Benvenuto nei miei appunti dedicati al vino cileno! Prima di approfondire tutti gli aspetti della viticoltura in Cile, facciamo una brevissima sintesi che ci aiuta a fissare i concetti chiave e a scorrere in maniera più facile i paragrafi successivi. Il clima in Cile è molto diverso a seconda delle zone: nella Valle Centrale il clima è temperato mentre a Sud e sulla costa è più fresco. Nonostante la scarsità delle piogge l’irrigazione è possibile grazie ai numerosi fiumi che scendono dalle Ande. I terreni sono vari, talvolta eccessivamente fertili e profondi. I vitigni a bacca bianca più coltivati sono il Sauvignon Blanc e lo Chardonnay mentre i vitigni a bacca nera più coltivati sono il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Carmenére. Grazie all’assenza della filossera le viti sono tutte a piede franco. Dalla fine del 1980 le tecnologie sono quelle moderne: introdotti i serbatoi in acciaio inox per la fermentazione e le barrique di rovere francese per l’invecchiamento. Le zone vitivinicole chiave sono la Valle di Rapel (Rapel Cabernet Sauvignon), la Valle di Colchagua, Maipo e Casablanca (vino: Casablanca Sauvignon Blanc). Ora direi che sei pronto per scendere nel magico mondo del vino cileno, come sempre per comodità ti ho creato un comodo indice per facilitarti nello studio. Per utilizzarlo correttamente ti ricordo di sbloccare tutto l’articolo!
- Storia del vino
- Clima e il territorio
- Vitigni
- Zone vitivinicole
- Viticoltura e vinificazione
- Legislazione
- Vini chiave
- Competizioni internazionali
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1. Vino cileno: la storia
Il vino cileno ha una storia relativamente lunga per essere una zona vitivinicola del Nuovo Mondo. Gioco di parole a parte, la vite ha fatto il suo ingresso in Cile nella prima metà del 1500 grazie ai conquistadores spagnoli che la impiantarono in un luogo dopo l’altro mentre colonizzavano il Paese, soprattutto intorno alla capitale Santiago. La leggenda narra che il famoso conquistatore Francisco de Aguirre impiantò lui stesso la prima barbatella nel 1554. I primissimi vitigni ad essere impiantati erano gli antenati del vitigno Pais, ovvero “l’uva nera comune” che Hernán Cortés portò in Messico e in Perù nel 1520. Sul finire del secolo il primo storico cileno, Alonso de Ovalle, descrisse le piantagioni di Muscatel, Mollar, Albilho e Torontel. I missionari cominciarono a coltivare la vite con dedizione per accontentare le esigenze di tutti gli spagnoli che vivevano in Cile.
Del resto gli spagnoli erano grandi consumatori ed estimatori del vino e non c’è da stupirsi che cominciare la produzione fu una delle loro priorità una volta trasferitisi in Sud America. Non dimentichiamo poi che il popolo spagnolo dell’epoca era fervente Cattolico e il vino era fondamentale anche per officiare la messa. Non stupisce nemmeno che i primi vitigni ad essere importati oltreoceano erano quelli francesi: erano gli anni dei Valois-Angoulême, di Caterina de Medici sposa a Enrico II, e la Francia cattolica aveva dato in moglie al re di Spagna cattolico Filippo II la figlia Elisabetta. Francia e Spagna erano intimamente legate, anche se i rapporti erano radi nonostante il matrimonio reale. Ma forse della storia del ‘500 francese non ti interessa… del resto stiamo parlando della viticoltura cilena! Io invece adoro la storia… è sempre stata la mia materia preferita! Image may be NSFW.
Clik here to view.Il ricco produttore Don Silvestre Errázuriz è stato il primo importatore di Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet franc, Malbec, Sauvignon e Sémillon… e anche un rinomato enologo francese.
La viticoltura in Cile, complice l’ambiente pedoclimatico particolarmente favorevole, crebbe molto rapidamente. Questo portò i viticoltori spagnoli ad esercitare forti pressioni sulla casata reale affinché fossero limitate le importazioni di vino cileno in Spagna. Nel 1641 in Spagna vennero bandite le importazioni di vino dal Cile e dal Perù e questa perdita del mercato causò una grande eccedenza di uva che fu di conseguenza votata alla produzione di un famoso distillato, il Pisco e in Perù la produzione di vino fu praticamente annientata. I viticoltori cileni invece non stettero alle regole spagnole e non si adattarono a produrre il Pisco. Continuarono a produrre vino e furono così audaci da esportarlo nel vicino Perù via mare. In una di queste spedizioni la nave fu catturata dal francese Francis Drake e la cosa assurda fu che quando la Spagna lo imparò, invece di prendersela con Drake, ordinò al Cile di sradicare la maggior parte dei vigneti. Per fortuna i viticoltori cileni alzarono il cosiddetto dito medio alla madrepatria!
Nel 1700 il Cile era famoso per i suoi vini dolci ottenuti da uve Pais e Muscatel. Per raggiungere un elevato grado di dolcezza, i vini venivano spesso bolliti per concentrare gli zuccheri presenti nel mosto d’uva. Nello stesso periodo l’ammiraglio John Byron, nonno del famosissimo poeta Lord Byron (anche se non leggi poesie sono certa che nel centro della tua città c’è una via Byron!!), naufragò al largo di Capo Horn e si addentrò in Cile innamorandosi del Muscatel cileno fino a paragonarlo al più celebre Madeira.
Nel 1841 nacque la Quinta Normal all’interno dell’omonimo distretto nella città di Santiago del Cile. La Quinta Normal era ed è tutt’ora un parco botanico di poco più di 35 ettari dove coltivare specie vegetali di ogni parte del mondo. La Quinta Normal ebbe un fortissimo impatto anche sulla viticoltura perché consentì di sperimentare sulle barbatelle di vitis vinifera e isolare i ceppi migliori nonché permise la produzione delle barbatelle direttamente lì. Questo ebbe due risvolti importantissimi: da un lato l’abbattimento dei costi, dall’altro l‘isolamento di viti europee a piede franco nello stesso periodo che la fillossera stava distruggendo il vigneto europeo. Inoltre gli stessi enologi spagnoli e francesi, ormai senza lavoro, partirono per il Cile e apportarono straordinarie migliorie nell’agricoltura.
Tuttavia mentre il vitigno europeo uscì rinnovato dal terribile periodo della filossera con un vino di qualità molto più alta di quello antecedente, il vino cileno non ebbe la stessa crescita in termini di qualità. Questo creò una spirale negativa: i vini cileni non erano adatti all’esportazione in quanto inadeguati rispetto ai vini europei e di conseguenza la viticoltura cilena ebbe un grande periodo di crisi che portò intorno alla metà del ‘900 all’espianto di numerose vigne. Del resto i vini cileni non erano i benvenuti nemmeno in Argentina, nonostante nel 1909 l’inaugurazione della Transandine Railway aveva facilitato i commercio attraverso le Ande. [Per approfondimenti leggi: Argentina e Vini Argentini]
A salvare “capra e cavoli” ci pensarono i francesi emigrati in Cile a partire dal 1980: il loro buon gusto e le loro innovazioni tecnologiche portarono a una vera rinascita del vino cileno. In questo periodo furono introdotti i serbatoi di fermentazione in acciaio inox a temperatura controllata e le botti di rovere francese sostituirono le vecchie botti di faggio cileno. I vini cileni diventarono di qualità e le esportazioni crebbero rapidamente. Le cantine vinicole nel 1995 erano 12 mentre nel 2005 erano già oltre 70. Oggi, grazie agli investimenti di molti produttori stranieri in una terra dalle grandi risorse ambientali e climatiche, il vino cileno ha conquistato il mondo con la sua fama di essere un vino di qualità elevata a un prezzo ragionevole.
2. Vino cileno: clima e territorio
Il Cile è il Paese più lungo e stretto del mondo: 4.300 km di lunghezza per una larghezza media di soli 180 km.
3. Vino cileno: vitigni
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4. Vino cileno: zone vitivinicole
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5. Vino cileno: viticoltura e vinificazione
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6. Vino cileno: legislazione
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7. Vino cileno: vini chiave
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8. Vino cileno: competizioni internazionali
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