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Vini toscani: 2 giorni tra Montepulciano e Montalcino con Carpineto

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Come ti avevo anticipato nel mio articolo “San Valentino 2019: 3 idee regalo (romantiche) per sommelier e winelovers ❤, il 14 febbraio siamo stati in Toscana ospiti della cantina vitivinicola Carpineto. Conoscevo già questa azienda perché mi avevano inviato i campioni per la mia guida vini spumanti, ma non avevo mai assaggiato nessun loro vino rosso… quindi una verticale di Vino Nobile di Montepulciano è stata una bellissima occasione per approfondire. Abbiamo passato due giorni splendidi… con una nota di merito al ristorante per la cena che si è rivelato superiore ad ogni aspettativa: non ci ho trovato una virgola fuori posto nemmeno io che a tavola sono la regina indiscussa delle rompi coglioni per qualsiasi cosa! 😄😈

Scrivere questo articolo mentre degusto l’olio “il Sillano” della cantina vini Carpineto è un vero piacere. E poi se alla degustazione professionale segue un grande abbinamento… è poesia! Gamberoni ecuadoriani crudi con limone grattuggiato, peperoncino, pepe nero, timo e, naturalmente, questo olio. Quale modo migliore di testarlo? Grazie Danilo per i tuoi favolosi gamberi… cosa mangerei senza di te? 😄

Negli antichi oliveti dell’alto Valdarno nei pressi di Firenze, le olive sono raccolte a mano con grande attenzione. Questo olio è composto da un blend di 80% frantoio, 10% moraiolo, 10% leccino e pendolino. Si presenta di un bel verde carico con note di carciofo piuttosto intense, erbe aromatiche e spezie. In bocca è avvolgente e lungo.

Ho rivisto con piacere i due instagrammer Simone Roveda (su Instagram @winerylovers) e Stefano Quaglierini (su instagram @italian_wines), con cui ho passato un soggiorno bellissimo a Capannelle nel Chianti Classico la scorsa estate quando siamo stati giudici del loro Wine Contest 2018 [se ti fa piacere puoi leggere l’articolo cliccando QUI]. Andiamo subito al sodo: ecco i miei appunti di degustazione. Io scrivo tanto -molto più degli altri- e sono molto molto lenta mentre degusto… ma se leggi il mio blog sai che se la sintesi è fondamentale quando si parla di wine marketing, uno svolgimento è un dono se si parla di emozioni enoiche.

Vini toscani/Campione 1: Farnito Brut, Carpineto

Note tecniche: Questo vino spumante è ottenuto da una cuvée di diverse annate di vini base da uve Chardonnay, le più vecchie hanno fatto un affinamento più o meno lungo in botti di rovere pregiato. Metodo Charmat Lungo, fa un affinamento sui lieviti in autoclave di almeno 8 mesi e una affinamento di altri 8 mesi in bottiglia prima di essere commercializzato.

Prezzo: Costo 20 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel giallo paglierino intenso, con un perlage che forma una spuma abbondante ed evanescente, fine, abbastanza numeroso e persistente. Al naso è intenso, con forti note di banana matura, vaniglia e frutta esotica. In bocca è molto coerente, con le stesse note di frutta esotica che diventano ancora più importanti. La bollicina è cremosa, è abbastanza fresco e morbido, lungo sul finale. Non concordo sulla temperatura di servizio suggerita di 18-20°C, assolutamente eccessiva per un vino con profumi così intensi e con una acidità appena bilanciata, pertanto consiglio di servire intorno agli 8°C.

Impressioni: Non ha un buon rapporto qualità prezzo perché si tratta pur sempre di un Metodo Charmat, anche se lungo. Nel complesso manca di quella eleganza che contraddistingue tutta la produzione di Carpineto e che ho riscontrato nella quasi totalità degli altri vini degustati. Ho preferito la scorsa annata, che ho premiato nella mia guida vini spumanti 500 Bolle in 500 ed. 2018.

Vini toscani/Campione 2: Farnito Chardonnay Toscana IGT Bianco 2017, Carpineto

Note tecniche: Questo vino bianco è ottenuto da uve provenienti da un piccolo appezzamento a 350 mt sul livello del mare di 2 ettari a sud di Firenze. Il mosto fermenta a temperatura controllata in botti di rovere con lieviti selezionati. Viene sottoposto a ripetute agitazioni, poi a gennaio viene pulito dalle fecce e riposto nelle stesse botti dove riposa per circa 4/5 mesi, per poi essere imbottigliato e affinato in bottiglia per alcuni mesi.

Prezzo: Costo 15 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel giallo paglierino intenso e brillante con delicati riflessi oro rosa. Al naso è intenso ed elegante, con note di pera candita, buccia di arancia candita, miele d’estate, confetto, vaniglia. In bocca è morbido, fresco, coerente e sapido. Aumenta piacevolmente la salivazione. Finale discretamente lungo.

Impressioni: Bottiglia discreta da stappare sia da aperitivo che durante un pasto a base di carni bianche o pesce con una spiccata tendenza dolce come i crostacei.

Vini toscani/Campione 3: Farnito Cabernet Sauvignon Toscana IGT Rosso 2013, Carpineto

Note tecniche: Questo vino rosso è ottenuto da uve delle aziende di Gaville (Firenze) e Chianciano (Siena). Il mosto fermenta in recipienti separati a seconda della provenienza e a temperatura controllata. La macerazione sulle bucce dura circa 15 giorni. In primavera, dopo la fermentazione malolattica, il vino proveniente dalle varie particelle è unito e posto in botti di rovere dove rimane fino a gennaio dell’anno successivo, mese in cui viene imbottigliato. Riposa per almeno 8 mesi prima di essere messo in commercio.

Prezzo: Costo 20 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino profondo con riflessi lievemente granati ai bordi. Roteando il bicchiere forma archetti regolari particolarmente ravvicinati. Al naso è molto speziato, con interessanti note di cacao, ciliegie e sottobosco. In bocca ha una spiccata vena acida: è fresco e con un tannino presente che si avverte nelle gengive. Morbido, con una buona struttura e grande lunghezza.

Impressioni: Bottiglia molto molto piacevole, che ben si presta ad essere abbinata a carni e pesci grassi alla brace.

Vini toscani/Campione 4: Farnito Camponibbio Toscana IGT Rosso 2010, Carpineto

Note tecniche: Questo vino rosso è ottenuto dalle uve di un grande vigneto chiamato Camponibbio che si trova nella parte sud della tenuta di Chianciano (Siena). Questo vigneto è suddiviso in 9 appezzamenti nei quali si coltivano diversi vitigni in differenti cloni. Per ogni vendemmia vello scelte le uve di sangiovese, cabernet sauvignon e merlot che meglio hanno risposto all’andamento stagionale in % che appunto cambiano annualmente in base al clima. Fermenta a temperatura controllata (25-30°C) per circa 15 giorni. Il personale di cantina esegue frequenti rimontaggi con l’ausilio di pompe per rispettare le parti solide formate da vinacce e vinaccioli. Matura in botti di rovere francese di varie dimensioni per un periodo di almeno 12 mesi. Viene affinato almeno 6 mesi in bottiglia.

Prezzo: Costo 25 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino profondo e impenetrabile. Purtroppo il bicchiere non lavora bene e non riesco a valutare la consistenza e gli archetti. Al naso si riconoscono piacevoli note di caffè, pepe nero, amarena sciroppata, rosa, cioccolato fondente che sfumano in un finale balsamico. In bocca entra elegante e con una spiccata vena acida: è freschissimo, ma anche molto morbido. Finale discretamente lungo. Ha un bel tannino, con una leggera sfumatura verde. 

Impressioni: Bottiglia molto molto piacevole e di facile beva. Sembra un vino più giovane della sua età.

Vini toscani/Campioni 5-10: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG, Carpineto – verticale di 5 diverse annate

Note tecniche: Questo vino rosso è ottenuto per almeno il 70% di uve sangiovese (prugnolo gentile) e per la restante parte di canaiolo ed altre varietà autorizzate. Fermenta a temperatura controllata (25-30°C) per circa 15 giorni. Il personale di cantina esegue frequenti rimontaggi con l’ausilio di pompe per rispettare le parti solide formate da vinacce e vinaccioli. Matura per almeno 24 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia (5.500 litri) e in barrique (225 litri) di rovere francese. Viene affinato almeno 6 mesi in bottiglia

Campione 5: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 2013

Prezzo: Costo 25 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino profondo e consistente: forma archetti regolari molto vicini. Il naso è fine e prevalgono le note di frutti rossi e neri in confettura. Si riconoscono anche note di tabacco da pipa, cuoio, cacao amaro, viola e carne cruda. In bocca è coerente, molto molto elegante, con una frutta più fresca rispetto quella avvertita al naso. Il tannino è ancora un po’ da arrotondare. Grande freschezza, buona struttura e interessante sapidità. Lo avrei desiderato ancora più lungo sul finale.

Impressioni: Certo oggi è un infanticidio, ma già l’assaggio “tradisce” il suo grande spessore: sarà sicuramente un’annata che con l’evoluzione in bottiglia ci sorprenderà con effetti speciali.

Campione 6: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 2011

Prezzo: Costo 25 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino impenetrabile molto concentrato. Roteando il bicchiere forma archetti particolarmente ravvicinati e regolari. Il naso è completamente diverso dal precedente, molto intenso. Riconosco note di frutti di bosco, confettura di fragole, fieno fresco e secco, pepe verde e chiodi di garofano. In bocca è molto fresco, con qualche nota vegetale e un tannino un po’ sgarbato. Nel complesso è spostato sulle durezze. Il finale è lungo, ma meno piacevole del precedente.

Impressioni: Dei campioni proposti durante questa verticale è sicuramente quello che mi è piaciuto di meno. Non l’ho trovato né pulito né equilibrato né elegante.

Campione 7: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 2010

Prezzo: Costo 25 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino leggermente trasparente con riflessi granati ai bordi. Al naso è elegante, delicatissimo, con profumi fini di erbe di montagna, caffè, fragola di bosco, cioccolato al latte e cuoio. In bocca è molto coerente, discretamente morbido, fresco, con una buona struttura e un tannino ben amalgamato, per nulla invadente. Discretamente lungo sul finale con una nota di ciliegie sotto spirito.

Impressioni: Bottiglia molto molto piacevole e di facile beva. Sembra un vino più giovane della sua età.

Campione 8: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 2007

Prezzo: Costo 45 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso rubino quasi impenetrabile. Forma archetti abbastanza regolari e ravvicinati. Il naso è delicato ed elegantissimo, con note di rosa, cioccolato fresco, amarene sotto spirito, confettura di lamponi con un filo d’olio extravergine, cacao, sottobosco e un finale che oscilla tra l’etereo e il balsamico. In bocca è equilibratissimo tra freschezza e morbidezza. Il tannino è perfetto e il finale è molto lungo, con una interessante vena sapida e minerale.

Impressioni: Il secondo miglior campione della degustazione, con un potenziale evolutivo straordinario. Tra 10 anni sono certa che saprà stupirci ancora di più dell’annata 1995.

Campione 9: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 1995

Prezzo: Costo 100 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso granato semitrasparente con insistenti riflessi aranciati ai bordi. Roteando il bicchiere forma archetti molto ravvicinati e regolari. Il naso è elegante e molto balsamico, in cui riconosco note di fungo porcino, viola, rosa essiccata, mora, marasca sotto spirito, macchia mediterranea e pepe bianco. In bocca è di un’incredibile freschezza, con un tannino rotondo, morbido e uno spiccato accento minerale. Grande struttura e molto lungo sul finale.

Impressioni: Certamente il miglior campione in degustazione, un vino raro, di cui innamorarsi perdutamente. Come una donna bellissima ed elegante nasconde egregiamente i suoi anni grazie al grande fascino. 

Campione 10: Vino Nobile di Montepulciano Riserva DOCG 1989

Prezzo: Costo 100 € in enoteca.

La mia degustazione: Si presenta di un bel rosso granato semitrasparente con riflessi aranciati meno pronunciati del ’95. Il naso è elegante e delicato, con note di frutti di bosco sia freschi sia in confettura. Si riconoscono grafite, fiori di rosa inglese, cioccolato crudo e pepe nero. In bocca è leggermente meno pulito del 1995, ma è ancora molto fresco. Morbido, bella struttura e grande lunghezza.

Impressioni: Bottiglia di grande valore organolettico, da provare con una selezione di formaggi importanti.

Vini Toscani: cosa ci abbiniamo per cena?

La cena perfetta di San Valentino? Se il prossimo anno decidi di fare un salto nella splendida Montepulciano non avere dubbi e scegli Le logge del Vignola. Siamo stati davvero benissimo, e hanno anche coccolato noi fanciulle con una rosa rossa! Servizio elegante ma non troppo formale, mi sono sentita molto a mio agio. Ambiente intimo, perfetto per coppie. Beh noi eravamo in 11… e siamo stati comunque davvero benissimo.

Ecco il menù (e complimenti per la scelta oltre che per l’esecuzione!):

Antipasto: L’uovo croccante con le cime di rapa leggermente piccanti, crema di maglione DOP Valdichiana e aglio nero.

Primo: Il risotto carnali Maremma mantecato al Vermouth Franceschi, salsiccia, formaggio erborinato e cavolo viola.

Secondo: La pancia di vitellone su purè di sedano rapa, champignon grigliata e salsa al pino, cardi fritti.

Dolce: La sfera di cioccolato alla spuma di Vin Santo su semifreddo ai Cantucci e fiamma all’assenzio.

Nota di merito al Vin Santo e alla piccola pasticceria che insieme sono stati orgasmici. La compagnia è stata così piacevole che ha reso tutto ancora più bello! Laura è stata deliziosa poi a regalarci dei piccoli block notes a forma di cuore!  Quando lo rifacciamo? 😍 

 

Cosa dici? Ti sto salutando senza raccontarti cosa ho assaggiato di buono a Montalcino? Ma certo, ne parliamo domani! Per oggi voglio lasciare un unico protagonista: il Vino Nobile di Montepulciano.

Cheers 🤩🍷

Chiara

P.S. Grazie a tutto lo staff di Carpineto per essere stati fantastici e per l’invito.

P.P.S. Come sempre grazie a Sony Italia e a Universo Foto per la meravigliosa RX100M4 con cui ho scattato tutte le foto! (Se vuoi una macchina compatta professionale con cui fare foto in ambienti bui con una bellissima resa comprala subito su Amazon a questo link: oggi è praticamente a metà prezzo, da 1050 € a 579 €!)

Tu conosci l’azienda Carpineto? Sei stato all’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano quest’anno? Scrivimelo in un commento!

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Brunello di Montalcino: visiti con me la tenuta di Carpineto?

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Questo articolo si apre con una deliziosa foto di copertina dove, sullo sfondo della Tenuta di Carpineto nella magica campagna di Montalcino, ci sono questi due giovani e belli instagrammers che, essendo profondamente in mezzo ai coglioni mentre tentavo di fotografare il paesaggio, ho pensato che con loro come co-protagonisti la foto sarebbe stata ancora più bella! Chissà se il promotore della “comunicazione del vino organica” bloccherà pure me dopo averla pubblicata… 🤔 Ti dirò, è un rischio che mi sento di correre! 😝 A parte gli scherzi, prima di parlare di questa squisita degustazione di Brunello di Montalcino, oggi mi sento di togliermi un sassolino che sta nelle mia scarpa sinistra da troppo tempo. Trovo assurdo che il giornalista entri in competizione col blogger e il blogger entri in competizione con l’instagrammer! Per prima cosa bisogna essere davvero poco lungimiranti a innescare queste “guerre dei poracci”, che non hanno davvero senso! Giornalisti, blogger e instagrammers sono tutte figure fondamentali della comunicazione di un certo prodotto e dovrebbero cooperare e non certo gettarsi barili di vinacce (leggi 💩) addosso! Ovviamente parlo di giornalisti, blogger e instagrammers seri… angiolette tettone del vino di turno non sono incluse in questo ragionamento (Tranquille, è tutta invidia perché non sono nata con le teste grosse!😝).

Recentemente ho sentito un mio collega blogger accusare alcuni instagrammers di crescite su Instagram poco chiare… per poi presentarsi lui stesso con oltre 60.000 followers e foto con poco più di 900/1000 interazioni (che faccio io con le sole 17.000 anime che mi seguono)… e dato che gli hashtag li utilizza anche il nostro caro wine lover italiano la domanda è lecita: sono i suoi contenuti poco interessanti agli occhi dei suoi followers o sono i followers a non essere così tutti reali? Ma poi, seriamente, ha davvero bisogno di scrivere nella sua bio “Real followers”? Ti svelo un segreto: quando sei sincero non hai bisogno di rimarcarlo ogni 3 minuti e 30 parole scritte. E così mercoledì scorso, seduti a tavola al ristorante “il Grillo è buoncantore”, tra un persico e un coregone, scopro che Simone Roveda (@winerylovers) e Stefano Quaglierini(@italian_wines) sono anche stati bloccati da questo soggetto su Instagram e che il suo geniale articolo sulla comunicazione del vino organica era rivolto anche a loro. Ma li mortacci, com’è che hai scritto? Chi si fa i ca… ehm i vinaccioli suoi campa cent’anni? E allora continuiamo a farceli tutti, per l’amor del cielo! O mi sembra doveroso che qualche risposta arrivi! Perché a scrivere pataccate e fare i fenomeni se vogliamo siamo bravi tutti… ma magari semplicemente 9 volte su 10 soprassediamo per non fare la figura dei poracci (come qualcun altro)! Ha ragione su una cosa però: c’è un grande calderone anche tra i wine blogger e ci finiamo proprio dentro tutti… e l’idea che io sono nello stesso tonneaux di un soggetto simile non mi fa affatto piacere! E quanto alla Chiara Ferragni, un esempio per me, ha tutto il diritto di chiedere 30.000 € e passa per un post su Instagram. La pubblicità si paga. Un passaggio di 15 secondi in TV durante “C’è posta per te” costa circa 45.000 €, con la gente che durante la pubblicità fa zapping o si alza per andare in bagno. Un post della Ferragni resta, e se mi chiamassi “Gucci” e puntassi su una forma pubblicitaria per la mia azienda non avrei dubbi. Basti pensare che, ad esempio, nel 2019 ho articoli che ho scritto nel 2015 che sono tutt’ora letti quotidianamente! L’importante è distinguere i contenuti sponsorizzati e non, oppure accettare di sponsorizzare solamente i contenuti di cui avremmo parlato anche gratuitamente per la loro bontà. Io ad esempio non accetto soldi dalle cantine vinicole, ma accetto sponsor quali eventi, fiere, bicchieri, tappi, oggetti per la mis en place e tutto quello che ruota intorno al mondo del vino senza essere vino, oppure da aziende del food senza essere ristoranti! Anzi, se rientri in una di queste categorie e vuoi sponsorizzare il mio blog o il mio best seller “Come diventare sommelier” clicca QUI.

Anche io confido in una selezione naturale, prima o poi. La differenza si vede sul serio, non preoccuparti!

Ben venga invece se nella grande “botte” dei comunicatori del vino mi affiancano a un Morris Lazzoni di Vino per Passione che magari sì, potrà non fare i miei numeri, ma è un sommelier che sa cosa dice quando parla di vino, scrive benissimo e non mi annoio mortalmente a leggerlo (a differenza dei fantapipponi che spara qualcun altro). Ben venga se mi mettono in botte con un Davide Bortone di Vini al Supermercato, un giornalista che ha un magazine scritto bene, onesto e che non legge solo lui. E sono felice anche se mi mettono in botte anche con Simone Roveda, Stefano Quaglierini, Emanuele Trono e i ragazzi di Cantina Social Adriano, Matteo e l’altro che non ho conosciuto di cui non ricordo il nome.

Intanto Simone è un ingegnere informatico che prima è diventato sommelier e ora ha appena dato il terzo livello della Wset e ha due coglioni grossi così, e vorrei essere brava la metà di lui a raccontare il vino anche in inglese. Altro che tornare allo scrivere solo in italiano, ma stiamo scherzando? Stefano è un enologo giovane e in gamba, e non certo il markettaro che non è mai stato in una vigna o in una cantina come sostiene qualcun altro. E io sono stata più che contenta di condividere questi due bellissimi giorni in Toscana anche con loro!

Ieri ci siamo salutati con la deliziosa cena al Ristorante “Le logge del Vignola” nel centro di Montepulciano… ed è proprio da qui che voglio ripartire per raccontarti il secondo giorno con i vini toscani di Carpineto. Se ricordi ieri ti ho parlato di una deliziosa sfera di cioccolato che si scioglieva grazie all’assenzio abbinato a un vin santo altrettanto stupefacente!

Carpineto, Vin Santo del Chianti DOC 1999

Si presenta di un meraviglioso color ambra intenso e brillante. Roteando il bicchiere forma archetti ravvicinati e regolari. Al naso si intrecciano deliziose note di frutta secca, noce, nocciola, cacao e pino mugo. In bocca è ampio, con note di albicocca. Nonostante l’età è freschissimo e ha un lungo potenziale di evoluzione… non a caso è l’annata appena rilasciata. Intenso, con un finale lungo e armonico.

E ora torniamo a parlare di Montalcino e di Brunello di Montalcino…

Ordine & Pulizia

La cantina è un piccolo gioiello bello, ordinato e pulito, filo conduttore di tutte le tenute di Carpineto. Se le vigne sono gestite nel pieno rispetto dell’andamento climatico e della natura, gli spazi sono il riflesso della loro filosofia.

Io per prima penso che per produrre un buon vino si deve avere un ambiente idoneo. Un ambiente idoneo non è per forza la stupenda cantina faraonica, ma è prima di tutto uno spazio pulito e ordinato. Per me è impossibile essere produttivi nel disordine e nella sporcizia. Per me è incoerente ambire a produrre vini eleganti in un ambiente caotico e pulcioso, e non nascondiamoci dietro la scusa del “stiamo lavorando”. Si lavora bene nella pulizia. E credo fermamente che un vino che nasce nel pulito è più sano, oltre che più buono.

Architettura & paesaggio

L’Appodiato di Montalcino di Carpineto è una delle aziende più alte della zona: i vigneti si trovano infatti a 500 metri sul livello del mare. Lo splendido antico casale in pietra di fine ‘800 è circondato da circa 10 ettari di vigneto piantato a Sangiovese grosso, da un uliveto storico e da un fitto bosco di macchia mediterranea.

Il sesto d’impianto è 2,20 x 0,90 metri a cordone unilaterale, sono vigneti ad alta densità con oltre 5,000 ceppi per ettaro.

Il suolo è sedimentario, con una stratificazione molto antica che raggiunge 15 milioni di anni fa. Si trova uno scheletro di galestro sotto formazioni argillose di epoca pliocenica.

Una cantina da sogno…

Carpineto è sicuramente una grande realtà: oltre 3 milioni di bottiglie ogni anno sono firmate da questa azienda. Sicuramente è facile fraintendere, se uno non ha mai avuto modo di visitarla. Eppure basta vedere questa deliziosa piccola tenuta per capire che è vero che Carpineto è un grosso marchio, ma è un grosso marchio fondato da anime più o meno grandi o più o meno piccole, come l’Appodiato di Montalcino. Nel casale c’è una cantina meravigliosa in pietra dove si susseguono ambienti con splendidi barili in legno di varie dimensioni e fatture di cui è impossibile non innamorarsi! Nulla è lasciato al caso, tutto è curato in ogni dettaglio. Impossibile pensare che in una cantina così perfetta non nascano vini all’altezza dello spazio dove vengono costruiti.

…una cantina da sogno/2

Non ho avuto il privilegio di conoscere uno dei soci fondatori, Giovanni Carlo Sacchet, recentemente scomparso per una malattia fulminante. Posso però capire sua figlia, che ha la mia stessa età e che sta vivendo quello che sto vivendo io. I nostri papà sono la nostra eredità più bella. Oggi Sara Sacchet ha in mano la conduzione enologica di un’azienda importante. Il socio del padre, Antonio Mario Zaccheo, è una persona molto umile e di gran carattere che ha saputo creare dal niente una realtà straordinaria come Carpineto. Io per prima voglio augurare a Sara di trovare la serenità un giorno. A me hanno promesso che un giorno farà meno male. Spero anche per lei. Per quanto riguarda il successo enologico basta sentire i vini che firma e i premi che vince per capire che ne avrà tanto. 

La deliziosa sala degustazioni…

e la prima degustazione: Rosso di Montalcino!

 

Rosso di Montalcino 2016 – 14% vol

Si presenta di un bel rosso rubino con riflessi granati ai bordi. Roteando il bicchiere forma archetti ravvicinati abbastanza regolari. Al naso si intrecciano note di pepe nero, cuoio, rosmarino, ematico, mentolato, rabarbaro e scorze d’arancia. In bocca è molto elegante e fresco, giustamente tannico, morbido e lungo sul finale.

Il 70% affina in botte grande mentre il 30% affina in barrique di secondo e terzo passaggio.

 

E infine le degustazioni/2:  Brunello di Montalcino!

 

Brunello di Montalcino 2013 – 14,5% vol

Si presenta di un rosso rubino particolarmente concentrato, ma trasparente. Al naso si sente tantissimo il cuoio, il sottobosco, la vaniglia, la noce moscata, il pepe nero e la confettura di more. In bocca è freschissimo, con un tannino in corso d’opera. Non molto morbido, ma essendo un “infanticidio” è più che normale. Lunghissimo sul finale. La sua grande acidità lascia intuire un potenziale d’invecchiamento lunghissimo.

 

E tu ami i vini toscani? E il Brunello di Montalcino? Sei stato a Benvenuto Brunello quest’anno? Conosci il Brunello di Montalcino dell’azienda Carpineto? Scrivimelo in un commento!

Cheers🍷🍷

Chiara

P.S. Come sempre ringrazio Sony Italia e UniversoFoto.it per la fornitura della mia adorata Sony RX 100 Mark 4 che mi permette di fare delle foto straordinarie negli interni delle cantine anche in condizioni di scarsa luminosità e senza ausilio di luci aggiunte! Un vero gioiellino che puoi comprare su Amazon a metà prezzo cliccando QUI.

P.P.S. Un abbraccio a tutti i miei colleghi wine blogger, instagrammers e giornalisti che ogni giorno operano nel mondo enologico con grande passione e che conoscono il valore di loro stessi e la bontà del loro lavoro. A qualunque livello voi siate, sono certa che se vi concentrerete a curare il vostro orto invece di screditare quello del vicino raggiungerete risultati straordinari. E sono certa anche che se ci vorremo bene e ci aiuteremo l’un l’altro, li raggiungeremo insieme. In fondo come diceva Bovio, il vino unisce gli uomini, è solo l’acqua a dividerli. 😍

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Merlotta Brut: chi dice che lo spumante metodo charmat non evolve?

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Come spesso accade sul mio blog parlo di spumanti, e quando parlo di spumanti non parlo solo di Champagne, Trento DOC o Franciacorta DOCG per citare quelli più “ricercati”, ma mi piace scoprire piccole realtà o sfatare “falsi miti”. Oggi voglio raccontarti della verticale che ho fatto mentre tornavo da Montalcino, quando mi sono fermata a Imola all’azienda Merlotta per degustare il Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat nelle sue versioni dal 2017 al 2010. Prima però parliamo di Metodo Charmat o Metodo Martinotti… sai come si produce?

Metodo Charmat: come si produce questo tipo di spumante?

Storicamente i vini spumanti erano prodotti solo con il Metodo Classico o il Metodo Ancestrale. Intorno al 1910 Federico Martinotti, direttore della Regia Stazione Enologica di Asti, per accelerare il processo produttivo ed abbattere i costi pensò di realizzare la spumantizzazione in un grande recipiente a tenuta simile ad un’autoclave, progettata, costruita e brevettata  dall’ingegnere francese Eugéne Charmat.

Il pregio di questo metodo sta nel mantenere i profumi e i sapori delle uve impiegate, che non vengono coperte dai sentori sviluppati dai lieviti come accade per il Metodo Classico, rendendosi interessante per l’utilizzo con i vitigni aromatici. I vini ottenuti sono semplici, freschi e molto profumati e spesso hanno una bollicina meno fine degli spumanti ottenuti col Metodo Classico, ma questo non è sempre vero e questa guida ne è la prova vivente!

Esistono due tipi di Metodo Charmat: 

  • METODO CHARMAT = Tempo di permanenza sui lieviti da 30 a 90 giorni,
  • METODO CHARMAT LUNGO = Tempo di permanenza sui lieviti da 90 giorni fino a 12 mesi. 

In ogni caso per fregiarsi della denominazione VSQ (Vino Spumante di Qualità) deve rimanere sui lieviti per almeno 80 giorni.

La produzione degli spumanti attraverso il Metodo Martinotti segue un percorso diverso rispetto a quelli ottenuti con Metodo Classico a partire dalla tappa successiva alla creazione del vino base.

  1. Dopo aver creato il vino base si eseguono una chiarificazione e una refrigerazione per renderlo stabile.
  2. Si esegue la filtrazione.
  3. Si prepara il pied de cuve con lieviti selezionati, zuccheri e sali minerali e lo si mette in un’autoclave di acciaio inox di dimensioni comprese tra 100 e 500 ettolitri per la rifermentazione.
  4. La seconda fermentazione è rapida e secondo la normativa UE per gli Spumanti e gli Spumanti di Qualità deve essere di almeno 80 giorni. Più si allunga il periodo di permanenza sui lieviti più il vino si arricchisce di profumi e lo spumante prende il nome di Charmat Lungo.
  5. Si esegue la filtrazione isobarica durante la quale si separano i sali dell’acido tartarico che sono precipitati a seguito della stabilizzazione a bassa temperatura.
  6. Si esegue il dosaggio.
  7. Si esegue l’imbottigliamento isobarico. La tappatura viene realizzata generalmente con tappi di sughero.

Questo ti fa intuire che a seconda della lunghezza del Metodo Charmat, avrai un vino con delle caratteristiche organolettiche diversissime. I vini Metodo Charmat Lungo sono un pochino degli ibridi tra il Metodo Charmat e il Metodo Classico. Nel Metodo Charmat abbiamo i profumi tipici del vitigno, detti anche aromi primari, e per questo si utilizzano per produrlo soprattutto i vitigni aromatici. Nel Metodo Charmat Lungo i lieviti svolgono un’azione molto più importante e i profumi possono essere anche molto orientati al pan brioche e alla crosta di pane tipici anche del Metodo Classico. Per questo per produrre vini spumanti Metodo Charmat Lungo si utilizzano più frequentemente vitigni semiaromatici o non aromatici proprio come accade nel metodo tradizionale. 

Come puoi facilmente intuire, i vini spumanti Metodo Charmat devono essere bevuti abbastanza velocemente, preferibilmente nell’annata, mentre i vini Metodo Charmat Lungo possono evolvere in bottiglia qualche anno regalando qualche sorpresa anche ai più scettici.

A sostegno di questa tesi sono stata molto felice di raccogliere l’invito di Fabio a fare una verticale del suo Prédio Gran Cuvée Metodo Charmat. Un assemblaggio di Pinot Nero e Chardonnay in % che si attestano intorno al 50% e subiscono solo piccole variazioni in funzione dell’annata. Il dosaggio zuccherino è basso, intorno ai 4-5 g/l.

Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat 2017, Merlotta

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlate finissimo che forma una spuma cremosa e particolarmente persistente. Al naso è delicato, con note di noce, agrumi e fiori di biancospino. In bocca ha una bollicina cremosa, è molto fresco, molto morbido e lungo. Ottimo equilibrio tra durezze e morbidezze.

Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat 2016, Merlotta

Si presenta giallo paglierino brillante con un perlage leggermente fine, abbastanza numeroso e abbastanza persistente. Al naso note di cedro, confetto ed erbe aromatiche si intrecciano in modo piuttosto fine. In bocca ha una bella sapidità che aumenta la salivazione e un finale lungo. Ha una spalla acida “da paura” e sicuramente potrebbe essere quello che ha una prospettiva di vita più lunga, se la bollicina sarà in grado di reggere il tempo. Lo assaggeremo nel 2021 e vedremo! 😋

Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat 2015, Merlotta

Si presenta giallo paglierino brillante con un leggero riflesso oro pallido. Il perlate è carico, numeroso, molto fine e persistente. Al naso è intenso con note di frutta secca e crostatine alla frutta con crema al limone. In bocca è coerente con un gusto discretamente complesso e avvolgente. Nel complesso è pronto da bere e molto più equilibrato dei precedenti.

Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat 2013, Merlotta 😍😍😍

Si presenta di un bel giallo dorato intenso con una bolla che ancora spinge, è abbondante, molto numerosa, fine e persistente. Al naso deliziose note di zafferano, scorza d’arancia candita, pera candita, panna montata zuccherata, yogurt greco miele e noci, pinolo cotto e rabarbaro si intrecciano delicatamente in modo pulito e fine. In bocca la bollicina è cremosa, il gusto è molto buono, ampio, strutturato e avvolgente. Ancora discretamente fresco, morbido, è sicuramente alla sua massima espressione, ma non ci rimarrà a lungo.

Prèdio Gran Cuvée Brut Metodo Charmat 2010, Merlotta

Non so se è la singola bottiglia che non ha tenuto… o lui che proprio non ce l’ha fatta! Peccato, il naso non è male… ma purtroppo si presenta con una totale assenza di bolle e un gusto ossidato, anche se conserva ancora una discreta freschezza. Al naso intense note di cumino e fieno essiccato sfumano nel profumo dello zucchero di canna e in un accento madeirizzato. In bocca è morbido e discretamente lungo.

In sintesi si può dire che il Prèdio Gran Cuvée Brut ha raggiunto il suo apice tra le annate 2015 e 2013. In quest’ultima è già maturo e presto comincerà la sua fase calante. Questo vino spumante è un notevolissimo metodo charmat in cui i punti di forza di ogni annata sono sempre la cremosità della bollicina e l’eleganza.

Merlotta è un’azienda romagnola che si trova a Imola, sulla Via Emilia. Possiede circa 15 ettari di vigneto in pianura tra Dozza e Montecatone. Oltre cinquanta vendemmie e tanta tanta passione in questa famiglia che da zero ha saputo ricavarsi un’importante realtà che dà lavoro, anche in un momento storico particolarmente difficile come questo, a tanta gente. Passi accorti ben ponderati e una visione strategica del futuro hanno creato una cantina bella da vedere, dove pulizia e ordine regnano incontrastati. Grande cura per il packaging, bellissimo il restyling delle nuove etichette e dei cataloghi… sai che la comunicazione del vino è il mio lavoro quindi ci guardo sempre a come si presenta un’azienda!

Invito i puristi del metodo classico -me compresa- ad assaggiarlo e a dirmi cosa ne pensano… e magari a stupirsi come ho fatto io!

Cheers 🥂

Chiara

P.S. Puoi visitare il sito dell’azienda Merlotta cliccando QUI!

Merlotta è un’azienda romagnola che si trova a Imola, sulla Via Emilia. Possiede circa 15 ettari di vigneto in pianura tra Dozza e Montecatone. Oltre cinquanta vendemmie e tanta tanta passione in questa famiglia che da zero ha saputo ricavarsi un’importante realtà che dà lavoro, anche in un momento storico particolarmente difficile come questo, a tanta gente. Passi accorti ben ponderati e una visione strategica del futuro hanno creato una cantina bella da vedere, dove pulizia e ordine regnano incontrastati. Grande cura per il packaging, bellissimo il restyling delle nuove etichette e dei cataloghi… sai che la comunicazione del vino è il mio lavoro quindi ci guardo sempre a come si presenta un’azienda!

Da assaggiare anche gli altri vini, il particolare amo molto la loro bolla rosata sempre metodo charmat “Prèdio Gran Cuvée Dry” che è cremosa e dosata divinamente anche per me che non amo gli spumanti dosati e berrei solo pas dosé o extra brut!  In cantina ho scoperto anche il Grifaia 2016, un blend di cabernet sauvignon (85%) e cabernet franc (15%). Si presenta di un bel rosso rubino intenso e semitrasparente. Al naso note di tabacco, menta, pepe nero, cioccolato criollo, erba appena tagliata. In bocca la sua migliore qualità è la freschezza: ha una spalla acida che gli conferisce un potenziale di invecchiamento importante. Buona struttura e finale lungo.

 Invito i puristi del metodo classico -me compresa- ad assaggiarlo e a dirmi cosa ne pensano… e magari a stupirsi come ho fatto io!

 

Cheers 🥂

 

Chiara

 

P.S. Puoi visitare il sito dell’azienda Merlotta cliccando QUI!

 

L'articolo Merlotta Brut: chi dice che lo spumante metodo charmat non evolve? proviene da Perlage Suite.

Vini francesi: questi 6 Champagne ti stupiranno

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Domenica scorsa il mio fidanzato ha avuto la brillante idea (diamo a Cesare quel che è di Cesare!) di portarmi a una degustazione di Champagne organizzata da Marco Manzoli, in arte @vinogodi, al ristorante La Barrique di Poviglio, una ridente e sperdutissima località nella provincia di Reggio Emilia. Beh, abbiamo mangiato un pesce assolutamente delizioso e freschissimo! Nella foto di copertina il secondo: tagliata di tonno, spuma di pecorino, olio al basilico e pane croccante. Squisite anche le ostriche, l’unica cosa che non mi hanno entusiasmato sono state il gambero rosso e lo scampo… ma lì sono abituata troppo bene! Intanto grazie a Marco di avermi invitato… è stato un vero piacere conoscerlo, ho avuto l’opportunità di degustare champagne meravigliosi e questa esperienza mi rimarrà sicuramente nel cuore! Marco ha una cultura e una passione incredibili… per chi non lo sapesse è uno degli autori/degustatori di Doctor Wine di Daniele Cernilli e un accanito organizzatore di queste speciali degustazioni con bottiglie rare, talvolta introvabili. Eravamo in 10, un numero assolutamente perfetto per degustare bene e parlare con tutti. La perfezione sarebbe stata essere in un tavolo rotondo, ma anche così sono riuscita a intrecciare rapporti con persone squisite e grandi estimatori di buon vino! A questo proposito il medico mezzo francese Daniele Guarneri mi ha promesso di venirmi a trovare a Monte Isola con il mio vicino Lauro Ghizzoni e farmi un tiramisù squisito in 18 minuti! Io ci conto, eh! 🍨😋😋😋😋😋

Champagne: Dom Pérignon 2008

 

AOC | Pinot Nero 52% – Chardonnay 48% | Brut, 5 g/l | 8 anni sui lieviti | € 160

Da sapere.  Il Vintage 2008, presentato anche con un cofanetto in edizione limitata con le firme dei due Chef de Cave, celebra il passaggio di testimone tra Richard Geoffroy, Chef de Cave Dom Pérignon dal 1990, e Vincent Chaperon, suo braccio destro dal 2005 e dal 2009 nuova guida della cantina.

La mia degustazione. Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlate abbastanza fine e numeroso. Al naso è delicato e fine, con note di fiori d’acacia, burro crudo, Sedirea japonica, noce, miele. In bocca è intenso e coerente, la bollicina è cremosa e avvolgente. Ha una bella spalla acida e interessanti note minerali appena accennate. Il gusto della frutta secca è ancora più intenso. Grande struttura e lungo finale citrino.

Le mie opinioni. Giovane, giovanissimo. Per cominciare a emozionarmi, soprattutto in bocca, ha bisogno di almeno 3 anni ancora. 

 

Champagne: Louis Roederer “Cristal” 2008

 AOC | Pinot Nero 63% – Chardonnay 37% | Extra Brut, 8 g/l | € 240

Da sapere.  Il Cristal è uno degli Champagne più famoso al mondo e da tempo berlo è considerato uno status symbol. Il 71% delle uve proviene da vigneti Grand Cru. Il 25% fermenta in legno.

La mia degustazione. Si presenta di un bel giallo paglierino cristallino con un perlage fine, numeroso e persistente. Al naso è meno intenso e meno complesso del precedente e prevalgono spiccate note citrine, che si intersecano a note più dolci di burro fuso, nocciola tostata, erba gatta e un leggero finale di pietra focaia. In bocca è molto più interessante, con una piacevole bolla croccante e un gusto citrino che gli conferisce grande beva pur tradendo tutta la sua gioventù. Lungo finale amaricante.

Le mie opinioni. Giovane, giovanissimo. Molto, forse un po’ troppo, citrino. Comunque se al naso non mi ha convinto del tutto, ha una bevibilità eccezionale! Da riassaggiare tra 4/5 anni!

Champagne: Bollinger “R.D.” 2002

 AOC, 71% Grand Cru | Pinot Nero 63% – Chardonnay 37% | Extra Brut | € 250

Da sapere. Questa Maison, fondata nel 1829, è famosa per avere come cantine un intreccio di cunicoli sotterranei che meritano di essere visitati! Il suo nome R.D. significa Récemment Dégorgé, e ogni bottiglia viene degorgiata al momento dell’uscita dalla cantina. Questa annata è importante anche per essere il 50esimo anniversario dalla sua fondazione.

La mia degustazione. Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con riflessi dorati. Il perlage è fine,  numeroso e persistente. Al naso è la materializzazione. del mio concetto di champagne, con quelle intense e complesse note ossidate di grande eleganza e finezza. Si riconoscono sentori di nocciola, crema pasticciera, zabaglione, viola, miele millefiori, pera candita, pane tostato poco imburrato che sfumano in un finale di sottobosco. In bocca entra morbido, con una bollicina cremosa, ma con una spiccata vena acida. Il finale, piuttosto sapido, è lunghissimo e lascia piacevoli sentori tostati.

Le mie opinioni Un prodotto semplicemente superlativo! Non è assolutamente paragonabile al Cristal, con cui condivide solo la stessa fascia di prezzo. Questo è assolutamente uno champagne da manuale, di quelli che piacciono a me!

 

 

Champagne: Salon “Le Mesnil” 2002

Grand Cru | Blanc de blancs | Brut | € 600

 

Da sapere. Questa straordinaria Maison produce una sola etichetta e solo quando l’annata è giusta. La prima annata prodotta è stata la 1905. Questa Maison lavora con i vigneron di una ventina di microparticelle di Chardonnay con piante di oltre 40 anni che le conferiscono uve di particolare pregio. Lo chef de cave Michel Fauconnet è lo stesso della Laurent-Perrier, ma qui le bottiglie prodotte non arrivano nemmeno a 60.000.

La mia degustazione. Si presenta di un bellissimo giallo paglierino intenso e brillante con riflessi oro. Il perlage è fine, numeroso e persistente. Al naso è elegante, con deliziose note di cioccolato bianco, vaniglia, menta, pepe rosa, fiori d’acacia. In bocca è intenso, freschissimo, perfettamente equilibrato e coerente, con una bollicina cremosa e avvolgente. Il finale è lunghissimo.

Le mie opinioni. Un prodotto meraviglioso, figlio di un’annata particolarmente straordinaria.

 

Champagne: Jacques Selosse “Les Lieux Dits – Les Carelles” 2002

Grand Cru | Blanc de blancs | Extra Brut | € 300

Da sapere. Nessuna uva conferita da altri vigneron: gli champagne firmati Jacques Selosse provengono solo dagli 8 ettari di vigneto di proprietà nei cru di Avize, Cramant, Oger, Le Mesnil-sur-Oger, Ay, Mareuil-sur-Aÿ e Ambonnay. L’annata 2002 è la prima in cui si abbandona la viticoltura biodinamica in funzione di una personalissima interpretazione della conduzione del vigneto. Le piante più antiche risalgono al 1922: si tratta di vigne di chardonnay quasi centenarie! 😍 La collezione Lieux Dits comprende 6 cuvée ottenute da 6 diverse particelle che ci fanno assaporare l’espressione del territorio. In particolare Led Carelles proviene dal vigneto di  Le Mesnil-sur-Oger.

La mia degustazione. Si presenta di un bellissimo giallo dorato brillante con un perlage finissimo, numeroso e persistente. Al naso è particolarissimo ed elegante, con un’intensissima nota di zabaione, mandorle, pistacchi, ostrica, cioccolato crudo. In bocca è coerente, ampio, con un perlage cremoso e avvolgente. La sua grandissima spalla acida mi lascia intuire che ha un ottimo potenziale d’invecchiamento. Finale lunghissimo.

Le mie opinioni. Di tutti è stato quello che più mi ha emozionato. L’ho trovato semplicemente perfetto nell’aderenza al mio gusto personale.

Champagne: Billecart-Salmon Le Clos Saint-Hilarie 1999

 AOC | Blanc de noirs | Brut | € 390

Da sapere. Nasce da vigneti condotti in modo convenzionale impiantati nella creta e in rocce calcaree porose, in un vigneto chiuso di un solo ettaro dove passano solo i cavalli da lavoro.  La vinificazione avviene in botti di rovere. Ogni bottiglia viene numerata a mano.

La mia degustazione. Si presenta di un bel colore oro antico, con un perlage molto fine e numeroso. Appena versato aveva un forte odore di broccolo, ma lasciato nel bicchiere è migliorato tantissimo. A distanza di una decina di minuti ik naso è intenso, particolare ma piacevole, forse un pelino stucchevole. Note di confettura di lamponi, anacardi, formaggio erborinato e pan brioche si intrecciano con un’espressione ruvida. In bocca entra molto sapido e aumenta la salivazione. La bollicina è fine. Fresco, mantiene il carattere ruvido riscontrato al naso. Comunque più piacevole da bere che da annusare. Lungo finale di fragole di bosco in confettura.

Le mie opinioni. Un prodotto che non mi ha fatto impazzire, ma probabilmente ha solo bisogno di tempo. Per chi ama gli eccessi, anche nelle bolle.

 

Champagne: Dom Perignon Œnothèque 1996

 Brut | € 450

Da sapere. Si può definire una bottiglia rara, anche perché oggi la linea Œnothèque è stata sostituita dalla linea P2. Non è la quintessenza della linea in quanto la bottiglia ha le scritte argento e non oro (tra le due c’è una sostanziale differenza di prezzo, diciamo di quasi il doppio!). La differenza? A Champagne la Œnothèque è la parte di cantina dove riposano i vecchi millesimi… e tra questa bottiglia e quella col fregio dorato ci sono circa 20 anni di affinamento! Nel nostro caso questa bottiglia si è fatta circa 7 anni sui lieviti come accade per i Dom Pérignon Vintage, poi viene lasciato il tappo a corona e tappata. col sughero e affina ancora circa 7 anni. A questo punto si procede con un degorgement manuale e un dosaggio in realtà extra brut. 

La mia degustazione. Si presenta di un bel giallo paglierino chiaro con un perlage finissimo e numeroso. Già il colore ci lascia intuire che ha un grande potenziale di invecchiamento: è il colore di uno champagne bambino! Il naso è delicato e complesso, con note di nocciola, cumino, cioccolato al latte, pane tostato con un velo di burro appena scaldato, rosa essiccata e maracuja. In bocca entra citrino e iodato, ben dosato, equilibrato tra morbidezze e durezze, molto fresco e con un delizioso e lungo finale di buccia di arancia candita.

Le mie opinioni. Un prodotto capace di incantare anche il più scettico nei confronti di questa Maison di Champagne! Assaggiato a metà agosto, ho trovato questa bottiglia ancora migliore e con tantissime potenzialità di evoluzione in più. Merito sicuramente della conservazione, più idonea della mia che, ahimè, ha vissuto qualche trasloco!

Champagne: Krug Collection 1990

 AOC | Pinot Nero 40% – Chardonnay 37% – Pinot Meunier 23%  | Brut | € 900

Da sapere. Questa bottiglia è figlia di un’annata con un clima complesso: prima un inverno particolarmente mite, poiuna primavera ricca di gelate e infine un’estate calda e soleggiata. 

La mia degustazione. Si presenta di uno stupendo giallo oro intenso con un bellissimo viraggio oro antico. Al naso è intenso ed elegantissimo, con quei deliziosi sentori evoluti e ossidati che tanto amo. Si riconoscono frutta secca, fragole in confettura, nocciola e noce moscata, caffè, cedro candito, miele. In bocca entra pieno, ampio, vellutato e ancora freschissimo. La bollicina è cremosissima. Il finale, di burro aromatizzato con scorze d’arancia, è lungo e avvolgente.

Le mie opinioni. Che champagne meraviglioso! Sicuramente il clima ha influito nella struttura e nei profumi di questa cuvée che, per me, ha un potenziale di evoluzione inferiore di altre. Da un punto di vista di perfezione sicuramente il migliore, ma a me Selosse continua a raccontarmi qualcosa di più, lo trovo assolutamente più interessante. Ma ne berrei un altro bicchiere ora, per sfatare quello che ho appena detto… 😍

All’appello manca solo il Krug 1996 che purtroppo era da buttare a causa di un sentore fungino che era sgradito tanto al naso quanto in bocca. Un peccato versare nella sputacchiera una bottiglia così, ma sarebbe stato ancora peggio berla! 😅

 

Non abbiamo bevuto solo Champagne… ma dato che ho in progetto un articolo didattico sulla Borgogna dei 2 “bambini rossi” te ne parlerò presto!

 

In breve è stata una degustazione di Champagne davvero speciale… che mi ha fatto innamorare perdutamente di Selosse tanto che spero di andare in Francia presto ad approfondire questa realtà. Tu hai mai bevuto qualcuna di queste bottiglie? Cosa ne pensi? Ti invito a lasciarmi un commento sul blog per confrontarci insieme!

 

Cheers 🥂

 

Chiara

 

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Stelle & Calici: vini liguri e prodotti locali con lo Chef Gian Piero Vivalda

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Sembra ieri che sono stata per la prima volta in Liguria… invece sono già passati più di 4 mesi e sono successe tantissime cose. Ho conosciuto tante persone meravigliose che ruotano attorno al mondo di Stelle & Calici e, in particolare, a Vite in Riviera [in foto il simpaticissimo gestore Gianni Boffredo, attendo che si stampa anche questo articolo dato che ho scelto proprio la nostra foto come copertina!]. Ho avuto l’occasione di assaggiare tanti prodotti liguri eccellenti, spesso anche Presidi Slow Food. Ho conosciuto cantine nuove e avuto nuove conferme da cantine che già conoscevo perché mi avevano mandato i campioni dei loro vini nell’ultimo anno. Ho avuto modo di conoscere nuovi amici e riabbracciarne di “vecchi”. Ma soprattutto ho avuto l’opportunità di scoprire la cucina stellata di 3 chef Michelin… e questa sera è il turno di Gian Piero Vivalda! 😍

Stelle & Calici è una bellissima idea della rete d’imprese “Vite in Riviera“. Nata nel 2015, raggruppa 25 aziende vitivinicole e olivicole della Riviera di Ponente, rendendole più forti e competitive nella penetrazione del mercato ed è una realtà unica nella regione Liguria (e non solo lì!). Stelle & Calici è un viaggio gourmet tra i sapori della Liguria che si articola in 4 cene dove le eccellenze gastronomiche regionali di stagione e i presidi Slow Food sono interpretati da 4 chef stellati Michelin “fuori sede” e abbinati a vini DOP e IGP della Riviera di Ponente. E già così, non ti solletica l’idea di partecipare all’ultima tappa? Ci facciamo un bel brindisi insieme con lo spumante Piganò dei Viticoltori Ingauni😍

Stupenda questa foto di Eunice Brovida che ritrae, da sinistra, lo Chef Gian Piero Vivalda, Massimo Enrico (presidente di Vite in Riviera) e lo Chef Fabrizio Barontini.

Vite in Riviera, Stelle e Calici – Il viaggio

Solo per questa volta sono andata in Liguria in treno… urgeva il servizio taxi di Morris nella sua bellissima Fiat 500 gialla! Durante il viaggio ci siamo divertiti a creare una serie di storie su Instagram… le hai viste?

Che bella la linea ferroviaria che costeggia il. Mar Ligure! Un piacere percorrerla in una bellissima giornata di sole! Anche se per arrivarci è stata lunga, molto lunga… Per fortuna abbiamo fatto una tappa all’agriturismo BioVio prima della cena per una ristoratrice merenda a base di torta di nocciole e caffè. Poi una bella doccia… e via all’aperitivo preparato dallo chef Fabrizio Barontini!😋

Vite in Riviera, Stelle e Calici – Chef Gian Piero Vivalda

Ma chi è lo Chef Gian Piero Vivalda, che ha conquistato la seconda stella Michelin nel suo ristorante Antica Corona Reale a Cervere, in provincia di Cuneo?

Storico indirizzo Relais&Chateaux tra Langhe e Monviso che nel 2016 ha celebrato il suo duecentesimo anniversario, il ristorante gestito da cinque generazioni  dalla famiglia Vivalda nasce come cascina, per ottenere – poi – con il nuovo millennio i riconoscimenti culinari che tutti conoscono. Lo chef-patron Gian Piero, con trascorsi da Georges Blanc e Alain Ducasse, dà vita a dei menu vocati all’eccellenza, proponendo una cucina colorata, profumata, trasparente e contraddistinta da esecuzioni di alto livello. La maison diventa presto un riferimento per gourmet italiani ed internazionali, ma anche per numerose aziende legate al territorio che gli forniscono capponi, faraone, vitelli, peperoni di Carmagnola, funghi porcini, e tanto ancora. [Ispettore Guida Michelin]

Vite in Riviera, Stelle e Calici – Il menu del 28 febbraio/1 marzo

Ho trovato questo menù il più ben riuscito da un punto di vista della sua architettura. Leggendo i piatti si intrecciano ingredienti liguri e preparazioni piemontesi... e subito mi è caduto l’occhio sulla finanziera, che amo follemente!

Il carciofo Spinoso d’Albenga, conosciuto anche come Violetto d’Albenga, è un delizioso carciofo che ha la caratteristica di essere particolarmente tenero e di avere una spiccata tendenza dolce. I gamberi rossi di Oneglia sono deliziosi soprattutto crudi… e succhiare la testa dai riflessi violacei per me è un’esperienza unica! Le olive taggiasche credo siano uno degli ingredienti liguri più famosi… impossibile non amarle! Il tartufo nero della Val Pennavaire è un’altra eccellenza di confine tra la Liguria e il Piemonte. Il coniglio grigio di Carmagnola è una razza tradizionale piemontese che deve il suo colore grazie al suo parente cincillà di taglia media. Ha ottima resa, con tanti muscoli e carni tenere e poco stoppose. Il capretto di Roccaverano è un altro delizioso ingrediente piemontese della zona delle Langhe. Il chinotto di Savona è un Presidio Slow Food che consumerei ogni ora del giorno! Un tempo i chinotti si candivano con un procedimento lungo e laborioso che partiva dall’acqua di mare, dove erano immersi per diverse settimane.   Storicamente i chinotti nel maraschino erano considerati un delizioso digestivo che trovava posto sui banchi di bar italiani e francesi. Perché ora non si usa più???

Vite in Riviera, Stelle e Calici – L’aperitivo dello Chef Fabrizio Barontini

Sicuramente è stata la performance migliore tra tutti gli aperitivi di Stelle & Calici. Era tutto delizioso e non saprei indicarti cosa ho gradito maggiormente. Forse il baccalà? Forse i paninetti con i mini hamburger di ceci e la salsa di cipolle rosse caramellate? Bellissima poi l’idea di valorizzare tutto con i fiori eduli, che non danno solo colore ma anche sapore… Lenticchia Carciofi e Begonia – Piselli, Caviale del Centa – Oliva Pomodoro e Agerato celestino, Polenta Baccalà e Viola – Ceci Seppie nasturzio.

Certo è che lo spumante Piganò dei Viticoltori Ingauni si è abbinato benissimo a tutti… sgrassando alla perfezione e valorizzando i gusti delicati elaborati dallo chef. Giallo paglierino, perlage fine e numeroso, con note di cedro e mango al naso e un gusto sapido e molto fresco.

Chef Gian Piero Vivalda – l’antipasto: Martini di seppie del Golfo Ligure, carciofi Spina d’Albenga e Gamberi rossi di Oneglia

La seppia è lavorata ad arte… e non è per niente scontato neanche per uno chef del livello di Vivalda. I carciofi fritti sono perfetti e deliziosi. La purea di carciofo amalgama i sapori… buonissima. I gamberi rossi di Oneglia li avrei tanto tanto voluti crudi… anche se capisco che non è facile inserire un crudo in un menu per così tante persone perché non a tutti piace. In abbinamento due vini Pigato RLP DOC 2017: Torre Pernice (di cui ti ho già parlato nel mio scorso articolo che ti invito a leggere QUI) e Cantine Calleri. Si presenta giallo paglierino cristallino e consistente. Al naso è molto citrino, iodato e salmastro, con piacevoli note di idrocarburi ed erbe aromatiche. In bocca ha una pseudocalorica presente, ma è comunque fresco, piacevolmente grasso e lungo.

Chef Gian Piero Vivalda – il primo: Ravioli del plin di coniglio grigio, carciofo Spina d’Albenga e tartufo nero della Val Pennavaire

In assoluto il piatto più riuscito della serata… e direi il primo più riuscito di tutte le serate Stelle & Calici fino ad oggi! La consistenza della pasta è perfetta, il gusto del ripieno è libidinoso, la purea di carciofi (la stessa dell’antipasto secondo me) è sempre divina… e il tartufo è lavorato in modo piacevolissimo. Tutti i sapori sono nitidi e molto equilibrati. In abbinamento due vini Rossese di Dolceacqua DOC. Ramoino ha un naso particolarmente interessante, intenso e speziato, con note di mirtilli, cacao, polvere di caffè. In bocca è ancora intenso, morbido, elegante e freschissimo… nel complesso molto equilibrato. Ha un finale un po’ ruvido (il tannino deve ancora arrotondarsi) piuttosto lungo. Foresti è completamente diverso, già dal colore che vira di più sul granato. Sicuramente figlio di una vendemmia leggermente posticipata rispetto al primo, ha un olfatto più ampio in cui alle note tostate e speziate si affiancano quelle di rosa essiccata, cuoio, ciliegia sotto spirito e frutta rossa in confettura. In bocca è molto morbido ma comunque fresco, con un bel tannino e un finale piacevolissimo.

Chef Gian Piero Vivalda – il secondo: Capretto di Roccaverano allo spiedo d’ulivo, caponata d’inverno alle olive taggiasche e la sua finanziera

Ah, quanto amo la finanziera… e questa è senza dubbio la più buona che ho mai mangiato! Avrei leccato il fondo della pentola per almeno un’ora in un modo che neanche il mio volpino sarebbe riuscito! Discretamente tenero anche il capretto e deliziosa la sua versione “dorata”. In abbinamento abbiamo due vini  Granaccia RLP DOC 2015 molto diversi tra loro. Shalok di Cantina Poggio dei Gorleri si presenta di un rosso rubino profondo e impenetrabile. Roteando il bicchiere forma archetti regolari e ravvicinatissimi che tradiscono il suo tenore alcolico elevato. Al naso si intrecciano note di inchiostro, sottobosco e marasca sotto spirito. In bocca è rotondo, maturo, con note di frutta in confettura, spezie dolci. Un po’ sbilanciata la pseudocalorica e un tannino ancora un po’ aggressivo… ma comunque molto fresco e con un finale lunghissimo che vira al cacao. In bocca ha bisogno di ancora qualche mese di bottiglia per esprimersi al meglio. La granaccia di Innocenzo Turco è completamente diversa… l’avevo già assaggiata tra i campioni che mi avevano invitato a portare a casa la prima volta! Si presenta di un bel rosso rubino semi trasparente con riflessi granati. Al naso confettura di fragole, lamponi freschi, pepe bianco, rosa canina, pappa reale, cannella e noce moscata. In bocca è spostato sulle durezze, molto sapido e con un tannino leggermente verde. Bella lunghezza finale.

Chef Gian Piero Vivalda – il dolce: Mousse di cioccolato bianco e chinotto di Savona

Che dolce straordinario! Chef Vivalda qui con me vince facile: mi drogo di cioccolato bianco quanto di chinotto di Savona… e se me li metti insieme godo in un modo indescrivibile! Buono, buonissimo! La gelatina di chinotto interna equilibrava con la sua tendenza amara la dolcezza del cioccolato bianco in maniera perfetta. In abbinamento il passito di Pigato 2010 de “La Vecchia Cantina” che ho trovato molto buono. Si presenta di un bel colore oro con riflessi ambra. Al naso note di zabaione, nocciola, caramello salato, noci di macadamia e pesca sciroppata. In bocca è così sapido da avere quasi una tendenza marsalata. Grande struttura e grande lunghezza finale. Abbinamento perfetto grazie proprio alla sua sapidità.

Vite in Riviera, Stelle e Calici – dopocena bolle ne abbiamo?

Vuoi non finire la cena con una bolla? Perfetta la scelta di Ramoino, con questo capolavoro de “La Vecchia Cantina” che non manca di farmi innamorare con il suo perlage cremosissimo, i suoi profumi citrini e mentolati e il suo equilibrio gusto-olfattivo. Non conosco la sboccatura… forse un po’ recente, lo lascerei riposare ancora un po’.

Tempo di riflessioni, foto, saluti, abbracci… dopo una cena di gran livello dove abbiamo mangiato divinamente e bevuto meglio. Il livello dei vini è stato molto alto, non ho trovato note stonate… e fatico a dirti quale mi è piaciuto di più. Gli abbinamenti sono stati tutti ben costruiti, con l’eccellenza sfiorata dai due Rossese di Dolceacqua con i ravioli del plin.

Curatissimo il servizio dei ragazzi dell’Alberghiero Migliorini di Finale Ligure, che hanno soddisfatto ogni mia bizzarra richiesta sul servizio, sulle sputacchiere e sulle bottiglie.

Questa volta era il turno dei sommelier della FISAR per il servizio in sala e devo dire che sono stati bravissimi e professionali anche se nelle spiegazioni dei vini sarò sincera… la mancanza del delegato AIS di Imperia Augusto Manfredi io l’ho sentita tanto, tanto, tanto!

Vite in Riviera, Stelle e Calici – uno spritz per salutarci!

Sarà che ormai ci vediamo spesso, con chi più e chi meno, ma è sempre un piacere condividere queste belle esperienze con voi! Con i tre bravissimi instagrammers Adriano Amoretti, Matteo Franco e John Murnarne di @cantinasocial e con i miei cari colleghi blogger Patrizio Busa (tanninisetosi.it) e Morris Lazzoni (vinoperpassione.it), il tempo non basta mai (e nemmeno da bere…). Ed eccoci quindi qui a fare l’ultimo brindisi prima di andare a dormire, questa volta a base di spritz preparato nell’unico bar di Ortovero aperto dopo una certa ora! Il barista mi ha guardato come un animale raro quando ho chiesto un Hugo… 

Alla faccia di chi si fa le guerre e di chi non ha niente di meglio da fare di criticarsi… noi continuiamo a volerci bene… cheers! 🥂😍

Se non mi venite a trovare prima nel mio adorato laghetto… appuntamento al 29 marzo per l’ultima tappa di Stelle & Calici con lo Chef Marco Sacco (**Michelin).

Mi è dispiaciuto anche non salutare il mio vicino di tavolo e la sua dolce metà in dolce attesa… un fenomeno di 24 anni che non conoscevo ma spero di rincontrare! Mi sono affascinata ormai alla loro storia d’amore… che bellini!! In bocca al lupo ragazzi!

Vite in Riviera, Stelle e Calici – ritorno al BioVio

Tornare all’agriturismo BioVio è stato bellissimo. Sia chiaro, anche al Torre Pernice per la seconda tappa mi sono trovata davvero benissimo… ma com’è che si dice? Il primo amore non si scorda mai! E nemmeno l’ospitalità di Chiara o le torte di sua figlia Carolina! A proposito… la torta alle nocciole del Piemonte con cui mi ha dato il benvenuto era a dir poco strepitosa… mi daresti la ricetta? 😍 Questa volta ero in una stanza diversa dalla prima, al primo piano… davvero gigante e bellissima, quasi più grande del mio appartamento (beh il soggiorno sicuramente più grande😁)! Le stanze hanno un comodissimo ascensore che entra direttamente in camera, e da come puoi vedere nelle foto è stato fatto un lavoro di riqualificazione eccezionale!

Insomma, anche la terza tappa del viaggio Stelle & Calici organizzato da Vite in Riviera è stata un’esperienza stupenda… non vedo l’ora che sia il 29 marzo per l’ultima tappa… anche se mi mancheranno questi soggiorni liguri! Sarà il caso di organizzare ancora qualcosa di magico in Riviera? A proposito, ho deciso che stilerò “il menù perfetto” con i 4 piatti migliori di ogni serata… e anche con i 4 vini perfetti in abbinamento!

Per ora ti svelo quella che è la mia personale classifica dei piatti migliori, ovvero il mio “menù combinato” costruito con un piatto di ogni chef secondo il mio personale indice di gradimento:

Stelle & Calici, tappa 3 – primo

Chef Gian Piero Vivalda

“Ravioli al plin di Coniglio Grigio, Carciofo spina d’Albenga e Tartufo Nero della Val Pennavaire”

Stelle & Calici, tappa 2 – secondo

Chef Igles Corelli

“Stinco e Pancia di Cabannina a maturazione spinta© alle Visciole selvatiche e morbido di Sedano Rapa”

Stelle & Calici, tappa 1 – primo

Chef Tommaso Arrigoni

“Crostata, crema di Limone, pera, cioccolato e cialda al cappero”

Sarà davvero l’antipasto il piatto della serata della quarta tappa?

Riuscirà lo Chef Marco Sacco del Ristorante Il Piccolo Lago (2 stelle Michelin) a confermare la mia idea di “menu combinato” perfetto?? 😋

Te lo racconto dopo il 29 marzo! Mi raccomando, ricordati di prenotare perchè i posti sono limitatissimi e la serata del 28 marzo è già sold out!

Hai mai degustato qualcuno di questi vini liguri? Hai mai assaggiato la cucina di uno di questi chef? Scrivimi in un commento qui sotto cosa ne pensi!

Cheers ❤🍷

Chiara

 

P.S. Morris, ma tu ti ricordi che cappero avevamo da ridere così?? Forse lo hai scritto nel tuo articolo su Vino per Passione… quindi se vi fa piacere andate subito a leggerlo cliccando QUI.

P.P.S. Per le foto più belle, ovvero quelle senza il mio onnipresente logo, si ringrazia la fotografa Eunice Brovida. Per tutte le altre foto si ringrazia Sony Italia e UniversoFoto.it per avermi fornito il mio adorato gioiellino di macchina fotografica professionale compatta: la mitica Sony RX100M4!

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Torta pere e Philadelphia: la mia ricetta e… che vino ci abbini tu?

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In questa bellissima domenica di inizio primavera, voglio circondarmi del profumo delle cose buone. Per me niente è più delizioso di una fetta di torta fatta in casa da condividere con chi ami, durante quattro chiacchiere, un caffè e un abbraccio. Ebbene sì, anche io sono umana e non bevo solo vino… però ti confesso che ho pensato al vino da abbinare a questa torta ancora prima che la torta uscisse dal forno! Ricapitolando, perché non creare una bella ricetta “svuota frigo”? (e non svuotarci solo il frigo?) Ho due pere molto mature che non mangerei più perché non amo la frutta matura e ho 2 uova e una vaschetta di Philadelphia che scadono la prossima settima e, conoscendomi, sicuro che le dimentico in frigo… apro la dispensa e… ok, direi che gli ingredienti per la torta pere e Philadelphia ci sono tutti!😋

Visto che sono le 12:30 e la torta è in forno, posso approfittarne e farmi due bruschette con il Philadelphia avanzato e i pomodorini secchi… ho anche 5 diversi tipi di basilico da metterci sopra che ho giusto comprato da Bulzaga (se non vivi in Romagna so che non puoi capire… ma è il mio luogo della perdizione… tipo il Flover di Bussolengo solo che dentro ci trovo pure gli spaghetti monograno Felicetti Riserva Valentino!) la scorsa settimana… che magia la natura!

Se vuoi avere delle erbe aromatiche rigogliose e meravigliose, col lusso di potertele “dimenticare” anche quando vai in ferie d’estate, ti consiglio di esporle ad ovest sotto un portico come ho fatto io, ma soprattutto di utilizzare un vaso per la coltivazione idroponica. In pratica è un vaso con riserva d’acqua e un galleggiante che ti segnala quando il livello dell’acqua è basso. Non si può decidere in modo arbitrario di innaffiare: ogni giorno il clima è diverso, soprattutto in primavera. Bagnare 1 volta al giorno o a settimana è sempre sbagliato. Con questo metodo la terra assorbe solo l’acqua di cui ha bisogno e tu devi solo ricordarti di dare uno sguardo al galleggiante ogni tanto: quando sta per raggiungere il minimo riempi il vaso! Ecco il link del mio vaso Lechuza comprato su Amazon a luglio scorso!

Per fare questa torta come sempre ho avuto una fedelissima aiutante: la mia Kenwood Chef, che utilizzo ininterrottamente da quasi 4 anni! Se stai cercando un’impastatrice di ottima qualità ti consiglio di approfittare subito di questa offerta Amazon cliccando QUI: oggi la puoi comprare a 229 € invece di 400 €!

Torta pere e Philadelphia: Ingredienti per uno stampo a cerniera da 22 cm

  • 2 uova intere a pasta gialla
  • 100 g di zucchero di canna
  • 120 g di Philadelphia
  • 90 g di olio extra vergine di oliva (scegli un olio delicato)
  • 200 g di farina 00
  • 1 bustina di lievito vanigliato
  • 2 grosse pere williams o meglio “regina” (le mie pesavano circa 400 g)
  • Il succo di mezzo limone
  • Un pizzico di sale fino
  • Cacao amaro per spolverare (a piacere)

Torta pere e Philadelphia: Preparazione

  1. Monta le 2 uova con lo zucchero fino ad ottenere un impasto chiaro e spumoso.
  2. Aggiungi il Philadelphia e continua a montare.
  3. Aggiungi l’olio a filo come se stessi preparando una maionese, aspetta che sia assorbita la quantità prima di aggiungerne dell’altra.
  4. Aggiungi un pizzico di sale fino, ma proprio un pizzico…
  5. Setaccia la farina e il lievito e aggiungile al composto. Continua a montare alla stessa velocità.
  6. Sbuccia le pere, togli il torso e tagliale a rondelle, poi mettile in una ciotola col succo di mezzo limone.
  7. Quando l’impasto è pronto versa le pere e mescola bene con una spatola.
  8. Prendi lo stampo a cerniera e metti sulla base la carta forno, poi imburra i lati e versa il composto.
  9. Metti in forno statico preriscaldato a 180°C per circa 40 minuti. Nota, il tempo varia da forno a forno, pertanto ti consiglio di fare la prova dello stecchino dopo 30 minuti e regolarti in base a come lo estrai… però ricorda, essendoci le pere non sarà mai completamente asciutto…
  10. Lascia raffreddare un paio di minuti, poi apri lo stampo e mettila a raffreddare in una griglia. A piacere puoi spolverarla con un cucchiaio di cacao amaro setacciato… 

Stai molto molto attento quando metti il composto nello stampo a fare una base di impasto e mettere le pere al centro per evitare che la torta si rompa! E stai ancora molto attento quando la trasferisci nella griglia… è fragile come un calice di cristallo, ma  è deliziosa e soffice come una nuvola! 😍

E ora il mio momento preferito: parliamo dell’abbinamento cibo-vino! Che vino ci abbiniamo con questa deliziosa torta? Prova un passito di Pigato come questo di Torre Pernice! Ne ho scoperti di fantastici durante le mie escursioni a Ortovero, all’enoteca regionale della Liguria, grazie a “Vite in Riviera“, per la serie di eventi “Stelle & Calici”. A proposito, giovedì e venerdì è l’ultima tappa con lo Chef Marco Sacco del Ristorante “Il piccolo lago”, 2 stelle Michelin. Hai già prenotato il tuo posto?

E tu che vini ci abbineresti a questa torta deliziosa? Scrivimelo in un commento!

Ti auguro una splendida domenica,🍷

Cheers,

Chiara

 

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Vinitaly 2019: 72 assaggi che non puoi perderti

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Ormai per me regalarti questa mappa dei miei assaggi per il Vinitaly è una tradizione che sono felice di rispettare anche quest’anno! Ho scelto 72 assaggi che non puoi assolutamente perderti tenendo i vini di tutte le tipologie che più mi sono piaciuti. Poi ho creato questa “Infografica” con la mappa degli assaggi del Vinitaly 2019 con l’obiettivo di darti uno strumento facile, che puoi stampare a casa tua, piegare in 4 parti e portare con te ovunque andrai! Sei contento? 🙂 Sì lo so che sono in ritardassimo quest’anno… infatti sono le 11:30 di domenica mattina e sto partendo ora per il Verona! Anzi, a dir la verità sono ancora in pigiama… ma tra poco parto sul serio! 

Se vuoi fare un brindisi con me al Vinitaly ci vediamo in giro… lasciami un commento qui sotto per metterci d’accordo su dove e come! Girerò come una trottola per tutto il Vinitaly, ma ho base in Emilia-Romagna allo stand di Valtidone (Padiglione 1, Stand A13) quindi ci sono grosse probabilità che ci vediamo là ad apertura o a chiusura del Vinitaly nelle varie giornate, tranne mercoledì che sono in partenza per Champagne all’alba (quindi se vuoi un brindisi ce lo facciamo a Linate, ma con il cappuccino…)! Sicuramente ci sarò martedì ora di pranzo con Morris Lazzoni di Vino per Passione e tanti altri amici influencer, per gustarmi le mitiche tagliatelle al Ragù della Danila Ratti del Ristorante “Le Proposte” di Fraz. Corano, Borgonovo Valtidone (PC).

Un abbraccio e buon Vinitaly 2019😍🍷

Chiara

P.S. Per le informazioni logistiche per la tua visita a Vinitaly 2018 ti consiglio di consultare questo link con le informazioni per i visitatori del sito ufficiale!

Solo per i giorni del Vinitaly 2019 puoi comprare le ultime 20 copie della prima edizione del mio nuovo Best Seller “Come diventare sommelier” con uno sconto pazzesco: lo paghi solo 25 € a copia! Utilizza il codice coupon VNTL19 nella pagina della cassa dopo aver cliccato su “Compralo subito” QUI.

A maggio Stay Tuned con la seconda edizione illustrata: farla per voi sarà il mio auto-regalo di compleanno!

Cheers 😍

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Champagne Laurent-Perrier: Reportage di un amore

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Reportage di un amore perché non ero mai stata in Champagne, pur adorandolo. Ammetto che non berrei altro, a tutte le ore del giorno. Champagne, champagne e ancora champagne: lo champagne è capace di trasformare un momento qualunque in un’occasione speciale! Poi sai che sono per la valorizzazione delle chicche tra gli spumanti italiani, ma questa è un’altra storia… 😋 Quando Valentina Brivio dell’agenzia Guardans Cambò di Milano mi ha invitato a passare due giorni in Champagne, a Reims in un viaggio organizzato per scoprire la storica azienda Laurent-Perrier sono stata davvero felice di questa bellissima opportunità! Lo ammetto, pur essendo un’accanita degustatrice di Champagne non ero mai stata in questa parte di Francia… anche se qualcosa bolle in pentola!! 🤩🤫 In questo viaggio poi ho avuto la fortuna di compagni d’avventura simpaticissimi e molto preparati:

  • Bruno Petronilli, Giornalista e Direttore Responsabile di James Magazine (che non vedo l’ora di andare a trovare in Umbria);
  • Nicola di Molfetta, Giornalista Editor in Chief di LC Publishing Group, tra cui Food Community;
  • Leila Salimbeni, Autore di Passione Gourmet;
  • Anna Prandoni, Giornalista e Direttore Responsabile di Panino Italiano, Direttore Grande Cucina di Italian Gourmet;
  • Paolo Pittaluga, Giornalista di Avvenire;
  • Mariella Tanzarella, Giornalista di la Repubblica nell’area Spettacoli da oltre 30 anni con anche una sua rubrica di enogastronomia;

E naturalmente Valentina Brivio e la sua boss Isabel Guardans che da oltre 20 anni si occupa delle pubbliche relazioni di aziende importantissime sia in Italia sia all’estero! Preziosa la presenza anche di Silvia Cremonini, Responsabile Trade Marketing di Laurent-Perrier nella sua nuova filiale di Bologna. E infine grazie a Nicole Snozzi, Ambassadeur de la Marque di Laurent-Perrier per averci accompagnato in questo viaggio raccontandoci il mondo che lei stessa rappresenta. 

Finite le presentazioni direi che possiamo immergerci in questo straordinario reportage fotografico di Reims e soprattutto dell’azienda Laurent-Perrier! 🤩 

Atterrati all’aeroporto di Paris-Charles de Gaulle siamo partiti subito a fare le cose in grande: sul grosso pulmann incredibilmente guidato da una bella autista (non so te ma io di autiste di pullman non ne avevo mai viste…) ci aspettava una Silvia Cremonini organizzatissima con lo Champagne Laurent-Perrier in fresco e dei fingerfood semplicemente deliziosi! Reims dista poco più di un’ora dall’aeroporto, ma fatto così il viaggio è davvero piacevole! 

Se non l’hai ancora visto sopra ti ho condiso il video tratto dalla storia che ho fatto su Instagram… peccato solo la giornata parecchio uggiosa! 🤭 Comunque le foto sono venute belle e a Reims c’erano delle fioriture davvero spettacolari! Reims, insieme a Épernay, è il cuore pulsante dello Champagne, una città di circa 185.000 abitanti nella regione del Grand Est. Abbiamo soggiornato all’Hotel Continental, delizioso sia nelle stanze sia negli spazi comuni, a due passi dalla stazione e nel pieno centro di Reims. Ah e poi mi sono innamorata della doccia della mia stanza, credo di esserci stata almeno un’ora… aggettivi come “gigante” e “divina” è sminuirla!

Dopo un’oretta di riposo -leggi lavaggio, trucco e parrucco- abbiamo fatto una bella passeggiata! La Cattedrale di Reims merita di essere vista anche solo per le splendide vetrate blu della cappella assiale dipinte a metà degli anni ’70 dal celebre pittore russo Marc Chagall

“Se ogni vita corre inevitabilmente verso la fine, dobbiamo, durante la nostra, colorarla di amore e di speranza”.  Marc Chagall

Da appassionata di Storia dell’Architettura, sono stata davvero felice di visitare una delle più belle manifestazioni dello stile Gotico: la Cattedrale Notre-Dame di Reims. Sorge sui resti delle terme gallo-romane Durocortorum (il nome romano della città di Reims) ed è rimasta incompiuta rispetto il progetto originale. Fu consacrata nel 401 dal vescovo San Nicasio, e a partire dal 987, con l’inizio della dinastia dei Capetingi dal Conte di Parigi Ugo Capeto, furono incoronati tutti i re di Francia fino al 1825 con l’ultima incoronazione di Carlo X, l’ultimo re di Francia.

Insomma un gran bel pomeriggio a spasso per questa città elegante che profuma di bellezza e pulizia. Pomeriggio terminato nel mio “paese dei balocchi”: un delizioso negozietto proprio dinanzi all’hotel dove vendevano solo sigari, rum e cioccolata… per la gioia del mio fidanzato ho trovato un sigaro del Nicaragua Vintage 1997 davvero delizioso! 

Si è fatta l’ora dell’aperitivo ed eccoci di nuovo nel bar dell’Hotel Continental dove ci hanno servito uno champagne Laurent-Perrier 2002 che mi ha letteralmente conquistata! Peccato l’abbinamento dell’aperitivo non azzeccato come quello della bravissima Silvia: una ciotola con all’interno un qualcosa che ricorda la salsa greca di yogurt e cetrioli, ma ancora più acida, e del pane “bruciacchiato”: signori, ecco come vi ammazziamo un vino come si deve… 🤭 diciamo pure che l’abbinamento cibo-vino non è il forte dei baristi dell’hotel! 🤧

Champagne Laurent-Perrier Brut, bottiglia Magnum, Vintage 2002

55% chardonnay, 45% pinot noir | 12% vol | sboccato il quarto trimestre del 2011

Si presenta di un bel colore giallo paglierino intenso e brillante con un perlage fine e numeroso. Al naso sento note mature e piacevolmente ossidate, tra cui riconosco la crosta di pane molto tostata, il burro fuso, il rum al miele, il cioccolato fondente, il pepe bianco, i biscotti canestrelli e il salgemma. Il finale è leggermente tufaceo. In bocca è croccante, cremoso e ancora piuttosto fresco. Lodevoli la struttura e la grande eleganza. Lungo finale di nocciole tostate. 

Il problema di quando parti con una bottiglia di questo livello è che tornare indietro è dura… molto dura! Così a cena abbiamo continuato sulla stessa strada, peccato solo non aver provato anche il demi-sec, sul quale è partito un comizio che “le elezioni scansati proprio!” Siamo stati nel ristorante “Au Petit Comptoir”, in centro a Reims dove ci è stato servito un menu, a scelta tra carne e pesce, che non mi ha entusiasmato… per fortuna ci siamo rifatti con il pranzo sublime del giorno dopo! 😍 Il foie gras -che adoro- non era niente di speciale, e il pollo insomma… discreti invece i formaggi e il tortino al cioccolato. Poi certo hanno una formula di menu molto conveniente, ma non mi sento di consigliarlo!

Champagne Laurent-Perrier Brut, bottiglia standard, Vintage 2006

55% chardonnay, 45% pinot noir | 12% vol | sboccato il quarto trimestre del 2011

Si presenta di un bel colore giallo paglierino brillante con delicati riflessi oro e un perlage molto fine e molto numeroso. Il naso è particolarmente elegante e fine, con note di burro, marmellata di limone, cioccolato bianco, pan brioche e pera candita. In bocca entra croccante, freschissimo, con una grande spalla acida e una grande struttura. Lungo finale agrumato.

Nel complesso l’ho visto molto più indietro della 2002. Certo 4 anni sono 4 anni, ma mi ha dato l’impressione di avere una vita davvero lunga davanti. Probabilmente il 2002 ora è al suo apice e vicino a cominciare la sua fase calante. Sono convinta che questo 2006 tra 4 anni non sarà ancora all’apice, specie poi se consideriamo che parliamo di una bottiglia magnum nel 2002 e di una bottiglia standard nel 2006! Ho avuto anche la sensazione che l’annata 2002 sia stata ben più calda e mite della 2006, ma in realtà non lo so quindi se lo sai e me lo scrivi in un commento ti ringrazio!

Comunque abbiamo passato una piacevole serata, terminata con un eccellente riposo in hotel che ci voleva proprio! La mattina ho fatto una deliziosa colazione a buffet allestita in vari punti del bar ed era tutto delizioso! Ho mangiato burro leggermente salato e salmone affumicato con un pane ai semi pazzesco!

Champagne Laurent-Perrier: la visita in azienda

La nostra autista ci ha portato all’azienda a Tours-sur-Marne, in un tragitto che ci ha fatto scoprire, seppur di passaggio, scorci davvero meravigliosi. La cantina è davvero bellissima, soprattutto al suo interno! Direi che se vai in Champagne merita assolutamente una visita, anche solo per ammirarne l’assoluta magia.

Questo corridoio di botti di cemento, che culmina in una sala degustazioni “per le personalità di spicco” e/o le grandi occasioni, è straordinaria. Ad ogni vasca è assegnata un Grand Cru o un Premier Cru di Champagne: camminando puoi leggere Ambonnay, Le Mesnil-sur-Oger o Tours-sur-Marne…

Le sale sono così pulite che ti chiedi quasi se qualcuno lì ci lavora o se è solo un museo… davvero complimenti!

La magia però arriva quando si raggiungono i caveau dove le bottiglie affinano sui lieviti… c’è da perdersi per queste gallerie custodi di tesori e illuminate in modo così sapiente! Ho scattato non so quante foto… e non me ne sarei più andata (anche perché qualcosa da sboccare lo trovavo…)! 🤫😁

Appena percettibile, è un fremito, un sopracciglio vibrante, lo sguardo che s’illumina, il cuore che sembra segnare il primo passo, mancare un battito, per poi tornare ancor più ad entusiasmarsi. Un uomo immerge il naso in un bicchiere. Fa ben più di questo. Uno schermo saturo di parole, di sensazioni, si apre in un angolo della sua memoria, uno spirito invisibile dispiega le note nella sua mente. L’uomo accenna un gesto, dà il “la” come un direttore d’orchestra. La sua orchestra, i suoi primi violini, i suo i legni, i suoi ottoni, le sue percussioni… sono vini, centinaia di vini, tutti nati da qualche parte, in uno di quei territori che conosce come le sue tasche. L’uomo li ascolta, uno dopo l’altro, percepisce ciò che vogliono dirgli, poi li mette in riga, armonizza questa cacofonia per comporre il suo gran tutto, una sinfonia, un assemblaggio.

Il talento della Champagne è proprio questo permanente miracolo: trascendere un suolo povero e un clima difficile grazie alla più pura delle effervescenze. Dalle profondità delle cantine champenoises, cattedrali nascoste sotto il gesso, uomini-ombra elevano i vini per far loro prendere il volo: le bollicine salgono alla superficie della terra per poi sprizzare verso il cielo, portatrici di infiniti messaggi: quelli dei vitigni, delle annate, delle varietà di suolo. In questa pratica Michel Fauconnet, chef de cave di Laurent-Perrier, eccelle. Al suo fianco abbiamo esplorato il tempo, fino alla genesi di Grand Siècle. Alla fune della giornata, il mistero dell’assemblaggio rimane impenetrabile. Il genio champenois è anche questo.

Orianne Nouailhac

Entrati nella bella sala degustazione ero piuttosto curiosa di assaggiare i vini, anche perché le premesse c’erano eccome! Ho molto apprezzato anche la scelta dei 4 vini da assaggiare, anche se avrei osato l’altro Champagne Rosé prodotto dalla Maison perché questo “base” ce lo avevano già fatto degustare la sera prima e ce ne hanno anche omaggiata una bottiglia! 

Pazzesco anche il fingerfood con la barbabietola scottata ripiena di foie gras!

E naturalmente come si evince dalla foto la mia immancabile Moleskine Wine Journal, mia fedelissima compagna di avventure in ogni degustazione. Curiosamente ne avevo finita un’altra e ho tentato di comprarla in stazione a Milano, se non erro mi hanno chiesto 29€. L’ho comprata su Amazon a 19€ spedizione gratuita… incredibile! (Eccoti il link per l’acquisto!)

Champagne Laurent-Perrier “Ultra Brut” [etichetta blu]   

Primo vino di champagne senza dosaggio, è elaborato esclusivamente a partire da un’annata selezionata per il suo equilibrio perfetto tra una bella maturità e una bassa acidità. La maison ci tiene a sottolineare che è il frutto di un assemblaggio specifico, e non è semplicemente “un brut non dosato” come si usa spesso anche in Italia. 

55% chardonnay, 45% pinot noir proveniente da 15 diversi Cru che variano in funzione delle caratteristiche dell’annata. L’invecchiamento ideale è di almeno 6 anni.

Si presenta di un colore giallo paglierino intenso e brillante. Il perlage, molto numeroso e abbastanza fine, forma una spuma evanescente. Al naso è delicato, elegante e abbastanza complesso. Riconosco note di burro, cedro, fiori d’acacia, miele di primavera e pesca bianca. Al palato entra cremoso e dotato di una grande spalla acida, con una bollicina che pizzica. Complessivamente è spostato sulle durezze. Abbastanza lungo. Sgrassa alla perfezione la mortadella, ma si presta per essere abbinato ai prodotti del mare: dai pesci grassi come il salmone ai crostacei, per la loro spiccata tendenza dolce.

Champagne Laurent-Perrier “La Cuvée” [etichetta bianca bordata di una cornice color oro]

Oltre il 50% chardonnay, oltre il 30% pinot noir, la % di pinot meunier varia tra il 10% e il 20% | tra il 20% e il 30% di vini di riserva per assicurare la coerenza stilistica | le uve provengono da oltre 100 cru che variano in funzione delle caratteristiche dell’annata.

Si presenta di un colore giallo paglierino intenso e brillante con un perlage numeroso e abbastanza fine che forma una spuma evanescente. Al naso è delicato, elegante e non particolarmente complesso. Riconosco vividi sentori di crosta di pane, arancia rossa, limone e fiori di ibisco. Al palato entra cremoso, si sente molto il dosaggio (secondo me è un brut “ben dosato”), ma non è affatto fastidioso! Molto elegante e coerente, è una perfetta danza tra equilibrio gustativo e un’ottima bevibilità.

Champagne Laurent-Perrier “Grand Siècle” [etichetta nera]

55% di chardonnay proveniente dai Grand Cru di Avize, Cramant e Le Mesnil-sur-Oger, 45% pinot noir proveniente dai Grand Cru di Ambonnay, Bouzy e Mailly. | Invecchia almeno 7-8 anni in bottiglia | Assemblaggio di 3 annate eccezionali scelte in modo da essere complementari: una per la sua struttura, una per la sua finezza e una per la sua freschezza.

 Si presenta di un bel giallo dorato brillante con un perlage molto numeroso, abbastanza fine e persistente. Al naso è complesso, intenso, fine ed elegante. Riconosco note di caffè, amarena, yogurt greco, cacao amaro, pepe di Seichuan. In bocca entra cremoso, coerente, fine e avvolgente. Lungo finale e grande potenziale di affinamento in bottiglia.

 

Champagne Laurent-Perrier “Cuvée Rosé” [etichetta rosa]

100% pinot noir provenienti da cru collocati a Sud e a Nord delle Montagne de Reims, tra cui la celebre Côte de Bouzy, in particolare i cru di Ambonnay, Bouzy, Louvois e Tours-sur-Marne | Invecchia almeno 5 anni in bottiglia.

 Si presenta di un bel rosa cerasuolo intenso e brillante con un perlage abbastanza fine e molto numeroso. Al naso è molto piacevole, abbastanza complesso, delicato, fine ed elegante. Fiori bianchi, fragole di bosco, ciliegie e ribes La caratteristica che più stupisce di questo vino è la bevibilità eccezionale, un calice tira davvero l’altro! Si sente bene il dosaggio, ma è comunque elegante e fresco. Finale abbastanza lungo, da aperitivo. 

Abbiamo pranzato in una bella sala finemente arredata, che si apriva su un giardino in cui ho goduto dello splendido ed eccezionale sole. 

Champagne Laurent-Perrier “Brut Millésime” 2007

5o% chardonnay provenienti dalla Cote des Blancs: Choully, Cramant, Oger, Le Mesnil-sur-Oger, 50% pinot noir provenienti da Cru della Montagne de Reims: Verzy, Verzenay, Mailly, Louvois, Bouzy

L’annata 2007 è iniziata con un inverno eccezionalmente mite a cui è seguita una primavera che sembrava estate. Questo ha portato a una vendemmia precoce alla fine di agosto che ha regalato uve di grande qualità e di una eccezionale maturità. Si presenta color giallo oro intenso e brillante, perlage finissimo e molto numeroso. Il naso, verticale e agrumato, sfuma in una nota quasi salmastra. Al palato è coerente, si intrecciano sapori di frutta a pasta bianca. Grande struttura e finale lungo.

Nougat de foie gras de canard de la ferme des Saturnins aux fruits secs et confit d’oignons rouges. | Mattonella di foie gras di anatra dell’azienda Saturnins con frutta secca e confettura di cipolle rosse – In abbinamento Laurent-Perrier Brut Millésime 2007 😍 – 💪 abbinamento cibo-vino superlativo!

Mignon de cochon ibérique, farfalle à l’encre de seiche, sauce crémeuse au Savagnin | Maialino iberico, farfalle al nero di seppia e salsa cremosa al Savagnin (vitigno bianco) – In abbinamento Laurent-Perrier Grand Siècle 😍 💪buon abbinamento cibo-vino, deliziosa la salsa, perché le farfalle?

Fine Gelée aux fruits rouges, sablé et sorte thé fruiti rouges | Sorbetto ai frutti rossi, frutti rossi, su pasta frolla appoggiata in un tè ai frutti rossi servito a temperatura ambiente – In abbinamento Laurent-Perrier Cuvée Rosé 😍 💪abbinamento che mi ha sorpreso: essendo un dolce “non troppo dolce” ci è stato bene anche uno champagne rosé con poco dosaggio zuccherino. Grande assonanza di profumi che si esaltavano a vicenda.

A fine pranzo mi sono deliziata con questo dolcetto alle noci che definire divino è riduttivo… ottima la pasta frolla su cui poggiava una crema alle noci e una mezza noce sopra. Ho scelto di abbinarci il Laurent-Perrier Grand Siècle e anche questo abbinamento direi che è stato particolarmente riuscito! 😍 💪

Quando è uscito lo chef e il suo staff non potevo crederci: ma sono davvero giovanissimi!! Davvero complimenti, a parte le farfalle al nero di seppia che le ho trovate superflue nel piatto sia nel gusto sia nella consistenza, per il resto mi è piaciuto tutto. Nota di merito al Foie Gras, più buono di questo l’ho mangiato solo a Sauternes, in quella splendida serata in compagnia di Pierre Montégut, direttore tecnico di Château Suduiraut, un uomo che mi ha conquistata come pochi nel corso della mia vita. E che curiosamente ricordo che era affascinato da me che ero italiana perché era un divoratore di coppa piacentina! (Per farmelo capire mi diede proprio un coppino…🤭 ma poi ha stappato un Sauternes 1975 e l’ho perdonato immediatamente! Se ti va leggi l’articolo live QUI).

Eccellente anche il servizio al tavolo, cosa che mi capita di rado!

Alla fine di questo articolo mi piacerebbe aprire un’interessante discussione in merito a un modo di fare vino diametralmente opposto: il vino si fa in vigna o in cantina? In un decennio dove la tendenza, in particolare italiana, sembra suggerirci che il vino si fa in vigna e in cantina puoi solo rovinarlo, sfido a discuterne con uno chef de cave come Michel Fauconnet. Leggendo le loro riviste e ascoltando gli ambassador della Laurent-Perrier una cosa mi è chiara: l’orgoglio della mano dell’uomo nel creare il vino che più lo rispecchia. Nessun intervento mistico della natura, ma solo costruzione su costruzione partendo, certo, da uve eccellenti. La parola chiave di questa Maison quindi è “costruzione”. Io, per certi versi, la trovo anche giusta. Se da un lato è bellissimo aprire una bottiglia e assaporare l’andamento climatico dell’annata, ritengo questa filosofia più azzeccata per i vini con un prezzo meno impegnativo. Se voglio bere un grande champagne, che magari ho pure pagato, per me è giusto aspettarsi una costanza qualitativa tra la bottiglia che già conosco e quella nuova. Certo le annate con cui è stata costruita sono diverse, ma il loro assemblaggio mi deve dare un vino sullo stesso filo conduttore. O rischio di rimanerci molto, molto male! Tu cosa ne pensi? Ti è mai capitato di essere deluso da un diverso millesimo di champagne? Scrivimelo in un commento!

Cheers 🍷❤

Chiara

L'articolo Champagne Laurent-Perrier: Reportage di un amore proviene da Perlage Suite.


Malvasia La Tosa: un sorriso di cielo dai profumi irresistibili

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Lo ammetto, lo ammetto… prima di avere un fidanzato piacentino ero piuttosto ignorante sui vini della Val Tidone. Certo, avevo assaggiato più di qualcosa, ma l’enorme potenziale della Malvasia allevata in questo territorio non lo avevo ancora compreso! Invece grazie ad Antonio ho assaggiato prima i vini della Cantina Valtidone, poi quelli di Lusenti… e ieri a pranzo è toccato a “Sorriso di Cielo”, un vino biologico a base di Malvasia della vendemmia 2018 dei Colli Piacentini. Beh, mi è piaciuto così tanto che ho deciso di scrivere qui sul mio wine blog la degustazione in anteprima, ancora prima di andare a visitare l’azienda La Tosa. La Malvasia con cui viene vinificato “Sorriso di Cielo” proviene da vigneti allevati principalmente a guyot che si trovano a 180-210 mt sul livello del mare impiantati tra il 1983 e il 1992 delle province di Piacenza, Pavia e Parma. 5000 piante per ettaro nel 75% del vigneto, 2200 nel 25% del vigneto. Il suolo, poco fertile, è argilloso e limoso. Dopo la vendemmia le uve subiscono una pressatura soffice per poi fermentare a temperatura controllata di 14-15°C. A questo punto il vino passa 5 mesi sulle fecce fini e viene effettuato il bâtonnage, ovvero il rimescolamento dei lieviti  ormai depositati sul fondo con un attrezzo per riportarli in superficie.

L’inverno 2018 è stato abbastanza freddo e il germogliamento della vite piuttosto tardivo. Successivamente un periodo di caldo verso fine aprile ha portato la vite a crescere con una certa velocità, ma a maggio le temperature sono scese e il mese è stato molto piovoso. (Ti ricorda qualcosa?? Non ne posso più di questo maggio, datemi la primavera… anzi l’estate!) Alla fine di giugno è arrivato per breve tempo il caldo estivo, che poi è tornato inizio agosto. Le settimane successive, dal clima temperato e con alcune piogge, hanno portato il 30 agosto e il 5 settembre alla raccolta della Malvasia di Candia Aromatica. Il vino è stato imbottigliato il 27 febbraio 2019. Dall’annata 2018 abbiamo ottenuto 17.500 bottiglie e 60 Magnum.

Ho degustato la bottiglia numero 2.451. Si presenta di un bel giallo paglierino intenso, roteando il bicchiere rivela una certa consistenza. E in effetti è così: questo vino bianco ha 13%vol. Il naso è piacevolissimo e molto intenso, con un bouquet complesso di profumi in cui prevalgono gli agrumi. Note di arancia rossa, marmellata di limoni, e scorza di lime si fondono in un leggero retrogusto di liquirizia. Poi un’emozione: arriva distinto un intenso profumo di tè alla pesca, quello vero fatto in casa come lo facevo con la mia nonna, bollendo le pesche intere con lo zucchero di canna fino a che l’acqua non si era dimezzata, per poi usarne l’infuso insieme alle foglie di tè. Seguono profumi di pera candita, miele d’acacia, confetto e confettura di albicocche. In bocca entra deciso, intenso, con un’ottima rispondenza al naso. Avvolge la bocca ed esprime tutto il suo calore. In bocca si sente l’alcolicità un pochino più di quanto vorrei, ma sono certa che dipende anche dalla freschezza dell’imbottigliamento. Ha anche una bella acidità, che mi lascia intuire che andando indietro nelle annate si possono scoprire vini molto interessanti! Si abbina benissimo all’anatra, preparata in vari modi. Noi lo abbiamo bevuto con gli spaghetti Monograno Felicetti Riserva Valentino risottati in padella con un sughetto di salamella di Monte Isola, cipolla rossa, peperoni e peperoncino! Delizioso! 😍

L’articolo però come hai intuito non l’ho scritto ieri, ma oggi, e come dice il saggio… oggi è un altro giorno. Così ho deciso di provare il “Sorriso di Cielo” con del foie gras che avevo nel frigo e… beh il cielo mi ha davvero sorriso e da lì a 5 minuti è tornato il sole! Giuro! ☀

Insomma, a presto in cantina per assaggiare proprio qualcuna delle vecchie annate e gli altri vini prodotti dall’azienda!

Adesso, se vuoi rimanere “in zona” puoi leggere l’articolo “I vini della Cantina Valtidone al Ristorante Le Proposte: l’abbinamento perfetto della tradizione piacentina” oppure visitare il sito web dell’azienda www.latosa.it 😜

Cheers 🍷

Chiara

P.S. E tu conosci i vini piacentini? Quali sono le aziende e i vini che preferisci? Scrivimelo in un commento!

L'articolo Malvasia La Tosa: un sorriso di cielo dai profumi irresistibili proviene da Perlage Suite.

Tenuta Sant’Antonio: una verticale di Telos spettacolare!

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Ecco una degustazione che ho fatto durante questo splendido Vinitaly 2019 di cui non ti ho ancora parlato: una verticale di Telos Bianco di Tenuta Sant’Antonio a cui mi ha invitato Agnese di Wine Meridian che ringrazio! 

Il progetto Télos nasce dalla volontà di proporre un vino salutare e di alta qualità, senza solfiti aggiunti. Il tappo è in sughero, e il vino evolve in bottiglia senza rovinarsi, come testimonia la splendida annata 2012 che ho degustato. 80% garganega e 20% chardonnay provenienti da viti di oltre 25 anni allevate a guyot e pergola in terreni a medio impasto collocati a 100 mt sul livello del mare. Quello del Télos è un vigneto ad alta densità di impianto: tra 3.300 e 6.000 piante/HA. Dopo la vendemmia si procede alla sgranellatura dei grappoli e ad una pressatura soffice a freddo (8/9 °C) con pneumopressa in ambiente inerte (totale assenza di ossigeno). A questo punto si esegue la fermentazione a temperatura bassa (14/15 °C) senza aggiunta di solfati e di sali azotati. Il batonnage avviene una volta alla settimana fino a primavera. Anche il processo di stabilizzazione a è freddo. Il vino affina in serbatoi di acciaio inox. Ogni anno sono prodotte circa 12.000 bottiglie.

La degustazione è stata condotta con maestria e simpatia da Antonio Paolini, giornalista e critico enogastronomico. Purtroppo non sono riuscita a seguirlo molto perché per me che amo soffermarmi e scrivere su ogni vino era troppo veloce… ma gli altri presenti non scrivevano molto quindi sicuramente se lo sono goduti di più!

 

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2017 🌕🌕🌕🌕🌗

Si presenta di un bel giallo paglierino concentrato e brillante e roteando il bicchiere si evince la sua bella consistenza. Al naso è intenso, profumatissimo e molto elegante. Riconosco immediatamente note di arancia rossa, pera, basilico al limone, frutto della passione. In bocca è coerente, con una sferzata acida eccezionale! Bella struttura, grande lunghezza e un delizioso finale agrumato.

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2016 🌕🌕🌕🌗🌑

Si presenta di un bel giallo paglierino concentrato con splendidi riflessi dorati. Al naso è intenso, profumatissimo ed elegante. Riconosco immediatamente note di frutto della passione, cioccolato bianco, basilico violetto e mandarino tardivo, sia in frutto che in confettura. In bocca è coerente, acido, sapido, quasi piccante, intenso e strutturato.

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2015 🌕🌕🌕🌕🌖

Si presenta di un bel giallo dorato intenso e brillante e roteando il bicchiere mostra una grande consistenza. Il naso è spettacolare: intenso, elegante, fine… pazzesco nella definizione dei suoi profumi. Si riconosce immediatamente il frutto della passione, la scorza di limone fresca grattugiata, l’arancia candita e una sfumatura di basilico greco. In bocca entra intenso, morbido e freschissimo, molto equilibrato e con una grande spalla acida. Lungo finale piuttosto sapido.

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2014 🌕🌕🌕🌕🌑

Si presenta di un bel giallo dorato intenso con lievi riflessi oro verde. Figlio dello chardonnay e di un’annata difficile, a me è piaciuto molto: ritengo abbia un potenziale di invecchiamento straordinario! Se questa degustazione ha il filo conduttore nelle note di frutto della passione, in questo assaggio scompare completamente per lasciare posto a piacevoli sentori di lievito, menta fresca, pepe bianco e pera candita. In bocca è molto piacevole anche grazie a questa acidità che lo contraddistingue e si arricchisce di una nota di albicocca fresca. Lungo finale sapido.

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2012 🌕🌕🌕🌕🌘

Si presenta di un bel giallo paglierino molto intenso e brillante con splendidi riflessi oro antico. Roteando il bicchiere si evince anche qui una certa consistenza. Spiccano i sentori dolci tipici dello chardonnay, ma si sente di nuovo quel profumo intenso di frutto della passione. Il naso è elegante e fine, con deliziose note vanigliate e di albicocca fresca. In bocca entra penetrante e avvolgente, freschissimo nonostante gli anni sulle spalle e con una grande struttura. Lungo finale di spezie dolci.

Tenuta Sant’Antonio: Télos 2018 🌕🌕🌕🌗🌑

A fine degustazione abbiamo assaggiato in anteprima questo “neonato” che, ovviamente, ha bisogno di ancora molti mesi per arrivare ad essere apprezzato quanto merita. Il naso è intenso, anche qui torna ben presente lo chardonnay con dolci note di banana matura, vaniglia e melone che sfumano in profumi agrumati. In bocca la CO2 è ben presente con una grande spalla acida.

A questo punto stavo aspettando un momento di distrazione per schizzare via… la degustazione era finita… Ed ecco Tiziano Castagnedi che mi placca con 3 bottiglie di Amarone, tra cui anche il mio Amarone preferito in assoluto, il loro Lilium Est.

Nella parte opposta del Vinitaly, al Padiglione 1 Emilia Romagna, mi aspettava lo Chef Luigi Pomata 1 stella Michelin per un pranzo organizzato con Cantine Riunite & Civ, su cui ho scelto di stendere il celebre “velo pietoso” (sia sul pranzo sia sui vini, e non mi dite che era un problema di catering perchè per me per quel dolce non ci sono scuse… e ce ne sono poche anche per l’idea di mischiare il tonno con la salsiccia e coprire il tutto con un kg di peperoncino) e passare ad altro.

Sono arrivata al pranzo in ritardo, ma ringrazio di aver scelto di rimanere a degustare anche questi splendidi vini rossi! 

Tenuta Sant’Antonio: Télos rosso, valpolicella superiore doc 2016 🌕🌕🌕🌑🌑

Si presenta di un bel rosso rubino intenso e impenetrabile. Al naso prevalgono le note tostate: tanta, tanta, ma tanta tostatura che mi lascia intuire con una quasi certezza l’utilizzo di botti nuove. Note di cacao, rosa essiccata, chiodo di garofano si intrecciano e ripetono anche in bocca, dove è ben equilibrato tra freschezza e morbidezza. Discretamente lungo, lo vorrei riassaggiare tra almeno un paio d’anni.

Tenuta Sant’Antonio: “Télos l’amarone”, amarone della valpolicella DOCG 2015 🌕🌕🌕🌗🌑

Si presenta di un bel rosso rubino intenso e quasi impenetrabile. Al naso è molto intenso, tostato, con particolari note di salamoia, cuoio e pepe nero. Intenso, anche qui è ben presente la tostatura, ma è più elegante e fine. Grande spalla acida bilanciata da una bella morbidezza. Sto ancora pensando alla moglie di Tiziano che ha fatto le cipolline utilizzando questo vino e devo dire che erano sicuramente tanta roba anche se non le ho assaggiate… spero che la prossima volta che le fa mi invita a pranzo!🤩😆

Tenuta Sant’Antonio: “campo dei gigli”, amarone della valpolicella DOCG 2013 🌕🌕🌕🌕🌗

Si presenta di un bel rosso rubino intenso con riflessi granati. Roteando il bicchiere mostra una grande consistenza. Il naso cambia immediatamente registro, ed è fantastico nel suo essere “delicatamente intenso” e ampio. Note di fico secco, tabacco, polvere di caffè e rosa essiccata lasciano spazio a una timida ciliegia sotto spirito sul finale. In bocca è morbido, intenso, coerente nel suo grande equilibrio, freschissimo, con una grande struttura e una bella armonia. Lungo finale speziato.

Tenuta Sant’Antonio: “Telos l’amarone”, amarone della valpolicella DOCG 2008 🌕🌕🌕🌕🌖

Si presenta di un bel rosso rubino intenso e impenetrabile. Roteando il bicchiere “tradisce” i suoi 16% vol e rivela una grande consistenza. Al naso è un meraviglioso intreccio di caffè, erbe di montagna, cioccolato di Modica alla carruba, tabacco domenicano e le ciliegie sotto spirito qui non sono affatto timide, ma deliziosamente definite.  In bocca è semplicemente perfetto, morbidissimo, fresco e con una spalla acida che mi fa venir voglia di riassaggiarlo nel 2028! Finale lunghissimo… per me l’abbinamento perfetto è solo uno: il bicchiere giusto e nient’altro. Tanta, tanta, tantissima roba! Non ho messo le 5 palle piene solo perché ho bevuto l’ultima bottiglia di 2004 che avevo a casa dopo che è morto mio papà, a Natale scorso, perché a lui questo vino piaceva tantissimo. E l’ho trovato ancora migliore di questa 2008… ma forse era anche la particolare occasione.

Grazie Tiziano per le splendide degustazioni di Télos e non solo… e per la deliziosa compagnia… prometto di venirti a trovare presto in azienda dato che siamo relativamente vicini! E ricordati le cipolline all’Amarone, mi raccomando!

Cheers 😍🤤

Chiara

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Vinitaly 2019: 8 vini dell’Emilia-Romagna da scoprire

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Al Vinitaly 2019, come sempre, ho preso un sacco di appunti… e sfogliando oggi la mia Moleskine Wine Journal avevo solo deciso di scrivere un articolo “generico” sulle migliori degustazioni che ho fatto quest’anno. Eppure, pagina dopo pagina, parola dopo parola, si materializzava in me un articolo infinitamente più interessante: un’ode agli 8 vini dell’Emilia-Romagna che mi hanno rubato il cuore.😍 I vini non sono in ordine di preferenza, tranne la Vitalba che è al primo posto perché è il primo posto che merita: non è stato solo il miglior assaggio dell’Emilia-Romagna, ma del Vinitaly 2019 in generale: e se la gioca col Télos 2015 di Tenuta Sant’Antonio (leggi l’articolo su questa splendida verticale dedicata al matrimonio garganega-chardonnay QUI).

Vinitaly 2019/1: Tre Monti, “Vitalba” Romagna Albana DOCG secco in anfora 2017

Romagna | albana 100% | 14,5% vol |  15€

Quanta ignoranza enologica del territorio romagnolo ci vuole per dire che l’Albana buona non esiste? Me ne vengono in mente alcune, una più buona dell’altra! Ma ce n’è una che per me le supera tutte: ed è proprio questa di Vittorio, Sergio e David Navacchia! Per me i 94 punti di Wine Enthusiast o i 90 punti di Veronelli sono pochi, sei avvisato!

“Non così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro, per rendere omaggio alla tua soavità!” Imperatrice Galla Placidia, quando diede il nome a Bertinoro dopo aver bevuto dell’albana prodotta da vigneti locali in una rozza brocca di terracotta.

In un vigneto del 1983 nei colli di Imola, a 100 mt sul livello del mare e su un terreno prevalentemente argilloso, sono impiantati 4500 ceppi/HA che hanno una resa di 2 kg ciascuno. La vinificazione avviene senza aggiunta di lieviti selezionati e senza controllo della temperatura in anfora georgiana -kvevri- da 470 litri. La macerazione dura, a seconda dell’annata, da 70 a 120 giorni.

Si presenta di un giallo dorato intenso e brillantissimo con riflessi che tendono al bronzo. Il naso è un susseguirsi orgasmico di sensazioni, una più piacevole dell’altra: miele, idrocarburi, camomilla, albicocca, zenzero danzano insieme con grande armonia. In bocca vanta un equilibrio perfetto tra acidità e morbidezza, non stanca e, nonostante la struttura importante, un sorso tira l’altro. Lungo finale di pesca gialla matura.

Vinitaly 2019/2: Randi, Burson “Randi selezione” etichetta nera 2015

Romagna | uve Longanesi 100% | 14,5% vol | 11 €

Qui gioco in casa con un vitigno romagnolo che pochi conoscono: le uve longanesi. Era il 1956 quando in provincia di Ravenna si impiantava il primo vitigno, “salvato e diffuso” grazie ai nipoti di Antonio Longanesi. Nel 1913 il nonno aveva scoperto un tralcio di vite attorno una quercia nella sua proprietà e aveva provato a fare un vino di casa con un risultato al di sopra delle aspettative, che riscosse un grande successo tra parenti e amici. Dal 1998 a Bagnacavallo si produce il vino Bursôn, che non è altro che il soprannome della famiglia Longanesi. Oggi il Bursôn è prodotto da circa 30 produttori del Consorzio “Il Bagnacavallo”, nell’omonimo comune in provincia di Ravenna. Le uve longanesi vengono raccolte una parte al giusto grado di maturazione e un’altra parte dopo l’appassimento in pianta. Il vino Bursôn di Massimo Randi fa 24 mesi di affinamento in legno, si assemblano 5 tagli provenienti da diverse botti, 2 francesi di secondo passaggio, 2 francesi di primo passaggio e 1 botte canadese nuova che dà il sentore vegetale.

Si presenta di un bel rosso rubino intenso e impenetrabile e roteando il bicchiere si mostra molto consistente. Il naso è delizioso, con note di cioccolato, cacao amaro, pepe nero, cannella, sottobosco, fungo porcino e cuoio. In bocca presenta un buon equilibrio tra freschezza e morbidezza, ma con una grande spalla acida. Intenso, elegante, piacevolissimo e con un tannino avvolgente. Lungo finale speziato. Per me è perfetto da solo… ma se proprio lo vuoi abbinare prova con la cacciagione! 🤤😍

Vinitaly 2019/3: Monte delle Vigne, “Fai bei sogni” Emilia IGT bianco 2015

Emilia | petit manseng 100% | 13,5% vol |  40€

Sono capitata in questa azienda “fuori dai miei programmi” col mio amico e collega Morris di Vino per Passione grazie all’ottimo lavoro svolto dall’agenzia di Parma Jac Le Roi. Beh devo dire che è stata una piacevolissima scoperta e non innamorarsi del suo enologo è assolutamente impossibile!

Di questo vino sono prodotte appena 6.000 bottiglie da un ettaro di vigneto ad alta densità con un’età media delle piante di circa 30 anni. Ha un’acidità quasi da Riesling!

Si presenta di un giallo paglierino intenso con brillanti riflessi oro verde. Al naso è un intreccio di freschi profumi agrumati in cui spicca il cedro, per poi fondersi a note di yogurt bianco con miele d’acacia, frutto della passione molto maturo, basilico e un finale di idrocarburi. In bocca è molto acido, quasi tagliente, ma è reso piacevole da una buona morbidezza. Lo caratterizzano eleganza e coerenza, ma anche una grande sapidità e un lungo finale minerale. Si abbina perfettamente al crudo di scampi.

Vinitaly 2019/4: Fattoria Nicolucci, “Vigna del Generale” Romagna Sangiovese DOC 2016

Romagna | sangiovese 100% | 14,5% vol |  27€

Alessandro Nicolucci è forse il produttore che più ha dato lustro al Sangiovese di Romagna al di fuori della Romagna, che si sta “nobilitando” anche grazie al suo meraviglioso lavoro.

Che la Romagna è quasi sempre incapace di vendere i suoi vini al prezzo che meritano è cosa nota, ma quando sento dire che in Romagna si beve male mi esce il fumo dal naso! 😤 Ad avercene di vino sangiovese di questo livello in giro per l’Italia… e non me ne vogliano le denominazioni più blasonate!

Si presenta di un rosso rubino intenso e trasparente. Roteando il bicchiere forma archetti molto vicini e regolari. Al naso è intenso, complesso, elegante e fine con note speziate di tabacco che si intrecciano a quel sentore tostato del caffè appena macinato e alle note fruttate della marasca, da fresca a sotto spirito. In bocca è elegantissimo, morbido e freschissimo, con un tannino ben amalgamato fuso in una struttura importante. In omaggio alla nostra terra lo berrei in abbinamento ai cappelletti di magro al ragù.

Vinitaly 2019/5: Valtidone, Malvasia Frizzante “50 vendemmie” 2018

Emilia | malvasia bianca di Candia aromatica 100% | 11% vol | 5,50 €

In un’era enofighetta dove il vino frizzante è visto quasi con sospetto, soprattutto se costa poco e nessuno canta alle viti la nona di Beethoven o l’ultima di Rihanna, ho deciso di proporti tra i miei migliori assaggi del padiglione Emilia-Romagna una Malvasia frizzante di cui ti sfido a non innamorarti.

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con una bollicina fine e numerosa. Naso profumatissimo e intenso di cui è impossibile non innamorarsi, con i sentori tipici della malvasia, tra cui spicca l’albicocca sia fresca sia in confettura. In bocca entra cremosa, fresca, aromatica e di grande piacevolezza. Si abbina divinamente alla pancetta piacentina DOP, in un modo in cui la stessa malvasia in versione ferma non potrebbe mai riuscirci. Del resto il legame tra vino e tradizione gastronomica di un territorio è indissolubilmente scritto nella storia, perché spezzarlo per compiacere qualche moda?

Vinitaly 2019/6: trerè, “Amarcord d’un bianc” romagna albana DOCG secco in cemento 2017

Romagna | albana 100% | 13% vol |  15€

Un’Albana di Romagna completamente diversa quella che hanno presentato al Vinitaly 2019 Morena Trerè e Massimiliano Fabbri, che mi è piaciuta perché mi ha ricordato l’infanzia col mio adorato nonno Mario. Mai nome fu più azzeccato: “Amarcord d’un bianc”, in romagnolo significa “mi ricordo di un bianco” e in effetti questa albana mi è sembrata un inno alla tradizione, all’albana come si faceva una volta… che sia per questo che Morena l’ha dedicata a Valeriano, suo padre?

Certo è che è “l’Albana”, quella vera, rustica, piacevole e, nonostante la sua alcolicità importante, davvero godibile. Del resto per me l’Albana è un vino rosso “travestito da bianco” e per questo si abbina benissimo a tutta la pasta fresca con sughi saporiti tipici della nostra terra… ma anche alla nostra classica grigliata di carne sta benissimo!

Si presenta di un bel giallo paglierino intenso e brillante. Roteando il bicchiere lascia intuire tutta la sua consistenza. Il naso è tipico dell’albana, con note floreali delicate di lavanda, magnolia e biancospino che incontrano un’albicocca freschissima. In bocca è “carica”, con una buona acidità nonostante una pseudocalorica ben presente. Ha bisogno di ancora qualche mese di bottiglia per esprimersi al meglio.

 

Vinitaly 2019/7: Quinto Passo, Riserva di Famiglia 2010

Emilia | 12% vol | lambrusco di Sorbara 100% |  non in vendita al pubblico

Quando Marco Chiesa mi presenta questa “riserva di famiglia” di cui esistono solo 200 bottiglie in formato magnum divento più curiosa di un macaco quando guarda un uomo cucinare (perchè se non lo sai i macaco giapponesi salano le verdure con acqua di mare, abitudine appresa osservando gli uomini)! 🤤🤣 Di lui si sà che proviene da uve di proprietà del vigneto Sozzigalli, che presenta piante di oltre 120 anni e la sboccatura è stata fatta nel 2015. Il dosaggio è ignoto.

Si presenta di un belliissimo rosa buccia di cipolla brillante, con un perlage finissimo e numeroso. Il naso, elegante e molto persistente,  non è quello tipico della sorbara: è molto morbido, con profumi di frutta in confettura e spezie dolci. In bocca invece senti tutta l’espressione del vitigno, con un’acidità spiccata che non lascia trapelare nulla della sua età. Perfetto l’abbinamento con il crostino all’acciuga Nardin del Mar Cantabrico, su un ricciolo di burro aromatizzato con lo zenzero fresco.

Vinitaly 2019/8: de mastro, “sfumato” Forlì igp rosato

Romagna | sangiovese 100% | 13% vol |  9€

Un’azienda nuovissima che coltiva la vite da tantissimi anni e, di recente, ha deciso di uscire con una sua linea di vini romagnoli biologici quotidiani di buona qualità. Merita considerazione perché, a differenza di tante aziende “tanto fumo e poco arrosto” qui si fanno pochissime chiacchiere… ma l’arrosto è buonissimo!

Al Vinitaly 2019 Gianni De Mastro ha presentato per la prima volta il suo vino rosato da uve sangiovese “sfumato”, che per me è in assoluto il vino migliore della sua produzione. La bottiglia qui a fianco l’ho bevuta a casa di mamma, in abbinamento alle tagliatelle con sugo di strigoli (mi dispiace ma le tagliatelle sono sparite in un attimo e per la foto erano rimasti giusto i pomodori in insalata… 🤤🤣

Si presenta di un bellissimo rosa buccia di cipolla molto carico e brillante. Al naso è intenso, elegante e i profumi sono particolarmente nitidi, anche se non è particolarmente complesso. Deliziose note di piccoli frutti rossi, pepe bianco e rose appena sbocciate si presentano tanto al naso quanto in bocca. Notevole la spalla acida, che gli conferisce una freschezza capace di farlo abbinare benissimo sia alla nostra amata piadina con i salumi di Mora Romagnola, sia alla pasta fresca… ma fidati che anche come aperitivo va giù che non te ne accorgi, tra una chiacchiera e l’altra!

Ora sono curiosa di sapere se conosci qualcuno di questi vini… e quali sono stati i tuoi migliori assaggi del Vinitaly 2019!

Cheers 💪🍷

Chiara

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Fausto Coppi: Vigne Marina Coppi, la passione del nipote Francesco

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Oggi sono partita per due giorni in Piemonte per un tour organizzato da Pellegrini 1904 SpA in collaborazione con Babol Communication. Per prima cosa voglio ringraziare Pietro Pellegrini non solo per l’invito, ma per la sua piacevole compagnia intrecciata da una competenza enologica straordinaria, cosa che non è affatto scontata come potrebbe apparire. La prima tappa è stata nel tortonese, nel comune di Castellania che, da pochissimo, ha cambiato il suo nome in Castellania Coppi… e questo già ti lascia intuire il legame con il campione del ciclismo Fausto Coppi! Non a caso la cantina vinicola che abbiamo visitato è proprio quella di suo nipote Francesco Bellocchio, che porta il nome di sua madre, Marina Coppi, figlia di Fausto. Francesco e Anna, sua moglie, ci hanno accolto con grande umiltà, professionalità, passione e amore per il territorio. Un’altra cosa che mi è piaciuta moltissimo è la volontà di Francesco di crearsi una sua identità indipendente dalla presenza ingombrante del nonno, senza tuttavia accantonarne il ricordo, che rimane comunque ben presente. Ho visto di recente realtà vitivinicole di campioni sportivi, personaggi televisivi o politici che invece giostrano fin troppo sul loro nome, in modo assai pericoloso perché è nella natura delle cose non piacere a tutti e il rischio di avere troll maleducati che massacrano in qua e in là anche senza nessuna ragione è davvero alto!

Nel 2002 Francesco e Anna, che vivono a Novi Ligure, decidono di tornare a Castellania e recuperare le terre che storicamente erano della famiglia di Fausto Coppi. Nasce così un’azienda familiare di appena 4,5 ettari, oggi in conversione biologica, scelta che è stata fatta principalmente per tutelare Francesco che lavora direttamente nelle vigne. Castellania ha appena 80 abitanti e Fausto da ragazzino partiva per Novi per lavorare come garzone. Con un fisico in apparenza “poco atletico” e una paga di 20 lire al mese era difficile prevedere che sarebbe diventato un campione del ciclismo, e già ai suoi esordi, nemmeno 5 anni dopo, avesse già ingaggi da 700 lire al mese (con premi da 500 a 3000 lire per le vittorie)! Eppure Fausto Coppi è stato un uomo straordinario che ha rivoluzionato per sempre il mondo del ciclismo e a distanza di quasi 60 anni dalla sua prematura scomparsa il suo ricordo è più vivo che mai. Dopo la sua tragica morte (causa una diagnosi sbagliata, per malaria nel 1960) le terre furono vendute tutte e Francesco le ha ricomprate scegliendo quelle più vocate alla viticoltura. In queste zone c’è la marna bluastra di Sant’Agata, la stessa di alcune zone del Barolo e del Barbaresco, che dà un tratto molto caratteristico ai vini. La scelta è stata di avere solo vitigni autoctoni, prediligendo il “principe” di queste terre: il Timorasso. Non essendo un vitigno molto adatto ad una produzione in grande quantità, era ormai completamente abbandonato ed è stato solo negli ultimi 20 anni che se ne sono riscoperte le enormi potenzialità. Altri vitigni coltivati sono barbera, favorita e nebbiolo, di cui si coltivano pochissimi filari che producono circa 600 bottiglie ogni anno. In Piemonte il vermentino prende il nome “favorita” e si “vende meno” di altre zone dove mantiene il nome “vermentino” pur avendo qui notevolissimi risultati quando è ben lavorata. La famiglia dispone di una vigna molto vecchia risalente al 1947 caratterizzata da ceppi enormi che, devo dire, dà un vino di grandissimo pregio. Parlando con Francesco è evidente la sua passione per il fare vino ed è chiaro che c’è lui sia in vigna, sia in cantina. L’azienda si avvale della consulenza di un enologo piemontese tanto bravo quanto blasonato, Gianfranco Cordero, che collabora alla creazione di alcune tra le più importanti e deliziose etichette italiane.

Francesco e Anna hanno dedicato alle persone più importanti della loro famiglia i nomi dei propri vini. Per il “Fausto” non servono spiegazioni, mentre Marine è il “plurale” delle due “Marina” della vita di Francesco: sua mamma e la sua primogenita! “Francesca” è la terza figlia ed è anche il suo bianco di partenza, il più giovane. “Lindin” è un gioco di parole dedicato alla sua secondogenita, Linda. Va bene, ammetto che ho pensato che Francesco “ha raramente ragione” con 4 donne in casa e lui come unico uomo! 😆

La saletta degustazioni è molto bella e gode di una vista panoramica spettacolare sui vigneti! Ecco le mie degustazioni: 

Fausto Coppi: i vini di suo nipote Francesco

"Francesca" 2018, colli tortonesi DOC bianco - bruno rocca

[a partire da 16€]

Di questo vino ne escono 2 versioni identiche, dove cambia solo la data di uscita e di conseguenza il nome in etichetta: il "Colli Tortonesi DOC bianco" esce prima dell'estate perchè è un vino che gode di tantissima freschezza e ottima bevibilità ed è perfetto per la stagione più calda, mentre il "Colli Tortonesi DOC Timorasso" esce dopo il 1 settembre come da disciplinare. Questo Timorasso molto giovane esce dal mio immaginario di "Timorasso" per diventare un vino bianco fruttato, facile e molto beverino. Il vigneto è stato impiantato nel 2012 e la prima bottiglia di questa etichetta è uscita nel 2015. Non a caso i vigneti più giovani ci donano uve più adatte e pronte, perfette per questo tipo di utilizzo. In realtà per i miei gusti "non è così facile" perchè prediligo i vini bianchi più evoluti, ma se stai cercando un vino, anche da mescita, perfetto per l'aperitivo... questo coglie davvero nel segno! Dato che il timorasso sviluppa vini che hanno almeno 14%vol, si cerca di gestire il vigneto per avere uve meno concentrate che diano un vino più bevibile. Produzione in vigna inferiore agli 80q/HA come da disciplinare di produzione.

👁  Giallo paglierino intenso con riflessi verdolini. Consistente.

👃 Delicato. Pesca bianca, pera, liquirizia, viola e agrumi.

👄 Pseudocalorica un po' alta. Buone struttura e sapidità. Finale minerale discretamente lungo.

🔥 Non è il mio vino, ma è perfetto se cerchi un vino fresco e poco impegnativo "da aperitivo".

“Marine” 2016, colli tortonesi DOC Favorita – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 20€]

100% favorita da uve a vendemmia tardiva provenienti dal vigneto “Gabetto” nei pressi di Castellania e dal vecchio vigneto “Madonnina” nei pressi di Carezzano . Come abbiamo detto, il tortonese ha queste argille calcaree che danno un’impronta caratteristica a qualsiasi uva coltivata qua. Ad esempio il vermentino qui è molto diverso anche solo dal vicinissimo vermentino ligure, diciamo impropriamente che è più “timorasseggiante”, con più struttura e più mineralità. Dopo una leggera macerazione a freddo viene vinificato in bianco, si esegue un bâtonnage sulle fecce nobili per 8 mesi e per l’affinamento si utilizza solo acciaio. Una volta imbottigliato viene lasciato riposare in bottiglia almeno 18 mesi prima di metterlo in commercio. Francesco sceglie di farlo evolvere in bottiglia per avere un miglior controllo dell’ossidazione. Vengono aggiunti pochissimi solfiti, ben al di sotto della soglia minima. Il 2016 è stata un’annata eccezionale, di grande equilibrio sia nella produzione sia nelle caratteristiche.

👁  Giallo paglierino molto intenso e brillante. Consistente.

👃 Intenso e immediato… favoloso! Agrumi, pepe bianco, idrocarburi, fiori d’acacia, salsedine.

👄 Un po’ troppo caldo, bisogna approfittare del naso intenso per abbassare di un paio di gradi la temperatura di servizio. Buone struttura e sapidità. Equilibrato. Finale agrumato discretamente lungo.

🔥 Mi è piaciuto molto, ha qualche tendenza al riesling!

“Fausto” 2015, colli tortonesi DOC Timorasso – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 32€]

100% timorasso da uve a vendemmia tardiva provenienti dal vigneto “Gabetto” nei pressi di Castellania e dal vecchio vigneto “Montagnina”, piantate a ritocchino con una pendenza del 35%. Le uve sono raccolte a mano nelle ore più fresche del mattino e portate in cantina con piccole cassette. Dopo la pressatura soffice dei grappoli interi avviene la sfecciatura del mosto a freddo. La fermentazione alcolica avviene lentamente a una temperatura controllata di 15°C e, una volta ultimata, viene travasata senza svolgere la fermentazione malolattica. Il vino matura almeno 10 mesi sulle sue fecce nobili in vasche d’acciaio a temperatura controllata e viene eseguito un bâtonnage manuale. Una volta imbottigliato affina almeno 24 mesi in bottiglia.  Grande dote del timorasso è l’essere un fuoriclasse per 3 caratteristiche:

  1. ha sempre un’alcolicità importante;
  2. ha sempre un’acidità sorprendente che riesce a bilanciare il vino ottenuto nonostante l’alcolicità importante e la grande struttura;
  3. ha un tannino naturale nella buccia che lo rendono uno dei pochi uvaggi bianchi portato all’invecchiamento, anche senza un passaggio in legno.

Se si assaggia un timorasso da vasca a fine vendemmia ha quasi l’astringenza di un nebbiolo. Dopo un paio d’anni di affinamento comincia ad essere già godibile, ma è solo dopo diversi anni che esprime tutte le sue potenzialità. La 2015 è stata un’annata particolarmente calda, ma è stata sostenuta dall’acidità. 

👁  Giallo paglierino molto intenso e brillante. Molto consistente.

👃 Intenso, complesso e immediato… favoloso! Note minerali e salmastre, argilla, agrumi, erbe aromatiche.

👄 Grande piacevolezza, si arricchisce di un gusto di cioccolato bianco molto delicato. Strutturato. Ben equilibrato tra morbidezza e acidità, in cui prevale la sapidità. Lungo finale agrumato.

🔥 A mio avviso il vino migliore della cantina: un Timorasso come te lo aspetti!

“Grand Fostò” 2013, colli tortonesi DOC Timorasso – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 63€]

100% timorasso. Il vino, come il nome, è un omaggio alla Francia: da un lato si è scelto come veniva chiamato nonno Fausto Coppi in questa terra dove ha avuto straordinari successi, dall’altro il vino è liberamente ispirato allo stile dei bianchi della Borgogna. Dopo una fermentazione in tonneaux di 10 mesi, riposa in bottiglia almeno 4 anni e viene creato solo nelle annate più interessanti. La prima annata è stata la 2012, dove sono state prodotte solo 350 magnum. Per l’annata 2013 invece sono stati prodotti 1000 litri, distribuiti tra circa 700 bottiglie e 250 magnum.

👁  Giallo paglierino molto intenso e brillante. Molto consistente.

👃 Delicato, complesso, quasi ampio. Spiccano note salmastre intrecciate a un ricco bouquet di agrumi maturi. Molto elegante, si riconoscono note speziate di cardamomo, pera candita, mandarino tardivo, noce, gesso ed erba cedrina. Tuttavia, a livello olfattivo, l’ho trovata un’annata un po’ difficile da capire. Il legno ha sicuramente “stemprato” i profumi caratteristici del vitigno.

👄 Intenso, si sente distintamente il passaggio in legno. Molto fresco e molto sapido, comunque ben equilibrato nonostante si sente bene la sensazione pseudocalorica. Lunghissimo finale di noci fresche.

🔥 Un grande esperimento che ha bisogno di tempo, sia per esprimersi al meglio nelle bottiglie attuali, sia per perfezionarsi nella tecnica per le bottiglie future.

“Sant’Andrea” 2018, colli tortonesi DOC Barbera – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 13€]

90% barbera, 10% croatina provenienti dal vigneto in località “Sant’Andrea” nei pressi di Castellania, , dove si trova la stessa cantina, da piante allevate a 400 mt s.l.m. Le uve vengono selezionate al momento ottimale della maturazione e poi raccolte a mano in piccole cassette da 20 kg. Dopo la pigia-diraspatura, la fermentazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata (25-27°C) e la macerazione dura circa 10 giorni con rimontaggi e follature, è molto breve per non dare troppa concentrazione. Dopo la svinatura e un primo travaso il vino svolge la fermentazione malolattica. A questo punto il vino matura per circa 10 mesi in acciaio e affina per altri 8 mesi in bottiglia prima della messa in commercio. L’obiettivo di Francesco era avere un vino facile e godibile da subito, che non si aspetta… e c’è perfettamente riuscito!

👁  Rosso rubino trasparente con riflessi violacei, consistente.

👃 Intenso e piacevolmente vinoso, con note minerali che si intrecciano a gradevoli profumi di spezie e di piccoli frutti a bacca nera, sia freschi sia in confettura.

👄 Piacevolissimo, molto morbido ed equilibrato. Ricorda certi novelli francesi di Beaujolais.

🔥 A mio avviso il vino rosso più interessante della cantina: la beva è facilissima e goduriosa, soprattutto in estate e servito leggermente fresco. Ti sfido a non innamorartene, grazie anche all’interessante rapporto qualità-prezzo! Ho apprezzato molto la volontà di dedicare tanta attenzione a un vino base: Francesco ha capito che è proprio grazie a questi vini che il cliente entra in azienda, e per questo è fondamentale proporre prodotti eccezionali anche in una fascia relativamente bassa.

“Lindin” 2015, colli tortonesi DOC Rosso – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 23€]

100% nebbiolo proveniente esclusivamente dalla vigna chiamata “Vedra” a Castellania, situata a 400 m s.l.m. su terreno calcareo-argilloso e ricco di marne di Sant’Agata. In questa zona così simile alle Langhe il nebbiolo trova un ambiente particolarmente favorevole per esprimersi al meglio. Le uve vengono selezionate al momento ottimale della maturazione e poi raccolte a mano in piccole cassette da 20 kg. Dopo la pigia-diraspatura, la fermentazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata (25-27°C) e la macerazione dura circa 20 giorni con delicati rimontaggi manuali e follature. Dopo la svinatura e un primo travaso il vino passa in tonneaux di rovere francese dove avviene la fermentazione malolattica. A questo punto il vino matura qui per un periodo di 18 mesi per poi affinarsi in bottiglia almeno 6 mesi. Il nome è un gioco di parole dedicato a Linda, la più piccola delle figlie di Francesco e Anna, nata nella primavera successiva alla prima vendemmia. Questa è una produzione piccolissima di appena 600 bottiglie. 

Il 2015 è stata un’annata molto calda e il nebbiolo l’ha subita essendo un’uva più sensibile di altre. Per la prossima vendemmia Francesco ha acquistato una vigna molto vecchia, che tra gli altri ha 4-5 filari di nebbiolo.

👁  Rosso rubino intenso semitrasparente con leggerissimi riflessi granati. Molto consistente.

👃 Intenso e speziato, si avvertono gli stessi profumi dell’entroterra ligure e delle sue piante aromatiche. Si riconoscono note di cioccolato, ciliegie sotto spirito, menta marocchina e maggiorana.

👄 Ha bisogno di qualche minuto per ammorbidirsi un po’, è molto fresco e ha un tannino discretamente importante. Abbastanza lungo sul finale con piacevoli note speziate.

🔥 Piacevolissime note erbacee e minerali. Mi ha convinto più al naso che in bocca, ma ha buone potenzialità di evoluzione.

“I GROP” 2015, colli tortonesi DOC Barbera Superiore – Vigne Marina Coppi 

[a partire da 24€]

100% barbera proveniente dal vigneto “I Grop” nei pressi di Castellania, situato a 400 mt s.l.m. Il nome deriva dalle caratteristiche formazioni calcaree ricche di fossili che affiorano sotto forma di grossi massi in tutta la collina. Le marne calcaree tipiche di questo cru conferiscono ai vini eleganza, struttura e grande longevità. Del resto anche  “gli anziani” di Castellania affermano che la collina è da sempre nota per i suoi vini straordinari! Le uve sono raccolte a mano in piccole cassette da 20 kg dopo un’accurata selezione. Dopo la pigia-diraspatura la fermentazione avviene in vasche di acciaio a temperatura controllata e la macerazione dura circa 20 giorni con rimontaggi e follature. Dopo la svinatura e un primo travaso il vino passa in botti di rovere da 12 HL dove avviene la fermentazione malolattica. Il vino matura 18 mesi in botte per poi affinare in bottiglia almeno 6 mesi. 

👁  Rosso rubino intenso impenetrabile con riflessi quasi violacei ai bordi. Consistente.

👃  Intenso, si riconoscono note di frutti rossi in confettura, marmellata di fragole, foglie di tabacco essiccate, pepe nero, cacao, ciliegia fresca, mandorla e caramello.

👄 Grande bevibilità sorretta da una piacevole freschezza. Bel tannino amalgamato. Caldo, morbido e strutturato, complessivamente equilibrato ma spostato sulle durezze. Lunghissime note tostate. 

🔥 Grande potenziale di evoluzione, spero che Francesco mi inviterà a riassaggiare questa annata tra almeno 4-5 anni… sono certa mi stupirà con effetti specialissimi!

 

 

Insomma, è stata davvero una bella degustazione! Fausto Coppi ha lasciato in eredità prima di tutto un nipote davvero in gamba di cui sono certa sarebbe immensamente fiero!

Cheers 🍷

Chiara

L'articolo Fausto Coppi: Vigne Marina Coppi, la passione del nipote Francesco proviene da Perlage Suite.

Bruno Rocca: l’eleganza del Barbaresco

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Lo ammetto, un tour tra tutti i produttori di Barbaresco mi manca, anche se conosco quelli prodotti da alcune piccole aziende che sono ancora capaci di emozionarmi. Per questo, quando Babol Communication mi ha invitato al press tour piemontese organizzato da Pellegrini SpA, distributore bergamasco di vini e distillati di alta qualità, sono stata davvero felice! Lo considero un bellissimo inizio per approcciarmi a questa fantastica realtà enologica tra i vini piemontesi! In particolare abbiamo avuto l’opportunità di visitare l’azienda di Bruno Rocca guidati dalla sua favolosa figlia Luisa… ed è stato bello vedere un padre e una figlia così affiatati… mi ha ricordato tanto il mio rapporto col mio adorato papà recentemente scomparso. Vederli mi ha fatto riflettere quanto un figlio sia la fortuna di un genitore e un genitore la fortuna di un figlio, qualora sia capace di donargli tutto quello che ha costruito e, al contempo, insegnargli a camminare sulle sue gambe. Luisa mi ha fatto davvero una bella impressione: è una ragazza capace, una brand ambassador di quelle che sono davvero importanti in un’azienda e che fanno la differenza sia nei rapporti con la stampa, sia nei rapporti B2B e B2C. L’avrei letteralmente ascoltata per ore!

Abbiamo aspettato l’arrivo di Luisa in una splendida terrazza panoramica sui vigneti di Barbaresco. Certo che le Langhe sono proprio magiche! La terrazza di Bruno Rocca è spettacolare e il mio cuore di interior designer se l’è immaginata in un susseguirsi di stili, dal country chic all’industriale! Che splendidi ricevimenti si potrebbero tenere in un luogo come questo! Del resto la cantina di Bruno Rocca è di rara bellezza, tutti gli spazi architettonici sono studiati con stile e precisione. L’architetto è stato davvero bravissimo!

L’azienda vitivinicola Bruno Rocca possiede 15 ettari di vigneto di proprietà e produce 75.000 bottiglie ogni anno, di cui la metà di nebbiolo. Il 60% della produzione è destinato al mercato dell’export e l’azienda è distribuita soprattutto in Australia, in Giappone, in Svizzera e in UK, ma anche negli Stati Uniti, in particolare in California, in Texas, in New York, in Pennsylvania e in Virginia. Il 40% della produzione è destinata al mercato italiano ed è interamente distribuita dalla Pellegrini.

In azienda non ci sono consulenti esterni: il fratello di Luisa, Francesco, è enologo e con suo papà Bruno si occupano di tutto!

Poi voglio sottolineare la pulizia e l’ordine che alberga ovunque, anche negli spazi di lavoro e con la gente che lavora. Personalmente sono fermamente convinta che la stessa pulizia sia sinonimo di qualità, e su questo la Francia insegna. Ho girato in cantine di tutto il mondo e laddove ho trovato questa gestione degli spazi ho sempre bevuto benissimo!

Particolare la diraspapigiatrice, un grande investimento fatto nel 2012 che lavora i grappoli in verticale. I grappoli arrivano dalla cima e l’acino è tolto in modo delicato grazie alle vibrazioni, in questo modo la buccia si preserva al 100%. Inoltre, lavorando in vibrazione, si staccano solo gli acini perfettamente maturi. Luisa apre la macchina: all’interno non ci sono motori. Suo fratello ha bucato la macchina per mettere una canula in cui viene iniettato l’azoto: in questo modo in questa fase di lavoro non vengono aggiunti solfiti. Per le riserve non avviene nemmeno la pigiatura, anche perché il nebbiolo ha una buccia sottile e delicata che durante il “viaggio” verso il tino di legno si rompe da sola. Tutti i lieviti utilizzati sono indigeni. Ogni particella viene vinificato separatamente, ogni cru con il suo lievito. Ecco, anche questo mi è piaciuto molto!

La famiglia Rocca è certamente nel comune di Barbaresco almeno dal 1834, anno in cui nacque Francesco, un agricoltore proprietario di case, siti, vigne e gorreti, tutti ubicati nel territorio comunale. Tuttavia è solo intorno alla metà del 1900 che il nome della famiglia Rocca si lega indissolubilmente al nome del più celebre cru di queste colline: il Rabajà. Come probabilmente sai, il Barbaresco è sempre stato considerato il cugino un po’ sfigato del Barolo… sai quel tipo che nella classe sta sempre in fondo, con gli occhiali a fondo di bottiglia e il capello lungo unto… e non se lo fila nessuno o quasi. Aggiungi che 60 anni fa non faceva certo figo produrre vino (e fare lo chef? Oggi sono dei divi ambiti come gli attori di Hollywood, ma te li ricordi come erano considerati i vecchi cuochi? Tanta fatica e poca celebrità!)! I nonni di Luisa abitavano di fianco alla chiesa… insomma, in centro paese! Il nonno coltivava due campi fuori e sognava di comprare casa di fianco ai suoi terreni per essere più comodo. Ora, 1 km con i mezzi odierni sembra davvero nulla… ma 60 anni fa per vivere fuori paese in un posto etichettato dallo stesso Montale come “luogo della malora” non si faceva certo a botte! Ed è così che la famiglia si sposta, anche con papà Bruno nato nel 1951 ed ancora piccolissimo. Il nonno ha una grande intuizione: se sceglie i terreni migliori, non avrà mai difficoltà a vendere le uve che produce. Ed è così che compra un terreno eccezionale: il cru di Rabajà. Ma le prospettive del nonno non si fermano qui: papà Bruno deve studiare, e deve studiare qualcosa che gli garantisce un futuro solido. Per questo deve scegliere tra medicina e ragioneria (per fare l’impiegato di banca). Il papà scelse ragioneria, ma già da giovane aveva la passione della vigna e della cantina. Certo il diploma lo aiutò a trovare lavoro, e non un lavoro qualsiasi: Bruno Rocca negli anni ’80 dirigeva un piccolo dipartimento nell’ufficio marketing di Ferrero, pur non avendo un’idea di cosa dovesse fare. Il famoso ottimo impiego in cui sperava il nonno, che gli garantiva 150 milioni di lire all’anno… una cifra davvero grossa per l’epoca! Ogni anno investiva parte dei guadagni in un pezzo di cantina o in un pezzo di vigneto… fino al 1978, anno in cui produce il primo vino col nome della sua famiglia.  Bruno Rocca per imparare a fare il vino non poteva certo andare dai suoi vicini di casa a Barolo, così decide di fare il primo viaggio in Borgogna. Allora il suo cruccio era la fase di fermentazione. In uno dei suoi viaggi incontra il tonnelier di Romanée-Conti e torna a casa con due barrique. Fino agli anni ’90 si poteva conferire anche solo parzialmente le proprie uve ai Produttori di Barbaresco, oggi invece i conferitori, per evitare che consegnino solo le uve di qualità inferiore, sono obbligati a dare la loro intera produzione. Così nel 1994 Bruno Rocca lascia il posto alla Ferrero e si mette a “fare sul serio” nel mondo del vino. Il risultato? Un barbaresco francesizzante che, anche se può non emozionare tutti, stupisce sicuramente per la sua perfezione e la sua grandezza qualitativa.

E ora è giunto il momento di parlare delle mie degustazioni!

Barbaresco DOCG 2016 – bruno rocca

[a partire da 39€]

Nebbiolo 100% prodotto con uve provenienti dalle vigne più giovani del comune di Neive, Cru San Cristoforo, Marcorino e Fausoni. Il terreno è misto tufaceo/argilloso con alcune vene di sabbia. La vinificazione avviene in acciaio inox per 20-25 giorni circa. Successivamente matura 18 mesi in barriques di rovere francese.

👁  Rosso rubino intenso trasparente. Consistente, forma archetti ravvicinati e molto regolari ai bordi.

👃 Delicato e complesso, con note di fiori di rosa, pepe bianco e nero, viola, terra, caffè in polvere, grafite.

👄 Molto ruvido, si sente che è un “infanticidio” berlo già adesso. Freschissimo e con un tannino un po’ verde che si deve ancora ammorbidire, ha diverse sfumature vegetali. Lungo.

🔥 Vino fatto estremamente bene, sicuramente sarà davvero godibile tra almeno 4-5 anni.

“Currà” 2015, Barbaresco docg – bruno rocca 

[a partire da 77€]

 

Nebbiolo 100% prodotto con uve provenienti dal Cru Currà, nel comune di Neive. Il terreno è calcareo-argilloso con marne di Sant’Agata e pietrisco di arenaria. La vinificazione avviene in acciaio inox per 20-25 giorni circa. Successivamente matura 12 mesi in barriques e 12 mesi in botte grande, entrambe di rovere francese. 

👁 Rosso rubino intenso e trasparente, forma archetti ravvicinatissimi e molto regolari dove l’alcol scende davvero lentamente. 

👃 Delicato ed elegantissimo, con note di fragola fresca, pepe bianco, cioccolato al latte, nocciola fresca, viola, grafite, caffè macinato, tufo.

👄 Ampio, molto fresco, con un tannino ancora verde che ha bisogno di amalgamarsi.  Lungo finale fruttato. 

🔥 Sicuramente è un infanticidio berlo ora, ma ha grandi potenzialità di evoluzione.

 

“Currà riserva” 2013, Barbaresco docg riserva – bruno rocca

[a partire da 136€]

Nebbiolo 100% prodotto con uve provenienti dal Cru Currà, nel comune di Neive. Il terreno è calcareo-argilloso con marne di Sant’Agata e pietrisco di arenaria. La vinificazione avviene in tini di legno per 25/28 giorni. Successivamente matura da 24 a 36 mesi in botte di rovere francese.

👁 Rosso rubino con sfumature granato, trasparente e sempre molto consistente.

👃 Elegantissimo e molto delicato. Deliziose note evolute, in cui riconosco pepe rosa, cioccolato fondente, amarena sciroppata, fieno secco, foglie di tabacco giamaicano, pera candita, nocciola tostata.

👄 Entra elegante, spostato ancora una volta sulle durezze con un tannino meglio amalgamato del Currà 2015, ma ancora un po’ verde. Comunque è molto ben dosata la pseudocalorica, anche con la sua grande struttura. Il finale speziato è lungo.

🔥 Complessivamente più delicato del Rabajà Riserva. Rispetto al Currà 2015 ha mantenuto il tannino verde, ma lo ha comunque arrotondato un po’. È più chiuso e meno pronto del Rabajà Riserva e bisognerebbe capire come si evolverà. Comunque ha una bellissima bevibilità. Ha perso le note fruttate distintive in virtù di note speziate, vegetali e floreali secche.

“Rabajà” 2015, Barbaresco docg – bruno rocca

[a partire da 77€]

Nebbiolo 100% prodotto con uve provenienti dal cru Rabajà nel comune di Barbaresco. Il terreno è misto argilloso-tufaceo e sabbioso. L’età media delle piante varia da 35 a 40 anni. La vinificazione avviene in acciaio inox per 7-10 giorni circa. Successivamente matura 12 mesi in barriques di rovere francese, 80% nuove e 20% di secondo passaggio.

👁 Rosso rubino intenso e leggermente più concentrato. Trasparente, sembra leggermente meno consistente

👃 Più intenso del Currà 2015. Note maschili e forti, con un’impronta di pepe nero e sottobosco. Si intrecciano marasca sotto spirito, corteccia bagnata, torba acida di sfagno bagnata, chinotto candito.

👄 Intenso, morbido, molto equilibrato, con un tannino ben amalgamato. In bocca è molto piacevole. Non particolarmente lungo il finale, ma molto speziato. Grandissima beva.

🔥 L’ho trovato più intenso e più equilibrato del Currà 2015, in particolare mi ha convinto il tannino che ho trovato meglio amalgamato. Perde un po’ il finale in lunghezza rispetto al Currà 2015, ma complessivamente è molto più godibile!

“Rabajà riserva” 2013, barbaresco docg – bruno rocca

[a partire da 136€]

Nebbiolo 100% prodotto con uve provenienti dal cru Rabajà nel comune di Barbaresco. Il terreno è misto argilloso-tufaceo e sabbioso. L’età media delle piante varia da 35 a 40 anni. La vinificazione avviene in tini di legno per 25/28 giorni. Successivamente matura da 24 a 36 mesi in botte di rovere francese.

👁 Rosso rubino intenso e più concentrato rispetto al Currà Riserva.

👃 Delicato ed elegante, con le note terrose sempre ben presenti, ma più fini rispetto al Rabajà 2015. Mi ha colpito la particolare nota affumicata che si avverte distintamente, molto piacevole. Mi ha ricordato anche il rosmarino. Poi si susseguono note di pepe nero “oro di Seichuan”, liquirizia, grafite, fungo porcino, tartufo bianco, cioccolato fondente criollo 100% e un delizioso finale balsamico.

👄 Ha un bellissimo equilibrio tra morbidezze e durezze. Protagonista, oltre il tannino importante ma amalgamato, la straordinaria sapidità. Lunghissime note vegetali, struttura importante.

🔥 Mi ha ricordato un Chateau Margaux piuttosto giovane che bevvi durante lo splendido pranzo nella cucina col camino del castello ad aprile 2017. Sicuramente il miglior vino della degustazione!

Che vini fuori dal comune, ma soprattutto che precisione di esecuzione! 

Grazie di cuore e cheers! 😍

Chiara

P.S. Grazie ancora una volta a Sony Italia per la splendida RX100M4 che mi ha consentito di fare bellissime foto in cantina anche in condizioni di scarsa luminosità e senza flash!

 

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Corino: una famiglia speciale nel cuore del Barolo

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L’ultima tappa del press tour Pellegrini è stata a Barolo, dall’azienda Corino. Quando pensi ad un’azienda vinicola “di famiglia” pensi ad una realtà esattamente come questa! Ma la sua storia enologica è iniziata dalle generazioni precedenti, quando nel 1952 Celeste Corino si trasferì con moglie e figli all’Annunziata di La Morra per lavorare come mezzadro in alcune cascine della zona. Suo figlio Giovanni eredita la sua passione per la terra e fonda l’attuale azienda. All’inizio, come spesso accade, la maggior parte delle uve prodotte era destinata alla vendita. Negli anni ’80 Giuliano, il figlio di Giovanni, entra giovanissimo in cantina e si comincia a imbottigliare i primissimi ettolitri di Barolo. Nel 1987 si intraprende una nuova strada per l’epoca: si cominciano a effettuare i diradamenti in vigna per migliorare la qualità, a fare fermentazioni brevi a temperatura controllata e ad affinare in piccole botti di rovere francese. Oggi l’azienda coltiva 9 ettari di vigneto nel comune di La Morra e produce circa 50.000 bottiglie all’anno. La moglie Stefania e i figli Veronica e Andrea collaborano con Giuliano nella conduzione dell’azienda.

Dopo la degustazione e la visita in cantina ci siamo fermati a pranzo da Corino e devo dire che abbiamo mangiato davvero divinamente! Poche cose scelte con cura e con una materia prima di grandissima qualità, come dovrebbe essere. La fassona battuta al coltello era eccezionale, buonissima! L’annovero tra le più buone mai mangiate! Mi sono piaciute tantissimo anche l’insalata russa e il vitello tonnato. 

Ho anche scoperto un dolcetto che mi ha rubato il cuore: il lamorrese al barolo di Giovanni Cogno! Che delizia! Ho promesso a me stessa che per 21 giorni non mangio cioccolato… ma dopo ne vorrei mangiare almeno uno  quindi devo scoprire come recuperarli!! Ho giusto un Porto Kopke 10 anni che ci starebbe proprio bene… 😍

Corino: le mie degustazioni

“Barolo del comune di la morra” 2015, barolo DOCg – corino

[a partire da 31€]

100% nebbiolo. La macerazione avviene in rotofermentatore, a temperatura controllata tra i 25°C e i 30°C e dura da 5 a 7 giorni. Dopo la svinatura viene travasato in vasche di acciaio per la precipitazione dei fondi, dove resta sino al termine della fermentazione degli zuccheri e della fermentazione malolattica. Viene poi travasato in botti piccole di rovere francese usate, dove rimane per 24 mesi. Infine viene assemblato in acciaio dove rimane per 6 mesi circa, al termine dei quali viene imbottigliato e lasciato ad affinare per circa un anno prima della messa in commercio

👁 Rosso rubino trasparente. Consistente.

👃 Intenso ed elegante in cui si riconoscono le note di cioccolato, marasca, pepe nero e un finale appena accennato di chiodi di garofano. Al secondo passaggio al naso emerge prepotente il cuoio e una nota di carne al sangue, per poi sfumare in un lieve accento minerale e un finale mentolato.

👄 Entra impetuoso, con quel “che” che io definisco di vino del contadino ma sviluppato in modo estremamente piacevole. Ha un taglio molto “maschile”. Grande struttura, tannino un po’ astringente ma complessivamente amalgamato. Ben equilibrato tra morbidezze e durezze, finale lungo

🔥 Eccezionale rapporto qualità prezzo.

“Barolo giachini” 2015, barolo DOCg – corino

[a partire da 48€]

100% nebbiolo. La macerazione avviene in rotofermentatore, a temperatura controllata tra i 25°C e i 30°C e dura da 5 a 7 giorni. Dopo la svinatura viene travasato in vasche di acciaio per la precipitazione dei fondi, dove resta sino al termine della fermentazione degli zuccheri e della fermentazione malolattica. Affinamento in botti piccole di rovere francese 35% nuove e 65% usate, dove rimane per 24 mesi. Viene poi assemblato in acciaio, dove rimane per 6 mesi, al termine dei quali viene imbottigliato e lasciato ad affinare per circa un anno prima della messa in commercio.

👁 Rosso rubino trasparente. Consistente.

👃 Si intrecciano profumi di viola, tabacco da pipa, cacao amaro, ciliegie sotto spirito, pepe nero, vaniglia, mandorla.

👄 Molto intenso ed elegante. Ha un tannino più morbido ed è complessivamente più pronto. Grande freschezza, ma è comunque piacevolmente morbido. Ha un taglio meno maschile e è diverso come te lo aspetti rispetto al naso, non perché non sia coerente, anzi, ma ti aspetti un vino meno pronto. Finale tostato discretamente lungo.

🔥 Al naso è più elegante e meno intenso del La Morra. 

“Barolo bricco manescotto” 2015, barolo DOCg – corino

[a partire da 48€]

100% nebbiolo. La macerazione avviene in rotofermentatore, a temperatura controllata tra i 25°C e i 30°C e dura da 5 a 7 giorni. Dopo la svinatura viene travasato in vasche di acciaio per la precipitazione dei fondi, dove resta sino al termine della fermentazione degli zuccheri e della fermentazione malolattica. Affinamento in botti piccole di rovere francese 35% nuove e 65% usate, dove rimane per 24 mesi. Viene poi assemblato in acciaio dove rimane per 6 mesi, al termine dei quali viene imbottigliato e lasciato ad affinare per circa un anno prima della messa in commercio.

👁 Rosso rubino intenso e concentrato, trasparente. Consistente.

👃 Completamente diverso rispetto ai primi due, perché è più spostato sul frutto, sia fresco sia sotto spirito. Note più minerali, con un piacevolissimo accento di grafite. Al naso fungo porcino, mora, cioccolato, mandorla molto intensa che sfumano in un leggero  sentore vegetale.

👄 Ampio rispetto agli altri due, con un tannino più imponente ma non aggressivo, una grande struttura e un buonissimo equilibrio. Meno pronto, finale lungo.

🔥 Ha un grandissimo potenziale di invecchiamento!

“Barolo arborina” 2015, barolo DOCg – corino

[a partire da 52€]

100% nebbiolo. Il vigneto dista appena 300 metri da quello del Giachini, ma è sull’altro versante e gode di un’esposizione diversa e un terreno più calcareo. La macerazione avviene in rotofermentatore, a temperatura controllata tra i 25°C e i 30°C e dura da 5 a 7 giorni. Dopo la svinatura viene travasato in vasche di acciaio per la precipitazione dei fondi, dove resta sino al termine della fermentazione degli zuccheri e della fermentazione malolattica. Affinamento in botti piccole di rovere francese 35% nuove e 65% usate, dove rimane per 24 mesi. Viene poi assemblato in acciaio dove rimane per 6 mesi, al termine dei quali viene imbottigliato e lasciato ad affinare per circa un anno prima della messa in commercio.

👁 Rosso rubino trasparente, molto concentrato. Consistente.

👃 Particolarmente fruttato, intenso ed elegante. Yogurt alla fragola, fragole fresche e zucchero di canna, arancia rossa, pepe bianco, lampone, cioccolato bianco, fiori di maggiorana, menta piperita, accento minerale che sfuma in una mandorla ben definita.

👄Coerentissimo, di un’eleganza estrema, morbidissimo ma anche fresco e leggermente sapido. Il tannino è ben presente e ben amalgamato. In bocca ho sentito un gusto di ostrica.  Strutturato ma non potente, ampio. Finale lungo molto fruttato.

🔥 Di tutti i Barolo assaggiati è quello che mi ha rubato il cuore. Da comprare e ricomprare, bere e conservare, senza pensarci un solo istante!

“Barolo riserva” 2013, barolo DOCg – corino

[a partire da 88€]

100% nebbiolo da un vigneto di 66 anni. La macerazione avviene in rotofermentatore, a temperatura controllata tra i 25°C e i 30°C e dura da 5 a 7 giorni. Dopo la svinatura viene travasato in vasche di acciaio per la precipitazione dei fondi, dove resta sino al termine della fermentazione degli zuccheri e della fermentazione malolattica. Affinamento in botti piccole di rovere francese 50% nuove e 50% usate, dove rimane per 24 mesi. Viene poi assemblato in acciaio dove rimane per 6 mesi, al termine dei quali viene imbottigliato e lasciato ad affinare per circa 30 mesi prima della messa in commercio.

👁 Rosso rubino intenso molto concentrato e trasparente con un riflesso granato ai bordi. Consistente.

👃 Intenso ed elegante con note che immediatamente virano alla confettura. Molto fruttato, si riconoscono benissimo la fragola in confettura, la mora in confettura, il pepe nero, fiori secchi, cannella, noce moscata, sorbetto alla fragola, caramello, miele di castagno, sottobosco e una leggera sfumatura di medicinale.

👄 Ampio, elegantissimo, molto ben equilibrato e conferma il suo retrogusto fruttato e di medicinale. Tannino ancora un po’ verde, ha bisogno ancora di tempo per arrivare al suo climax, ma non troppo. Grande persistenza.

🔥 Mi è piaciuto molto, soprattutto al naso. Spero che Corino mi farà il piacere di farmelo riassaggiare nel 2023, anno che sono certa raggiungerà la sua massima espressione.

Ho passato due giorni meravigliosi in Piemonte e degustato vini di altissimo livello. Sono stata benissimo in tutte e tre le aziende che abbiamo visitato e anche l’ospitalità è stata sempre eccezionale. Però sono umana, e devo dire che una preferenza l’ho avuta. Corino è una piccola realtà, certo, non è la cantina spettacolare di Bruno Rocca, ma il panorama è splendido e ho visto il castello di Serralunga dai suoi vigneti. I vini degustati sono stati tutti di gran livello, ma qui il rapporto qualità-prezzo ha davvero una marcia in più. Corino è l’esempio della cantina dove puoi bere davvero davvero bene senza spendere cifre “fuori portata”. E non lo dico solo perché ho un debole per il Barolo! I vini mi sono davvero piaciuti tutti ed è un gran bere a partire dal Dolcetto! Quindi complimenti a questa famiglia deliziosa e grazie infinite a Pietro Pellegrini per avermeli fatti scoprire!

Cheers🍷😍

 Chiara

Ti piace il Timorasso?

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L'articolo Corino: una famiglia speciale nel cuore del Barolo proviene da Perlage Suite.

Camilleri: un vino, tra i “Miracoli di Trieste”, per la sua morte

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Non ho mai letto un romanzo di Camilleri, né ho mai guardato Il Commissario Montalbano in televisione. La verità è che io non la guardo nemmeno la televisione. E i romanzi non mi sono mai piaciuti, pertanto non sono mai riuscita ad avvicinarmici, nemmeno quando ero ragazzina che leggevo in continuazione. Eppure ci sono personaggi che lasciano il segno nelle persone per qualcosa che va oltre la loro opera, che sia musicale o letteraria. Andrea Camilleri è uno di questi.

Fabrizio, il mio migliore amico e il mio socio, circa un’ora fa mi ha detto che Camilleri è morto e mi ha detto che un genio così grande meritava un articolo sul mio wine blog a lui dedicato. Tuttavia non voglio scrivere il solito articolo copia-incolla autobiografico stile bollettino ANSA, per quello ci sono i giornali che fanno benissimo il loro lavoro. No, voglio immaginarmi di essere di fronte a lui a parlare di vita e di sogni, con un calice del Terrano del Carso che tanto amava.

Una coincidenza fortuita, il mio essere appena rientrata dal Carso. Ho bevuto dei terrano splendidi, e ne ho ricevuto, tra le altre, una bottiglia dall’azienda Lupinc, che mi ha ospitata per diversi giorni. Così ora ho deciso di stapparlo e dialogare con Camilleri, come se fosse qui, con me. Non ho un arancino o una sardina a beccafico da offrigli, ma posso rimediare con una splendida sardina di Monte Isola, il magico luogo in cui vivo. Che non è la sua Sicilia, quella Sicilia che anche io amo profondamente. Forse Taormina, con i suoi resti archeologici che si stagliano sul mare azzurro, è l’unico posto per cui potrei lasciare quello in cui vivo ora. O forse per qualche altra città siciliana che devo ancora visitare. Io credo profondamente che la Sicilia sia un modo di essere, e la sua storia ne è certamente la prova. La Sicilia è Bellezza, ed è nella Bellezza che si trova la profondità di pensiero, l’Arte, il Genio. Non ho mai conosciuto un vero creativo che vive in un posto esteticamente brutto. La bruttezza distrugge la creatività. La creatività si nutre di Bellezza, in qualunque forma essa si presenta. Sicuramente è per questo che la Sicilia è adornata di personalità straordinarie: Andrea Camilleri, Franco Battiato, Archimede, Empedocle, Ettore Majorana, Renato Guttuso, Leonardo Sciascia, Vincenzo Bellini, Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Giuseppe Tornatore, Ernesto Basile, Salvatore Quasimodo, Antonello da Messina… sono i primi che mi vengono in mente, ma chissà quanti ne sto dimenticando!

Si può essere sbirri di nascita, avere nel sangue l’istinto della caccia, come lo chiama Dashiell Hammet, e contemporaneamente coltivare buone, talvolta raffinate letture? Salvo Montalbano lo era e, se qualcuno gli rivolgeva stupito la domanda, non rispondeva. Una volta sola, ch’era particolarmente d’umore nìvuro, rispose malamente all’interlocutore:

«Si documenti prima di parlare. Lei lo sa chi era Antonio Pizzuto?»

«No.»

«Era uno che aveva fatto carriera nella polizia, questore, capo dell’Interpol. Di nascosto traduceva filosofi tedeschi e classici greci. A settant’anni e passa, andato in pensione, cominciò a scrivere. E diventò il più grande scrittore d’avanguardia che noi abbiamo avuto. Era siciliano.»

[…]

Nel ristorante dove l’amico lo portò, servivano solo pesce. Si fece un piatto di tagliolini all’astice e per secondo pigliò guatti sfilettati che difficilmente si trovano. Per mandare giù quella grazia di Dio, Protti gli consigliò un terrano del Carso, prodotto sulle colline alle spalle di Trieste.

Andrea Camilleri, Miracoli di Trieste

La Sicilia è una regione speciale, e penso che uno come Camilleri non poteva davvero nascere altrove, e diventare così speciale. Camilleri, che ha dovuto creare una sua lingua, mescolando espressioni siciliane a parole italiane con un atto degno della mixologist più raffinata. Ma quello che per me è davvero speciale di Camilleri non sono tanto i suoi personaggi, o le sue storie, che non ho mai avuto un particolare interesse a leggere. Il Camilleri con cui oggi sto parlando è il Camilleri che non si è arreso, il Camilleri che nel 1978 si è rivolto a un editore a pagamento per pubblicare un flop tale da non essere nemmeno distribuito sul serio. Il Camilleri che pubblica diversi romanzi senza successo, che nessuno ricorda. Il Camilleri che non si arrende. Per me, che vivo scrivendo e sogno di essere una scrittrice da quando sono nata, anno più, anno meno, Camilleri è prima di tutto maestro di coraggio. La maggior parte delle persone ha questa terribile convinzione che ci sono persone fortunate, a cui le cose belle semplicemente accadono. Queste persone sono sempre pronte a salire sulla barca dei vincitori, per vantarsi di conoscerli dai tempi dell’asilo, o del liceo, poco importa. Queste persone pensano che i Camilleri di turno semplicemente sono da rispettare e ammirare, e sono sul loro podio grazie alla fortuna, o alla bravura, senza riflettere che prima di tutto sono lì per una questione di approccio. Ecco, oggi voglio ricordare Camilleri proprio per il suo approccio. Camilleri è diventato un “fenomeno di successo” dopo il 1995. I vent’anni precedenti però li ricordano in pochi. E sono proprio quei vent’anni che voglio ricordare io oggi.

Camilleri era un comunista, ateo e coraggioso. Camilleri non aveva mai paura di parlare, di dire cosa pensava, di schierarsi. Ecco, oggi manca davvero la capacità di schierarsi. Di schierarsi da subito, non di farlo dopo. Di schierarsi dopo la vittoria c’è un gregge pieno. Ma quanti di loro sono stati capaci di schierarsi prima, quando il fallimento gridava con una voce talmente forte da non lasciare presagire vittoria alcuna? Quanti di loro sono stati capaci di schierarsi con Camilleri in quei vent’anni prima? A me, onestamente, poco interessa da che lato ti schieri. La diversità è ricchezza, sempre. Tranne nel caso di gente come Hitler, ma questa è un’altra storia. A me interessa che sei coerente con le tue scelte, e che le porti avanti con coraggio e determinazione.

Ecco, io voglio imparare questo da Camilleri. Voglio imparare a non avere paura di fallire e a non arrendermi. Voglio essere capace di schierarmi sempre e ammirare anche una barca che fa acqua da tutte le parti, se è capace di trasmettermi qualcosa. La Costa Concordia era bellissima, solida, invincibile, preziosa… eppure mio padre, che passava ogni estate all’Isola del Giglio con mia madre, l’ha fotografata così.

Se oggi Camilleri fosse qui, a bere un calice di terrano del Carso, rosso, impenetrabile, intenso, strutturato… cosa mi direbbe a proposito della felicità? In un’intervista ha detto che il suo giorno più felice è stato quello del matrimonio con la sua Rosetta dello Siesto, sua compagna di vita per oltre 70 anni. Rosetta si è schierata con il Camilleri di quei vent’anni, e l’ha sempre tenuto per mano. Camilleri ha detto che il segreto del suo successo è da sempre questo rapporto così intenso, con questa donna così speciale, che gli ha dato i migliori consigli per tutta la vita. Probabilmente oggi gli chiederei proprio come si fa a far durare un rapporto per 70 anni. Credo non ci sia successo più grande nella vita che dare e ricevere Amore dalle persone che amiamo. E anche da tutte le altre. Credo che tutto torna, che in questo meraviglioso mistero che è la Vita, è solo dinanzi alla malattia che ci ricordiamo cosa conta davvero: l’Amore. L’Amore per le persone più importanti della tua vita, l’Amore per gli animali, l’Amore per i luoghi, ma anche e soprattutto l’Amore per il tuo prossimo. Credo fermamente che il successo, anche lavorativo, è una conseguenza dell’Amore che sei capace di dare. Della parte di te che doni agli altri, senza secondi fini e senza aspettarti nulla in cambio. Questo Amore che dai, se sei capace di farlo, è estremamente gratificante. Se ami, se non ti arrendi, se fallisci anche 100 volte e ti rialzi… tutto quello che desideri arriva. Promesso.

 Prega solo che il tempo sia clemente, e ti sia concesso di attendere.

 Tra un sorso di vino e l’altro, caro Camilleri ti penso. Ti auguro che lassù il tuo desiderio si avveri e William Shakespeare ti stringa la mano.

E ti auguro di incontrare anche il mio papà, che non è Skakespeare, ma è stato immenso almeno quanto lui. Non come scrittore, ma come padre. Non per l’umanità, ma per me. Non so se esiste il Paradiso, ma se c”è lui sicuramente adesso sta facendo un bellissimo castello di sabbia circondato da tanti bimbi sorridenti. Magari nella tua Sicilia.

Un abbraccio a Rosetta e a tutta la tua famiglia.

Chiara

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Instagram: il 2019 è la fine dei (wine) influencer?

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Era ottobre 2014, presso il Centro Nazionale di Ricerche di Bologna. Con Fabrizio, il mio più caro amico e il mio socio, stavamo seguendo un corso di Social Marketing. Avevo appena registrato il dominio del mio primo wine blog, cavatappi.org, e non sospettavo nemmeno che a distanza di 5 anni sarei diventata una wine blogger e questo sarebbe stato il mio principale lavoro. Anche se da sempre desideravo un lavoro che mi rendesse libera di vivere dove volevo, possibilmente vista lago o vista mare. Molti sono schiavi del sistema al punto che lavorano per comprarsi la macchina con cui andare a lavorare. E magari non hanno nemmeno una casa, o questa casa non è abbastanza dignitosa come la loro macchina. Il concetto di qualità della vita è un lontano ricordo: ci si stringe in condomini enormi, in brutte periferie, alla stregua di diligenti formiche operose che non si chiedono mai se è questa è davvero la vita che vogliono. Altri invece vivono alla giornata per paura di perdere una millantata libertà che spesso nemmeno hanno. Hai presente le cicale che cantano tutta l’estate e muoiono di fame e solitudine d’inverno? Non essere né una formica né una cicala: sii aquila, e ricorda che questa non vola mai a stormi. So che ti stai chiedendo cosa c’entra questa premessa con l’ultimo giro di boa che ha dato Instagram agli influencer! Nell’era del digitale, complice anche il lungo periodo di crisi che stiamo vivendo, sono nati nuovi lavori, tra cui il blogger prima e il social influencer dopo. Questo è bene, assolutamente bene. Trovo straordinario che ci siano persone capaci di creare un mercato da zero grazie alla loro intelligenza e al loro talento. Quello che invece trovo meno straordinario, anzi piuttosto fastidioso, è che gli stessi strumenti che hanno permesso di ampliare all’infinito gli orizzonti abbiano permesso all’ultimo coglione di turno di fare il fenomeno su Instagram. E di guadagnarci pure, spesso raggirando aziende non troppo scaltre.

Ricordo quel giorno di ottobre, Fabrizio mi guardò e mi disse: “Non investire mai in un media di cui non sei proprietaria. Laddove le regole non le fai tu, sarai sempre in balia degli interessi di altri“. Beh, mai consiglio fu più prezioso! Ho investito tantissime risorse per rendere Perlage Suite uno dei wine blog più letti d’Italia. Ho studiato tantissimo. Ho passato centinaia di notti in bianco negli ultimi 5 anni. Me ne sono bellamente fregata di Instagram, e ancor di più di Facebook. Credo di non aver addirittura mai guardato la mia home di Facebook da quando ho aperto il profilo. Non capirò mai chi spreca il suo tempo per sapere tutti i capperi del suo ex vicino di banco delle medie. E non capirò mai perché una persona deve essere così insicura da avere bisogno di mostrare una realtà gonfiata che rende la sua vita più interessante in modo da avere conferme di riprova sociale. I social network sono interessanti e preziosi per creare contenuti di valore di qualsiasi genere da condividere col mondo, o per scoprirli. Peccato però che i contenuti di valore latitano al pari dei veri influencer. Ed è così che Instagram si riempie di ragazzine e ragazzini che più che influenti sono influenzati, con numeri gonfiati da qualsiasi cosa: quando va bene utilizzano bot di follow/unfollow e gruppi di scambio like e commenti, quando va male comprano al costo di 2 scatole di aspirina 50.000 followers e fanno i professoroni di wine marketing. Ne conosco meno di una manciata in gamba, che sono stati capaci di aprirsi un mercato e creare valore per i loro followers. Tutto il resto è spazzatura. Cretini di tutti i generi che credono che fare il wine blogger o il wine influencer è fico perché ti regalano le cose, senza pensare che dietro c’è tantissimo lavoro e sacrificio. C’è da tenere il culo incollato alla sedia anche quando sei a al 31 luglio e fuori ci sono il sole e 40 gradi, ecco.

Vogliamo che i tuoi followers si concentrino su ciò che condividi, non su quanti like ottengono i tuoi post

ho letto giusto qualche giorno fa sul mio profilo Instagram, mentre non vedevo più il numero dei like sulle foto degli altri utenti.

Per fortuna quel fenomeno di Mark Zuckerberg è venuto in nostro soccorso e ha deciso di assestare un altro colpo al mercato dei wine influencer: non sarà più possibile vedere il numero di like di una foto. Vuoi aumentare i tuoi followers e l’engagement dei tuoi post? Paghi della sana, regolare e (speriamo) efficace pubblicità! Al rogo i bot, i venditori di followers e like dei suoi stivali che veicolano soldi all’esterno della sua piattaforma! E soprattutto al rogo sti benedetti influecer: può Coca Cola pagare 3,5 milioni di euro a Selena Gomez per sorseggiare una sua bibita invece di investire quei soldi in pubblicità su Instagram? Fortuna che c’è “brava gente” come Donald Trump che ha speso 1 milione di euro al giorno in pubblicità su Facebook per diventare Presidente degli Stati Uniti d’America. No, ma sul serio… pensavate che Instagram o Facebook erano delle Onlus da usare a vostro piacimento e guadagno? Hai idea di quante risorse economiche servano per far funzionare queste piattaforme con tutte le menate che la gente carica sul suo profilo Facebook/Instagram? Tutti questi contenuti finiscono “da qualche parte” e questo “qualche parte”, per essere sempre online con milioni di utenti contemporaneamente ciuccia più risorse dell’agnello al forno di tua suocera a Pasqua. A questo proposito proprio ieri, sempre su consiglio di Fabrizio, ho visto su Netflix un documentario molto bello che si chiama The Great Hack – Privacy violata. Racconta come l’elezione di Trump e la Brexit sono stati risultati ottenuti grazie al lavoro di Cambridge Analytica e Facebook che hanno influenzato migliaia di persone mostrando loro contenuti ottimizzati per generare paura e cambiare le loro decisioni. La paura uccide l’intelligenza, è un dato di fatto. La paura non fa ragionare né con la testa, né con il cuore. La paura ci rende appunto influenzabili e controllabili. E secondo te ora che i dati hanno superato il valore del petrolio, Instagram se ne sta buona e zitta a vedersi soffiare milioni di fatturato pubblicitario da influencer o presunti tali? Cioè Instagram possiede i dati che le servono per rendere le sue pubblicità estremamente efficaci, ma non li sfrutta appieno a causa dell’ultima mamma-blogger aspirante consumatrice di pannolini gratuiti? Instagram che malapena tollera Chiara Ferragni, Selena Gomez o Cristiano Ronaldo dovrebbe tollerare anche questi milioni di specchietti per le aziende-allodole?

La genialata finale? Far passare l’operazione della rimozione dei like alle foto come una scelta fatta per la salute mentale degli utenti che, così facendo, avranno meno ansia da prestazione e saranno meno impegnati nella caccia dei like. Davvero, sono dei geni… del crimine però. Questa mossa dei like ha un solo scopo: eliminare gli influenzati e abbassare il cache degli influencer veri che, purtroppo per Instagram, sono pagati direttamente dai marchi. Anche io talvolta sono pagata da alcuni Brand -mai aziende vinicole, per carità- per condividere contenuti su Instagram e mostrare i loro prodotti o le loro strutture. Tuttavia, essendo un altro il mio core business, faccio parte di quei wine blogger felici di vedere Mark prendere in mano la situazione per aumentare le sue entrate pubblicitarie. E anche le aziende dovrebbero essere contente di questo: distinguere un influencer da un influenzato spesso non è così semplice, e ad alcuni basta vedere migliaia di followers per essere tratti in inganno e spendere soldi in campagne che al più faranno guadagnare loro un malanno fuori stagione!

Instagram solo in Italia conta 22 milioni di iscritti, oltre un terzo della popolazione. Praticamente tutti, se consideriamo neonati, bambini piccoli e anziani. Una parte di questi profili sono stati coinvolti nel test dei “like nascosti”. Ti invito a leggere questo articolo pubblicato da Roberto Buzzatti su Forbes, che fa chiarezza sulla “Pesce Palla Strategy” di molti profili Instagram.

E qui arriviamo al punto: in una società 2.0 in cui il valore individuale sembra essere il numero di followers e di likes, tutti, chi più chi meno, ricorrono ad aiutini per gonfiare i propri numeri cercando di apparire più influenti di quanto non siano realmente.

Io la chiamo “Pesce Palla strategy”. Ti gonfi per sembrare più grosso di quel che sei. Ma il pesce palla lo conosciamo tutti e, più che influenzarci, ci fa un po’ sorridere perché solo lui pensa di far paura a qualcuno.

[…]

Impossible continuare a crescere con gli automatismi, acquistare followers è un terno al lotto poiché possono arrivare tutti, solo alcuni o nessuno e nei giorni successivi non sai mai se ci saranno ancora. Il prezzo dei like invece è cresciuto tantissimo perché per mandarli le procedure sono molto più complesse e i filtri di Instagram ne bloccano la maggior parte. Il mercato parallelo della notorietà a basso costo comincia fortemente a scricchiolare e i pesci palla cominciano a sgonfiarsi.

[…]

Tutto questo, a detta di molti, sarà la tomba degli influencers che, senza poter sfoggiare i loro tanto impressionanti quanto finti numeri, perderanno appeal sul loro seguito.

Era ora! Sono certa che questo provvedimento eliminerà gli influenzati-spazzatura e ci lascerà solo gli influencer veri, quelli che fanno informazione pubblicando contenuti di valore per il loro target. A tutto vantaggio della tua user-experience: sai che tristezza avere a che fare ogni giorno con un robot che ti commenta e ti mette like invece che con una persona reale che interagisce con te sul serio? Diciamo che è come fare l’amore con una bambola gonfiabile… in un qualche modo puoi anche raggiungere l’amplesso, ma una persona in carne e ossa che ci mette passione, se sei fortunato addirittura sentimento, è tutta un’altra cosa.

Nascondere i like e irrigidire I controlli alla fine farà felici tutti: 

  1. Zuckerberg e “famiglia” torneranno a guadagnare con le pubblicità, ormai unica possibilità di crescita.
  2. Gli utenti avranno meno contenuti spazzatura e interazioni con persone reali.
  3. I Brand non rischieranno i loro soldi in influenzati che non porteranno mai nulla alla loro azienda.
  4. I Social Media Manager in gamba torneranno in auge quale unico strumento di valore per crescere davvero su Instagram.
  5. Gli influencer veri faranno ancora più soldi e si potranno prendere il lusso di pubblicare un contenuto in più tanto chissene frega se se lo cacano in pochi.

Resta solo da capire che fine farà il pesce palla e chi alimenterà la sua già scarsa autostima.

Tuttavia non darti troppa pena per lui: quasi sempre è un emotivo che dimenticherà in fretta il suo (finto) successo su Instagram, giusto il tempo di rimpiazzarlo con un nuovo strumento capace di dargli nuove intense emozioni.

Cheers 🍷

Chiara

A casa ho le ultimissime copie in pronta consegna del mio libro “Come diventare Sommelier” con spedizione immediata! Compralo subito e studia sotto l’ombrellone, al mare o in piscina!

Tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione.

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Mare & Vitovska 2019: la cantina più bella è quella di Zidarich!

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Mare & Vitovska 2019 si è svolto oltre un mese fa, ma per una serie di vicissitudini personali mi sono ritrovata con il “blocco dello scrittore”. Per questo ho deciso di concentrarmi sulla nuova edizione del mio libro bestseller “Come diventare Sommelier. Non sono una giornalista, non faccio cronaca… scrivo col cuore basandomi sulle competenze acquisite in tanti anni di studio del vino. E forse è proprio per questo mio modo di scrivere così personale ed emotivo che il mio wine blog Perlage Suite è arrivato a fare oltre mezzo milione di pagine lette ogni mese, pertanto non ho nessuna intenzione di cambiare.😇 Stasera mi sono bevuta un caffè, fumata un sigaro, gustata un delizioso cioccolato 100% Domori preso da Eataly Trieste durante un week end stupendo e orribile allo stesso tempo e ho guardato i fulmini illuminare il lago di infinite sfumature di viola. E poi ho capito che volevo scrivere di quella che per me è stata la più bella cantina del Carso: Zidarich. Ho deciso di (ri)partire da qui.

Il Carso è pietra plasmata dal tempo.
Dalla roccia calcarea sciolta dall’acqua
è nata la poca terra rossa
i semi delle piante che trasmigrano
da oriente a occidente spinte dal vento
hanno lasciato la loro traccia
in questa strettoia fra il mare e i monti
l’uomo ha usato quello che ha trovato
è riuscito a coltivare sulla pietra
i suoi animali hanno brucato in ogni angolo
dopo il Carso brullo e inospitale
il verde è tornato
protetto, amato, goduto.

Sono stata in questo splendido Carso solo 3 giorni, ma credo davvero di averne capito l’essenza. Gente semplice nel senso più elevato del termine, lavoratrice, rispettosa, coerente. Benjamin Zidarich è un tutt’uno con la sua terra e la sua cantina ne è la prima prova. Ha scavato per 10 lunghi anni nella roccia a 20 metri di profondità per costruirla. Il risultato è straordinario e delle splendide cantine carsoline che ho avuto il piacere di visitare ne è certamente l’eccellenza.

La sala di degustazione circondata di enormi vetrate e affacciata a una incredibile terrazza vista vigneti che sfumano sul mare è bellissima e accogliente. Abbiamo fatto una deliziosa degustazione in abbinamento a prodotti locali.

I vigneti sono stupendi e sani, dominano il golfo di Trieste a circa 300 mt sul livello del mare. La terra rossa argillosa esalta il colore verdissimo delle foglie di vite. Ricca di ferro, è interrotta dalle rocce calcaree che affiorano e si presentano come grossi blocchi a varie profondità. Il clima qui è ventoso, da un lato la fredda Bora alpina, dall’altro le delicate brezze salmastre.

A 20 anni Benjamin ha ereditato il mezzo ettaro di suo padre per poi portarlo agli 8 ettari attuali. Anche la filosofia cambia radicalmente: estirpa le vecchie vigne per privilegiare gli autoctoni, tra cui malvasia, vitovska e terrano. La conduzione della vite è biodinamica, anche se giura di non avere mai seppellito né corni né bamboline vudù.

“Il carso è la mia terra, rappresenta il mio modo di essere e di pensare. Il Carso è vita e lavoro. Credo nella tradizione e vocazione della mia terra, produco vini in modo naturale, secondo il concetto dei vini veri”.

Benjamin Zidarich

 

Eccoci davanti all’ingresso della cantina Zidarich, progettata dall’architetto Paolo Meng. La sua costruzione è durata quasi 8 anni e non stento a crederlo! Per lo più sotterranea, si sviluppa su 5 piani per 1.200 mq. Benjamin ci dice con orgoglio che è stata inaugurata il 3 luglio 2009, avrei voluto esserci! Peccato che all’epoca frequentavo ancora la facoltà di Ingegneria e mai avrei immaginato di realizzare davvero il mio sogno di bambina e vivere scrivendo vista lago. Aggiungi che 10 anni fa avevo appena cominciato a studiare il mondo del vino… e nemmeno sospettavo esistesse la vitovska!

Oltre che bellissima, la cantina Zidarich è davvero pulita e ordinata. Niente è lasciato al caso: Benjamin è sicuramente un perfezionista. In effetti non stento a crederlo: anche i suoi vini hanno una personalità molto forte. Nel prossimo articolo vedrai quante vitovska ho assaggiato, ma senza entrare in merito al mio gusto personale, la particolarità di questi vini è l’essere tutte espressioni diverse dello stesso territorio. Ci sono vitovska intime e altre più “fluide”. Ci sono vitovska indimenticabili e altre ordinarie.  Ecco, non posso garantirti che la vitovska di Zidarich ti piacerà al 100%, ma è sicuramente intima e indimenticabile. Esattamente come Benjamin.

Tra i vari assaggi quello che più mi ha colpito è quello della botte in cemento. Ha decisamente un’altra marcia! Anche se non è ancora pronto intuisco che contiene un capolavoro. Non che quelle in legno siano da meno, ma la versione in cemento è ancora più particolare e intensa. Le note minerali e salmastre danzano con quell’acidità tipica di questo vitigno.

“Sempre affascinato dalla particolarità, dalla bellezza naturale ed unica della pietra del mio Carso, ho voluto sperimentare la vinificazione nei tini di pietra. La vinificazione nei tini di pietra ha origine in epoca preistorica. Nel secolo scorso tali contenitori venivano usati per la conservazione di vari alimenti, tra cui anche il vino. Da tanto cercavo una valida alternativa ai tini in rovere. Creando questi tini ho voluto stringere ancora di più il legame dell’azienda con il territorio cercando anche di valorizzare la pietra locale. Il tino in pietra, oltre ad essere realizzato in un materiale naturale da artigiani locali, è in grado di mantenere la temperatura costante. I maestri Marko e Kristjan Zidaric hanno così dato forma ad un tino unico, fatto di 5 pezzi di marmo impilati ed assemblati. Una volta raccolta la varietà della vitovska, viene diraspata e messa nella vasca di pietra, dove avvengono poi la fermentazione e la macerazione. Le bucce rimangono a macerare per circa 18 giorni, dopodiché il vino viene travasato e messo nelle botti di rovere”.

Beniamino Zidarich

Queste due immagini rappresentano tutta la bellezza di questa cantina. 

Da sola la cantina Zidarich vale il viaggio, a prescindere da dove parti sai dove arriverai.

E poi ci sono i vini, che assolutamente non sono da meno.

Che fascino, scommettiamo che te ne innamorerai perdutamente?

Mare & Vitovska: Vitovska 2016, Zidarich

⚙Macerazione e fermentazione sulle bucce in tini aperti senza nessun controllo della temperatura. Fa la malolattica in grandi botti di rovere per poi affinare in botti medie e grandi di Slavonia per almeno 2 anni.

👁  Giallo dorato leggermente velato.

👃 Intense note salmastre abbracciano la susina in confettura e i fichi essicati.

👄 Fresco, strutturato, molto sapido e discretamente lungo.

Mare & Vitovska: “Kamen” Vitovska 2017, Zidarich

⚙18 giorni di macerazione in tini di pietra e poi messa in tini di legno. La nuova versione assaggiata dalla botte fa tutta pietra! 🔝 

👁  Giallo paglierino intenso con riflessi oro. 

👃 Deliziose note minerali, salsedine e brezza marina, si intrecciano a delicati accenti tostati con un finale di zenzero fresco.

👄 Intenso, caldo, molto sapido e lungo.

A pranzo abbiamo avuto il piacere di assaggiare una chicca della produzione di Benjamin. Nel giugno 2011, dopo cinque anni dalla raccolta dell’uva la Zidarich VITOVSKA Collection 2006 entra in commercio racchiudendo in sé la massima espressione che la vitovska può dare. Esistono soli 1.300 esemplari numerati e tutta la produzione affina in un’unica grande botte da 10 ettolitri per 4 anni. Nella Grande Osteria “Tre Noci” [Via Sistiana 33, 34019 Duino-Aurisina (TS)], l’abbiamo abbinata a del pesce squisito (a parte il polpo, troppo gommoso e duro), in particolare questi cannolicchi con la salsina piccante erano davvero buoni! Mi hanno ricordato quelli che ho cucinato a Lisbona l’anno scorso, divini! Mmmmh che voglia mi è venuta di mangiarli anche ora…  meglio che non ci penso, o vanifico i 3 kg che ho perso in questi ultimi 10 giorni! 🤭

Cheers 🍷

Chiara 

P.S. Come sempre grazie a Sony Italia e a UniversoFoto.it per la meravigliosa Sony Rx100M4 (comprala subito su Amazon seguendo questo link: adesso costa 400€ in meno!) che mi consente sempre di fare foto spettacolari in ambienti bui come le cantine senza l’ausilio di scomode luci portatili! Una rivoluzione per tutti gli appassionati di vino! 😋

P.P.S. Ti saluto con questo video tratto dalla colonna sonora di Twilight di Carter Burwell che adoro. Lo so, lo so… sono grande ormai per questo genere di storie… ma resto un inguaribile romantica! Quindi ora mi riguardo il film prima di andare a dormire! 😍 [Che poi Edward, anzi Robert Pattinson, è fico oltre ogni immaginazione… bevesse vino invece che sangue sarebbe il mio uomo ideale! 😂]

P.P.P.S. Se oggi sei sul Lago d’Iseo non perderti il concerto “Tre Tempi Duo” con Giacomo Bigoni alla chitarra e Gaetano Genna al clarinetto. Ci vediamo a Sulzano alla Chiesa di San Fermo alle 21 per il Festival “Onde Musicali sul Lago d’Iseo“! 

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Come lavorare come Sommelier a Londra: 3 consigli utili

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Ogni giorno mi mandate delle bellissime e-mail (quasi tutte, ad alcuni tirerei il collo…😅) e una delle cose che mi chiedete più spesso è “come lavorare come sommelier a Londra“. Curiosamente io non ho mai visitato Londra: ho sempre rimandato preferendo mete che mi appagassero di più enologicamente! Tuttavia non ho affatto trascurato questa città: anche questo wine blog infatti proprio nei prossimi mesi diventerà di proprietà di una LTD londinese… io e il mio socio stiamo preparando progetti davvero meravigliosi per il 2020, tra cui anche una wine app di cui sono certa ti innamorerai! 😍🍷 Insomma, Londra è nei nostri prossimi piani! Decisamente!

Per questo ho deciso di scrivere questo articolo con le prime 3 mosse che farei io se volessi lavorare come sommelier a Londra! Ho parlato con una coppia di conoscenti che ci vivono (lui sommelier, lei dirigente aziendale) che mi hanno suggerito diversi punti… e questi sono i 3 che abbiamo sottolineato più e più volte! Quindi direi di partire da qui… poi appena vado a Londra il prossimo anno a studiare l’ambiente approfondisco questo articolo… tanto se tutto va come deve (e mi impegnerò al massimo per questo) starò a Londra qualche settimana e ci sarà tutto il tempo! 😉

Come lavorare come sommelier a Londra, Consiglio 1: taglia, taglia, taglia… se annoi, perdi!

Sia che tu abbia già cominciato a lavorare come sommelier a Londra, sia che tu sia ancora a casa a decidere se è il caso di mettere in valigia quell’assurdo berretto di pelliccia, questo consiglio è più che utile, fondamentale! Infatti ti serve tanto per trovare il lavoro che sogni, tanto per mantenerlo. Ti voglio fare una piccola premessa: noi sommelier italiani siamo cresciuti in uno stato “enologicamente più avanzato” della City (incredibile ma vero: c’è qualcosa in cui Londra è più arretrata dell’Italia!). Il consumatore medio italiano, anche quello più sfigato, è più evoluto del consumatore medio londinese. Questo però non significa che a Londra non ci sono cultori di vino, anzi gli appassionati sono davvero appassionati, ovvero sono realmente preparati e spesso molto più dei loro equivalenti italiani! Tuttavia il “grosso” si preoccupa solo di due numeri del vino e, mi dispiace deluderti, non c’entrano nulla con la densità di impianto o il numero di mesi di affinamento. 

Il prezzo e il punteggio sulle guide di settore sono i due numeri per eccellenza. Vuoi lavorare come sommelier a Londra? Comincia da qui: tappati il naso e mostrati super esperto di come combinare questi due dati tra loro, sia per incantare i clienti sia per massimizzare i guadagni della struttura dove lavori. Lo so, lo so… per te il vino è prima di tutto poesia. Sbagliato, il vino è un prodotto, le cantine vinicole e i ristoranti sono aziende e la ruota deve girare. Vuoi farti assumere? Vuoi conservare il tuo nuovissimo posto di lavoro nella city? Dimostra di essere speciale a partire dall’essere in grado di saper scegliere i vini meglio posizionati sulle guide col rapporto qualità-prezzo più conveniente per il ristorante o l’hotel dove lavori. A parlare di terroir ti assicuro che c’è sempre tempo…

Come lavorare come sommelier a Londra, Consiglio 2: tutto comincia da un inglese fluente!

No, non è affatto banale! Ho più di un conoscente che ha l’assurdo pensiero di trasferirsi a Londra con un livello di inglese scolastico e l’aspettativa di imparare a parlarlo correttamente là nel giro di qualche settimana. Non funziona così! Io posso anche trasferirmi a Londra e prendermela comoda con l’inglese tanto non lavoro a stretto contatto con il pubblico inglese, ma tu no! Come lavorare come sommelier a Londra? Parti da un inglese davvero fluente! Questo ti consente non solo di sostenere e superare i tuoi primi colloqui telefonici o in videoconferenza con maggior facilità, ma soprattutto ti dà una grande sicurezza, sia con i clienti sia con i datori di lavoro!

Non hai i soldi per un costoso corso di inglese professionale? Imparalo in modo non convenzionale… secondo me è comunque molto efficace e ti fa apprendere più cose utili nello stesso momento! Come? Ecco il mio metodo:

  1. Trova un wine blog di madrelingua inglese che ti piace e comincia a leggerlo. Molte cose non le capisci? Normale, il traduttore e il dizionario inglese-italiano ti servono proprio a quello! Come dizionario ti consiglio di utilizzare Wordreference, è più professionale!
  2. Guarda e ascolta un documentario/film sul vino in inglese, senza preoccuparti troppo di non riuscire a seguire tutto. L’ideale è che lo guardi/ascolti la prima volta in italiano, la seconda in inglese sottotitolato in italiano, la terza in inglese sottotitolato in inglese e la quarta in inglese senza sottotitoli! E ripeti con un nuovo film! Alla fine avrai imparato sia il soggetto del documentario, sia l’inglese… meglio di così! 😄
  3. Segui su Instagram cantine vini, wine blogger e operatori di settore inglesi e interagisci con loro commentando le loro foto! Questo non solo ti farà esercitare nella scrittura e nella comprensione, ma ti darà delle chance per aprire nuovi orizzonti lavorativi. Da cosa nasce cosa…

Ovviamente questo è solo un inizio, ti occorrerà perfezionare nel tempo sia la tua grammatica sia il tuo parlato… ma per cominciare è il miglior modo: impara coltivando la tua passione per il vino! Probabilmente non sarà sufficiente per lavorare da Gordon Ramsay, ma per trasferirti a Londra sì! Intanto comincia, che a ricercare la perfezione si diventa vecchi senza aver concluso niente! 

Come lavorare come sommelier a Londra, Consiglio 3: Fai almeno un corso WSET!

Anche e soprattutto se sei in possesso di un diploma AIS o equivalente, fare almeno un corso WSET è fondamentale per te. Non solo perché WSET è un riferimento nel mondo del vino, ma perché il corso è in inglese e questo ti darà davvero una marcia in più per lavorare a Londra come sommelier (o dovunque vuoi tu!). Immagina che dimestichezza acquisirai con l’inglese tecnico del vino… inoltre se sei già un sommelier AIS puoi partire dal terzo livello WSET!

Sai che esistono i corsi WSET intensivi per prendere un livello in soli 7 giorni? Che ne dici di fare una “vacanza-studio” alternativa? Seguirai il corso dalle 9:00 alle 17:00 per 6 giorni e il settimo giorno, dalle 9:00 alle 13:00, sosterrai l’esame! Lo so, è una tirata micidiale, ma di contro hai tutto bello fresco quello che stai studiando e ci metterai molto meno tempo ad assorbire i concetti. Nemmeno a me piace diluire… il costo, per la sede di Londra, è pari a 840 €. Ti consiglio di prenotare per stare a Londra almeno 10 giorni, dove il primo giorno arriverai con calma e ti riposerai un po’, i successivi 7 giorni ti dedicherai al corso, il nono giorno festeggerai alla grande dandoti davvero alla pazza gioia e durante il decimo giorno rientrerai con calma! Per maggiori informazioni segui questo link. Quest’anno dal 16 al 20 settembre sono in ferie -meritato riposo dopo l’uscita della seconda edizione del mio libro Come diventare Sommelier-, ma anno prossimo come ti ho anticipato volerò a Londra anche per fare questo corso e ti farò sapere!

 La WSET dà la possibilità di seguire i corsi comodamente da casa scegliendo l’opzione “online”. Personalmente ti sconsiglio questa formula perché la trovo tanto costosa quanto dispersiva! Ogni livello è suddiviso in 2 semestri che costano 1290 £ ognuno, quindi per conseguire ad esempio il terzo livello WSET spenderesti poco meno di 3000 €! Inoltre ci metterai circa 1 anno, cosa che trovo estremamente complicata, soprattutto se nel frattempo lavori, per gestirti sia le lezioni sia lo studio! Personalmente trovo molto più efficace concentrare tutto in 1 settimana… ed è anche più economico! Certo Londra è una città cara, ma ci sono diverse soluzioni per non spendere un capitale per dormire a Londra 10 giorni (se vuoi approfondire in un articolo come dormire a Londra spendendo relativamente poco chiedimelo in un commento!) e poi sarà anche una bellissima esperienza!

Spero che questi consigli ti siano utili! Tu hai mai lavorato come sommelier all’estero? Raccontami in un commento la tua esperienza!

Cheers 😍🍷

Chiara

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Gravlax: foto ricetta della mia trota marinata e la malvasia di Lupinc in abbinamento

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In questa bellissima foto Giovanni, il figlio dei miei vicini, sta sfilettando proprio la mia trota marinata. Il merito è suo se la nostra tavola di Ferragosto vista lago è così bella! Adoro mangiare il pesce marinato o crudo, anzi, se potessi confesso che mangerei solo quello! Quindi questa ricetta è perfetta per il mio palato, ma non solo per il mio! Mia zia ad esempio, che il pesce crudo si rifiuta(va) perfino di assaggiarlo, ha l’acquolina in bocca da quando ho completato la preparazione! Il Gravlax è una preparazione tipica dei Paesi Scandinavi che hanno da sempre la necessità di conservare il salmone anche per lunghi periodi. In svedese si chiama gravad lax, in danese si chiama gravad laks e in norvegese si chiama gravlaks… tre nomi simili per la stessa ricetta a base di salmone, aneto, sale e zucchero (gravlax significa letteralmente “salmone stagionato”). Tuttavia, quella che ti proporrò oggi, è la mia rivisitazione di questa deliziosa ricetta, che altro non è che una trota marinata “a secco” e la ritengo in assoluto la mia creazione migliore!

Personalmente preferisco preparare la trota stile “gravlax” perché i suoi filetti sono più sottili e meno “panciuti” di quelli del salmone e gli aromi penetrano maggiormente conferendole un gusto ancora più marcato. Inoltre vivo sul Lago d’Iseo e qui la trota è tra i pesci di lago più deliziosi! Agli svedesi quindi lascio il salmone (che comunque adoro) mentre ti racconto la mia ricetta della trota “alla gravlax”!  Visto che ogni ricetta ha un nome… che ne dici se la chiamiamo “trota alla Perlage Suite“?😇😁

Prima di mostrarti la mia foto-ricetta voglio farti solo un piccolo appunto sul sale da utilizzare per la marinatura: scegli un sale integrale di ottima qualità! Non tutti i sali sono uguali: cambia il sapore e cambia l’intensità del loro gusto “salato” (e di conseguenza anche le ore di marinatura, ad esempio con il sale grosso comune tieni buono 32 ore).

Per la mia trota gravlax utilizzo solo sale grigio di Guérande. Questo sale marino integrale è estratto nella regione Pays de La Loire, in una baia di circa 2000 ettari ricca di saline. Il suo colore grigio è dato dall’argilla, che gli conferisce anche un delizioso gusto floreale e un sapore molto meno salato rispetto al sale comune. Anche la consistenza è diversa: i suoi grossi chicchi si sgretolano tra le mie mani con grande facilità.

Poi ho provato a farla davvero con tutti i tipi di sale e ho capito che, come sempre, è tutta questione di gusti! Quindi anche qui ti consiglio di trovare il sale che “fa per il tuo palato” e prenderci bene le misure con i tempi! Nota che se utilizzi del sale grosso comune si mescola peggio con lo zucchero e cambiano le %: invece di fare metà e metà come fai con il sale marino integrale, su 3 kg totali fai 1,8 kg di sale e 1,2 kg di zucchero semolato.

Il principio di questo tipo di marinatura è che il sale “asciuga” il pesce estraendo un quantitativo di acqua proporzionale al tempo in cui il filetto è rimasto all’interno della marinatura. Ho provato a lasciarlo dalle 8 alle 72 ore con risultati molto diversi: 8 ore sono poche perché il gusto e la consistenza sono ancora poco concentrati e più carnosi, 72 ore sono troppe perché si asciuga troppo e diventa un po’ secco. Per la trota il tempo di marinatura ideale, per il mio gusto, è di 36 ore. Ti consiglio però di fare qualche prova lasciandolo sempre di più per trovare la tua consistenza ideale.

Questa ricetta richiede pochi ingredienti ed è anche relativamente economica, ma questi devono essere freschissimi e di grande qualità. Se non sei certo della provenienza della trota fresca o non hai l’abbattitore ti consiglio di metterla nel tuo freezer (non nella cassetta del ghiaccio) per almeno 96 ore in modo da uccidere i batteri. Io della mia trota sono certissima pertanto la prendo fresca e la marino direttamente (dopo averla ispezionata con cura), ma, per saltare questo passaggio, devi avere un occhio molto allenato e fidarti del tuo pescivendolo! La mia trota viene sempre e solo “da Montisola con sapore” perché il pesce di Danilo e Maciste è super!

il mio gravlax: Ingredienti per 6/8 persone

  • 1,2 Kg di trota salmonata o marmorata;
  • 1,5 kg di sale grigio di Guérande;
  • 1,5 kg di zucchero semolato;
  • 1 limone grosso;
  • 5 grani di pepe nero di Giamaica;
  • alcuni rametti di timo limonino;
  • ribes.

Puoi farne un po’ di più tanto si conserva benissimo in frigorifero dentro un sacchetto chiuso per 5 giorni.

il mio gravlax: che attrezzature ti servono per prepararla?

La ricetta della trota gravlax non ti chiede di utilizzare nessuna fonte di cottura: ti bastano una ciotola grande (per la marinatura di sale e zucchero) e una piccola (per raccogliere e sminuzzare le erbe), una pirofila di vetro con i bordi alti, una grattugia (meglio a fori larghi), un cucchiaio (meglio grande) e della pellicola trasparente. Per servire ti consiglio un vassoio di ardesia o legno, l’ardesia soprattutto crea un bellissimo contrasto col rosa della trota! Ti consiglio questi articoli su Amazon:

il mio gravlax: Preparazione

Passo 1: Lava i filetti di trota

In foto vedi altro pesce che abbiamo preso… perché la trota l’ho preparata il lunedì sera per il mercoledì sera! A differenza delle tartare che puoi prepararle un’ora prima di servirle, la trota marinata richiede almeno un giorno e mezzo di anticipo, regolati!

Passo 2: Pesa e prepara tutti gli ingredienti

L’ideale è preparare in anticipo tutto il composto di sale e zucchero e gli ingredienti con cui aromatizzerai la trota. Quindi lava il limone, grattugia la scorza e taglialo a fette sottili. Stacca le foglioline di timo limonino, lava i ribes e macina grossolanamente il pepe.

Passo 3: Disponi i filetti e gli aromi

Adagia il primo filetto di trota e grattugia la scorza di limone. Disponi il timo limonino, i ribes e il pepe di Giamaica. A piacere puoi mettere qualche fettina di limone intera. Ricorda che sotto il limone la trota sarà “cotta” e che dovrai togliere le fettine per sfilettare meglio.

Passo 4: Ripeti

Ripeti il passo 6 fino ad esaurire i tuoi filetti. Quindi adagia il filetto, metti gli aromi e copri con il composto di sale e zucchero. Copri con tanta tanta pellicola trasparente e metti nel ripiano più basso del frigo a riposare. 

Passo 5: Togli la trota dal frigo

Sono passate 36 ore? I tuoi filetti di trota sono prontissimi per essere gustati, devi solo terminare la preparazione! Vedrai che il tuo recipiente è pieno d’acqua fuoriuscita dai filetti di trota. Se pesi il singolo filetto è calato di circa 50/60 g.

Passo 6: Lava i filetti con cura

Tieni il filetto in orizzontale, ovvero perpendicolare al getto dell’acqua che dovrà essere delicatissimo. Prenditi qualche minuto in più per fare questa operazione fondamentale per non compromettere il risultato finale!

Passo 7: Tampona delicatamente i filetti

Prima di tagliarli tampona con cura i tuoi filetti con della carta super assorbente facendo attenzione a “non portare via” gli aromi della marinatura.

Passo 8: Taglia a fettine tipo carpaccio

Per tagliare le fettine sottilissime tieni il coltello a 45°C rispetto al filetto. L’unica cosa davvero importante è avere il coltello giusto, per il resto si tratta solo di prenderci la mano! Mi raccomando, una volta tagliata la trota deve essere mangiata subito perché si secca.

Passo 9: Presenta il piatto

Mai, e sottolineo mai, utilizzare piatti colorati o decorati. Per valorizzare il cibo usa sempre piatti bianchi o neri, taglieri di legno e vassoi di ardesia. I piatti colorati sono belli, ma lasciali a chi non cucina con cura! Completa con un giro d’olio delicato, quello di lago è perfetto!

Trota gravlax: che vino ci abbiniamo?

Per una volta su che vino proporre in abbinamento non ho davvero dubbi: ho già messo in fresco la Malvasia di Lupinc! Ti ricordi che di recente sono stata nel Carso in occasione dell’evento Mare e Vitovska 2019? Se ti fa piacere leggi l’articolo sulla cantina di Benjamin Zidarich!

“Le prime tracce di impianti di vini Malvasia d’Istria risalgono al Trecento circa. Le zone di coltivazione salivano da Rovigno, Parenzo, Cittanova, fino al Carso triestino e goriziano. Lentamente poi passarono alla bassa friulana, alla zona trevigiana, al Trentino. Ancora oggi la Malvasia ha una certa diffusione nel Friuli Venezia Giulia, trovandola come vitigno raccomandato dalla Cee nelle province di Gorizia, Trieste, Udine e Pordenone. In tutta la regione, insomma. A differenza delle altre Malvasie (esistono Malvasie bianche, gialle, rosate, nere) la Malvasia d’Istria non ha sapore marcatamente di Moscato. Il frutto è quasi neutro o solo poco aromatico. […]

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Possiamo dire che ogni terreno è adatto a questo vitigno. Dobbiamo però altrettanto categoricamente affermare che ogni terreno dà una Malvasia diversa. Certamente le colline che da Tarcento arrivano al “Collio”, con la marna eocenica o l’avaro roccioso, secchissimo del Carso, sono il grembo ideale di questo vitigno che deve essere contenuto nella produzione per dare una qualità superiore. In queste zone la produzione è scarsa, ma in proporzione inversa la qualità del vino. In pianura il vino riesce di inferiore qualità, per la grande vigoria e la forte produzione.

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Con lo stesso vitigno, coltivato in collina o in pianura, troviamo due vini completamente diversi. La Malvasia di pianura, specie quella prodotta in terreni sabbiosi o comunque abbastanza fertili, è un vino di colore giallo paglierino scarico, con riflessi verdognoli, leggermente profumato con bouquet che ricorda la limoncella. Sapore secco, citrino, poco caldo. È un vino beverino, non impegnativo, leggero di corpo e di alcol, facilmente digeribile anche se bevuto in cospicua quantità. Il discorso cambia notevolmente quando l’altitudine aumenta. Non più discreto, ma con prorompente personalità, spicca tra i migliori vini friulani. Di colore giallo paglierino tendente al giallo oro, alcolico, grasso per abbondante glicerina pur conservando innata una certa dose di aggressività citrina, bouquet leggermente aromatico e personalizzato, il Malvasia del Collio o del Carso è un vino particolare.”

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Pietro Pittaro, Articolo “La Malvasia Istriana”

Lupinc, Venezia Giulia IGT Malvasia 2017 – 13 %vol

La scelta di questo vino come sempre non è casuale: ti bastano le righe di Pittaro per intuire la bellezza di questo abbinamento! La trota ha un sapore molto intenso, aromatico, freschissimo e concentrato, leggermente sapido. La malvasia di Lupinc è grassa, citrina e con note di camomilla, salsedine, miele, arancia candita e succo d’arancia rossa. In bocca ha una pseudocalorica discretamente intensa ma è sorretta da un’eccezionale freschezza.

Lupinc, Venezia Giulia IGT Malvasia 2008 – 13 %vol

Ancor più perfetto sarebbe stato l’abbinamento con la sua versione del 2008 che abbiamo avuto il piacere di degustare proprio in cantina da Matej. Si presenta di un bellissimo giallo dorato intenso e brillantissimo con riflessi ambrati. Al naso si intrecciano deliziose note di camomilla, miele di tiglio, albicocca candita, cannella, yogurt greco, mandorla tostata, caramello. In bocca è freschissima con una spalla acida a dir poco pazzesca. Morbida, strutturata e lunga sul finale.

Azienda agricola Matej Lupinc, Località Prepotto (Trieste) www.lupinc.it

Spero di cuore che questa ricetta ti piaccia… io l’ho preparata per questa sera che con i miei vicini facciamo la consueta grigliata di pesce di ferragosto! Come “addetta ai crudi” preparo anche due tartare:

  • tartare di tonno, olio extravergine di oliva toscano “Carpineto”, curry, cipolla di Tropea, peperoncino fresco e finocchietto selvatico
  • tartare di gamberoni, olio extravergine di oliva romagnolo “Brisighello”, peperoncino fresco, limone grattuggiato e timo fresco 

E la mia deliziosa cheese cake ai frutti di bosco appena raccolti proprio qui a Monte Isola! 

Ovviamente se preferisci il salmone puoi provare questa stessa ricetta sostituendo l’erba cipollina e il basilico greco con l’aneto. In questo caso ti consiglio di portare il tempo di marinatura a 40 ore.  

Beh dato che Anna e Cesare mi hanno portato la panna per il cheesecake “sbagliata” ci ho preparato anche una salsina deliziosa in accompagnamento! La ricetta è semplicissima, basta sbattere con una frusta questi ingredienti:

  • 4 cucchiai di panna da cucina
  • 4 cucchiai di senape
  • 2 cucchiai di crema di peperoni rossi
  • 2 cucchiai d’olio (ho usato quello in cui conservo la trota essiccata, molto profumato)
  • basilico fresco
  • aceto di vino 

Buon ferragosto a tutti!

Cheers 😍🍷

Chiara 

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Sommelier: chi deve servire per primo a tavola?

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Una delle domande che mi fate più spesso riguarda le precedenze, ovvero: “il sommelier chi deve servire per primo a tavola?” FISAR o AIS non importa, le regole sono identiche per qualsiasi Associazione. Se non avessi studiato, da donna, ti direi che per galanteria il sommelier deve servire per primo le donne… e in effetti è quasi sempre così! Le regole del corretto servizio di sala ci insegnano che il vino va servito prima alla donna più anziana e si prosegue fino ad arrivare alla più giovane. Su questo punto però ho diverse perplessità: mi è infatti capitato spesso di andare al ristorante insieme ad altre colleghe giornaliste e blogger più o meno coetanee. Diciamo pure che tutte rientravamo nell’arco compreso tra i 28 e i 40 anni, ecco. Indovinare l’età non è sempre facile e, in caso di errori madornali, la gaffe è assicurata! Per questo trovo questa regola corretta solo nel caso in cui la differenza di età sia davvero davvero evidente! Poi ti immagini un intero tavolo di signore sommelier e addette ai lavori che SANNO che tu sommelier servirai per primo la donna che CREDI più anziana? Aiuto! Per non parlare di quella mia compagna di classe con cui andavo ogni giovedì in enoteca a Ravenna a bere un calice di vino rosso e servivano sempre lei per prima, anche quando eravamo in tre o più. Ricordo che una volta venne da me sconvolta e mi disse: “l’ho googlato! So perché mi servono sempre per prima!” Ora che le sue zampe di gallina fossero evidenti e che sul mio viso non ci fosse la minima traccia di una ruga è un dato di fatto, però in effetti lei era -giustamente- molto scocciata della cosa, dato che all’epoca dei fatti eravamo entrambe al secondo o terzo anno di Ingegneria.

Servizio del vino: occasione informale

Quindi il sommelier chi deve servire per primo a tavola? Se stai leggendo questo articolo e sei un aspirante sommelier che deve sostenere l’esame AIS ti consiglio di attenerti alla regola e di scrivere che è corretto partire dal servire la donna più anziana e tenere sempre per ultimo il referente, ovvero colui che ti ha chiesto la bottiglia. Tuttavia mi voglio permettere di darti un consiglio, da donna, da esperta, da giornalista… da sorella maggiore che ti vuole sapere vivo e non divorato da un pastore alsaziano dopo che la donna che credevi più vecchia (e non lo era) ti ha fatto a pezzi e ha nascosto il tuo cadavere nella sua cantina (e non parlo di cantina vini!). Guarda il tuo tavolo e scegli una donna con un dettaglio vistoso -trucco, parrucco o abbigliamento- perché se l’ha scelto e indossato, vuol dire che lei è assolutamente felice se lo noterai. Poi lancia una frase brillante tipo: “parto a servire questa incantevole signora/signorina/ragazza perché ha una spilla del mio colore preferito!” o ancora meglio “comincio il servizio da lei perché ha la stessa acconciatura che aveva la mia ragazza il giorno che l’ho conosciuta!“. 😍 TAAAAAC, in un solo secondo ne hai stese almeno 4: sei brillante, romantico, non hai fatto riferimenti all’età, hai notato un dettaglio per la quale ella ha investito tempo e/o soldi e non hai nemmeno usato la pericolosissima formula signora o signorina che non piace a nessuno. Perché diciamocelo, a me quando mi chiamano “signora” mi sento vecchia. E poi non sono nemmeno fidanzata, figurati sposata. E mica me lo ricordo sempre che sopra i 18 anni per il buon vecchio Monsignor Giovanni Della Casa siamo tutte signore, sai? 😱 Certo, è sempre una forma di riguardo dire “signora” o “signorina”, ma fidati di me: se puoi EVITA. Glissa. Cancella queste due parole dal tuo vocabolario, a meno che non le vedi indosso uno sbirlocchero al dito che costa più della tua macchina e una fede sopra o sotto, comunque non a fianco. Se invece c’è una suora o un parroco stai a cavallo: servi loro per primi e passa la paura!

Servizio del vino: occasione formale

In un pranzo o una cena formale invece il sommelier chi deve servire per primo a tavola? Devi sapere che per queste occasioni esiste un Cerimoniale di Stato che impone un preciso ordine per il servizio del vino:

  1. Papa
  2. Cardinali
  3. Capi di Stato
  4. Presidenti della Camera e del Senato
  5. Presidente del Consiglio dei Ministri
  6. Ministri
  7. Ambasciatori
  8. Segretari di Partito
  9. Presidenti delle Regioni
  10. Capo di Stato Maggiore della Difesa
  11. Arcivescovi
  12. Vescovi
  13. Ambasciatori della Repubblica
  14. Deputati del Parlamento (italiano ed europeo)
  15. Sindaci delle città
  16. Cavalieri del Lavoro
  17. Prefetti
  18. Capitani di grandi industrie
  19. Capo della Polizia
  20. Capo di Stato Maggiore delle diverse Armi

In questi pranzi ufficiali NON DEVI far assaggiare il vino a nessuno degli invitati perché lo hai già controllato tu. Occhio però che non ci sia del veleno che non si sa mai con i tempi che corrono… 😇

E niente, ora ti sfido a ricordarti l’esatto ordine. Se ti capita di dover affrontare un servizio di questo tipo, scrivitelo su un polso, che sulla mano con la bottiglia bagnata potrebbe cancellarsi! Ma poi come li riconosci??? Che abbiano nel segnaposto scritto anche il ruolo oltre che il nome? Mmmmh a me scrivere il ruolo invece del nome nel segnaposto pare una di quelle cafonate…

Tu cosa ne pensi? 😁

Cheers

Chiara

 

Hai già comprato il mio libro “Come diventare Sommelier”?

C’è proprio tutto quello che devi sapere per studiare, ma anche tanto altro per non fare pericolose gaffe come questa! O forse no… 🤣

Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione.

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