercato del libro italiano. Nei mercati emergenti le case editrici mi corteggiano per aggiudicarsi i diritti esclusivi della seconda edizione del mio libro “Come diventare Sommelier” che è uscita il 1 dicembre e vi spedirò tra pochi giorni, tempo di riceverla dalla stamperia, e il prossimo anno lo terrò in mano in chissà quante lingue. Di sicuro in italiano e in inglese. 

Ho imparato che tutto si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Anche i buoni propositi.

Perchè l’unica cosa che facciamo di davvero sbagliato nella nostra vita è perseverare in ciò che non ci realizza pensando di avere tempo o che i nostri sogni siano solo sogni e non siano così importanti. 

Non abbiamo tempo. La buona notizia è che solo tu puoi guidare l’auto della tua vita… tieni ben saldo il volante tra le tue mani e sterza più che puoi verso i tuoi sogni perchè sono davvero così importanti. 

Due mezze persone non fanno una persona intera. Solo una persona intera fa una persona intera. Nasciamo e moriamo soli, ma viviamo per compiere un percorso appagante verso il successo personale da condividere con le persone che amiamo. 

Possibilmente con un calice di vino.

Anzi facciamo una bottiglia intera. E che sia buona, mi raccomando. 

Ora vado a stappare la bottiglia che farà da sottofondo al mio prossimo articolo. 

Mancano solo 15 giorni a Natale 2019, e io ricomincio da qui.

Tu da dove ricominci? 

Cheers🍷🥳🥳🥳📕❤

Chiara

 

Come diventare sommelier

 34,00 IVA inclusa!

(50 recensioni dei clienti)

Tutto quello che c’è da sapere sul vino in un solo libro. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare, per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione e per gli operatori di settore che vogliono guadagnare di più imparando sia a gestire la cantina del loro ristorante sia a vendere la bottiglia giusta ai loro clienti.

I Edizione: 31 ottobre 2018, formato 16,5 x 24 cm, 300 pagine in bianco e nero – ISBN 978-88-943070-1-6 [ESAURITO]

II Edizione: 1 dicembre 2019 – formato 16,5 x 24 cm, 430 pagine in bianco e nero, ISBN 978-88-943070-8-5 [IN VENDITA]

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Vini italiani: Lombardia

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In questo articolo sono felice di condividerti un piccolo estratto della seconda edizione del mio libro “Come diventare Sommelier” dedicato ai vini lombardi. Anche se il mio cuore che batte è e sarà sempre romagnolo, la Lombardia è la regione che mi ha “adottato” e in cui adoro vivere. La nuova edizione del mio libro dedicato agli aspiranti sommelier che devono superare l’esame AIS o di qualsiasi altra associazione è molto più ricca della precedente edizione. Oltre ad avere aggiunto delle immagini utilissime, come ad esempio questa mappa vini lombardi, contiene tutti gli appunti del mio corso gratuito 52VITIGNI (che se ancora non conosci ti invito a scoprire QUI).

Vini italiani: Lombardia

da pagina 179 a pagina 181 del mio libro Come diventare Sommelier – Seconda Edizione

4.2.5.1 Vini lombardi: il clima della Lombardia

  • Temperature = Clima tendenzialmente continentale, ma in realtà vario per la presenza da un lato di grandi laghi che mitigano le temperature creando un clima mediterraneo nei loro dintorni,  e  dall’altro di rilievi molto alti che causano estati più fresche e inverni rigidi tipici del clima alpino.. Nella bassa pianura ci sono escursioni termiche annuali notevoli.
  • Piogge = Abbondanti nelle Prealpi (circa 2000 mm/anno) e moderate in pianura (circa 700 mm/anno). Piovono mediamente 80 giorni all’anno: i mesi invernali sono asciutti, mentre in estate ci sono temporali forti e brevi molto frequenti.
  • Venti = In inverno venti da Nord o da Est che portano freddo e secco. Nei punti più alti soffia il quota soffia il Foehn, vento di caduta che causa improvvisi rialzi termici con destabilizzazione della neve e rischio di valanghe.

 

4.2.5.2 Vini lombardi: i terreni della Lombardia

  • I terreni della bassa pianura, soprattutto negli anfiteatri morenici (come la Franciacorta) sono molto permeabili e caratterizzati da acque risorgive.
  • In Valcalepio i terreni sono argilloso-calcarei più o meno profondi.

 

4.2.5.3 Vini lombardi: i vitigni della Lombardia

  • A bacca bianca = Chardonnay, manzoni bianco, riesling italico, riesling renano, sauvignon.
  • A bacca nera = Barbera, cabernet franc, cabernet sauvignon, croatina, groppello gentile, incrocio terzi n.1, marzemino, merlot, nebbiolo, pignola valtellinese, pinot nero, rossola, schiava gentile, uva rara, vespolina.

 

4.2.5.4 Vini lombardi: zone & vini chiave della Lombardia

  • Botticino = Omonimo vino rosso da uve marzemino, barbera e schiava gentile.
  • Capriano del Colle = Meravigliosi spumanti metodo classico con sentori di zafferano; vini rossi interessanti da marzemino in purezza di un clone autoctono.
  • Franciacorta = Chardonnay e pinot nero ci danno il famoso spumante Franciacorta. Produzione anche di vini fermi: Curtefranca bianco e Curtefranca rosso.
  • Garda = Il groppello si esprime nel Rosso e nel Chiaretto. Vino bianco: Lugana.
  • Mantovano = Famoso il Lambrusco.
  • Oltrepò Pavese = Oltrepò Pavese Metodo Classico bianco o Cruasé.
  • Sebino & valcalepio
  • Valtellina = Qui il nebbiolo è chiamato chiavennasca e da lui nascono lo Sforzato di Valtellina e il Rosso di Valtellina).

 

4.2.5.5 Vini lombardi: sottozone, DOC & DOCG della Lombardia

[R] = Rosso; [B] = Bianco; [T] = Rosato; [S] = Spumante o Frizzante; [*] = In corso

  • DOCG = Franciacorta [S], Oltrepò Pavese Metodo Classico [S], Scanzo o Moscato di Scanzo [R], Sforzato di Valtellina o Sfursat di Valtellina [R], Valtellina Superiore [R] (Grumello, Inferno, Maroggia, Sassella, Valgella).
  • DOC = Bonarda dell’Oltrepò Pavese [R,S], Botticino [R], Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese o Buttafuoco [R], Capriano del Colle [R,B,S], Casteggio [R], Cellatica [R], Curtefranca [R,B], Garda [R,B,T,S], Garda Colli Mantovani [R,B,T], Lambrusco Mantovano [R,T], Lugana [B], Oltrepò Pavese [R,B,T,S], Oltrepò Pavese Pinot Grigio [B,S], Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese [R], Riviera del Garda Classico [R,B,T], San Colombano al Lambro o San Colombano [R,B,S], San Martino della Battaglia [B], Sangue di Giuda dell’Oltrepò Pavese o Sangue di Giuda [R,S], Terre di Colleoni o Colleoni [R,B,S], Valcalepio [R,B], Valtellina Rosso o Rosso di Valtellina [R].

 

4.2.5.6 Vini lombardi: piatti tipici & abbinamenti vino-cibo

  • Sciatt della Valtellina = Sono piccole frittelle rotonde di grano saraceno ripiene di formaggio e servite su un letto di cicoria cruda. Si abbinano a un vino rosso strutturato come il Valtellina Rosso. 
  • Risotto alla milanese = Famosissimo risotto preparato col midollo e lo zafferano che si abbina splendidamente a uno spumante metodo classico morbido da uve chardonnay come un Franciacorta Satén.
  • Tinca con polenta = Piatto tipico del Lago d’Iseo che consiste nel cucinare la tinca ripiena di pan grattato, parmigiano, olio extra vergine di oliva, alloro, prezzemolo, aglio e noce moscata nel forno per un paio d’ore e servirla accompagnata da polenta. Piatto molto saporito che si abbina bene sia a un vino bianco strutturato sia a un vino rosso leggero e fresco come un marzemino di Capriano del Colle.

💪Spero di cuore che questo piccolo ripasso ti sia utile per studiare efficacemente!✌

 

Come diventare sommelier

(50 recensioni dei clienti)

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Tutto quello che c’è da sapere sul vino in un solo libro. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare, per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione e per gli operatori di settore che vogliono guadagnare di più imparando sia a gestire la cantina del loro ristorante sia a vendere la bottiglia giusta ai loro clienti.

I Edizione: 31 ottobre 2018, formato 16,5 x 24 cm, 300 pagine in bianco e nero – ISBN 978-88-943070-1-6 [ESAURITO]

II Edizione: 1 dicembre 2019 – formato 16,5 x 24 cm, 430 pagine in bianco e nero, ISBN 978-88-943070-8-5 [IN VENDITA]

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Buono studio… ti confesso che non vedo l’ora che tieni il libro in mano e mi lasci un tuo preziosissimo feedback: sono troppo orgogliosa del mio lavoro!

Cheers 🍷

Chiara

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Come diventare Sommelier libro: presentazione della seconda edizione

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Oggi è passato esattamente un anno dal giorno più brutto della mia vita, il giorno in cui papà è morto. Quest’anno è cambiato tutto. Ho rinnovato anche i miei obiettivi, e se c’è una cosa che ho capito ora è questa:  non avrò pace finchè esisterà una sola persona al mondo inconsapevole della sua straordinarietà. Il libro “Come diventare Sommelier” è dedicato a lui perchè la prima edizione è stato l’ultimo regalo che ho potuto fargli e per me già questo ha un’importanza immensa. L’idea che sia stato orgoglioso di me, di avergli fatto un grande piacere, è l’unica cosa che importa. La mia vita è pervasa da un vuoto incolmabile da quando lui è mancato e per questo ho deciso di concentrare tutte le mie risorse nel produrre un libro ancora più bello per tutti voi da dedicare a lui. Quindi, con tutto il mio cuore, proprio oggi sono felice di presentartelo e non vedo davvero l’ora di leggere i vostri feedback! ❤

Il primo grazie lo voglio dire a Rocco Tolfa, giornalista, autore e conduttore televisivo che sono sicura vedi su Rai 2 nei programmi con Marcello Masi “In viaggio con Marcello” e “I Signori del vino”. Persona squisita con cui ho avuto il piacere di condividere giusto la scorsa settimana a cena all’Emporio di Sale Marasino più di un calice di vino. Mi ha scritto una prefazione meravigliosa che non è altro che lo specchio della sua immensa cultura. Grazie Rocco, di cuore! ❤

Il secondo grazie lo voglio dire a una persona che è così importante per me che talvolta mi fa perdere le parole e a cui voglio un bene grande grande grande, Marco Antonucci. Giornalista, architetto, docente… ma soprattutto uno dei massimi esperti al mondo di olio. Tu sei uno dei regali più belli che mi ha fatto il Lago d’Iseo, grazie per le tue splendide parole. ❤

Il terzo grazie lo dico ad Hosam Eldin Abou Eleyoun, Presidente AIS Lombardia, che mi ha regalato questa interessantissima introduzione sulla figura del sommelier già nella prima edizione e sono stata felice di riproporre anche nella seconda. Il tuo lavoro è per me grande fonte di ispirazione! Il quarto grazie è per uno splendido chef, Marco Sacco, 2 stelle Michelin con il suo ristorante “Il Piccolo Lago”. Desideravo un’introduzione pensata da un grande chef che fosse anche un grande imprenditore e non ho mai avuto dubbi: non solo perchè Marco cucina benissimo e apre ristoranti di successo in tutto il mondo, ma perchè per lui il lago è vita, esattamente come per me.

Nella seconda edizione del mio libro Come diventare Sommelier ho corretto la fruibilità della grafica ascoltando i  consigli di tutti voi che l’avete comprata e di Marco Antonucci, che anche qui si è rivelato davvero prezioso.

La vera novità però sono le 130 pagine in più che contengono tutti i capitoli del mio corso 52VITIGNI, a cui puoi iscriverti QUI. Anche questo è stato un lavoro immenso, ma sono certa ti sarà utile per superare l’esame AIS o per arricchire le tue conoscenze sui vitigni più importanti d’Italia e del mondo.

Ho aggiunto anche numerose immagini che sono certa ti saranno utilissime per fissare e visualizzare i concetti. 

Soprattutto, ho aggiunto le mappe delle regioni vitivinicole italiane con le zone e i vini chiave come mi avete chiesto voi! Quanto ho disegnato… ma devo dire che mi è sembrato di tornare al Liceo Artistico di Ravenna, scuola che ho amato sopra ogni cosa!

Ho migliorato le regioni vitivinicole più importanti del mondo e aggiunto due zone: Bugey in Francia e il Messico nel Centro America.

130 pagine in più, tante immagini in più e tantissimo lavoro in più… e anche i costi di stampa naturalmente sono aumentati! Tuttavia ho deciso di mantenere sempre lo stesso prezzo della prima edizione perchè questo lavoro prima di tutto lo faccio per voi!

Ieri sera è stato emozionante preparare tutte le prime spedizioni. Troverete un bigliettino e un regalino all’interno perchè siete stati i primi a comprare la seconda edizione! Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate! Grazie a tutti! Vi informo che dal 24 al 2 gennaio il corriere non mi ritirerà più i pacchi, quindi procederò alle spedizioni entro il 23 dicembre e poi si riprenderà il 3 gennaio. Vi invito comunque a comprare i libri durante questi 10 giorni di chiusura per non rischiare di dover aspettare le nuove consegne e avere la priorità assoluta!

al mio papà, che amo sopra ogni cosa.

Buenos Aires, 6 novembre 1956 – Faenza, 18 dicembre 2018

Un abbraccio a tutti voi ❤

Chiara

Come diventare sommelier

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Tutto quello che c’è da sapere sul vino in un solo libro. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare, per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione e per gli operatori di settore che vogliono guadagnare di più imparando sia a gestire la cantina del loro ristorante sia a vendere la bottiglia giusta ai loro clienti.

I Edizione: 31 ottobre 2018, formato 16,5 x 24 cm, 300 pagine in bianco e nero – ISBN 978-88-943070-1-6 [ESAURITO]

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“Town Crier Bell”: Hai mai sentito parlare dello “Strillone”?

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Scrivere l’ultimo articolo dell’anno è qualcosa di un po’ speciale per me perchè, in un qualche modo, significa chiudere un ciclo per cominciarne un altro. Per questo oggi ci tengo particolarmente a sviluppare un tema che non sia banale, con l’obiettivo riflettere insieme su quello che verrà. Certo potevo scriverti anche io un più tradizionale “10 libri da leggere a tema vino” o “5 spumanti con cui brindare al 2020“, ma, se mi segui e mi conosci, sai che mi piace uscire fuori dal coro… e poi sono già stati bravi gli altri wine blogger e giornalisti enogastronomici a fare questo, perchè devo aggiungere qualcosa? Così eccomi qui, a parlare di un regalo che ho ricevuto durante questo Natale che ho adorato fin dal primo istante e non solo perchè proviene da un ragazzo speciale… ma perchè guardarlo ha innescato in me un turbinio di ipotesi anche perchè sul web non è facile trovare informazioni: lo shaker Town Crier Bell anche chiamato “strillone“. Un sommelier studia anche distillati e liquori e mi sembra assolutamente naturale occuparmene in questo wine blog… anzi, hai già letto i miei articoli dedicati proprio alla distillazione e ai suoi deliziosi prodotti?

La storia e la filosofia ci hanno insegnato che tutto cambia e noi siamo solo di passaggio. Fin da bambini possiamo scegliere se appartenere a chi vive nella storia o a chi cerca di cambiare la storia. In entrambi i casi noi siamo la storia e siamo fondamentali affinchè questa si compia. Nel primo CD di Battiato che ho comprato a 15 anni e che ha sancito la nascita di un amore che mi ha cambiato la vita, c’è una canzone che si chiama proprio “Di passaggio” e racconta come tutto cambia, dai capelli ai presidenti, dai pezzi in radio ai malcontenti e intanto passa ignaro il vero senso della vita a noi che siamo solo di passaggio. Ecco, visto che siamo ormai a capodanno 2020 mi piacerebbe che ti ritagliassi qualche minuto per riflettere con me proprio sul senso della vita. Qual è per te il vero senso della vita?

Ora so che ti stai chiedendo cosa c’entra questa domanda con questo shaker, ma in realtà questa riflessione mi è nata proprio pensando che nella mixology le tecniche di miscelazione si sono evolute al punto da far sì che un barman non è più un “mago esecutore”, ma un “chimico conoscitore”. Oggi si conoscono le reazioni e le si gestiscono, eppure se ci pensi nella stragrande maggioranza dei casi si replicano gli stessi cocktail del secolo scorso. Lo shaker è nato in America intorno al 1850, ma non si ha una fonte certa sulla sua invenzione, attorno alla quale ruotano numerose leggende. Per certo sappiamo che il primo shaker è stato brevettato nel 1871 da William Harnett, ma è solo nel 1884 che Hauck ha brevettato lo shaker con la forma tradizionale che tutti conosciamo. Eppure lo shaker è diventato un simbolo del Proibizionismo, quando cominciò a instillarsi negli americani la cultura ribelle dell’alcol. E, in effetti, la prima cosa che ho pensato vedendo lo shaker Town Crier Bell o strillone, è proprio che, con la sua forma di campana, è perfetto per nascondere la sua reale funzione in un’epoca dove il consumo di alcol è proibito.

Il proibizionismo è il periodo che va dal 1919 al 1933 durante il quale in America era vietato produrre, importare, trasportare o commercializzare alcol. The noble experiment, come venne definito, nacque a causa delle pressioni di gruppi religiosi e politici moralisti e fondamentalisti che si accanirono anche contro l’erotismo al punto che tentarono di bandire dai musei quadri e statue di nudo. Vi immaginate se il famoso David di Michelangelo si fosse trovato a New York? L’apoteosi si toccò quando riuscirono a proibire pubblicazioni sul controllo delle nascite e libri di anatomia/biologia… provocando di fatto un arresto della medicina e della ricerca scientifica che diventarono assurdamente illegali! Insieme a queste anche gli innamorati non ebbero vita facile: anche lo scambio epistolare con delicati accenni erotici era bandito e la corrispondenza era accuratamente controllata! Chissà cosa ci avrebbero fatto oggi ai tempi di What’sApp dove, nel migliore dei casi, gli innamorati si scambiano qualche messaggio appassionato e nel peggiore dei casi pseudo-amanti virtuali (di una tristezza e pochezza infinita) si scambiano foto di gingilli!

Il Proibizionismo portò alla nascita degli speakeasy (che letteralmente significa parlare piano), ovvero esercizi commerciali in cui si vendevano illegalmente bevande alcoliche. Questi locali erano in parte gestiti dalla criminalità organizzata, ma più comunemente erano gli stessi locali “di sempre” che si rifiutarono di sottostare alle nuove regole e di rinunciare alla loro attività. Polizia ed organi di controllo irrompevano regolarmente arrestando proprietari e clienti senza scalfire minimamente un fenomeno incredibilmente redditizio. Attenzione a non confondere lo speakeasy, un bar di classe spesso riservato a un pubblico di un certo livello, con un blind pigs, ovvero un locale scadente dove il cliente pagava per un’attrazione, come vedere un maiale groenlandese (da qui il nome), e riceveva in omaggio un alcolico ancor più scadente (nessuna legge di fatto proibiva di regalare alcol!). Oggi gli speakeasy sono una vera e propria moda tra gli appassionati di mixology e sono locali di grande classe dove degustare veri capolavori! Oggi come allora gli speakeasy non sono per tutti: se non hai le giuste conoscenze non entri neanche pagando! Questo, naturalmente, per alcuni li rende ancora più affascinanti… anche se non ci sono leggi da aggirare o poliziotti minacciosi da cui nascondersi! Io sono stata al 1930 di Milano, un affascinante speakeasy nascosto nel retro di una rosticceria cinese. Entrarci è quasi impossibile, ma è stata davvero un’esperienza unica e il mio cocktail “Faro di Scozia” mi ha davvero rubato il cuore.

Tuttavia il miglior cocktail della mia vita l’ho bevuto in un altro locale di Milano, non speakeasy, giusto una sera di un paio di mesi fa. Questo locale è il Notthingam Forest Cocktail Bar e ti stra consiglio di andarci per fare un’esperienza. Ti avviso, anche con la pioggia è quesi impossibile entrarci e c’è una fila che non finisce più… o almeno è quello che è capitato a noi! Però il locale merita davvero, anche l’arredamento è intrigante e perfetto per ospitare una serata magica in deliziosa compagnia! Durante la serata poi ho scoperto che esiste l’erba ostrica, che spero di procacciarmi al più presto… una deliziosa piantina aromatica che grazie all’alto tenore di zinco ha un sapore davvero simile a quello di un’ostrica! Favolosa! Il mio cocktail poi era uno shakerato ottenuto da un estratto di Plancton e Champagne servito in una stupenda conchiglia vera! In queste foto puoi vedere anche il cambio di logo di Perlage Suite negli ultimi 2 anni! 

Finito il proibizionismo lo shaker divenne famoso per le sue apparizioni nei film, ad esempio James Bond beveva drink shakerati e i fan desideravano essere affascinanti come lui preparando i loro cocktail a casa. Lo shaker Town Crier Bell è apparso durante il proibizionismo, ma è stato brevettato ovviamente solo alla sua fine, il 14 dicembre 1937 da Bruce De Montmorency. Questo shaker ha riscosso un enorme successo ed è stato pubblicizzato come “strillone” perchè anche da vuoto suonava come una campana. La versione con il manico in legno è inglese, comunemente il manico è in legno marrone e nel mio c’è il marchio JBC & S. Ld E.P.N.S. Made In England. Quest’ultima dicitura sta per Electro Plated Nickel Silver, ovvero per argento elettrolitico, marchiato in un modo simile all’argento sterling in modo da gratificare l’acquirente che poteva esibire un oggetto apparentemente di grande valore e, allo stesso tempo, ingannarlo perchè di fatto questo valore non sussisteva. L’argento EPNS si differenzia dall’argento Sterling R925 perchè è ottenuto dalla raffinazione elettrolitica di una lega povera come il rame e non contiene argento (talvolta solo una sottilissima placcatura superficiale), mentre il secondo, prezioso, contiene 92,5% di argento e 7,5% di rame. Lo shaker è composto di 4 parti: la campana dove si infilano gli ingredienti, il manico in legno e metallo con filtro, il battente/mescolatore e il tappo che si svita per versare il cocktail ottenuto… è semplicemente un bellissimo strumento Art Decò! Nel mio manca il battente e quindi non può suonare… ma confido di trovarne/fabbricarne uno per completarlo e riportarlo a suonare come un campanaccio! A proposito, trovo il fatto che questo shaker agitato facesse un gran rumore una vera beffa all’autorità: completamente mimetizzato come campana, in realtà sfornava cocktail ricchi del proibito alcol sotto gli occhi di tutti!

Dopo tutte queste chiacchiere non abbiamo ancora affrontato un punto cruciale: sai perchè si shakera? Al di là del cerimoniale della “shakerata” che può essere un po’ paragonata alla sciabolata di una bottiglia di spumante, ti voglio parlare della reazione chimica derivante da questa operazione. L’alcol ha delle molecole che occupano molto spazio tra loro intorno alle quali ci sono degli spazi vuoti visibili al microscopio quando la temperatura è sopra allo zero. Se misceli due sostanze alcoliche a temperatura sopra lo zero, le molecole di una e dell’altra non occupano gli spazi vuoti e saranno quindi non ben ancorate tra loro spostandosi facilmente. Se si sottopongono queste molecole a un rapido sbalzo di temperatura agitando con forza, le molecole di una sostanza riempiono gli spazi vuoti dell’altra e si cementificano. Bisogna prestare attenzione: man mano che la miscela ottenuta si scalda, questo legame tenderà a rompersi per effetto appunto della termosensibilità delle molecole alcoliche.

Che cocktail shakerare stasera? Dai, è pur sempre l’ultimo giorno dell’anno… prepariamo insieme qualcosa di speciale! Cosa? Ma un Gold Martini, of course! Lo so, lo so… qualche purista, anzi qualche professionista, mi dirà che è un cocktail che va nel miscelato e non shakerato… però io sono romantica e passionale e voglio far fare l’amore al Sauternes e al Tanqueray Gin e cementare la loro unione, è un problema? 😍

  • 3/4 Tanqueray Gin
  • 1/4 Sauternes

Metti nello shaker il ghiaccio, il Gin e il vino e shakera senza usare troppa forza per una decina di secondi. Versa in una coppa Martini e spruzza l’oro atomizzato spray. L’oro atomizzato è una polvere così “impalpabile” che si distribuisce in modo omogeneo sulla superficie del liquido che crea un effetto “placcato” godibile fino alla fine del drink, valorizzando gli splendidi riflessi d’oro del Sauternes. Prova a esporlo qualche secondo alla luce del sole, scatta una foto, mettila nelle tue IG stories e taggami @perlagesuite… il risultato sarà di una magia unica, promesso!

Ah, l’oro 24 k per il nostro organismo è un vero toccasana, quindi non aver paura di esagerare con una spruzzata vigorosa! Del resto lo stesso Gualtiero Marchesi è passato alla storia con il suo risotto alla foglia d’oro…

Attenzione a non confondere questo squisito cocktail con il “Martini Gold” firmato dagli stilisti Dolce&Gabbana che contiene Vermuth e con questo cocktail condivide solo il colore della bottiglia!

Cheers e buon capodanno 2020!

Chiara

P.S. Prossima tappa lo speakeasy di Genova, magari proprio con l’autore di questo stupendo regalo! 😍

Come diventare sommelier

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Tutto quello che c’è da sapere sul vino in un solo libro. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare, per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione e per gli operatori di settore che vogliono guadagnare di più imparando sia a gestire la cantina del loro ristorante sia a vendere la bottiglia giusta ai loro clienti.

I Edizione: 31 ottobre 2018, formato 16,5 x 24 cm, 300 pagine in bianco e nero – ISBN 978-88-943070-1-6 [ESAURITO]

II Edizione: 1 dicembre 2019 – formato 16,5 x 24 cm, 430 pagine in bianco e nero, ISBN 978-88-943070-8-5 [IN VENDITA]

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Oroscopo 2020: cosa stappiamo per festeggiare l’anno della svolta?

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Non sono una lettrice fedele degli oroscopi, anzi non li guardo affatto… tranne i primi giorni dell’anno, dove ne consulto diversi per curiosità. E così è stato anche per l’oroscopo 2020. Certo, mi sento la copia fedele del mio segno: sono un toro ascendente toro e concordo pienamente su tutto quello che dicono di bene e di male sui taurini DOC. Amo godere di tutti i piaceri della vita, dal vino al cibo, dalla Bellezza al sesso. Amo la stabilità affettiva e amo far felice chi amo. Sono concreta, pratica, perseverante, leale e odio i cambiamenti dell’ultimo minuto. Mi piace lavorare sodo per raggiungere i miei obiettivi e quando taglio il traguardo alzo immediatamente l’asticella. Ho sangue freddo e pazienza fin tanto che non mi scocciano. Odio i rimproveri, soprattutto ingiustificati e fatico a sopportarli senza colpo ferire. Ho un altissimo senso della giustizia. Sono possessiva e l’unica cosa che davvero non posso perdonare è il tradimento. A volte cado, ma grazie alla mia costanza mi rialzo sempre. Amo la casa, ho il pollice verde e litigo con la bilancia da quando sono nata. 😁

L’oroscopo 2020 toro dice che ho praticamente tutti i pianeti a favore e che questo indica un anno pieno di cambiamenti, capace di depennare tutta la lista dei miei propositi, a patto di non rimandare nulla. Dice che nel 2020 incontrerò la persona giusta per me, e in effetti l’altro ieri ho “ufficializzato” la mia nuova relazione e pensato, per la prima volta nella mia vita, che ho un ragazzo a cui non cambierei nemmeno una virgola. L’oroscopo 2020 dice che devo fare progetti di coppia e di lavoro perchè sarà un anno rivoluzionario, radicale. Dice che devo volare in alto perchè godrò di tutto quello che serve per realizzare tutto quello che sogno e anche delle giuste occasioni. Cavolo, ma io ci voglio credere! Anzi, mi impegnerò al massimo perchè sia così! A dicembre 2020 ricapitolando sarò felicemente fidanzata, magra e più famosa della Ferragni, perfetto! Ora mi stappo subito un buon vino per festeggiare!😎 😍

Scegliere un vino in una cantina piena di vini a volte non è affatto facile. Ho guardato lo scaffale dei regali di Natale (a proposito, grazie a tutte le cantine che mi hanno inviato così tanti “pensieri divini”!) e non ho avuto dubbi. Ti ho già parlato di questo vino in passato, lo so, ma oggi voglio parlartene ancora. Il suo nome è Radicale. Radicale come questo anno di cambiamenti. Radicale come il mio pensiero politico, anche se non ho nemmeno mai dato un tiro a uno spinello e faccio sesso solo con Amore… ma dammi una buona ragione per cui le prostitute e i narcotrafficanti non devono pagare le tasse come me. Radicale perchè soprattutto credo in uno stato laico, perchè odio la violenza e i violenti, perchè voglio vedere più coppie omosessuali tenersi per mano per strada e perchè considero uno Stato dove non si pratica l’eutanasia immorale. Quindi lo ammetto, ho deciso di scegliere proprio questo vino per il nome che ha suscitato in me una serie di emozioni. Del resto non dico sempre ai miei clienti che l’etichetta sulla bottiglia è importante quanto il vino contenuto nella bottiglia? In uno scaffale pieno di bottiglie di vino, il tuo potenziale cliente deve decidere se scegliere il tuo vino. Pochi minuti fa è esattamente quello che è accaduto a me nella mia cantina, dove ho scelto questo tra altre 400 bottiglie di vino presenti. Mi ha colpito il nome. Mi ha colpito l’etichetta. Mi ha emozionato.

Radicale è come Bellenda vede una nuova idea di Prosecco, rigorosamente metodo classico, senza solfiti aggiunti e non sboccato. Il famoso vino Prosecco può essere prodotto solo in Veneto e in Friuli (escluse le province di Verona e Rovigo) e si ottiene da un vitigno chiamato “glera” che in questo caso viene coltivato nella zona di Carpesica. Il terreno è calcareo-argilloso, e come puoi studiare sul mio libro “Come diventare Sommelier” (capitolo 2.2.2.3, pagina 59 della seconda edizione) questo è perfetto per elaborare vini, in particolare spumanti, di grandissima qualità, con profumi complessi e piuttosto longevi. Il sistema di allevamento è tradizionale Sylvoz con una densità media di 4200 piante per ettaro. La vendemmia è manuale e si fa nella seconda metà di settembre, con una resa di soli 70 quintali per ettaro… contro i 120 quintali per ettaro del Cartizze DOCG, i 135 quintali per ettaro del Prosecco DOCG (Denominazioni Conegliano Valdobbiadene e Asolo) e i 180 quintali per ettaro del Prosecco DOC. Si elabora partendo da una pigiatura con le vinacce la quale per il 60% avviene in tini di legno e per il 40% avviene in vasche di acciaio. L’assemblaggio e il tiraggio avviene con i propri lieviti indigeni (ovvero quelli naturalmente presenti sull’uva). Sosta 24 mesi sui lieviti e poi viene messo in punta per evitare un’ulteriore evoluzione. Un ulteriore finezza è che è prodotto solo in bottiglia magnum, ma nelle migliori annate esce anche con la bottiglia standard e questa splendida etichetta disegnata dall’artista Maurizio Armellin.

Radicale è il Prosecco perfetto, ammesso che come me trovi poco digeribili quei vini prosecco dolciastri che cavalcano l’onda del successo mondiale perchè costano niente (e valgono ancora meno). Radicale esce dagli schemi con il suo residuo zuccherino pressochè inesistente (i lieviti si sono pappati tutto). Ho capovolto Radicale perchè io amo il sapore dei lieviti. Radicale ha una spuma abbondante ed evanescente con un colore giallo paglierino velato. Il naso è complesso, intenso e fine con un definito sentore di cedro e chinotto canditi, essenza di lavanda, miele di tiglio, fiori di mughetto e nocciole caramellate. In bocca è coerente, ampio ma anche di beva facile… a condizione di amare il genere! La bollicina è cremosa, il sapore è intenso e si arricchisce di deliziose note di burro mantecato con il timo limonino. Un sorso tira l’altro. Per me è perfetto berlo da solo durante l’aperitivo, tra una chiacchiera e l’altra… ma se proprio vuoi abbinarci qualcosa, stupisciti con dei crostini con burro e acciughe (abbinamento per contrapposizione) o degli scampi crudi (abbinamento per concordanza). Perfetto anche per sgrassare e valorizzare la tendenza dolce di un risotto bianco ai crostacei. Radicale è un vino capace di farti fare bella figura con tutti, sommelier, winelover e tracannatori d’alcol di qualsiasi genere. Beh ecco, magari con un astemio no… ma chi era che diceva: chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere? 😂

Questo è il primo articolo di questo speciale 2020. Per questo voglio dedicare ancora qualche riga a supplicarti di essere felice. Il 18 dicembre 2018 è morto il mio amato papà e ho capito che fondamentalmente siamo “comuni mortali” con una data di scadenza che ci è del tutto ignara: possiamo vivere 100 anni come morire domani di incidente o tra un mese di malattia. Per questo il nostro tempo è quanto di più prezioso possiamo dedicare a qualcosa o a qualcuno. Per questo dobbiamo evitare di sprecarlo con persone stronze che ci trattano male e ci rendono infelici. Nell’ultimo mese ho capito che un Amore su misura per noi esiste e ti bussa all’improvviso alla porta quando meno lo aspetti o lo cerchi, devi solo accoglierlo e trattarlo con cura. L’Amore, quello costruito sulle solide basi di valori comuni e cuori che battono all’unisono, ti consente di raggiungere qualsiasi obiettivo. Quindi qualsiasi sia il tuo oroscopo 2020, dedicati a costruire rapporti meravigliosi di Amore e Amicizia, cura la tua famiglia d’origine e impegnati per realizzare i tuoi sogni. L’unico tuo vero limite è il Tempo.

Cheers ❤🍷🍀

Chiara

Come diventare sommelier

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Vite: Coltivazione della vitis vinifera

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Stasera ho deciso di scrivere un approfondimento pensato per gli aspiranti sommelier sulla pianta della vite a partire dalla sua riproduzione fino alla sua coltivazione. Per prima cosa chiariamo che quando parliamo di vite da vino intendiamo la vitis vinifera, che è nata nel sud Asia circa un milione di anni fa. Capire come si coltiva la vite è fondamentale per degustare il vino con cognizione di causa, pertanto ti invito a soffermarti su questo argomento con cura… lato mio ti prometto che farò del mio meglio per essere il meno noiosa possibile! 😝🙃 Ti ricordo che questo articolo è raccolto nella pagina DIDATTICA, secondo capitolo “Il vino“.

La vite è una pianta rampicante con radici lunghissime che servono per fissare la pianta al terreno e ricavarne tutto il necessario per la crescita e la fruttificazione. Se a causa di una lunga siccità il terreno diventa molto arido, per trovare acqua e sostanze nutritive le radici scendono fino a quasi 6 metri di profondità.

Per riprodurre nuove viti senza utilizzare il seme (vinacciolo) che porterebbe alla formazione di viti con caratteri sensibilmente diversi dalla pianta madre, puoi usare una di queste tecniche:

  1. TALEA = Prendi un tralcio di 1 anno dotato di almeno 2 gemme e piantalo verticalmente nel terreno. Questo formerà radici nella parte inferiore ed un germoglio nella parte superiore che originerà la barbatella. In questo modo nascono viti a piede franco (= con radici originali), dotate di elevate caratteristiche qualitative, produzioni equilibrate nel tempo, minor vigore e frutti più caratterizzati, ma ha un grande limite: poca resistenza alla fillossera.
  2. INNESTO = Unisci due pezzi di tralcio di cui uno dotato di almeno una gemma. Ormai quasi tutte le giovani viti sono costituite da una varietà di vite europea innestata su piede (portainnesto) americano o su ibrido euro-americano (resistente alla fillossera).

Tecniche di INNESTO:

  1. A DOPPIO SPACCO INGLESE (OMEGA) = Viene utilizzata nelle regioni centro settentrionali, è realizzato al tavolo per preparare una barbatella che effettuerà un anno di radificazione in vivaio, per sviluppare piccole radici con varietà e portainnesto (bimembre). VANTAGGI: precisissima unione dei tessuti, possibilità di eliminare le piante non sane dal punto di vista vascolare, perfetta costituzione del nuovo vigneto.
  2. ALLA MAIORCHINA (A GEMMA) = Viene utilizzata nelle regioni meridionali e nelle isole, è realizzata da gennaio a febbraio direttamente in vigneto su un portainnesto piantato nel mese di settembre dell’anno precedente. VANTAGGI: ampia possibilità di scelte varietali di gemme su un portainnesto già ben radicato.

E ora parliamo di un argomento che tutti i beoni che vogliono spendere meno di 3 € per una bottiglia di vino dovrebbero conoscere: il ciclo della vite. Impiantata nel vigneto, la vite è improduttiva fino ai 2-3 anni. In questo periodo si prepara per la fase di massima produttività, che dura fino ai 20-25 anni, varia in funzione del vitigno, del sistema di allevamento e del clima delle diverse annate. Dopo i 25-30 anni la vite inizia la vecchiaia e produce meno frutti di qualità migliore. Ci sono vari tipi di vite con caratteristiche diverse, questi si chiamano vitigni. Esistono vitigni a produttività alta e costante come il merlot e il trebbiano e vitigni a produttività bassa e incostante come il nebbiolo e il picolit. Ovviamente i vitigni a produttività bassa e incostante producono grappoli più “preziosi” rispetto a quelli ad alta produttività!

Vite: Ciclo annuale

Dopo la vendemmia la vite entra nella fase di riposo, le foglie cambiano colore e poi cadono. In primavera si formano i nuovi germogli, dai quali si formeranno i grappoli che saranno vendemmiati tra l’estate e l’autunno.

Sottociclo vegetativo

Inizia a marzo, quando il terreno si riscalda. Nella vite la linfa risale lungo il tronco e dai punti nei quali si è effettuata la potatura si vedono fuoriuscire goccioline di linfa stessa. Questo fenomeno si chiama anche pianto della vite. Il sottociclo vegetativo è composto da 3 fasi che vanno da aprile a dicembre:

  1. GERMOGLIAMENTO =  Da aprile ad agosto le gemme si aprono, formano le foglioline e i germogli si allungano. In questa fase è evidente se il freddo invernale ha causato danni, evidenti se alcune gemme non germogliano. Se in questi mesi il tempo è bello e tiepido, la vite cresce regolarmente e resiste più facilmente agli attacchi dei parassiti, mentre se si verificano bruschi cali di temperatura, questi possono provocare danni ai germogli più giovani fino a farli morire.
  2. AGOSTAMENTO = In agosto matura il tralcio e le sostanze elaborate sono immagazzinate come riserve della pianta. Lentamente, fino alla fine di novembre, il tralcio diventa marrone e legnoso.
  3. DEFOGLIAZIONE = Tra la fine di novembre e dicembre in contemporanea all’inizio della fase di riposo.

Sottociclo produttivo

Tra aprile e maggio si formano i primi grappolini mentre inizia la differenziazione del polline e degli ovuli per la fecondazione. Il sottociclo produttivo è composto da tre fasi che si susseguono da metà maggio a metà agosto:

  1. FIORITURA = Dalla metà di maggio a quella di giugno, la fioritura carica i raspi di infiorescenze. L’apertura dei fiori e la fecondazione possono essere ostacolate dal freddo e dal vento. Se la fecondazione è imperfetta nascono acini sprovvisti di vinaccioli e non si sviluppa l’acinellatura del grappolo con acini che rimangono freddi ed immaturi.
  2. ALLEGAGIONE = Questa è la fase iniziale dello sviluppo dei frutti successiva alla fioritura: nei fiori in cui è avvenuta correttamente la fioritura, a causa della divisione e distensione delle cellule per impulsi ormonali inviati dai vinaccioli, gli acini si sviluppano ed iniziano ad aumentare di peso e volume. Durante questa fase gli acini sono ancora verdi e molto duri.
  3. INVAIATURA = Tra la metà di luglio e quella di agosto inizia la maturazione degli acini. L’acino ingrossa solo per la distensione delle cellule dell’ovario, accumula acqua, concentra zucchero e sostanze estrattive della polpa, mentre la buccia si colora di giallo o di blu. La maturazione si conclude tra la metà di agosto e la fine di ottobre a seconda dei vitigni che possono essere precoci (pinot, chardonnay…) o tardivi (barbera, cabernet sauvignon, nero d’asola, nebbiolo, cannonau, negroamaro…).

Vite: come funziona la maturazione dell’uva?

Questo periodo è assolutamente magico! Gli acini ingrossano e si colorano, la polpa ammorbidisce e concentra gli zuccheri, soprattutto il fruttosio che in parte sostituisce il glucosio. Normalmente nella frutta il fruttosio è molto maggiore al glucosio, mentre nell’uva glucosio e fruttosio hanno percentuali praticamente identiche. I lieviti che svolgono la fermentazione alcolica trasformano più velocemente il glucosio, questo spiega la facilità con la quale si possono instaurare fermentazioni spontanee dovute ad esempio a lieviti indigeni o selvaggi presenti sulla buccia dell’uva. Questi processi fermentativi talvolta causano la formazione di sostanze secondarie sgradevoli come l’acido acetico che essendo volatile causa un odore acre e pungente. Durante la maturazione gli acidi diminuiscono, soprattutto l’acido malico, aspro ed aggressivo, presente nelle uve non del tutto mature. L’acido tartarico invece è fondamentale per l’acidità del mosto e deve restare.

Lasciando sovramaturare le uve si ha un incremento della componente fenolica che contribuisce a rendere il vino più strutturato e ricco di tannini, a leggero discapito di un colore pieno e compatto. L’ottimale è quando la maturità tecnologica e la maturità fenolica COINCIDONO in condizione di un ottimo adattamento del vitigno all’ambiente pedoclimatico e di un ottimo andamento stagionale.

Vite: maturazione tecnologica

La maturazione tecnologica dela vite si valuta in base al rapporto tra zuccheri ed acidi. Di conseguenza per favorire la produzione di un mosto più ricco di acidi fissi, soprattutto nelle zone calde, la raccolta è un po’ anticipata.

Vite: maturazione fenolica

La maturazione fenolica della vite coinvolge i fenoli dell’uva che sono più concentrati nelle bucce e nei vinaccioli. Quando le uve raggiungono questo stadio di maturazione, la membrana delle cellule della buccia si trova nella situazione ottimale per permettere la massima dissoluzione dei componenti fenolici nel mosto, soprattutto degli antociani (che sono i “responsabili” del colore dei vini rossi).

Vite: maturazione aromatica

La maturazione aromatica è legata all’accumulo degli aromi varietali soprattuto del gruppo dei terpeni. Queste sostanze possono essere libere nella polpa e quindi percepibili anche masticando un chicco d’uva, come per il moscato, oppure possono essere legate a molecole di zucchero fino a diventare volatili e quindi percettibili all’olfattosolo in seguito a reazioni di idrolisi nel mosto e nel vino. L’accumulo di sostanze aromatiche nelle bucce tende ad aumentare durante la maturazione per poi diminuire se questa viene prolungata. La maturazione dell’uva dipende da numerosissimi fattori come la superficie fogliare esposta, il peso uve/ceppo, il numero e la fittezza degli acini nel grappolo, la disponibilità di acqua nel terreno…

Durante tutto il ciclo annuale la vite può incorrere in diversi problemi che possono causare la perdita del raccolto o la morte della pianta stessa:

  • CLIMA = La vite è una pianta delicata che soffre il freddo invernale, le gelate primaverili, la grandine… La prolungata siccità o le eccessive piogge possono provocare stress idrici od asfissia radicale che ne danneggiano o rallentano lo sviluppo;
  • FUNGHI = Peronospora (climi umidi e piovosi), oidio (climi secchi e afosi)… sono funghi pericolosissimi per la vite. La Botrytis cinerea, come tutte le muffe, danneggia l’uva, ma in un particolare stadio di sviluppo e condizioni climatiche da risultati straordinari nel vino;
  • INSETTI = Ragnetti, tignole, cicale provocano danni a carico della vegetazione o della produzione. La cicalina (Scaphoideus titanus) che si nutre e cresce pungendo le foglie e succhiandone la linfa, negli ultimi anni ha creato molti problemi come vettore della temutissima FLAVESCENZA DORATA, che porta ad una degenerazione lenta della pianta fino alla sua morte per costrizione dei vasi vascolari;
  • PARASSITI = FILLOSSERA (nella foto successiva foglie devastate da questo parassita) e NEMATODI (piccoli vermi che vivono nel terreno) provocano danni a livello radicale o possono trasmettere virosi come l’accartocciamento fogliare, l’arricciamento o la suberosi.

Vite: Coltivazione

  • Convenzionale = Impiego di tutte le tipologie di prodotto necessarie alla salvaguardia del grappolo.
  • Lotta integrataImpiego limitato od assente di alcuni principi attivi al fine di contenere la distruzione degli insetti normalmente presenti nei vigneti, sfruttando proprio la loro azione competitiva nei confronti di tutti gli agenti patogeni, considerando i fattori legati all’ambiente ed alle tecniche colturali in grado di ridurre lo sviluppo dei parassiti.
  • BiologicaEsclude l’uso di diserbanti per il controllo delle erbe infestanti e quello di prodotti chimici di sintesi per la difesa fitosanitaria. Sono consentiti solo interventi a base di rame e zolfo da miniera, rispettivamente contro la peronospora e l’oidio, di formulati a base di argille e solfiti contro la Botrytis cinerea e di Bacillus thuringensis contro gli insetti.
  • BiodinamicaNasce dai modelli steineriani di primo 900 in cui si da importanza all’equilibrio del suolo ed alle forze energetiche stagionali. Si usano pochissimi prodotti chimici e si rispettano gli insetti utili come simbolo di vita del vigneto ed ad utilizzare solo superfici vocate con l’obiettivo di raggiungere la massima diversificazione negli aromi del frutto e nel gusto del vino.

Francamente l’utilizzo del corno ripieno di letame per riequilibrare le onde energetiche del vigneto non mi convince molto… il “preparato 500” si ottiene mettendo della pupu di vacca dentro un corno di vacca che ha partorito almeno una volta (e già se si chiama vacca vuol dire che ha partorito… se no era una mucca… o sbaglio?). Si sotterra il cornoletame d’inverno e lo si resuscita a Pasqua (ehm…), quando viene “dinamizzato” ovvero miscelato con acqua e spruzzato per incrementare la produttività del vigneto. Ohi signori, male sicuramente non fa ecco… però per me è come credere agli unicorni (per rimanere in tema 😅)! Però non fate caso a me che sono perfino ignostica perchè agnostica non mi bastava… anzi mi fa piacere se mi spiegate cos’è per voi la biodinamica in un commento! Ah per chi non lo sapesse… credo molti perchè non ho mai sentito nessuno definirsi ignostico in 34 anni e perfino il correttore del MacBook continua a correggerlo come agnostico… la differenza tra agnostico e ignostico è che il primo dice “non so se Dio esiste oppure no” mentre il secondo dice “per me chiedersi se Dio esiste non avrà senso fin tanto che non si potrà sperimentare”.

Bene, anche questo approfondimento è concluso… spero di cuore che ti sia utile!

Cheers 😍🍷

Chiara

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Unione Ristoranti Buon Ricordo: 3 novità che dovresti sapere

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Oggi voglio parlarti di un tema piuttosto goloso… perchè sono certa che, se ami bere bene, ami anche mangiare bene! Hai mai sentito parlare dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo? Si tratta della prima associazione di ristoranti italiani nata proprio qui in Italia nel 1964. Oggi gli iscritti sono un numero piuttosto importante: ben 103 locali di cui 10 in Europa e 1 in Giappone. Trovo importante questa apertura al mondo che premia la qualità e la visione comune! L’obiettivo dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo è valorizzare e proteggere il patrimonio culturale della cucina italiana tradizionale. Ecco, questo è il tema che mi piacerebbe proprio approfondire e su cui spero si inneschi un affascinante dibattito proprio tra i vostri commenti. Che ruolo pensi abbia un’associazione come questa in un’epoca dove l’omologazione è un criterio imperante di sopravvivenza?

In Italia ci sono i comuni, le province, le regioni. Ognuno con le proprie tradizioni gastronomiche tramandate di generazione in generazione spesso solo per via orale. Antichi taccuini rovinati dall’uso e dal tempo costudiscono preziose ricette che sveliamo più difficilmente della nostra posizione geografica, ma che prepariamo con amore per le persone che amiamo. Morso dopo morso gustiamo un’Italia capace di stupirci per la sua eterogeneità di sapori e tradizioni. E mentre ci sono ristoranti che le rifiutano per offrire una cucina internazionale, altri proteggono ingredienti, sapori, gestualità, odori con una volontà che va oltre ogni singola considerazione socio-economica. Per me questi chef sono eroi del nostro tempo, a patto di non nascondersi dietro la stessa parola “tradizione” per rifiutare ogni forma di studio e crescita. Siamo nel 2020 e abbiamo conoscenze e possibilità diverse rispetto alle nostre nonne e questo deve, secondo me, riflettersi sulla presentazione dei piatti e sulla precisione dei sapori.

Qualche giorno fa stavo passeggiando per le strade di Milano. Mi sono fermata in un bar della stazione centrale a bere un caffè mentre aspettavo il treno per rientrare. Ho notato un gruppo di ragazze, più o meno mie coetanee, che si stavano incontrando per passare una serata insieme. Erano tutte uguali. Non c’è il viso di una ragazza che mi ha colpito più di quello di un’altra: stesse labbra carnose visibilmente gonfiate da qualche siringa di troppo di filler, stesso taglio di capelli, stesso trucco con qualche kg di ombretto di troppo. Tutte vestivano allo stesso modo: anfibio o tacco a spillo, leggings effetto pelle con caviglia scoperta, maglia lunga scollata e cappotto nero. Mi sono guardata, con solo una riga di eye liner e il rossetto e le lunghe unghie rosse a cui non so dire no, i capelli biondi portati con una coda laterale, jeans, sneaker luccicose, un giubbotto di pelle e un cappello nero. Ho tirato un sospiro di sollievo: forse ero meno alla moda, ma almeno ero diversa.

Questo però mi ha portato a pensare: possibile che oggi sentiamo così il bisogno di omologarci? Siamo davvero entrati in Europa per perdere i nostri caratteri distintivi? Possibile che questo si rifletta a tutti i livelli? Ragazze di venti o trent’anni, donne di quaranta o più inseguono un ideale di Bellezza artefatto che può attirare solo un mentecatto capace di sceglierle per una taglia di seno o le labbra a canotto senza rendersi conto che si rendono così sostituibili in qualsiasi istante. Ci sarà sempre una donna più bella, con le tette più grosse e le labbra più gonfie.

Nel mentre sono spuntati ovunque ristoranti etnici, i confini si sono fatti labili e facilmente accessibili. Le proposte sono diventate fusion. Oggi si mangiano le lasagne alla bolognese da Milano a Palermo, da Londra a Chicago e perfino a Tokyo. Di per sé questo non sarebbe un male se la ricetta fosse prodotta fedelmente e quindi esportata con l’obiettivo di fare conoscere una nostra tradizione nel mondo. Non più tardi di un anno fa in aeroporto a Duisburg, mentre rientravo dalla bellissima esperienza che ho fatto con Andrea Pirlo alla prima dei suoi vini in Germania, ho mangiato degli spaghetti alla carbonara con panna e pancetta che mi hanno fatto accapponare la pelle.

Personalmente credo che la tradizione enogastronomica di ogni Paese sia un faro che deve guidare ogni navigante a prescindere dal suo cercare una nuova strada per le Americhe, o dal suo condurre una tranquilla crociera nel Mediterraneo. Quindi ben venga se un Dino Villani, grande pubblicitario del novecento, che dopo aver inventato un concorso come Miss Italia dove la mercificazione della donna raggiunge inauditi livelli e ragazze tutte uguali rispondono a domande dubbie finalizzate a comprovarne un’intelligenza basica, si pone su un piano più alto come quello proposto dall’Unione Ristoranti Buon Ricordo, che lui stesso ha creato. Riprendo quindi l’idea ellenica del kalòs kai agathòs e dico che un piatto bello è anche buono, e proporre una tradizione reinterpretata con le moderne tecniche della cucina è un’equazione fondamentale a cui tutti gli chef, a tutti i livelli, devono aspirare. La Bellezza è sì un dono divino, ma va ricercata nell’unicità di ogni sguardo, di ogni mente, di ogni cultura, di ogni ingrediente, di ogni sapore.

Unione Ristoranti Buon Ricordo: quali sono queste 3 novità?

 

Novità 1. Bene, dopo questa premessa che spero ti abbia affascinato e abbia generato in te una volontà di discussione, ti voglio raccontare le novità del 2020 di questa interessante e preziosa associazione. Ti segnalo innanzitutto che tutti i locali dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo hanno nel loro menù una specialità che è dedicata proprio alla tradizione ed è quella che dovresti assolutamente assaggiare se vai a visitarli. Per prima cosa sono entrati 9 nuovi ristoranti che mi auguro di provare presto:

  • Antica Osteria del Cerreto, Abbadia Cerreto (LO) – Lombata di coniglio con pancetta e olive al Balseto Laudense;
  • Locanda Belvedere, Rocchetta a Volturno (IS) – Ravioli scapolesi de.co con sugo di capra;
  • Nu’ Trattoria italiana dal 1960, Acuto (FR) – Costine glassate alle erbe ciociare;
  • Ristorante M’ama, Praiano (SA) – Tonno rosso del Tirreno, scottato con senape, miele e primizie di stagione;
  • Ristorante Pascalò, Vietri sul Mare (SA) – Spaghetti cacio, limone e San Marzano;
  • Ristorante Selvatico, Rivanazzano Terme (PV) – Malfatti del Selvatico;
  • Trattoria Paolino, Vercelli – Panissa alla vercellese;
  • Ristorante Der Katzlmacher, Monaco di Baviera – Ravioli di magro ma non troppo;
  • Trattoria Pomo d’Oro, Budapest – Fegato d’oca gratinato alla mozzarella di bufala.

Ora lo ammetto, non so di che parte d’Italia sia il fegato d’oca gratinato alla mozzarella di bufala… ma ammetto che lo vorrei assaggiare! Altri piatti che mi hanno incuriosito molto sono i ravioli con sugo di capra, le costine glassate e il tonno rosso scottato. Cara Marina, quando organizziamo? 😍 😘

Novità 2. La seconda novità riguarda 3 cambi di specialità per 3 locali dell’Unione Ristoranti Buon Ricordo:

  • Albergo Ristorante Foresta, Moena (TN) – Guanciale di manzo al teroldego doc con polenta di storo;
  • Ristorante Acquadolce, San Felice del Benaco (BS) – Pappardelle al Luccio in salsa gardesana;
  • Ristorante Pernambucco, Albenga (SV) – Cozze ripiene antica ricetta ligure.

Novità 3. L’ultima novità che dovresti sapere è che è stata presentata la Guida 2020 che puoi sfogliare a questo link: GUIDA 2020 “I RISTORANTI DEL BUON RICORDO”. Qual è il tuo preferito? Sei già stato in uno di questi ristoranti?

Un abbraccio a Marina Tagliaferri dell’ufficio stampa Agorà per essere sempre assolutamente deliziosa 🤗.

Cheers 🍷 ,

Chiara

Come diventare sommelier

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133 Sushi Club: arte, cucina, vino e magia

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Mi sono innamorata a prima vista 3 volte nella mia vita: la prima il 16 luglio 2001, la seconda il 28 marzo 2009 e la terza il 6 dicembre 2019. In mezzo ho vissuto tante cose diverse, che di comune avevano tutte l’essere quanto di più lontano c’è dall’Amore. E l’ho sempre saputo, sia durante, sia dopo. Tuttavia, il mio primo, grande Amore, è iniziato l’8 maggio 1985, quando ho aperto gli occhi e ho visto per la prima volta mio padre. Grazie a lui ho imparato che non c’è sogno fuori dalla mia portata, a patto di fondere passione, strategia e perseveranza. Grazie a lui ho imparato che essere “diversi” è un dono e non una punizione. Ma poi… diverso da chi? Stavo per scrivere “da chi si accontenta”, ma in realtà questo concetto è quanto di più sbagliato esiste. Io mi accontento se non scalo l’Everest, ma la persona che non punta all’Everest ma alla collinetta dietro casa e ne conquista la cima non si sta accontentando, anzi, si è realizzata. Si accontenta colui che pur puntando a una certa cosa nella vita, per pigrizia, mancanza di volontà o coraggio, ne persegue una completamente opposta. Io e Roberta siamo diverse, ma non tra noi, dalla maggioranza delle altre persone. Io e Roberta vogliamo essere libere di essere noi stesse. Il motivo è che a noi non ce ne frega un emerito asparago di quello che pensa la gente che non ci conosce nel profondo, e questo nasce da un lungo periodo di presa di consapevolezza dove, sono certa, siamo arrivate perfino ad “odiarci” per desiderare cose diverse da quelle che desiderano “gli altri”. E questa è la stessa cosa che ho pensato del mio fidanzato quando l’ho conosciuto. Io amo le persone a cui brillano gli occhi quando parlano delle loro passioni e le perseguono fino a realizzarle. Coelho diceva più o meno che se hai un sogno e lo insegui con coraggio, tutte le stelle si adoperano per aiutarti a realizzarlo. Roberta Gandini ha realizzato, tra le cose, il 133 Sushi Club a Desenzano del Garda. Ti prego, non chiamarlo mai ristorante sushi o ristorante fusion, perchè stai togliendo qualcosa a un progetto che non può essere incasellato in una categoria definita, ma fa capo solo alla parola GUSTO.

Tuttavia, quello che mi ha fatto percepire in Roberta una vera affinità è la cura nel dettaglio. Oddio, è una delle cose che più apprezzo in una Donna. E voglio sottolineare in una donna perchè considero questa cura un tratto assolutamente femminile. Un uomo può essere perfezionista fino all’esasperazione, ma non curerà mai il particolare come una donna perchè proprio non lo vede quel particolare. Non è una colpa: donne e uomini sono diversi e per questo le une hanno bisogno degli altri per procreare e mandare avanti la specie umana. Accettare la diversità, anzi rispettarle e valorizzarle, dovrebbe essere uno degli obiettivi del nuovo decennio.

Roberta, nel suo 133 Sushi Club, ha curato ogni dettaglio e brandizzato davvero tutto, acqua minerale compresa. Il colore dominante è il bianco, questo perchè il locale è “solo” un involucro, la tela dove Roberta esprime il suo estro scegliendo artisti di talento e trasformando ogni angolo in un museo d’arte contemporanea. Tutto è in vendita, tutto cambia. Nulla si può fermare. Bellissimi i bicchieri, che ho anche io a casa grazie a un regalo di amici ristoratori e stupendi i tovaglioli double face, che da un lato sento molto morbidi. Mi piace anche l’idea di apparecchiare mettendo il tovagliolo e le bacchette dentro il bicchiere, lascia la tavola molto pulita e ordinata. Ecco, se posso permettermi una piccola idea per Roberta, mi piacerebbe molto vedere le bacchette in metallo nero con il logo 133 fucsia al posto di quelle in legno usa e getta. Stupendi i piatti in vetro.

Una cosa che ho apprezzato particolarmente sono le chips, credo di banana o platano, portate come aperitivo. Innanzitutto le ho trovate buonissime e fritte in modo magistrale, poi consentono di chiacchierare piacevolmente anche se si ha un po’ fame e ingannano l’attesa. Comunque i tempi tra una portata e l’altra sono stati scanditi benissimo anche se il locale molto affollato. Il primo vino etichettato 133 è stato il Franciacorta Satén di Bersi Serlini, una cantina della Franciacorta in cui non sono mai stata (spero di rimediare presto), ma di cui ho già assaggiato qualcosa di interessante. Il primo piatto che abbiamo degustato è stato “Ceviche”, ricciola fresca con vinaigrette agrumata. In un piatto come questo il protagonista è il pesce, davvero fresco e saporito. Perfetto anche l’abbinamento con il cetriolo, composto in modo molto scenografico. Io poi adoro il carpaccio di ricciola, trovo che sia uno dei pesci crudi sfilettati più deliziosi!

Il secondo vino etichettato 133 è un Torrontés argentino 2018! Fantastico, un omaggio al mio papà nato a Buenos Aires! Il torrontés è un vitigno aromatico a bacca bianca con un profumo che ricorda il moscato, fruttato, floreale e minerale, con un interessante potenziale di invecchiamento anche se, tradizionalmente, viene consumato giovane. Proprio mentre sto scrivendo quest’articolo sto degustando un calice di una delle bottiglie che mi ha omaggiato Roberta! Questo in particolare ha uno spiccato profumo di erbe aromatiche, pesca bianca e fiori di gelsomino, con un sottofondo minerale che dura per tutta la beva, facile e piacevole. Un vino perfetto da aperitivo che ben si presta ad abbinarsi al sushi e ai carpacci di pesce.

In un mondo ideale io mangerei salmone a colazione, a pranzo e a cena… e in effetti lo mangio davvero spesso. Il secondo piatto così, per gusto strettamente personale, è quello che mi ha appagato di più. Il “Sake Teriyaki” sono cubetti di salmone alla piastra con salsa teriyaki servito con fagiolini in salsa di tofu bianco. Io non ho mai apprezzato il tofu fino a stasera: i fagiolini erano speciali e ne avrei mangiati una scodella! La cottura magistrale del salmone è stata valorizzata dalla salsa teriyaki, che io preparo anche a casa con il Mirin (liquore di riso alternativo al sakè), la salsa di soia e poco zucchero. Di fatto è una salsa di soia più dolce con una consistenza “glassata”.

Il terzo piatto che abbiamo degustato l’ho trovato anch’esso molto interessante! “Puré viola” è un puré di patate viola peruviane con gamberi sbollentati e sale nero del Mar Morto. A me il purè piace tantissimo e trovo l’idea e la presentazione molto originale. Nel menù è presente anche un puré arancio di patate arancioni olandesi con calamaro alla piastra e sale. A proposito, sai perchè le patate olandesi sono arancioni? Il motivo è lo stesso per cui sono nate le carote arancioni… che in natura erano di un meno allettante colore viola scuro: la casata degli Orange! Nel 1600 questa dinastia condusse il Paese alla vittoria nella guerra d’Indipendenza spagnola e i coltivatori s’impegnarono a selezionare carote e patate fino a portarle al colore arancione. “Orange” infatti significa appunto arancione! Come puoi immaginare il risultato fu così apprezzato che la carota viola praticamente scomparve… colore e gusto di quella arancione erano molto più gradevoli! In realtà non sapevo che in Olanda ci fossero anche le patate arancioni, ma credevo che questo colore fosse tipico della batata dolce americana… tuttavia suppongo sia un altro omaggio alla casata degli Orange!

Chi mi conosce sa che ho un debole per 2 vitigni bianchi: il riesling e il sauvignon blanc. Dopo aver rischiato la testa all’esame per diventare sommelier proprio a causa del Sudafrica, che ammetto candidamente di non aver studiato per allora, l’ho studiato davvero tantissimo per scrivere il mio libro “Come diventare Sommelier“… anzi ho perfino contattato l’ente per approfondire le WO. Ho bevuto pochi vini sudafricani nella mia vita, pertanto ringrazio Roberta perchè mi ha fatto vivere un’esperienza nell’esperienza! Oltretutto ho trovato questo Sauvignon Blanc WO Durbanville 2017davvero eccellente!

A questo punto direi che siamo entrati nel vivo del concetto di Fusion, con un’interpretazione dei classici maki giapponesi davvero personale. Le tipologie di maki che ci ha proposto Roberta sono 3:

  • Maki Sweet: Riso alla rapa rossa con salmone crudo, mousse di Philadelphia con tobiko al wasabi, basilico fresco e semi di zucca, girasole, lino e sesamo – semplicemente divino!
  • Maki 133: Tartare di salmone con erba cipollina, maionese, pesce in tempura e salsa teriyaki – favoloso!
  • Maki Music: Tartare di pesce burro con pesce in tempura e noci caramellate al tè verde – interessantissimo!

Ho apprezzato molto anche l’utilizzo del pesce burro, o meglio Escolar, che non è molto mangiato alle nostre latitudini, anche per il suo effetto lassativo (ma non nelle piccole quantità che se ne mangia nei maki). Questo pesce può superare i due metri di lunghezza e di giorno vive a quasi 1000 metri di profondità, per poi risalire di notte. Ha carni davvero saporite e succulente, io l’ho mangiato in una sperduta isoletta portoghese tanti anni fa: Madeira, e ancora me lo ricordo! Me lo servirono in una specie di hot dog con sopra del platano fritto sottile come capelli. Mi piacque così tanto questo street food che lo assaporai ogni giorno! 

Qui un particolare del sushi che ho preferito in questa quarta portata: il maki sweet. Il suo miglior punto di forza è la pulizia dei sapori: ogni gusto è definito alla perfezione. Questo non è affatto scontato quando si hanno tanti ingredienti e tra questi ce n’è uno con un’intensità gusto olfattiva e una persistenza importanti come il basilico. Lo so che l’ho già detto… ma è davvero buonissimo!

La quinta portata è stata un fuori menu e, nel complesso, è stato il miglior sushi della serata. Gli ingredienti, così diversi, si sono sposati e valorizzati in modo quasi incredibile. Il Piggy Maki, che deve il suo nome al colore fucsia, ha una salsa fucsia alla rapa rossa su cui posano squisiti rotolini ripieni di rapa e capasanta alla piastra. Sopra una goccia di salsa a base di manbeku, curry verde thailandese e mango.

Che carina l’idea di presentare i dolci come fossero maki e affini! In realtà sono crepes al cioccolato o alla frutta! Il mio preferito è stato, non a caso, quello in primo piano nella foto: il cioccomaki, uno squisito rotolino di crepes ripieno di cioccolato e mascarpone. Molto buono anche il risomaki, un rotolino di riso soffiato al caramello e cioccolato che profuma delicatamente di zenzero.

La cena è stata speciale perchè Roberta è unica. Ci ha servito puntualmente Matteo: elegante, preparato e delizioso! Infine ci è venuto a salutare il cagnolino coccoloso Lallo, con un papillon da fare invidia a Daverio! Non vedo l’ora di tornare al 133 per assaggiare qualcosa di nuovo. A proposito, attendo Roberta, Matteo e Lallo come ospiti qui a Monte Isola: loro portano il sushi, io qualche vino interessante da abbinarci in cantina ce l’ho! 😋 😎 😍 Chissà se Paco e Lallo andranno d’accordo… credo di sì se quest’ultimo porta in dote il sushi! 🤔😝

Infine, l’ultimo grazie è per te, Francesco. Per te che riesci a rendere, con la tua dolcezza, una bellissima esperienza come questa vissuta da Roberta al 133 Sushi Club, magica. Per te che hai dato un senso al mio continuo cercare un rapporto che fino al giorno che ti ho conosciuto avevo solo desiderato. In realtà tu sei sempre stato con me, ancora prima che ci conoscessimo, nei miei sogni… dovevo solo trovarti. Come dice l’immenso Paulo Coelho, “Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si incontrano“.

Cheers ❤

Chiara

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