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Cile: vitigni, pratiche vinicole e vini

Benvenuto nei miei appunti dedicati al vino cileno! Prima di approfondire tutti gli aspetti della viticoltura in Cile, facciamo una brevissima sintesi che ci aiuta a fissare i concetti chiave e a scorrere in maniera più facile i paragrafi successivi. Il clima in Cile è molto diverso a seconda delle zone: nella Valle Centrale il clima è temperato mentre a Sud e sulla costa è più fresco. Nonostante la scarsità delle piogge l’irrigazione è possibile grazie  ai numerosi fiumi che scendono dalle Ande. I terreni sono vari, talvolta eccessivamente fertili e profondi. I vitigni a bacca bianca più coltivati sono il Sauvignon Blanc e lo Chardonnay mentre i vitigni a bacca nera più coltivati sono il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Carmenére. Grazie all’assenza della filossera le viti sono tutte a piede franco. Dalla fine del 1980 le tecnologie sono quelle moderne: introdotti i serbatoi in acciaio inox per la fermentazione e le barrique di rovere francese per l’invecchiamento. Le zone vitivinicole chiave sono la Valle di Rapel (Rapel Cabernet Sauvignon), la Valle di Colchagua, Maipo e Casablanca (vino: Casablanca Sauvignon Blanc). Ora direi che sei pronto per scendere nel magico mondo del vino cileno, come sempre per comodità ti ho creato un comodo indice per facilitarti nello studio. Per utilizzarlo correttamente ti ricordo di sbloccare tutto l’articolo!

  1. Storia del vino
  2. Clima e il territorio
  3. Vitigni
  4. Zone vitivinicole
  5. Viticoltura e vinificazione
  6. Legislazione
  7. Vini chiave
  8. Competizioni internazionali

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1. Vino cileno: la storia

Il vino cileno ha una storia relativamente lunga per essere una zona vitivinicola del Nuovo Mondo. Gioco di parole a parte, la vite ha fatto il suo ingresso in Cile nella prima metà del 1500 grazie ai conquistadores spagnoli che la impiantarono in un luogo dopo l’altro mentre colonizzavano il Paese, soprattutto intorno alla capitale Santiago. La leggenda narra che il famoso conquistatore Francisco de Aguirre impiantò lui stesso la prima barbatella nel 1554I primissimi vitigni ad essere impiantati erano gli antenati del vitigno Pais, ovvero “l’uva nera comune” che Hernán Cortés portò in Messico e in Perù nel 1520. Sul finire del secolo il primo storico cileno, Alonso de Ovalle, descrisse le piantagioni di Muscatel, Mollar, Albilho e Torontel. I missionari cominciarono a coltivare la vite con dedizione per accontentare le esigenze di tutti gli spagnoli che vivevano in Cile.

Del resto gli spagnoli erano grandi consumatori ed estimatori del vino e non c’è da stupirsi che cominciare la produzione fu una delle loro priorità una volta trasferitisi in Sud America. Non dimentichiamo poi che il popolo spagnolo dell’epoca era fervente Cattolico e il vino era fondamentale anche per officiare la messa. Non stupisce nemmeno che i primi vitigni ad essere importati oltreoceano erano quelli francesi: erano gli anni dei Valois-Angoulême, di Caterina de Medici sposa a Enrico II, e la Francia cattolica aveva dato in moglie al re di Spagna cattolico Filippo II la figlia Elisabetta. Francia e Spagna erano intimamente legate, anche se i rapporti erano radi nonostante il matrimonio reale. Ma forse della storia del ‘500 francese non ti interessa… del resto stiamo parlando della viticoltura cilena! Io invece adoro la storia… è sempre stata la mia materia preferita! Image may be NSFW.
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Il ricco produttore Don Silvestre Errázuriz è stato il primo importatore di Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet franc, Malbec, Sauvignon e Sémillon… e anche un rinomato enologo francese.

La viticoltura in Cile, complice l’ambiente pedoclimatico particolarmente favorevole, crebbe molto rapidamente. Questo portò i viticoltori spagnoli ad esercitare forti pressioni sulla casata reale affinché fossero limitate le importazioni di vino cileno in Spagna. Nel 1641 in Spagna vennero bandite le importazioni di vino dal Cile e dal Perù e questa perdita del mercato causò una grande eccedenza di uva che fu di conseguenza votata alla produzione di un famoso distillato, il Pisco e in Perù la produzione di vino fu praticamente annientata. I viticoltori cileni invece non stettero alle regole spagnole e non si adattarono a produrre il Pisco. Continuarono a produrre vino e furono così audaci da esportarlo nel vicino Perù via mare. In una di queste spedizioni la nave fu catturata dal francese Francis Drake e la cosa assurda fu che quando la Spagna lo imparò, invece di prendersela con Drake, ordinò al Cile di sradicare la maggior parte dei vigneti. Per fortuna i viticoltori cileni alzarono il cosiddetto dito medio alla madrepatria!

Nel 1700 il Cile era famoso per i suoi vini dolci ottenuti da uve Pais e Muscatel. Per raggiungere un elevato grado di dolcezza, i vini venivano spesso bolliti per concentrare gli zuccheri presenti nel mosto d’uva. Nello stesso periodo l’ammiraglio John Byron, nonno del famosissimo poeta Lord Byron (anche se non leggi poesie sono certa che nel centro della tua città c’è una via Byron!!), naufragò al largo di Capo Horn e si addentrò in Cile innamorandosi del Muscatel cileno fino a paragonarlo al più celebre Madeira.

Nel 1841 nacque la Quinta Normal all’interno dell’omonimo distretto nella città di Santiago del Cile. La Quinta Normal era ed è tutt’ora un parco botanico di poco più di 35 ettari dove coltivare specie vegetali di ogni parte del mondo. La Quinta Normal ebbe un fortissimo impatto anche sulla viticoltura perché consentì di sperimentare sulle barbatelle di vitis vinifera e isolare i ceppi migliori nonché permise la produzione delle barbatelle direttamente lì. Questo ebbe due risvolti importantissimi: da un lato l’abbattimento dei costi, dall’altro lisolamento di viti europee a piede franco nello stesso periodo che la fillossera stava distruggendo il vigneto europeo. Inoltre gli stessi enologi spagnoli e francesi, ormai senza lavoro, partirono per il Cile e apportarono straordinarie migliorie nell’agricoltura.

Tuttavia mentre il vitigno europeo uscì rinnovato dal terribile periodo della filossera con un vino di qualità molto più alta di quello antecedente, il vino cileno non ebbe la stessa crescita in termini di qualità. Questo creò una spirale negativa: i vini cileni non erano adatti all’esportazione in quanto inadeguati rispetto ai vini europei e di conseguenza la viticoltura cilena ebbe un grande periodo di crisi che portò intorno alla metà del ‘900 all’espianto di numerose vigne. Del resto i vini cileni non erano i benvenuti nemmeno in Argentina, nonostante nel 1909 l’inaugurazione della Transandine Railway aveva facilitato i commercio attraverso le Ande. [Per approfondimenti leggi: Argentina e Vini Argentini]

A salvare “capra e cavoli” ci pensarono i francesi emigrati in Cile a partire dal 1980: il loro buon gusto e le loro innovazioni tecnologiche portarono a una vera rinascita del vino cileno. In questo periodo furono introdotti i serbatoi di fermentazione in acciaio inox a temperatura controllata e le botti di rovere francese sostituirono le vecchie botti di faggio cileno. I vini cileni diventarono di qualità e le esportazioni crebbero rapidamente. Le cantine vinicole nel 1995 erano 12 mentre nel 2005 erano già oltre 70. Oggi, grazie agli investimenti di molti produttori stranieri in una terra dalle grandi risorse ambientali e climatiche, il vino cileno ha conquistato il mondo con la sua fama di essere un vino di qualità elevata a un prezzo ragionevole.


2. Vino cileno: clima e territorio

Il Cile è il Paese più lungo e stretto del mondo: 4.300 km di lunghezza per una larghezza media di soli 180 km.


3. Vino cileno: vitigni

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4. Vino cileno: zone vitivinicole

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5. Vino cileno: viticoltura e vinificazione

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6. Vino cileno: legislazione

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7. Vino cileno: vini chiave

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8. Vino cileno: competizioni internazionali

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Caro winelover, la parte successiva di questo articolo "Cile: vitigni, pratiche vinicole e vini" è disponibile solo in formato Premium. Sono certa che capirai questa scelta: completare i miei appunti, riorganizzarli, trasferirli sul web, renderli belli e facili da memorizzare mi ha richiesto tantissimo tempo. Per sbloccare questo contenuto, ti chiedo gentilmente di sostenere questo blog con 3 EUR tramite paypal o carta di credito o carta prepagata. Grazie!

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Monte Isola: degustazioni e leggende nell’oliveto di Maurizio Ribola

Ieri pomeriggio stavo lavorando, in attesa di andare alle 19:30 all’evento organizzato da Maurizio Ribola intitolato “l’oliveto poetico” proprio sotto casa nostra. Con una precisione fantozziana, comincia a piovere proprio sulle sette! Maurizio, che ormai aveva preparato tutto, ha fede in questo tempo di lago che ho imparato a conoscere anche io: nel tardo pomeriggio piove spesso, ma dura davvero davvero poco! I cambiamenti meteo sono davvero repentini, quindi si passa da sole a pioggia e da pioggia a sole nel giro di pochissimi minuti!

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Maurizio-Ribola

Maurizio Ribola

La Sarneghera è un temporale estivo violentissimo che parte dal paese di Sarnico da cui prende il nome, si accanisce sulla Franciacorta e sale verso Monte Isola distruggendo ogni cosa che incontra in pochissimo tempo. Appare all’improvviso, e tanto velocemente torna il sereno. La leggenda narra di una storia d’amore triste che ha come protagonista una bellissima giovane castellana di Monte Isola promessa in sposa a un nobile della Franciacorta. La ragazza tutti i giorni andava a Sensole, una delle frazioni dell’isola, e si specchiava sulla sponda del lago piangendo per quel matrimonio infelice. Un giorno la ragazza si sporse troppo e cadde nel lago, ma come ogni fiaba e leggenda che si rispetti, c’è sempre un principe che salva la bellissima fanciulla. Inutile dire che i due si innamorarono perdutamente: lei nobile castellana, lui povero pescatore che si era tuffato nel lago per salvarla. Fu un amore romantico spezzato dal padre di lei i che, come scoprì i loro fugaci incontri, la rinchiuse nella torre del castello dove vivevano. Anche il ragazzo fu punito per il suo amore: egli fu buttato in una grotta profonda nascosta tra i boschi di Sarnico. Per quanto i due innamorati tentassero di fuggire, c’era sempre un ostacolo alla realizzazione della loro libertà. Giunse quasi il giorno delle nozze di lei con il nobile della Franciacorta e per l’occasione il padre ordinò di uccidere il pescatore. La giovane si disperò per giorni rifiutandosi di mangiare e piangendo ininterrottamente. A questo punto il padre si impietosì e le concesse di specchiarsi ancora una volta sulle acque del lago che tanto amava, da sola a Sensole come faceva ogni giorno prima della sua punizione. Si scatenò un violento temporale che raccolse con sé l’urlo del pescatore che stava morendo proprio in quell’istante. La ragazza volse un ultimo sguardo a quei paesaggi in cui era cresciuta e si gettò in acqua per ricongiungersi col suo innamorato. La Sarneghera è quindi il temporale che si scatena al richiamo dei due amanti quando questi si stanno cercando nel fondo del lago. Il cielo, impietosito dal loro amore, per vendetta trasforma le lacrime dei due sfortunati amanti in grandine e le scaglia sulla Franciacorta.

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La leggenda della Sarneghera raccontata da Loredana Ferrari

In realtà conoscevo già questa leggenda, ma sentirla ascoltare da Loredana Ferrari in mezzo all’oliveto vista lago addobbato di poesie è stato molto bello. Maurizio Ribola aveva preparato un aperitivo dove ovviamente il protagonista indiscusso era il suo olio, buono come sempre… ma assolutamente finito! Quindi fino a marzo prossimo a casa andiamo di olio di Brisighella e direi che ci va comunque bene Image may be NSFW.
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🙂
 Maurizio Ribola ha preparato anche delle torte salate davvero buonissime, bisogna che gli chiedo la ricetta nei prossimi giorni!! (Se vuoi leggere di più sull’olio di Maurizio goditi questo articolo dedicato proprio ad una serata speciale organizzata da Lione Valtrompia al Ristorante Carlo Magno di Brescia con il Dottor Lorenzo Palazzoli)

Ho avuto occasione di assaggiare anche i due vini fermi di Marco Mazzucchelli (che non è parente del Mario Mazzucchelli di cui ho scritto QUI qualche giorno fa!). Che il suo spumante mi piace è cosa nota, tanto che l’ho messo anche nella mia guida vini spumanti 500 Bolle in 500! Quanto ai due vini fermi il rosso non mi ha entusiasmato, ma mi riservo di assaggiarlo in un calice adatto e non nel bicchiere di plastica quando gli porterò la mia guida uno di questi giorni. Il vino bianco fermo invece l’ho trovato molto piacevole anche se non degustato nelle condizioni ottimali… ma rimedio presto!

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Durante la serata ho avuto anche un illuminante incontro con Marco Antonucci, non solo architetto ma guru dell’olio extra vergine d’oliva, che mi ha dato un imput straordinario e prezioso proprio per la mia guida vini. Grazie di cuore Marco, ti meriti una menzione d’onore sulla prossima edizione!

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❤

Chiara

P.S. La foto di copertina l’ho presa dal web e non sono riuscita a rintracciare l’autore… se qualcuno lo conosce sarò felice di citarlo e ringraziarlo per il bellissimo scatto!

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Gabriele Scaglione: una persona e una collezione di vini piemontesi straordinari

Chi mi conosce sa che io raramente mi innamoro fino a questo punto. Sono stata da Gabriele Scaglione a maggio con Federico, durante la sua toccata e fuga in Italia. Mancava Akiyoshi, ma spero di conoscerlo alla prossima occasione… magari andremo tutti e tre insieme in un’altra cantina a sorprenderci di quanto il vino sia speciale a unire le persone di ogni cultura e ogni parte del mondo. Anche se Aki beve poco, ma io e Federico berremo pure per lui! Ho aspettato fino ad oggi per raccontarti di questi vini splendidi perché trovo che non ci sia niente di più bello di parlare di una persona, o un vino, quando lo stai pensando. Gabriele Scaglione è una persona con una passione e un carisma davvero fuori dall’ordinario.

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Ci ha accolto in un ambiente meraviglioso e intimo, dove è stato un piacere degustare i suoi vini. Eravamo tre persone accumunate dalla passione per il buon vino, il buon cibo e il buon gusto, e questo ci ha reso forse ancora più vicini.

Gabriele Scaglione: Alta Langa Metodo Classico Riserva Vendemmia 2011 Sboccatura 2017

Che questo spumante lo adoro ormai l’ho detto fino allo sfinimento. Uno degli ultimi campioni che mi sono arrivati durante la scorsa edizione della guida… non sapevo nemmeno cosa aspettarmi, ma mai avrei pensato di innamorarmi così. L’ho premiato come una delle 5 migliori bollicine del Nord talia [ti ricordo che puoi comprare la mia Guida Vini Spumanti cliccando QUI] Era da poco passata la mezzanotte. Stavo ancora degustando, perché sono più vicina a un animale notturno che ad una persona. Lo assaggio, e di riflesso mi viene da condividerlo con Federico, principalmente per 3 motivi:

  • so che a lui piace bere, e bene;
  • in Giappone non c’è ancora tutta questa cultura dello spumante, soprattutto italiano e soprattutto al di fuori delle denominazioni più famose;
  • essendo che teniamo 7 ore di fuso, ho orari più simili a lui che ai miei conterranei.

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Giallo paglierino intenso con riflessi oro antico. Il perlage è cremosissimo, non particolarmente numeroso ma perfetto. Il naso mi ricorda uno Champagne di quelli buoni: note mielate, noci, fiori di camomilla essiccati zenzero candito, brassia. In bocca è cremoso, freschissimo e al contempo maturo, molto persistente e la bollicina si conferma cremosa e piacevolissima. A tratti mi ricorda un grande champagne a base di pinot meunier. Per la degustazione completa di questo e degli altri spumanti premiati dall’edizione 2018 della mia guida 500 Bolle in 500 ti invito a cliccare qui!

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Gabriele Scaglione: Roero Arneis DOCG “Ostinatamente” 2013

Quando ho conosciuto Gabriele ho pensato che è una persona che va “in direzione ostinata e contraria” esattamente come me.

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Giallo paglierino intenso e brillante che tradisce una certa consistenza. Al naso è delicato, con note di cioccolato bianco, crema di limone, fiori di origano, rosa, pepe bianco fresco. In bocca è morbidissimo e sento un’evoluzione spettacolare e insolita peri Roero Arneis a cui sono abituata. Fresco e persistente, con un finale lungo e pazzesco nella precisione delle sue note organolettiche.

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Gabriele Scaglione: Langhe Bianco DOCG “Ellis”

Nella sua etichetta è raffigurato un cane, e intuisco che Gabriele come me ama gli animali e i cani in particolare. Paco, il mio volpino di Pomerania, sta per compiere 11 anni e mai avrei immaginato di avere un compagno così fedele, capace di amarmi incondizionatamente a prescindere da ciò che gli offro e dai miei malumori. Con lui ho capito che l’Amore non ha forma, confini, natura e pochi rapporti sono così sinceri e reali come quello che può nascere tra un uomo e un cane. Nel nostro caso, Paco ha sicuramente dato molto di più a me di quanto io non ho saputo dare a lui, ma faccio del mio meglio, almeno in questa parte della nostra vita.

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Annata 2010

Giallo paglierino intenso e brillante. Al naso ha una bellissima nota di idrocarburo che non mi aspettavo. In bocca è ancora meglio, un’ottima rispondenza al naso e un gusto che oscilla dal floreale alla confettura di pesche. In bocca è fresco, morbidissimo, intenso e molto persistente. Ha un finale lungo e affascinante.

Annata 2008

Giallo paglierino intenso e brillante. Al naso ha note bellissime di frutta matura, salamoia, un naso piacevolmente alcolico, cioccolato bianco. In bocca è piacevolissimo, morbido, fresco, con note più orientate agli idrocarburi rispetto al naso. Persistente e ancora freschissimo. Dato che l’ho trovato forse uno dei migliori vini bianchi che ho bevuto negli ultimi 3 anni sono stata felice di portarne una bottiglia a mio padre.

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Gabriele Scaglione: Langhe DOC Nebbiolo “Passeggiando in vigna” 2015

Ah, io sono una “nebbiolista” di primissimo ordine! Amo il Nebbiolo in tutte le sue forme! Quindi quando devo degustare un Nebbiolo sono sempre particolarmente felice! Mi sono ripromessa di fare una degustazione stile “Primeurs” bordolese di tutti i nebbioli piemontesi… chissà che prima o poi non la faccio sul serio!

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Rosso rubino intenso e trasparente, brillante. Consistente. Al naso è speziatissimo e “cacaoso”, ricorda la ciliegia sotto spirito. In bocca è intenso, persistente, freschissimo, morbido, con un sentore di fungo che mi ha piacevolmente sorpreso. In bocca è lunghissimo, mantiene la stessa freschezza e acidità a lungo, morbido, persistente. Un vino che secondo me ha un ottimo potenziale di invecchiamento!

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Gabriele Scaglione: Barbera DOC d’Alba ” i quattro conigli bianchi” 2013

Partiamo da un presupposto: io la Barbera d’Alba la A-D-O-R-O!  Questa l’ho trovata particolarmente interessante perché mantiene la natura selvaggia e profumata della Barbera e al contempo è ingentilita dal tempo. L’etichetta poi… è la fine del mondo!

Rosso rubino (più rubino) intenso e trasparente. Al naso è davvero buonissimo, fruttato, ciliegia sotto spirito, caffè tostato, viola. In bocca si “mastica”, fresco, con un bel tannino, sapido, intenso e lunghissimo. Lo trovo perfetto con tutti gli insaccati…  e anche da solo!

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Gabriele Scaglione: Langhe DOC Rosso “Tutto dipende da dove vuoi andare” 2011

Ho imparato che nella vita niente è più difficile di lasciare andare. Siamo ancorati come cozze al presente per una paura che ci contraddistingue nei secoli: l’ignoto. Talvolta preferiamo stare male con certezza entro i confini che conosciamo che cercare di essere felici scoprendo il mondo al di fuori della nostra zona di comfort. Questo è stato il primo pensiero che ho avuto quando ho letto il nome dell’etichetta di Gabriele Scaglione “Tutto dipende da dove vuoi andare“. Ho sempre saputo che avrei avuto una finestra vista lago davanti la quale scrivere. Ho sempre saputo che avrei vissuto scrivendo, anche se da bambina non avevo chiaro di cosa. Ora ho avuto conferma che i luoghi, nella quasi totalità dei casi, sono più importanti dei legami che instauriamo con le persone.

Rosso rubino intenso e semitrasparente, brillante. Al naso è speziatissimo, tostatura, vaniglia, magnolia. In bocca è freschissimo, con un tannino vivace e persistente. In bocca è intenso e lungo. Si abbina bene ai formaggi come il tomino che ci ha abbinato Gabriele… ma anche con il mio filetto di maiale è stato stupendo!

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Gabriele Scaglione: Barbaresco DOCG “Come un volo”

Per me il barbaresco è una croce e delizia dei vini piemontesi. Se il Barolo è il Re austero e forte, il Barbaresco è senza dubbio la sua splendida sorella, la Principessa elegante e raffinata. Spesso sono messi a confronto, un po’ perché sono fatti con lo stesso vitigno, il mio amato Nebbiolo. Tra i due ho sempre preferito il Barolo proprio per la sua “ruvidità” che, quando è ben fatto, contrasta con un’eccezionale morbidezza. Devo dire che il Barbaresco di Gabriele, pur mantenendo la tipicità di questa tipologia di vino, per tanti tratti si avvicina più al Barolo che ai suoi colleghi Barbaresco.

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Annata 2014

Rosso rubino trasparente e brillante. Il naso ha note sempre speziate ma di spezie più dolci, confettura di more, fave di cacao, solvente per unghie, foglie di tabacco. In bocca è morbidissimo, elegantissimo, fresco, molto equilibrato. Un tannino smussato che lo rende particolarmente fine è complice di un finale lunghissimo. Perfetto in abbinamento a tartare di manzo, vitello, tonno e anche all’anguilla alla brace.

Annata 2008

Incredibile che ha lo stesso colore preciso del 2014: uno splendido rosso rubino trasparente e brillante. Al naso ha tante note eteree, solvente, marasca sotto spirito, sottobosco, fungo porcino, mora, anche un retrogusto affumicato. Il bocca è morbidissimo, il gusto ha una nota di confettura di fragole marcatissimo. In bocca è lunghissimo e molto persistente. Sicuramente figlio di un’annata che è riuscito ad esprimere le peculiarità dello stile di Gabriele – vedi anche Ellis 2008- con un Barbaresco come questo, potrei rinunciare al Barolo!

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Gabriele Scaglione: Barolo DOCG “Passione di re” 2012

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Rosso rubino trasparente e brillante, al naso una nota intensissima di liquirizia morbida tipo rotella, segue una nota di cuoio nuovo e una confettura di frutti di bosco per poi sfumare in un finale balsamico. In bocca è freschissimo, con un tannino presente ma non invadente. Grande persistenza e lunghissimo in bocca. Perfetto per i brasati… e per il leggendario Boeuf Bourguignon che ho cucinato a Capodanno con la ricetta di Julia Child! Devo dire che anche con il mio filetto di maiale con olio di Brisighella e Spongada (leggi la ricetta di quella che ho preparato io qui) si è sposato alla perfezione!

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Gabriele Scaglione: Moscato DOC “Un buon momento” 2017

L’altra mia debolezza sono i moscati con le ostriche, a patto che queste siano buone e freschissime. Ecco, mi è appena venuto in mente Davide Rossetti di i Love Ostrica… e lo splendido soggiorno bordolese che ho fatto dopo che Perlage Suite ha vinto i Millésima Blog Awards 2017 proprio per un abbinamento tra un’ostrica particolarmente salata e un cabernet demi sec spumantizzato in rosso [qui trovi l’articolo più completo che ho scritto sulle ostriche, partendo dal saperne riconoscere la freschezza]. Questo moscato di Gabriele è meraviglioso: non troppo dolce, profumatissimo, elegante e disimpegnato. Gabriele ha proprio ragione: è sempre un buon momento per stapparne una bottiglia!

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Giallo paglierino tenue, con al naso una nota di pesca e albicocca, nota smielata piacevolissima. Vino frizzante dolce senza essere dolce, dosaggio di zucchero bassissimo che lo rende perfetto per le ostriche.

Grazie della bellissima esperienza! 

Come sempre ringrazio Sony e UniversoFoto.it per la bellissima RX100M4 con cui sono state scattate tutte le foto! Anche in condizioni di scarsa iluminazione come le cantine vinicole è sempre superlativa!!

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I vini della Cantina Valtidone al Ristorante Le Proposte: l’abbinamento perfetto della tradizione piacentina

C’era una volta una bambina che viveva in un piccolo paese della Romagna al confine con l’Emilia e aveva una nonna con cui preparava la pasta fresca in casa tutti i giorni e un nonno con cui beveva albana dolce tra una martellata e l’altra (era un restauratore di mobili d’epoca)… erano giorni spensierati, quando papà e mamma erano al lavoro e io crescevo con quella cultura antica di rispetto dei valori e amore per la tradizione per la quale non ringrazierò mai abbastanza i miei nonni. Vivere 21 anni con loro è stato bellissimo, una fortuna che pochi hanno nella vita. Quante marachelle combinate con la complicità della nonna! Ecco, quando di ritorno dalla Romagna mi sono fermata nella splendida Val Tidone su invito di Antonio della Cantina Valtidone e siamo stati a pranzo dalla Danila al Ristorante Le Proposte ho fatto un tuffo nel passato, tra emozione, aspettativa e malinconia. La Danila mi ha ricordato tantissimo la mia nonna, quando mi insegnava a chiudere i cappelletti col grembiule bianco e le mani sporche di farina. Quindi prima di tutto voglio ringraziare Antonio per questa bella proposta arrivata in un caldo pomeriggio tra luglio e agosto.

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Dalla Cantina Valtidone a Le Proposte il viaggio è breve, ma Antonio ha avuto la l’idea di scappottare la Fiat500 e ci siamo presi il sole in testa con 40 gradi all’ombra! Praticamente mi sono sciolta! Ho invidiato per meno di 2 secondi gli eschimesi, poi mi sono ricordata che loro mangiano fegato di balena crudo e ciao, la prossima volta anche con 45 gradi sarò super operativa! Comunque che belle le dolci colline della Val Tidone! Il paesaggio sembrava una cartolina!

Il Ristorante è all’interno di un fabbricato rurale e gode di un bellissimo panorama e un comodo parcheggio, purtroppo in pieno sole. All’interno si respira un’atmosfera familiare e tutto è curato senza essere pretenzioso. Dalla regia mi dicono che la carta dei vini è molto ben fornita, noi ovviamente beviamo i vini della Cantina Valtidone!

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L’esordio è stato con gli antipasti misti: gli affettati sono stagionati direttamente dal marito di Danila e ho trovato particolarmente buona la coppa piacentina e il salame, ma non mi ricordo il tipo. La torta salata era un qualcosa di assolutamente delizioso: la pasta sottile e fragrante si scioglieva in bocca e il ripieno era molto equilibrato. Antonio mi ha messo la pulce nell’orecchio con quella di scarola… e ormai gli tocca invitarmi di nuovo per farmela assaggiare! Image may be NSFW.
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Buonissime anche le verdure fritte con una pastella che mi ha ricordato la tempura per la sua leggerezza e comunque davvero asciutte. Io non tollero molto i fritti e nemmeno li amo molto, ma devo dire che non mi ha dato per niente fastidio! L’abbinamento col nuovo Perlage l’ho trovato perfetto, soprattutto sugli affettati e sulle melanzane ripiene di burrata che è stato l’antipasto che, tra tutti, ho preferito. La Danila ha indubbiamente “sa il fatto suo” in cucina!

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La Danila eccelle sicuramente con la pasta fresca! I ravioli sono molto buoni, saporiti e con una sfoglia fatta alla perfezione per spessore ed elasticità, ma i tagliolini sono sicuramente ad un livello superiore. Tutto perfetto, dalla pasta al condimento a base di tartufo, burro e prosciutto. L’abbinamento cibo vino qui è un orgasmo di quelli rari e fatti bene che è più facile trovare col cibo che in altre situazioni. Ma perché sono così sensibile ai piaceri della vita? Perché? Perché? Me lo chiedo ogni lunedì mattina davanti alla bilancia, ma lei non mi risponde e mi guarda storto e poi tocca mangiarmi un cornetto per consolarmi… Image may be NSFW.
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In abbinamento il Colli Piacentini DOC Pinot Nero Rosé Frizzante di Villa Tavernago. Villa Tavernago è una splendida villa neoclassica che oggi come un tempo è dimora di splendidi ricevimenti e romantici sogni. Come Tenuta ha 32 ettari condotti a regime biologico e una riserva di caccia. Questo vino è semplice ma gradevolissimo e franco nei suoi profumi: rispecchia in pieno il vitigno d’origine. Al naso è un susseguirsi di fragoline di bosco, lamponi e fiori di tarassaco. Il gusto ha un grande nerbo acido, una bollicina fine e cremosa e un’ottima bevibilità. In una giornata così calda, complice la perfetta temperatura di servizio, è stato un partner perfetto per la deliziosa pasta fresca della Danila! Oddio solo a pensarci mi è tornata voglia… Image may be NSFW.
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Lo so, lo so… ti ho detto almeno 3 volte che faceva un caldo allucinante e c’erano 40 gradi e non capisci perché in questa foto c’è qualcosa di molto molto simile alla pasta e fagioli! Fidati che non lo capivo nemmeno io… poi l’ho assaggiata (solo un cucchiaio, giurin giurello!Image may be NSFW.
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)… e mi sono innamorata! Il nome corretto è “Pisarei e fasö” ed è un piattino leggero perfetto per le estati più torride: sono piccoli gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo a base di fagioli, lardo, cipolla e pomodoro. Abbinati sempre al Rosé di Villa Tavernago si sono rivelati un assaggio piacevole nonostante la temperatura… ma lì ha aiutato essere nella sala interna in cui si stava benissimo! Le persone nella veranda con 40 gradi all’ombra proprio non le ho capite, ma ancora credete alla favola “andiamo a mangiare in collina che fa fresco!”?

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No vabbè, non lo dovevo pubblicare… non era previsto… però… io sono romagnola: il ragù ce l’ho nel sangue! Adoro prepararlo la domenica mattina, soprattutto in inverno, quando scalda tutta la cucina col vapore e il suo profumo padroneggia l’aria con vivace delizia. Ovviamente siamo a Piacenza e il ragù è ben diverso da quello preparato in provincia di Ravenna, dove è il maiale protagonista. Comunque splendido, è stato il pranzo di Paco. Praticamente Mario e Antonio hanno capito che non era un soprammobile ma un volpino vero quando si è visto arrivare la ciotola del ragù!

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Ero piena come un tacchino nel giorno del ringraziamento, per fortuna era estate o la Danila accendeva il camino e mi metteva li anche  me a rosolare con una mela in bocca… ah no aspetta, questo passaggio di solito non si fa col tacchino… comunque rende l’idea! Nell’attimo che ho detto “passiamo al dolce” al tavolo di fianco portano una tartare di carne… ah ma allora lo fate apposta eh! Vi ho detto che sono a dieta, non si vede? Eh? Eh? Image may be NSFW.
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Da grande amante della carne e del pesce crudo (confesso che mangerei solo quelli fatta eccezione per la pasta, la pizza, i cornetti o bomboloni caldi alla crema…) non ho saputo resistere! Buonissima! Poi ci abbiamo abbinato il Gutturnio frizzante della linea 50 Vendemmie di Cantina Valtidone che per me è stata una rivelazione! Non sono di base una grande amante del genere, ma l’ho trovato fatto benissimo e di una piacevolezza commovente abbinato alla carne di prima scelta condita con senape, fiori di cappero, olio extra vergine e afa estiva.

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Ora basta mangiare, si passa ai dolci. Spetta un attimo! Hai usato il plurale… i dolci? Chi ha sviluppato la teoria che i dolci finiscono in uno stomaco a parte e non si mangiano ma entrano nel nostro corpo per irraggiamento ed è per quello che si trasformano istantaneamente in ciccia… beh era sicuramente un illuminato e mi ha usata come cavia nella mia vita precedente! Il sorbetto al Braulio Riserva è divino, l’ho finito senza accorgermene! Il Braulio Riserva è un amaro a base di erbe di montagna che fa un lungo passaggio in piccole botti di Rovere di Slavonia e ha un gusto intenso, tostato, erbaceo e speziato armonico e delicato. Non lo avevo mai provato in sorbetto e mi è piaciuto tantissimo, sia per il gusto che per la consistenza! La Danila ci tiene molto a specificare che è Braulio Riserva perché quello normale è insapore rispetto a questo… e non posso che darle ragione!

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Oh mamma che buono il semifreddo allo zabaglione col torroncino! Ma non ero piena? Buono anche il passito in abbinamento, il Luna di Candia, anche se l’abbinamento era un po’ troppo opulento! Ho preferito il Luna di Candia a casa, con la mia pannacotta al caffè con i mirtilli freschi! Tutta un’altra storia! Con il semifreddo della Danila il compagno perfetto è la Malvasia Spumante Venus di Cantina Valtidone… provare per credere! Anzi no aspetta, non sono sicura… per accertarmene dovrei assaggiarne una porzione ancora e abbinarcelo dal vivo… che poi non voglio darvi mica consigli sbagliati! Image may be NSFW.
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Finito il pranzo ero felice, ma devo dire che l’ultimo calice di vino l’ho sentito forte e chiaro: per fortuna a Valtidone ci sono tornata che guidava Antonio… Lì dopo un giro in cantina (ed essermi resettata alla grande), che ho trovato molto ordinata e pulita, mi aspettava il nuovo enologo Francesco Fissore di Alba, che devo dire ha rinnovato le bolle di Valtidone con grande capacità! Ha invertito le % di Chardonnay e Pinot Nero per ottenere un Perlage con grande struttura e potenziale acido.  Ho avuto il piacere di degustare in anteprima le due nuove versioni di Perlage: l’Extra Brut e il Pas Dosé sboccati a dicembre scorso… quest’ultima in particolare l’ho trovata con tantissimo potenziale! 80% Pinot Nero e 20% Chardonnay dell’annata 2015 si fondono in un vino giallo paglierino brillante dalla bolla finissima, abbastanza numerosa e persistente. Al naso piacevoli note evolute di fave di cacao, marasca fresca e sotto spirito, yogurt alla fragola. Quanta differenza con il Brut che è tutto spostato sulla frutta, in particolare la pera! In bocca è fresco, cremoso, acidulo, intenso, croccante, sapido e persistente. Una leggera nota ossidata che riscontro con piacere in tanti Pas Dosé lo rendono perfetto per sposarsi a formaggi a pasta dura e semidura un po’ grassi.

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Chiudo con questa foto scattata al Vinitaly quest’anno, dove Mauro e Antonio mi hanno coccolata senza riserbo! Anzi, un vero piacere conoscere Mauro Fontana, che è davvero simpaticissimo e un direttore commerciale davvero in gamba! Grazie anche a Mario per la piacevole compagnia a pranzo, e a Laura per essere stata tanto gentile con Paco!

Anzi no, c’è un’ultima foto da vedere: Paco che comanda il carrello della spesa che mi hanno prestato alla Crai di Sulzano (grazie grazie grazie!) Per portare giusto 22 campioni di vino in duplice copia a Monte Isola… fortuna che Paolo è riuscito a caricare tutto in macchina carrello compreso!!

A prestissimo,

Chiara

P.S. Come sempre ringrazio Sony e Universo Foto per quel gioiellino di macchina fotografica RX100M4 con cui scatto le bellissime foto qui sul blog! Image may be NSFW.
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L'articolo I vini della Cantina Valtidone al Ristorante Le Proposte: l’abbinamento perfetto della tradizione piacentina proviene da Perlage Suite.

Lisbona: Bacalhau a Braz e Vinho Verde nel cuore dell’Alfama

Se me lo dicevano solo una settimana fa, non avrei mai immaginato di scrivere un articolo dedicato al “Bacalhau a Braz” dal Copenhagen Coffee Lab di Lisbona. Devo dire che ho la fortuna di un migliore amico speciale, che consapevole del pesantissimo anno che sto vivendo ha deciso di regalarmi qualche giorno di “pausa” nel Paese che più amo dopo la mia Italia: il Portogallo! Su questo, sono davvero fortunata. Ed è così che sto bevendo un cappuccino migliore di tanti cappuccini italiani (incredibile ma vero) anche se con un prezzo impopolare per Lisbona: al prezzo di una colazione qui (10€ per cappuccino, brioche o pasticcino nel mio caso e spremuta d’arancia) ci mangi tranquillamente un pesce appena pescato e grigliato, con contorno, olive e acqua minerale in una delle tante squisite taverne a gestione famigliare dell’Alfama. Ad esempio ieri al mio arrivo, su consiglio di João (il ragazzo che mi ha accolto in appartamento) ho mangiato al Maçã Verde (Rua dos caminhos de ferro 84, Lisbona | +35 196 5512266 | dalle 12 alle 15 e dalle 19 alle 23 | chiuso la domenica), proprio di fronte alla stazione. Ho mangiato un salmone alla griglia squisito, con patate lesse, olive nere, insalata e acqua minerale con appena 11 €. Non aspettarti un locale curato, ma è comunque pulito e il personale è gentilissimo!

Sarà che il Copenhagen Coffee Lab è proprio di fianco al nostro appartamentino e che è ricavato in una splendida cantina in pietra ristrutturata con grande gusto e ci sono le stesse lampade Ikea Ranarp che ho a casa… non ho resistito nel provare la colazione italo danese! Comunque il pasticcino con la frutta secca era davvero delizioso, anche se 3 € rimangono un furto a Lisbona!

Ieri ero da sola perché Fabrizio mi raggiunge solo oggi e pertanto ne ho approfittato per esplorare l’Alfama nei dintorni del nostro alloggio “Almamater Apartment Lisboa –  Paco III” (€ 80 a notte fino a 3 posti letto | posizione ottima nel centro di Lisbona, di fronte al Cultura Portoguesa Café in Escolas Gerais 28). L’appartamento è delizioso, arredato con gusto, completo di tutto e pulito. Il proprietario Francisco e il suo staff sono gentilissimi e molto precisi. L’aria condizionata e la Wi-Fi funzionano benissimo, la doccia è gigante e è presente un piccolo angolo cottura con frigo, piastra a induzione, bollitore, frullatore, spremiagrumi, un altro strano apparecchio che non ho capito a cosa serve… Francisco mi ha fatto trovare una bottiglia di vino tinto al mio arrivo, non vedo l’ora che arrivi Fabrizio per stapparla insieme e degustarla!

Comunque l’oggetto di questo primo articolo su Lisbona è un abbinamento particolarmente interessante che ho fatto ieri sera, al Ristorante O Carvoeiro (Calcada de Sao Vicente 70, Lisbona | +35 121 8864275 | dalle 12:00 alle 23:00), a due passi dall’appartamento e quindi davvero comodissimo! Innanzi tutto la parete d’ingresso è coperta di Azuleyos, le ceramiche azzurre tipiche del Portogallo, che mi fanno sentire davvero qui. Il locale all’interno è carinissimo, ben lontano dalle taverne portoghesi nonostante il prezzo sia di poco superiore. Il personale è gentilissimo. Ho mangiato una pastéis de bacalhau per antipasto che ho trovato deliziosa. In pratica è una crocchetta piuttosto grande (diciamo più della metà di un nostro arancino) di cui mi ero già innamorata in un mio precedente viaggio nel Minho, all’estremo nord del Portogallo, dove mi raccontarono che queste polpette si preparavano per i pellegrini nei giorni di festa. Gli ingredienti sono semplici, come tutta la cucina portoghese: Baccalà, patate, uova, cipolla, prezzemolo, noce moscata, vino verde. E questi sono gli ingredienti base di un po’ tutta la cucina del Minho, da quanto ricordo.

Come piatto principale ho preso il “Bacalhau a Braz”, dove Braz non sta per “brace” come molti potrebbero pensare data l’assonanza con la nostra lingua. Braz era un oste del Barrio Alto, originariamente il quartiere residenziale dell’aristocrazia di Lisbona che dopo il terremoto si è trasformato in una zona vivace e popolata di locali notturni, artisti, botteghe artigiane, gallerie d’arte, redazioni di giornali, designer e negozi di tutti i tipi. Insomma, nulla c’entra con l’Alfama disordinata e affascinante dove mi trovo ora! Fatto sta che Braz ha inventato questo piatto che in poco tempo ha conquistato i portoghesi al punto di diventare un simbolo della cucina lisbonese. In pratica è una specie di frittata, perché al bacalhau viene aggiunta la cipolla a fettine, le patatine fritte tagliate sottilissime, e l’uovo sbattuto che amalgama tutto e fa la crema come nella nostra Carbonara! Nel piatto trovi anche l’insalata, l’alloro, il prezzemolo fresco e le olive nere. Buonissimo e ben preparato, tanto che nonostante la porzione enorme che non sono riuscita a finire e la sua pesantezza la notte sono stata benissimo!

 

Devo dire che anche l’abbinamento è stato particolarmente riuscito: Vinho Verde “Adega Guimaraes DOC (5,50€ la bottiglia da 375 ml in ristorante). I vini verdi sono una tipologia che nulla c’entra col colore del vino: in particolare sono i cosiddetti vini giovani (possono essere bianchi, rosati o rossi). Questi vini sono da bere nell’annata corrente e sono caratterizzati da una spiccata acidità e una effervescenza impalpabile ottenuta dalla fermentazione malolattica. Anche questi sono tipici del Minho, la regione dell’estremo nord di cui parlavo prima compresa tra i fiumi Douro a sud e il Minho a nord. I vini verdi sono sempre racchiusi in una bottiglia scura che nasconde i sedimenti che la fermentazione produce. Questo l’ho trovato molto piacevole: note di miele, pesca bianca e fiori di campo, un’acidità comunque non troppo marcata e un corpo leggero ma presente. Ha sgrassato alla perfezione il Bacalhau a Braz! A fine cena mi hanno offertoun bicchierino di cioccolato con un liquore a base di infuso di amarene tipico del Portogallo: la Ginjinha… delizioso! Il conto? appena 17 €… e col il Bacalhau a Braz la porzione era così abbondante che si poteva mangiare in due, ovviamente prendendo qualche antipasto in più!

Con questo passo e chiudo il mio primo articolo dedicato a Lisbona. Visto che ho ancora qualche ora, mi godo l’Alfama e vado a visitare il Phanteon Nazionale. Sarà all’altezza del nostro splendido Phanteon adrianeo di Roma? Intanto sicuramente gode di una splendida posizione vista mare!

Cheers

Chiara

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Bacalhôa: vini deliziosi, cantina affascinate, vigneti curati e un palazzo da sogno a due passi da Lisbona

Questo articolo sarà un po’ diverso dagli altri perché è dedicato a una bellissima giornata nella penisola di Setúbal col mio migliore amico Fabrizio. Questo articolo parla di una cantina a cui sono affezionata, Bacalhoa, e dei suoi affascinanti vini portoghesi. Parla delle sue ville, delle sue collezioni, della sua storia. In assoluto è stata la giornata che ho preferito. Complice sicuramente l’atmosfera particolare, sognante e nostalgica, che culla dolcemente il riposo delle sue barrique di rovere francese. Sì perché a Bacalhoa c’è una barricaia meravigliosa, il luogo che da solo vale il viaggio! Il vino di tantissime botti matura tra splendide azulejos e si muove dolcemente grazie ad un’incantevole musica. Poi ho scelto questa foto di copertina perché raffigura il palazzo Bacalhoa, che è proprio il simbolo dell’azienda come evidenzia lo stesso logo. Per questo, solo per questo articolo, ho deciso di lasciare parlare le foto. Io mi limiterò a descriverti le sensazioni organolettiche dei 3 vini degustati!

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Bacalhoa, degustazione 1: Quinta do Carmo 2016

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Di questo vino mi sono assolutamente innamorata, è stata la mia “scoperta” di questo viaggio nell’enoturismo portoghese! Tanto che ho deciso di portarne una bottiglia al mio papà, insieme ad una bellissima Azulejos dipinta a mano! Si presenta di un bel giallo paglierino intenso e brillante con splendidi riflessi oro. Forma archetti regolari e molto ravvicinati che suggeriscono una gradazione alcolica un po’ sopra la media. Il naso è meraviglioso e grasso, con i sentori tipici della botrytis cinerea. Ho chiesto alla guida se l’uva viene attaccata dalla muffa nobile ma non me lo ha saputo dire, anzi l’ho intravista preoccupata che non mi piacesse… 😄 In secondo piano si riconoscono agrumi maturi, una nota balsamica e una di medicinale. In bocca è pieno, ampio, grasso, con un ottima rispondenza al naso. Comunque freschissimo e si avverte appena l’alcolicità. Il finale è davvero lungo. Proprio non vedo l’ora di bermelo col mio papà e sentire se gli piace quanto è piaciuto a me! 😍

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Bacalhoa, degustazione 2: Tinto da Anfora 2016

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Questo vino è entrato nel cuore di Fabrizio ma non nel mio, ma riconosco che ha comunque un ottimo rapporto qualità prezzo. Si presenta di un rosso rubino intenso, quasi impenetrabile. Agitandolo si formano archetti regolari e molto molto vicini che ci suggeriscono una gradazione alcolica importante. Il naso ha un piacevole sentore di affumicato, note tostate legnose e una spezia dolce, chiodi di garofano, che chiude con note erbacee. In bocca ha una buona rispondenza al naso, è molto particolare, assume una nota erbacea. In bocca si conferma il gusto affumicato. Fresco, più verticale, grande piacevolezza e lunghezza.

 

Bacalhoa, degustazione 3: Moscatel de Setubal D.O. 2015

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Che spettacolo questo Muscatel nonostante la giovanissima età!  Di un bellissimo color ambrato brillante . Grande consistenza, si formano archetti regolari e molto vicini che denotano l’alcolicità. Naso molto equilibrato e opulento con note di nocciola, miele di eucalipto, rosa essiccata, essenza di legno di sandalo, mentolato, patchuli, canfora, fave di cacao. In bocca è intenso, con un’ottima rispondenza al naso, a tratti piccante e sapido. Buona bevibilità alla giusta temperatura. Caldo e lunghissimo, perfetto da meditazione.

Ora sfoglia la gallery e guarda tutte le foto di Bacalhoa! 😍

Spero di cuore che queste foto ti siano piaciute… e di averti ispirato un viaggio che vale la pena fare!

Tu conosci la zona di Setúbal? Sei mai stato a Lisbona?

Cheers ❤

Chiara

P.S. Come sempre ringrazio Sony Italia e Universo Foto per lo splendido gioiellino che mi hanno sponsorizzato: la mitica fotocamera RX100M4 con cui ho scattato queste bellissime foto. In particolare voglio sottolineare la qualità delle foto ottenute negli ambienti poco luminosi come la cantina e il palazzo Bacalhoa!

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Instagram: quanto costa un wine influencer? Ha davvero senso per la tua azienda?

Prima stavo parlando con mio papà di Instagram… e lui mi ha chiesto “Come posso vedere le foto su Instagram senza essere iscritto?”. Cavolo! Ma sai che non ci avevo mai pensato? In effetti come vedere le foto su instagram senza essere registrato è una vera necessità, perché anche se Instagram ormai ha numeri da capogiro, in Italia c’è ancora qualcuno che non ha il profilo! Così ho deciso di dedicare un articolo settimanale sul mio wine blog con le più belle foto che ho postato su Instagram durante la settimana… ti piace come idea? Image may be NSFW.
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Questo mi ha ispirato di dedicare un articolo al mondo dei wine influencer e all’argomento spinoso: quanto costa un influencer su instagram?

Ti confesso che anni fa non avevo visto Instagram come un potente mezzo di social media marketing, ma a pochissimi giorni dal suo ottavo compleanno (6 ottobre 2010 il lancio ufficiale) posso ammettere di essermi sbagliata. A mia discolpa devo dire che l’acquisizione di Facebook ha migliorato tantissimo Instagram e ha sviluppato le grandi potenzialità che un social network basato sulle immagini poteva avere dentro di sé. Ad oggi sono ancora scocciata dalla grandissima compravendita di followers e di like che c’è su questa piattaforma, e non puoi capire quanto mi mordo la lingua quando vedo il profilo dell’instagrammers di turno che fa il fenomeno con migliaia e migliaia di followers comprati… e poi ha un engagement dell’1-2%! A fianco di questo assurdo mercato però ci sono i 15 milioni di utenti italiani che usano Instagram ogni mese… un numero da capogiro se pensi che in Italia siamo 60 milioni e ci sono anziani, bambini e neonati!

A fianco dei veri influencers, in tutte le categorie, ci sono orde di “mamme blogger” e bimbe minkia di ogni genere a caccia del prodottino gratis, che non gliene frega nulla se è un paio di mutande, un lucida labbra o una bottiglia di vino. L’obiettivo dell’azienda è aumentare il fatturato con il lavoro dell’influencer, non regalare il suo prodotto all’ennesima mamma blogger/bimba minkia recensionista incallita di turno. A mio parere un Influencer “vero” può promuovere solo cose pertinenti alla sua nicchia. Faccio un esempio per quel che mi riguarda che funziona meglio: io sono una wine blogger specializzata in bollicine e abbinamento cibo-vino con un’attenzione particolare rivolta all’home decor . Cosa è naturale che io promuova? Gli ingredienti che uso per preparare i piatti che abbino ai vini che degusto, stoviglie per la tavola, tovagliette e centrotavola, oggetti d’arredamento, borse capienti/zaini indispensabili per l’enoturismo e altri accessori da viaggio, notebook e smartphone per il mio lavoro di wine blogger, scarpe comode per camminare in qualsiasi situazione… ecco, non è naturale ad esempio che io promuova un paio di orecchini o un set di trucchi! Image may be NSFW.
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Oggi le più grandi aziende del mondo usano gli influencer su Instagram per promuovere i loro prodotti. A primo impatto so che ti sembra assurda l’idea di pagare per un post su instagram, ma se hai un’attività hai sicuramente acquistato della pubblicità nella tua vita, e anche fosse che hai fatto da solo, quanto ti è costato mostrare il tuo prodotto a 10.000 potenziali clienti in target? E a 100.000? E a 1 milione? Oltretutto un passaggio in TV o una pubblicità sul giornale sono “rumore” (talvolta anche fastidioso) nella vita delle persone. Io per prima, quando ancora guardavo la televisione, facevo zapping durante la pubblicità, o mi distraevo per prepararmi un tè caldo. Quando invece il tuo potenziale utente è su Instagram guarda con grande interesse le foto dei profili che segue! Il mondo del vino in Italia è una nicchia, e pertanto i micro-influencers sono preziosissimi per promuovere la tua azienda a un pubblico davvero interessato.

Ma quanto costa un micro-influencers su Instagram?

Ricordati che la gestione professionale di un profilo instagram è un lavoro a tutti gli effetti e pertanto un post studiato va pagato in funzione del numero di follower (chiamiamola “copertura”) e dell’engagement che l’influencer che hai scelto ti offre. Per capirci, un profilo Instagram con 10 k followers che per ogni post fa 600 like vale di più e gode di una reputazione migliore di un profilo instagram con 100 k followers che per ogni post fa 1000 like! La regola generale dei grossi brand americani (che hanno iniziato a giocare questa partita prima di noi) per calcolare il prezzo di un influencer a post è 1 centesimo a followers. Tradotto:

  • 10.000 followers x 0,01 cent = 100 €
  • 100.000 followers x 0,01 cent = 1.000 €
  • 1.000.000 followers x 0,01 cent = 10.000 €

Considera questo prezzo “buono” per un engagement del 5%, da diminuire o da aumentare fino al 40% in funzione del magico numerino dell’engagement. Un wine influencer con 30K followers e un tasso di engagement del 5 %, ad esempio, chiede mediamente 280 € per post e 75 € per una serie di 5 storie. Prendi questo prezzo con le molle, ma impara a “pesare correttamente” l’influencer a cui vuoi rivolgerti: centinaia di migliaia di follower con un engagement dell’1-2% servono solo a chiederti più soldi per poi ritrovarti magari con lo stesso numero di like e di commenti del micro-influencer onesto con “soli” 30 k followers!

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Clicca qui e misura l’engagement dei tuoi wine bloggers preferiti!

A meno che tu non pensi di rivolgerti a un big influencer con milioni di followers non considerare engagement inferiori al 3%. E anche se avessi un budget così alto per una campagna instagram, a mio avviso non sarebbero soldi ben spesi: se prendi un personaggio televisivo con un milione di followers, quanti di questi possono essere concretamente appassionati del tuo prodotto? No, non ne vale la pena per la tua azienda investire 10.000 € su una singola foto del VIP di turno… fa la fine della pubblicità in televisione! Scegliti un micro influencer (o meglio ancora più di uno) di nicchia compatibile con l’immagine del tuo brand e con un pubblico in target. Pensaci bene: hai più possibilità di incrementare le vendite con 10.000 like non in target o con 1.000 like in target?

Io sono una micro-influencers su Instagram perché ho attivato da pochi mesi il profilo e nono posso certo “vantare” i numeri che ho qui sul wine blog (dove però accetto pubblicità solo di aziende che non imbottigliano nemmeno uno spillo!)… però sono in forte crescita perché pubblico contenuti di alta qualità e il mio engagement del 6,4 % parla da sé!

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In sintesi: Gestire un profilo Instagram è un lavoro che costa tempo e quindi soldi. Diffida da chi ti chiede o propone collaborazioni gratuite (salvo il rarissimo caso in cui vendi un prodotto che l’influencer vuole per sé e quindi è disposto a proportelo), soprattutto se parliamo di un user con più di 30 k followers… probabilmente sono comprati e servono solo come specchietto per le allodole per ricevere prodotti e campioncini gratuiti. Tu vuoi essere un’allodola?

Ora che hai un’idea più chiara di quanto costa un influencer su Instagram e che tipo di influencer può servire alla tua azienda… che ne dici di dare un’occhiata insieme ai miei ultimi post? Image may be NSFW.
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Le mie ultime 2 settimane su Instagram:

A prestissimo su Instagram allora!  Image may be NSFW.
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Chiara

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In diretta da Düsseldorf, parliamo di mercato del vino in Germania

Oggi ti presento la mia collaborazione con Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma sul mercato del vino, nato e pensato per supportare le imprese, i consorzi e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana nella comprensione delle dinamiche del mercato, sia a livello nazionale sia a livello mondiale. Ogni mese pubblicherò un articolo dedicato a un mercato estero per aiutarti a vendere il vino nel mondo! In questo momento ti scrivo da Düsseldorf, di cui sicuramente conosci il ProWein dove oltre 52.000 visitatori professionisti assaggiano i vini di oltre 6.000 espositori, per questo ho deciso di aprire questa collaborazione con un focus sul mercato del vino in Germania! Che meraviglia il panorama dall’aereo!

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La Germania è il Paese più popoloso dell’Unione Europea: ha oltre 82 milioni di abitanti, di cui il 22% è costituito da giovani della fascia di età tra 18 e 35 anni. Il suo PIL è aumentato del 2,5% ed è la prima potenza economica dell’UE. Nel 2017 i tedeschi hanno bevuto 2.680.000.000 bottiglie di vino da 0,75 cl e questo dato pone la Germania come il quinto mercato vitivinicolo più importante del mondo. Il mercato del vino in Germania è comunque in calo perché sta scomparendo la popolazione più anziana e, tra i Millennials, la bevanda alcolica più diffusa è ancora la birra. Il consumo medio di vino pro capite è di 31 bottiglie di vino all’anno comprate per lo più in discount e supermercati. Particolarmente significativo è che nel 2016 circa la metà delle bottiglie di vino consumate sono state acquistate alla Lidl, all’Aldi e in altre catene di discount, quota che sale al 71% se includiamo anche i supermercati. Il canale enoteche, che presuppone un consumatore “qualificato” che acquista vini di fascia medio-alta, occupa solo il 3% del totale, al pari del canale e-commerce, che presuppone un consumatore anche “moderno”.

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Ops, ora ti saluto… è arrivata la mia macchina a prendermi per portarmi a Duisburg, all’Hotel Landhaus Milser, dove soggiornerò in occasione della presentazione dell’azienda Pratum Coller del famosissimo calciatore Andrea Pirlo. Mentre lui presenterà la sua azienda, io sarò felice di presentare i suoi vini dal punto di vista tecnico in un evento aziendale privato a cui sono invitati un centinaio di operatori di settore tedeschi.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Chiara Bassi – PERLAGE SUITE® (@perlagesuite) in data:

E dopo questa squisita tartare, la straordinaria compagnia e ospitalità del padrone di casa Antonio Pelle e la piacevole conversazione avuta con tutto il nostro tavolo, tra cui voglio segnalare Bruno Strati, direttore dell’hotel, suo suocero Franco, Mario Narcisi (che tra le cose vende tartufo e già per questo mi sta simpaticissimo)  e Roberto Ravelli, consulente commerciale di Andrea Pirlo con un mood British che mi è piaciuto un sacco, torniamo a parlare del mercato del vino in Germania.

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I tedeschi si stanno orientando verso vini di maggiore qualità e i prodotti di fascia più alta – per i vini bianchi e i vini rossi – hanno avuto un incremento importante, di oltre il 100% in meno di 5 anni. In particolare, se nel 2011 il solo l’8% dei vini rossi fermi aveva un prezzo superiore i 3,75 € a bottiglia, nel 2016 è cresciuto fino al 16%. Più lieve l’aumento per i vini spumanti, per i quali si spendeva già di più. I vini spumanti di ogni parte del mondo in Germania sono i più importati e il trend è in continua crescita: + 3,7%. Ancora più interessante, per me che mi occupo principalmente di vini spumanti e come sai redigo la guida vini spumanti italiani 500 Bolle in 500 (comprala subito cliccando QUI), è che, mentre l’importazione di vini fermi italiani ha subito un calo del – 5,1%, l’importazione di vini spumanti italiani è cresciuta e si è registrato un +8,4%. Anche in virtù di questo trend ho deciso di scrivere la mia guida in italiano e in inglese, in modo di indirizzare gli operatori esteri verso i nostri spumanti italiani più buoni e magari meno conosciuti. L’Italia è il primo esportatore di vino in bottiglia in Germania e ha una quota di mercato del 42%. Di 660 milioni totali tra tutte le tipologie, 88 milioni sono spumanti. Del totale dei vini spumanti importati, primeggia con un trend di continua crescita la Francia con il 59%. I tedeschi inoltre sono più portati a spendere per un vino francese rispetto a un vino italiano: il prezzo medio di una bottiglia di vino spumante francese è 14,7 € mentre quello italiano è di soli 4,5 €. La Germania è il primo consumatore di vini spumanti a livello mondiale, si parla di circa 427 milioni di bottiglie, ovvero il 17% di tutto il vino consumato nel Paese. Se i vini bianchi preferiti dai consumatori sono i deliziosi Riesling locali, i vini rossi e gli spumanti sono soprattutto d’importazione. Un altro dato importante di cui tenere conto è la sensibilità dei tedeschi nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità, per questo il trend delle vendite di vino biologico è in crescita, trainato anche dall’aumento di prodotti biologici nei discount. Per i tedeschi, il vino biologico italiano è di qualità migliore rispetto a quello degli altri paesi e per questo lo comprano più volentieri. Un dato interessantissimo è questo: l’80% dei consumatori tedeschi acquisterebbe solo vino biologico made in Italy se questo fosse più reperibile in ristoranti e negozi. Questa analisi ci fornisce un grande spunto su cui lavorare: caro produttore di vino italiano che mi leggi, crea eventi in Italia e in Germania, fai assaggiare i tuoi vini più beverini e gioca sui tuoi vini rossi e sui tuoi vini spumanti la tua mano vincente. Ricorda che non ce l’hai solo tu: anche se ti ho detto che l’Italia detiene il 42% del mercato, i produttori di vino in Italia sono oltre 310.000. Se vuoi vendere i tuoi vini “non fare di testa tua” e mettiti nella testa dei tuoi clienti: offri soluzioni di pagamento vantaggiose (ricorda che per un ristorante il vino è sempre un capitale immobilizzato e che offrire il 5% di sconto per il pagamento anticipato o addirittura obbligare il pagamento anticipato equivale a darsi la zappa sui piedi e uscire dal mercato), studia il tuo target e sii coerente con il prezzo e la comunicazione del prodotto (se vuoi vedere il tuo vino nelle carte di ristoranti blasonati non venderlo a discount o locali sfigati), scegli collaboratori di qualità e fidati dei loro consigli e punta sul biologico che è il mercato del presente o del futuro in ogni parte del mondo. E ancora prima di comunicare il tuo Brand, comunica il tuo vino e punta sulla qualità, perché è quello che vuoi vendere!

Ti è piaciuto questo articolo sul mercato del vino in Germania?

Di quale mercato ti piacerebbe che parlassi a dicembre?

Se c’è un mercato estero che ti interessa particolarmente scrivimelo in un commento!

Se invece vuoi conoscere subito tutti i principali mercati del mondo, prenota subito la tua copia di Wine Marketing, il Libro Essenziale per l’Export del vino italiano di Wine Monitor – Nomisma cliccando QUI. In questo libro speciale, aggiornato ad aprile 2018, troverai:

  • Scenari, mercati internazionali e competitività del vino italiano
  • Tabelle e grafici essenziali per capire gli andamenti dei consumi e la tipologia di consumatore per ogni mercato estero
  • Tutti i recapiti (indirizzo, telefono, e-mail, sito web, area di attività) di oltre 1000 importatori e distributori europei e americani a cura di Nomisma SpA – Wine Monitor

Le copie disponibili sono limitate. Cosa aspetti a prenotare la tua? L’editore te lo consegnerà direttamente a casa o in azienda nel giro di una settimana dal momento dell’acquisto!

Wine Marketing – Libro essenziale per l’Export del vino italiano

Sperando come sempre di esserti stata utile, ti saluto: ora mi aspetta un briefing per la presentazione dei vini di Andrea Pirlo domani sera e una cena di cui ti racconterò…

Cheers

Chiara

L'articolo In diretta da Düsseldorf, parliamo di mercato del vino in Germania proviene da Perlage Suite.


Andrea Pirlo: vini Pratum Coller prodotti a Flero (Brescia) e presentati oggi a Duisburg

Sono a Duisburg, all’Hotel Landhaus Milser, alla presentazione dei vini del famosissimo calciatore Andrea Pirlo. Con la premessa che io e il calcio non ci azzecchiamo nulla (ma i mondiali 2006 li ho stranamente seguiti pure io) e che ho scoperto ieri in che squadra giocava Andrea Pirlo, oggi ti chiedo, se sei un tifoso di un’altra squadra, di fare un piccolo sforzo e parlare solo di vino. In fondo se mi leggi qui sul blog sono certa che adori il vino e forse sei anche curioso di sapere come sono i suoi vini! Questa premessa per dirti che il mio giudizio sarà assolutamente imparziale e sincero e come sempre potrai fidarti di me! Image may be NSFW.
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(Bella la grafica del menù, vero? Modestamente l’ho fatta io! Image may be NSFW.
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) Questo è un evento riservato agli operatori del mondo del vino tedeschi che sono accorsi da ogni parte della Germania per degustare i vini di Andrea Pirlo. Inutile girarci attorno, Andrea è un volano per qualsiasi cosa grazie alla fama che si è conquistato sul campo. Il suo nome e la sua immagine sono capaci di coinvolgere milioni di persone e l’evento è andato sold out in pochissimo tempo. Anzi, si è fatto un vero e proprio over booking, perché dalla quarantina di invitati iniziali si è chiusa la lista a 100 persone e oggi il telefono dell’Hotel Landhaus Milser è stato letteralmente rovente con ristoratori di ogni parte della Germania che volevano la possibilità di conoscere Andrea e assaggiare i suoi vini stasera.

 

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Un post condiviso da Chiara Bassi – PERLAGE SUITE® (@perlagesuite) in data:

I vini che Andrea Pirlo produce oggi sono 5, ma mi ha anticipato che il prossimo anno uscirà il suo spumante metodo classico e che sarà il più buono di tutti. Andrea Pirlo è ambizioso anche nel mondo del vino, e questa è una qualità che apprezzo molto perché è solo con l’ambizione, condita con tanta volontà, che si possono raggiungere grandi traguardi.

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Ha scelto di comprare un’azienda a Flero, in provincia di Brescia, nella terra dove è nato. In quella stessa terra dove aiutava il padre e il nonno a vendemmiare da bambino. Come in un perfetto ciclo della vita, Andrea è tornato a casa quando ha lasciato il mondo del calcio per tirar fuori qualcosa di davvero buono anche da qui.

E ora è il momento di presentarti i vini, e lo farò seguendo passo passo gli abbinamenti proposti.

Andrea Pirlo vini Pratum Coller: Nitor, vino Bianco | in abbinamento selezione di formaggi, Grana Padano 24 mesi, Giardiniera di Morgan

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Prodotto con uve turbiana o trebbiano di Lugana 100%. Si presenta di un giallo paglierino cristallino, discretamente consistente. Al naso è fine e delicato, si riconoscono note di albicocca, pera, miele e fiori di tiglio con un finale di burro di cacao. In bocca è coerente, morbido, ma anche molto sapido e aumenta la salivazione. Piuttosto lungo e dotato di buona bevibilità. Per i miei gusti non è adatto a formaggi troppo saporiti e sapidi perché non fa che aumentare questa percezione. In questi casi un abbinamento per contrapposizione è preferibile, pertanto meglio optare per i crostacei che hanno una spiccata tendenza dolce, o un prosciutto come quello delizioso proposto in abbinamento al vino successivo.

Andrea Pirlo vini Pratum Coller: Eos, vino rosato 2016 | in abbinamento selezione di affettati: Zia, Prosciutto Crudo 24 mesi Piotosini, Carne Salata

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Da uve sangiovese 100%. Si presenta di un bel colore rosa buccia di cipolla brillante. Al naso è elegantissimo, intenso ma non “prevaricante”. Si riconoscono note di ciliegia, vaniglia e pepe rosa che sfumano in un finale di fiori d’origano. In bocca è coerente, scende vellutato e conferma la stessa percezione di eleganza riscontrata al naso, con una sapidità appena accennata. Bevibilità eccezionale. Il suo punto di forza è la duttilità nelle possibilità di abbinamento, che ne fanno un jolly perfetto per ogni ristoratore, ma anche per ogni cliente finale. L’ho provato con la carne di agnello la sera prima del Ristorante Waldhaus Bochum ed era perfetto, con il baccalà e la crema di piselli a pranzo e ancora una volta è stato perfetto, con un primo piatto a base di ravioli ripieni di pesto con crema di pomodoro e gamberi e anche qui è stato azzeccato… e con gli affettati proposti durante la serata anche si è abbinato benissimo. Sarà che sono romagnola e in me scorre sangiovese al posto del sangue, ma di tutti è il vino che mi è piaciuto di più! Poi io i vini rosati fermi e gli spumanti rosé li adoro… potrei aprirci un mondo e parlarne ore!

Andrea Pirlo vini Pratum Coller: Marzi, vino Rosso | in abbinamento risotto zafferano e liquirizia

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Da uve marzemino 100%. Rosso rubino semitrasparente, discretamente consistente. Al naso intensi profumi di spezie, in particolare pepe nero e chiodi di garofano. Si riconoscono distintamente anche la marasca e una nota balsamica. In bocca è intenso, più spostato sulle durezze ma comunque vocato alla morbidezza (ha bisogno di ancora un po’ di affinamento in bottiglia per equilibrarsi). Bella acidità e un tannino ancora un po’ verde. Da lasciare decantare almeno un’ora per consentirgli di esprimersi al meglio. Quando ho letto sul menu questo abbinamento devo dire che mi ha lasciata un po’ perplessa. Sapevo bene che zafferano e liquirizia insieme si sposano in modo magnifico perché uno dei miei panettoni preferiti di Dario Loison ha proprio questi gusti, ma non ero convintissima dell’abbinamento col vino.

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Beh, posso dirti che assolutamente sbagliavo, è stato un connubio di sapori orgasmico a livelli che non puoi immaginare. Il risotto era buonissimo, con una spiccata tendenza dolce e una buona aromaticità che smorzava le durezze del marzemino e ne esaltava i punti di forza. Da riprovare anche a casa, nella speranza di essere all’altezza di Chef Roberto!

Andrea Pirlo vini Pratum Coller: Arduo, vino Rosso Riserva | in abbinamento guancia di manzo al forno con purè di patate

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Da uve cabernet sauvignon, merlot e syrah. Rosso rubino profondo, roteando il bicchiere forma archetti molto regolari che lasciano intuire un tenore alcolico importante. Al naso è intenso ed elegante, molto fine. Spiccano sentori di sottobosco, ciliegie sotto spirito, cannella e tartufo. In bocca è coerente, molto elegante, dotato di grande acidità che lascia intuire un buon potenziale di invecchiamento, ma già molto equilibrato. Lungo sul finale. Abbinamento molto buono, la guancia era tenerissima (non burrosa però), anche se avrei voluto un sugo più denso e meno brodoso. In generale è sicuramente, da un punto di vista tecnico, il vino più riuscito dell’azienda. Ha anche una bevibilità eccellente, per questo mi è piaciuto davvero tantissimo. Parlando con le persone presenti alla serata direi che è anche il vino di Andrea Pirlo che ha riscontrato il maggior gradimento.

Andrea Pirlo vini Pratum Coller: Monos, vino Bianco Passito | in abbinamento degustazione di cantucci – mandorla, cioccolato, pistacchio – e panettone artigianale con gelato

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Da uve petit manseng 80% e pinot bianco 20%. Giallo paglierino cristallino. Il naso stupisce per degli idrocarburi che ti aspetti di trovare in un riesling della Mosella e non certo in un passito bresciano e che sfumano in un sentore di fico. In bocca è coerente, fresco e morbido con un piacevole finale amaricante. Se rotei un po’ il bicchiere avverti proprio un forte sentore di gasolio, e per lasciarlo esprimere è meglio versarlo e aspettare un po’ a berlo. Infatti al primo assaggio non mi aveva convinta del tutto, invece aspettando e lasciando la temperatura salire l’ho apprezzato moltissimo. Per questo consiglio assolutamente di servirlo almeno a 16 °C: la forza di questo vino è il naso e servirlo freddo è ammazzarlo. Ah, il panettone era davvero squisito!

Insomma, come puoi intuire i vini di Andrea Pirlo complessivamente mi sono piaciuti, con 3 note di merito: il rosato, il riserva e il passito. Ora sono davvero curiosa di assaggiare lo spumante che ha detto di avere in cantiere… Ah, poi c’è stata la torta gelato a sorpresa, col gelato di Elio Cotali… a lui è piaciuto vincere facile con me, grazie alla base di pistacchio… io adoro il pistacchio! La torta poi non era solo bellissima, ma era davvero buonissima e non troppo “pannosa” come alcune torte gelato! Ne mangerei una fetta anche adesso…

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Infine voglio fare i complimenti a tutto lo staff dell’Hotel Landhaus Milser per come ha condotto la serata. La sala era bellissima, arredata e disposta davvero benissimo. I camerieri gentili e impeccabili, addestrati davvero alla perfezione. Segno che in questa struttura si possono fare eventi a occhi chiusi con la certezza di fare bella figura. Il direttore Bruno Strati è stato onnipresente per assicurarsi che fosse tutto perfetto e il proprietario Antonio Pelle… beh è un uomo così straordinario che ho deciso che domani ti faccio un altro articolo: voglio darti almeno 5 buone ragioni per soggiornare all’Hotel Landhaus Milser! Image may be NSFW.
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Ora però tocca a te dirmi cosa ne pensi: hai voglia di assaggiare i vini di Andrea Pirlo – Pratum Coller? Ti ho incuriosito? Se ti fa piacere scrivimelo in un commento Image may be NSFW.
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🍷

Chiara

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Picchio Rosso 2018: Conosci il vino novello di Valtidone?

Sabato sono stata alla festa del Picchio Rosso 2018 dedicata al vino novello della Cantina Valtidone. Vado sempre volentieri in questa azienda perché le persone che ci lavorano sono tutte squisite e quindi coniugo con piacere il mio amore per il vino con rapporti umani di qualità. Cantina Valtidone si trova nella Val Tidone, nell’area dei Colli Piacentini, in Emilia-Romagna. Sarà che, pur abitando sul mio amato Lago d’Iseo, sono pur sempre una fiera “azdora romagnola” (tra i ragazzi romagnoli vige il detto “puoi essere figa quanto vuoi, ma se non sai fare la sfoglia non sei nessuno”… per fortuna che nonna mi ha insegnato Image may be NSFW.
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), qui mi sento a casa come da poche altre parti. Però c’era un’umidità la mattina che mi ha fatto litigare con i miei capelli tutto il giorno… avrei voluto i ricci perfetti dell’Antonella che stava davvero benissimo!

Per quanto riguarda il vino novello invece, come probabilmente sai se mi leggi di frequente, non ne sono assolutamente un’amante, tuttavia mi piace sempre berne un bicchiere in memoria dell’infanzia, delle castagne cotte nel paiolo con la nonna e del vino allungato con acqua di nonno. Mi ricordo anche quando raccoglievo l’uva nel nostro giardino, e quando io e nonna la pigiavamo con i piedi nei tini di legno per ottenere il mosto: avevamo i piedi viola, e mi sentivo una specie di elfo che ballava una danza che soltanto noi due conoscevamo. Ecco, pur non essendo nelle mie corde dal punto di vista strettamente enologico, amo  il vino novello proprio per la sua capacità di risvegliarmi ricordi dolcissimi.

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La prima parte della giornata mi è piaciuta molto: è stata dedicata alla premiazione della creatività degli alunni delle scuole elementari, medie e superiori della zona. Vice presidente della giuria l’architetto Daniela Pilla, una donna bellissima e brillante che è stato un vero piacere conoscere e che ha introdotto il concorso con passione. Il tema era realizzare il progetto grafico di un calendario che raccontasse la vite in 365 giorni, e devo dire che ho visto davvero dei bei lavori tra quelli esposti. Mi ha ricordato quando ho vinto un concorso simile quando ancora frequentavo il Liceo Artistico di Ravenna… che bei tempi! I premi sono stati consegnati dalle numerose autorità intervenute per l’occasione, grazie alla consolidata presenza nel territorio del Presidente Gianpaolo Fornasari, che con le sue abilità è stato capace di risanare la cantina e farle spiccare il volo. Il vino novello del resto si presta a un concorso di questo tipo: da sempre è capace di unire generazioni e i bambini sicuramente assoceranno la Cantina Valtidone a una esperienza molto gratificante! Troppo carini poi quelli che, invece del solito e noioso “materiale didattico” hanno suggerito ridacchiando e con lo sguardo sognante di spendere la cifra alla 15esima edizione di Cioccolandia, la festa dedicata al cioccolato organizzata dalla Pro Loco di Castel San Giovanni (PC), di sabato prossimo 10 novembre. 

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Picchio Rosso 2018, Cantina Valtidone: Sai cos’è il vino novello?

Il vino novello, da non confondere con il “vino nuovo” è una particolare tipologia di vino che si ottiene dalla macerazione carbonica dei grappoli interi (almeno il 40% del totale del vino deve essere ottenuto così) di uve della stessa annata che non può essere tagliato con vino di annate precedenti. Questi grappoli vengono posti dentro un serbatoio ermetico saturo di anidride carbonica per un periodo di tempo variabile da alcune ore a qualche giorno. In pratica viene indotta una fermentazione alcolica intracellulare degli zuccheri che si innesca a causa dell’assenza di ossigeno. In realtà le cellule continuano la loro “respirazione” grazie al Ciclo di Krebs (ciclo metabolico fondamentale delle cellule che usano l’ossigeno per la respirazione cellulare) e consumano l’acido malico presente nelle cellule. Dato che l’acido malico viene rapidamente consumato, pur essendo vini giovanissimi e senza fare la malolattica, i vini ottenuti non hanno quel caratteristico gusto “aspro” indotto da questo acido. Questo anche grazie all’elevata produzione di glicerina (responsabile della morbidezza di un vino) che è oltre il doppio di quella ottenuta dalla normale vinificazione in rosso. Terminata la macerazione carbonica si fa una prima pigiatura e poi si mette a macerare in contenitori saturi sempre di anidride carbonica a una temperatura controllata di 30-35°C. In questo periodo l’uva si schiaccia sotto il proprio peso e rilascia sempre più liquido, ma in modo graduale. Terminato questo periodo si completa la pigiatura e si lascia trasformare l’eventuale residuo zuccherino in alcol nella maniera tradizionale. La vinificazione totale tra le varie fasi deve durare almeno 10 giorni e possono essere introdotti sul mercato a partire dal 30 ottobre della stessa annata e comunque entro il 31 dicembre. Il vino novello viene prodotto solo in aree DOP o IGP, può essere fermo, tranquillo o frizzante e deve avere un tenore alcolico minimo di 11% vol e un residuo zuccherino inferiore ai 10 g/l. Il vino novello deve tassativamente essere consumato “prima che si può” ed è un vino molto adatto ad accompagnare piatti semplici della cucina casalinga. Tradizionalmente simbolo della stagione autunnale, è un classico consumato con le castagne. Io e nonna preparavamo dei deliziosi ravioli dolci ripieni di castagne, cacao amaro, una specie di mostarda e la punta di un cucchiaino di caffè che cuocevamo in forno e spolveravamo di zucchero a velo. Ricordo che nonno rientrava dalla bottega puntualissimo alle 16:30 per mangiarli quando erano ancora tiepidi, e prendeva il vino novello dalla damigiana (il mio era molto allungato con l’acqua dato che si e no facevo le elementari…).Image may be NSFW.
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Da sinistra: Io e il bellissimo staff della Cantina Valtidone: Antonio Montano (brand ambassador), Francesco Fissore (enologo) e Marco Civardi (ufficio stampa).

Picchio Rosso, Cantina Valtidone: Com’è il vino novello di quest’anno?

Ho parlato un po’ del vino novello di quest’anno con l’enologo Francesco Fissore, che trovo assolutamente bravissimo. Da quello che ho assaggiato ha dato una marcia in più ai vini della cantina, soprattutto nelle anticipazioni che mi ha dato la scorsa volta con il nuovo spumante Perlage. Il vino novello “Picchio Rosso” di Cantina Valtidone è un figlio assoluto di questa particolare annata: meno strutturato di quello dell’anno precedente, con un tenore alcolico di soli 11,5% vol, comunque morbido e beverino. Come ogni vino novello che si rispetti, sono i profumi gli indiscussi protagonisti della degustazione: dal lampone alla Big Babol, con una lieve nota di erba tagliata di fresco. Si abbina bene a salumi semplici ed aromatici, la prima cosa che mi viene in mente e con cui vorrei provarlo è un panino alla mortadella, ma sono a dieta! Image may be NSFW.
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Comunque l’ho assaggiato in abbinamento ai tortelli dell’Antica Trattoria Giovannelli di Agazzano, un po’ scotti per i miei gusti (ma almeno il sugo di funghi era buono) e direi che ci è stato molto bene. Poi io sono per un tortello cotto giusto e con un sugo ben mantecato con un buon burro, e non certo per dei tortelli serviti in fiamminga appena scolati e con il sugo a parte, ma comunque vedo che a molte persone piacciono anche così… son gusti insomma!

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Il pranzo è stato molto piacevole, grazie anche alla compagnia: da Mauro Fontana, direttore commerciale di Valtidone (che adoro e ormai ogni bilico che vedo in autostrada penso a lui, e non scherzo!) a Claudio Salluzzo (e la sua deliziosa collega bionda di cui non ricordo il nome), coordinatore della filiera agroalimentare della Confcommercio di Milano, ad Andrea Tagliabue, buyer dei supermercati Gulliver (e sua madre) e a Marco Saccardi, ingegnere civile dell’Oltrepò Pavese votato alla produzione di farine da grani antichi. Essendo io un’appassionata di panificazione, potevo non interessarmi all’argomento? Image may be NSFW.
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Picchio Rosso: non solo vino novello, ma anche un memorabile Gutturnio Riserva!

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Questo vino “fuori programma” mi è piaciuto davvero tantissimo! Nato dalla bravura degli enologi Beppe Caviola e Francesco Fissore, lo definisco un piccolo capolavoro per la sua potenza e il suo equilibrio. Poi mi sono innamorata per la sua nota di inchiostro sfumata nella marasca e nel finale speziato… da riassaggiare con più calma!

Picchio Rosso, Cantina Valtidone: e tu hai mai fatto una visita in cantina?

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Devo dire che sia Mauro sia Antonio sono bravissimi a fare le visite in cantina. Poi vedere tante persone curiose, sia tra gli addetti ai lavori sia tra la “gente comune” mi ha fatto davvero piacere! Cantina come sempre ordinata e pulita, ma è stata la macchina per l’imbottigliamento a catturare tutto il mio interesse: le bottiglie sembravano danzare e io potevo stare ad osservarle ore! Che spettacolo affascinante! Quanti deliziosi soldatini pronti a conquistare il mondo del vino!

Post Picchio Rosso, Cantina Valtidone: di giorno vino novello, di sera Champagne!

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Antonio mi ha fatto scoprire un posto delizioso in centro a Piacenza che tiene naturalmente anche i vini della Cantina Valtidone! La Taverna del Gusto esteticamente è proprio il mio genere di locale: molto curato ed elegante, ma comunque informale. Le poltroncine poi sono davvero comodissime! Andrea, il titolare, ci ha fatto scoprire lo Champagne Extra Brut Première Cru Blancs de Blancs De Saint Gall! Molto preparato, ci ha raccontato di questa grande cooperativa   che nel cuore di Champagne produce questa particolare linea di grande pregio. Devo dire che il naso è capace di fare innamorare, con un’espressione straordinaria dello chardonnay che assume note di frutti esotici maturi e agrumi. In bocca è spostato sulle durezze, con tanta freschezza e sapidità, ma è comunque morbido e la bollicina cremosa. Fine ed elegante, un sorso tira l’altro, nonostante la stanchezza! Il concept del locale poi è di quelli che piace a me: Enoteca, Cucina e Bottega di prodotti eccellenti, con una menzione di merito per un formaggio caprino francese con i fiori da giù di testa e una coppa di maiale nero davvero deliziosa. Insomma, qui puoi passare una piacevole serata o semplicemente comprare i tuoi prodotti preferiti da consumare a casa! Quale arredamento è migliore in un locale di un grande banco pieno di delizie da scoprire?

Prima di andare a nanna, siamo passati a salutare la Danila Ratti del Ristorante Le Proposte. Ti ricordi? Ti avevo descritto la sua deliziosa cucina in questo articolo: I vini della Cantina Valtidone al Ristorante Le Proposte: l’abbinamento perfetto della tradizione piacentina. Ho dormito nel B&B Dimora di Corano dove ho trovato un ambiente pulito e confortevole, con una squisita Sigrid di cui ho apprezzato enormemente i modi posati, il ritmo della voce e la dialettica. A colazione ho bevuto un tè preparato veramente bene, cosa che ormai mi capita di rado, e mangiato una marmellata di albicocche fatta in casa molto buona. Il tavolo era ben apparecchiato, l’ambiente caldo e intimo, e tra una chiacchiera e l’altra ammetto che non ho fatto foto… ma rimedio prestissimo! Grazie al marito di Sigrid la sala colazione è piena di libri d’arte… e ne ho puntati un paio che sarebbe stupendo leggere seduta sotto un albero in questo incantevole crocevia enogastronomico in una giornata di inizio primavera. Beh, in realtà li leggerei tutti…

Dalla regia so che la festa del Picchio Rosso, continuata anche per tutta la giornata di domenica, ha riscosso un enorme successo: la Cantina Valtidone era piena di gente entusiasta per gli eventi e le degustazioni. Quindi tanti complimenti al presidente Gianpaolo Fornasari e al suo staff così speciale.

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🍷

Chiara

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Marsala siciliano e cucina piacentina: hai mai pensato di abbinarlo a tutto pasto?

Quando Antonio Montano mi ha chiesto di essere co-relatrice di questa serata sul Marsala al Ristorante Le Proposte di Corano, nei miei adorati Colli Piacentini, sono stata ben felice di accettare. La Sicilia è nel mio cuore da sempre, e non mi stanco mai di ripeterlo (Ti consiglio anche di leggere questo articolo sulla viticoltura siciliana cliccando QUI). I vini fortificati poi sono una mia grande passione da quando ho camminato tra i vigneti di Madeira, navigato nel tradizionale Rabalo lungo il fiume Douro a Porto e ammirato i tramonti sull’oceano ai margini di Sétubal. L’abbinamento con la cucina piacentina non poteva non incuriosirmi se ai fornelli sapevo di trovare la cara Danila Ratti, che cucina e reinventa i piatti della tradizione con grande maestria. E poi io qui mi sento sempre a casa: tutta la famiglia di Danila è splendida e ho conosciuto anche il piccolo Luca che ha lo stesso rapporto con la pappa di me quando ero bambina… anche per questo ci siamo piaciuti subito! Image may be NSFW.
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Da sinistra Gigi, Danila, l’uomo del Parmigiano, Antonio e la signora in rosso Image may be NSFW.
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Storia del vino Marsala: cosa ho raccontato ieri sera?

[Tratto dal mio libro “Come diventare sommelier – tutto quello che devi sapere sul vino in meno di 300 pagine” che puoi comprare su questo sito cliccando QUI o su amazon seguendo questo linki: https://amzn.to/2zGjBgD.]

Le origini del Marsala risalgono ai Fenici ed ai Cartaginesi che introdussero la vite nel Mediterraneo. Gli scavi di Mozia, una piccolissima isoletta dinanzi a Trapani, dimostrano che già in epoca lontana il vino era trasportato in anfore di terracotta con base appuntita per facilitare il carico e la stabilità nelle stive delle navi. Il nome deriva dall’arabo Marsa’Ali (porto del profeta) o Mars-el-Allah (porto di Dio), ma la vera invenzione di questo vino la si deve agli inglesi nel 1770. John Woodhouse, un armatore di Liverpool, commerciava nella zona. Avendo un ottimo fiuto per gli affari, capì che quel vino era abbastanza ricco di corpo ed alcol etilico da piacere agli inglesi e per evitare che il vino si alterasse durante il viaggio aggiunse un po’ di Whisky.

Le guerre napoleoniche rendevano molto difficili le spedizioni dei vini spagnoli e portoghesi verso l’Inghilterra, che in quel periodo cessarono del tutto. Il Marsala in Inghilterra ebbe un tale successo che John tornò a Marsala per impiantare un proprio baglio (edificio con corte) con le botti in quercia bianca che aveva portato dall’Inghilterra. Man mano che il commercio del Marsala si espandeva, arrivarono a Marsala altri mercanti inglesi, prima i suoi cugini poi Ingham, Hopps, Glasgow, Whitaker… che crearono un vero e proprio monopolio inglese del Marsala. L’ammiraglio Nelson lo adorava e prima di partire per la spedizione d’Egitto mandò un ordine a Malta da 40.000 galloni di Marsala (200.000 litri).

Il Marsala, ormai diventato il vino degli Inglesi, ebbe grande fortuna per tutto l’800. Ma Madeira e Porto, anch’essi di origine inglese, stavano ritornando sul mercato competitivi per qualità e prezzi e il Marsala cominciò a perdere quota. In quegli anni i Florio (nobile famiglia di origine calabrese diventata poi ricchissima a Palermo a cavallo del ‘900) con una flotta mercantile di 99 navi, cominciarono ad esportare il loro Marsala in Brasile, Argentina e negli Stati Uniti. Dato che gli inglesi erano sempre più intenzionati ad abbandonare la produzione di Marsala, i Florio acquistarono prima le cantine di Woodhouse e dagli Ingham, poi di tutti gli altri e legarono per sempre il loro nome alla produzione di Marsala.

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Adriana, carinissima e bravissima collega AIS Image may be NSFW.
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Come si fa il vino Marsala?

Il disciplinare dal 1984 classifica i Marsala in base al colore: Oro, Ambra e Rubino ed indica con precisione i vitigni da utilizzare, il titolo alcolometrico, gli anni d’invecchiamento ed il residuo zuccherino (secco < 40, demi-sec 40-100, dolce > 100).  Vino DOC prodotto nella provincia di Trapani, è elaborato a partire dal grillo, catarratto bianco comune, catarratto bianco lucido, damaschino e inzolia per le tipologie Ambra e Oro, mentre pignatello, nero d’Avola e nerello mascalese sono impiegati per il più raro, il Rubino, che contiene un max del 30% di uve a bacca bianca.

Tipologie e invecchiamento:

  • FINE: Min 17% vol, min 1 anno invecchiamento;
  • SUPERIORE: Min 18% vol, min 2 anni invecchiamento;
  • SUPERIORE RISERVA: Min 18% vol, min 4 anni invecchiamento;
  • VERGINE e/o SOLERAS: Min 18% vol, min 5 anni invecchiamento;
  • VERGINE e/o SOLERAS STRAVECCHIO o RISERVA: Min 18% vol, min 10 anni invecchiamento;

Il Marsala è un VINO CONCIATO perché al vino base è possibile addizionare mosto cotto, alcol etilico di origine vitivinicola (3-5%), acquavite o miscela in % diverse a seconda della tipologia. Il vino ottenuto è posto in botti da 300-400 litri di rovere o ciliegio lasciate scolme, cioè riempite solo per i 2/3 per favorire una serie di processi ossidativi protetti dall’elevata concentrazione alcolica, secondo il metodo soleras.

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Antonio, Danila, Arianna, Adi e Riccardo Image may be NSFW.
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🍷

Marsala & metodo soleras: come funziona?

Si sistemano le botti accatastate in file verticali di 3 o 5, da quelle poste sul pavimento (solera) è spillato il vino che si ritiene ormai pronto e rimpiazzato con rincalzi di quello prelevato dalle botti sovrastanti (criadere), considerando che circa il 2-3% l’anno è perso per evaporazione. In pratica si riempie la botte più in alto per i 2/3 e 1/3 è sempre messo nella botte sottostante anno dopo anno. La botte sul pavimento quindi è quella con il vino più vecchio e ottenuto con questi tagli di varie annate, mentre la botte più in alto è quella che viene riempita ogni anno per 1/3 con vino nuovo. In questo modo, se il procedimento fosse iniziato anche 100 anni fa, nelle botti solera, se queste non sono mai state svuotate, sarebbe presente sempre una parte, anche piccola, del vino della vendemmia di 100 anni fa.  Questo metodo è utilizzato anche nella produzione di aceto balsamico.

E ora veniamo alle degustazioni e all’abbinamento con la cucina piacentina… Image may be NSFW.
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marsala vino

Il primo marsala è il Marsala Superiore Secco di Vito Curatolo Arini, in abbinamento i deliziosi affettati piacentini, un crostino alle olive che devo dire era l’abbinamento più indovinato di tutti e un’insalata di carciofo che pure ci è stata benissimo. Certo il carciofo può sembrare un po’ un azzardo, ma ti assicuro che non lo era affatto anche perché la Danila ha fatto un’emulsione con lo stesso marsala. Nessun retrogusto metallico anzi, il carciofo e il marsala si sono valorizzati a vicenda! Il Marsala Superiore Secco di Vito Curatolo Arini è prodotto con uve grillo, catarratto e inzolia, ha un tenore alcolico del 18% vol e un bellissimo colore ambra brillante. Il naso è delicato e splendido, con note di fichi secchi e nocciole fresche, mentre in bocca è equilibrato, morbido e vellutato con un lungo finale di spezie dolci.

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marsala vino

Partendosi di là e andando tre giornate verso levante, l’uomo si trova a Diomira, città con sessanta cupole d’argento, statue in bronzo di tutti gli dei, vie lastricate in stagno, un teatro di cristallo, un gallo d’oro che canta ogni mattina su una torre. Tutte queste bellezze il viaggiatore già conosce per averle viste anche in altre città. Ma la proprietà di questa è che chi vi arriva una sera di settembre, quando le giornate s’accorciano e le lampade multicolori s’accendono tutte insieme sulle porte delle friggitorie, e da una terrazza una voce di donna grida: uh!, viene da invidiare quelli che ora pensano d’aver già vissuto una sera uguale a questa e d’esser stati quella volta felici.

da “Le Città Invisibili”, Italo Calvino

Questo piatto mi ricorda l’infanzia, quando nonna Diomira mi preparava i suoi meravigliosi tortelloni di zucca. Sì, perché in Emilia ci sono i ravioli, in Romagna ci sono i tortelli, che date le dimensioni “ragguardevoli” diventano pure tortelloni! La differenza sostanziale è la chiusura: in Emilia sono quadrati, in Romagna triangolari. Quanto mi piacciono! La Danila ha proprio questo potere: con i suoi piatti e le sue gestualità mi fa pensare a mia nonna e mi risveglia ricordi dolci di un tempo pieno di serenità in cui io e nonna vivevamo insieme, tiravamo la sfoglia un giorno sì e uno anche ed eravamo felici. Ora guardo i miei nonni ogni giorno nella foto che ho sulla scrivania, e mi mancano sempre un pochino… sono stata molto fortunata ad avere nonni così meravigliosi che mi hanno insegnato tanto! Comunque questi ravioli di zucca così favolosi non li abbiamo ahimè abbinati a un marsala dello stesso livello, e nel rispetto del produttore e delle famiglie che ci lavorano stenderò semplicemente un “velo pietoso”, come direbbe mia madre! Image may be NSFW.
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marsala vino

Ohibò, tanto avevo sentito vociferare di questo culatello alle albicocche che praticamente avevo l’acquolina in bocca ancora prima di mangiarlo, tanto carica di aspettative ero! E devo dire che, pur per natura preferendo la tartare di manzo e i crudi in generale, mi è piaciuto tantissimo! Tenero come il burro, molto equilibrato e perfetti l’albicocca e il suo sughetto! Sapore che trovava perfetta concordanza con il marsala, che aveva la stessa nota “albicoccosa”! L’abbinamento è stato eccellente, e devo dire che di questo marsala in particolare mi sono innamorata: un equilibrio gusto olfattivo allucinante, con note di mandarino fresco e candito al naso che in bocca diventano ancora più consistenti. Buono, buonissimo! Ma quanto mi è piaciuto l’hanno capito tutti, perché lo avrò ripetuto almeno 10 volte! Image may be NSFW.
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Il Marsala Superiore Semisecco “Mille” di Cantine Rallo è ottenuto da uve grillo, ha un tenore alcolico del 18% vol, un bel colore ambrato brillante e 10 anni sulle spalle.

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marsala vino parmigiano reggiano

L’uomo del parmigiano che hai visto nella precedente foto è Gianni dell’azienda Malandrone 1477. Ci ha fatto degustare un Parmigiano Reggiano 36 mesi, un Parmigiano Reggiano 60 mesi, un Parmigiano Reggiano 96 mesi e un Parmigiano Reggiano 165 mesi (ammetto che non sapevo nemmeno che esisteva di questa tipologia). Il 36 mesi e il 96 mesi buoni, ma non mi hanno detto troppo! Il 60 mesi l’ho trovato spettacolare, con una piccantezza, una scioglievolezza e una succulenza che mi hanno fatto davvero godere. Beh il 165 mesi è stato una vera chicca, anche se per il mio gusto rimane troppo duro. Il Marsala Vergine Riserva Secco “Vintage” 1980 Heritage Francesco Intorcia è un piccolo capolavoro: è esattamente quello che ho in mente quando penso a un buon marsala, anche se non è certo facile. Da uve grillo 100%, con un tenore alcolico del 18% vol, si presenta di un bel colore oro antico con riflessi ruggine. Al naso in un primo istante senti tanta frutta secca, poi arrivano note erbacee e vanigliate sfumano in un sentore di cedro candito. In bocca è coerente, “marsalato”, molto sapido, morbido e con ancora una discreta freschezza. Abbinamento perfetto dal 96 mesi in poi.

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marsala ristorante le proposte

Questo delizioso semifreddo al torroncino, con un croccante al pistacchio di Bronte da giù di testa, è stato abbinato con il Marsala Superiore Dolce 5 anni di Vito Curatolo Arini. Non te l’ho ancora detto, ma vedi queste etichette straordinarie??? Sono state disegnate da Ernesto Basile, l’architetto che ha portato l’Art Nouveau in Italia, con lo splendido Villino Florio a Palermo. Quando l’ho visto è stato amore a prima vista! Da grande appassionata d’arte, della Secessione Viennese, di Klimt e di Mucha, come potevo quindi non innamorarmi di tanta bellezza in queste etichette?

E dopo una notte rilassante nella Val Tidone, la nostra colazione alla Dimora di Corano… Image may be NSFW.
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marsala dimora di corano bb

Ti ricordi che la scorsa volta che sono stata al B&B Dimora di Corano ti avevo scritto che non ero arrivata a fotografare il tavolo della colazione per golosità? Sono certa che questa volta puoi ben capirmi: un tè nero meraviglioso, marmellate fatte in casa buone al pari di quelle della mia nonna, frutta fresca, piatti e tazze colorate che mettono il buon umore! In realtà io la mattina sono sempre di ottimo umore: è l’inizio di un nuovo giorno, cose straordinarie accadranno sicuramente se scelgo di essere felice.

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Chiara

PS ho apprezzato moltissimo anche il cadeau di Sigrid: della romantica stoffa racchiude un mix di lavanda e lavandino che mi ha ricordato per un istante quando, in una mattina assolata di inizio estate, ho camminato a piedi nudi e con indosso solo un lungo vestito bianco nel campo di lavanda dell’abbazia di Sénanque…  -alla ricerca della felicità- in un tutt’uno con la terra, il sole e i profumi della mia amata Francia.

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marsala

Dato che della Val Tidone non ci si stanca mai, ti consiglio di leggere anche:

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Hai già comprato il mio libro “Come diventare sommelier?”

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come diventare sommelier libro corso sommelier

Tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione.

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L'articolo Marsala siciliano e cucina piacentina: hai mai pensato di abbinarlo a tutto pasto? proviene da Perlage Suite.

Vivite a Milano: tu cosa ne pensi del vino cooperativo?

Uno dei massimi piaceri della mia vita per me è scrivere, e farlo a letto, con indosso solo la biancheria sotto a un piumone caldissimo in una bellissima domenica mattina con il sole che regala al lago riflessi di mille colori e penetra dalla mia portafinestra mentre sorseggio un tè nero è in assoluto ciò che mi rende più serena e felice. Oggi voglio raccontarti la mia giornata di ieri al Vivite di Milano (eccoti il link al programma)… magari se non sai cosa fare oggi pomeriggio e sei nei pressi di questa affollata città potresti decidere di passarci: merita assolutamente la tua visita (fino a mezzanotte)! Apro con un selfie con due colleghi sommelier che ho conosciuto proprio grazie a questo blog, Enza e il suo compagno di merende Giampaolo Priore, che hanno fatto “la follia” di venire al Vivite dalla Puglia!

Location stupenda, quella dell‘ex scuderia Le Cavallerizze, che si presta perfettamente a un banco d’assaggio. Inoltre la divisione in sale in cui si possono trovare diverse regioni rende il tutto molto fruibile e senza calca, che è la cosa che più odiamo noi winelovers! Deliziosa la musica di sottofondo dell’area ristoro del Wine in Jazz del Bomas Trio: io sono una grande appassionata di Jazz e lo ascolto praticamente 24 ore su 24 (quando non ascolto Franco Battiato…) quindi l’ho apprezzato tantissimo. Tutto è stato curato nei minimi dettagli, nelle sale convivevano pacificamente le due principali associazioni sommelier italiane AIS e FISAR e ho conosciuto, come spesso accade in questi eventi, persone splendide. Poi ho avuto il piacere di rivedere Denis Pantini di Nomisma… a proposito, hai già comprato il loro libro sul Wine Marketing cliccando QUI?

Alle 10:30 ha tagliato il nastro Luigi Di Maio, ma sia chiaro che te lo dico “a rigor di cronaca” perché io sono totalmente disinteressata alla politica in qualsiasi forma. E, ammetto, non ho mai compreso questo riguardo particolare verso le autorità durante le manifestazioni enologiche… davvero qualcuno pensa che la loro presenza possa indurre ad aumentare la vendita di vino delle singole aziende o, almeno, ad aumentare l’affluenza del pubblico? Un consiglio generale mi sento di darlo: fate tagliare il nastro a personaggi influenti del mondo del vino, a persone in gamba che sanno attirare un pubblico “giusto” di persone davvero interessate a cosa c’è nel calice e che possono fare discorsi capaci di aprire mondi ai winelovers! Il vino non è politica, anche se, se si parla di vino cooperativo, la politica in un qualche modo c’è di mezzo per forza.

Vivite: vino cooperativo sì o vino cooperativo no?

Ancora prima di raccontarti la mia giornata, parliamo di vino cooperativo e cantine sociali: cosa ne pensi? Può una realtà dove conferiscono anche migliaia di soci che produce milioni di bottiglie offrirci un vino buono, sano e di qualità? Sei un talebano dei piccoli produttori che producono chicche per pochi con prezzi più o meno sostenibili o approvi anche queste grandi realtà che producono un vino quotidiano e accessibile? Lo slogan dell’evento è “Vivite | Dove il vino parla la lingua di tutti“. Ma è davvero così? E soprattutto, cosa significa esattamente parlare la lingua di tutti? Stiamo parlando di un vino accessibile economicamente e quindi potenzialmente comprabile da tutti o di un vino di facile beva e adatto quindi anche a chi non ha studiato il mondo del vino ma gli piace berlo o ancora a chi beve e basta senza approfondire cosa beve e guarda solo il prezzo, meglio in offerta? Questo è un distinguo molto importante da fare, perché la risposta ci fa inquadrare il target di queste grandi cooperative del vino. Chi sceglie il vino delle cooperative? Personalmente sono una sostenitrice di queste realtà, spesso bistrattate, più che dai miei colleghi sommelier (a noi ci hanno insegnato ad essere brand ambassador di ogni vino, di capirlo, proporlo e servirlo con umiltà e con il solo obiettivo di fare felici le persone che serviamo scegliendo per loro il prodotto giusto ovvero alla portata del loro stato psicofisico, delle loro competenze e delle loro tasche) da certi “winelover talebani” che, tra le cose, parlano male pure di noi sommelier dicendoci che abbiamo la puzza sotto il naso e che non vogliono studiare per non legarsi ad una associazione piuttosto che ad un’altra. Mamma mia che razza di cazzate che mi tocca sentire a volte, ma si può? Allora il medico o la maestra che hanno studiato all’Università di Bologna non dovevano studiare perché magari all’ospedale di Milano o alla scuola di Roma non ci potevano lavorare perché in un qualche modo legati a Bologna? Ma dai… Le cooperative vinicole fanno un lavoro straordinario perché danno la possibilità a piccolissimi conferitori, ma talvolta anche a grandi conferitori che non hanno il vino come core business, di partecipare alla creazione di un vino che spesso è anche fatto molto bene e arriva sulle tavole di una molteplicità di persone. Il loro stesso sistema organizzativo consente la produzione di vini buoni di primo prezzo, che nascondono spesso anche enologi di fama, a volte anche parecchio in gamba. Enologi che magari il piccolo produttore non si può permettere economicamente. E sia chiaro che questo mio articolo non vuole in nessun modo togliere qualcosa ai piccoli produttori, che resteranno sempre i miei preferiti e quelli che sosterrò finché avrò la possibilità di scrivere. No, questo articolo vuole solo farti vedere le cantine sociali da una prospettiva diversa, dove l’unione fa la forza, a patto di sacrificare il proprio nome e la propria individualità per il bene del gruppo. I sentimenti e la sensibilità, che fanno parte della nostra intelligenza emotiva e che ci rendono più o meno empatici nei confronti del prossimo, sono quelli che a volte ci intrappolano in idee che nemmeno noi stessi ci siamo costruiti mentre altri ci fanno vincere qualsiasi battaglia. Il miglior risultato ce lo avrai sempre quando sarai capace contemporaneamente di fare quello che è meglio per te e per il tuo gruppo. L’uomo è un animale sociale, talvolta sa spiccare il volo da solo e del resto so bene che le aquile non volano a stormi. Ma non siamo tutti aquile, e aggiungo: “per fortuna!”. La biodiversità è qualcosa di estremamente prezioso. In un mondo di aquile potresti godere della bellezza del pettirosso o del canto dell’usignolo? In un mondo di aquile, le aquile sarebbero così speciali? Porta questo parallelo nel vino e avrai la risposta di quello che penso del vino cooperativo promosso dal Vivite. Amo i piccoli produttori, queste aquile che dominano il cielo indomite e ci regalano vini con cui vivere esperienze magiche. Ma amo anche i gabbiani, che a stormi solcano il mare e ci offrono vini buoni da portare sulla nostra tavola ogni giorno. D’altronde la storia stessa dell’uomo ci insegna che la sopravvivenza è fatta di cooperazione e che una realtà non deve necessariamente escludere l’altra, anzi! 

 

Il primo calice è stato un omaggio alla piacentina Cantina Valtidone, il suo ortrugo frizzante della linea 50 vendemmie, di cui ti ho parlato di recente in questo articolo dedicato alla Festa del vino novello Picchio Rosso. Ne ho approfittato anche per salutare Antonio e Mario, entrambi in splendida forma. Ho fatto innumerevoli assaggi interessanti (e anche qualche assaggio terrificante) per questo Vivite, ma ho deciso di parlarti solo dei 3 vini che mi hanno incuriosita di più, con la premessa che ho degustato “solo” tutti i vini spumanti + 2 vini extra francesi (sauvignon e sauternes) e qualche deviazione piuttosto interessante (soprattutto in Romagna) del sommelier Walter. Specifico che i 3 vini non sono qui riportati in ordine di gradimento perché non paragonabili tra loro (soprattutto il Nero di Troia spumante Metodo Charmat!)

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Vivite, Degustazione 1: “Flavio” Trento DOC Riserva 2010, Rotari – Mezzacorona

100% da uve Chardonnay | 13% vol | Metodo Classico | Sboccatura 2018 | 30 €

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlate finissimo, numeroso e persistente. Il naso è intenso e ricorda uno champagne, con sentori evoluti e note di cioccolato bianco e nocciole. In bocca è coerente, fresco, intenso ed elegante, molto lungo sul finale. Perfetto da solo, si abbina benissimo al parmigiano reggiano di varie stagionature.

Vivite, Degustazione 2: “La Trinità” Rosé, Casal Trinità

100% da uve Nero di Troia | 12% vol | Metodo Charmat | 5 €

Si presenta rosa corallo brillante con riflessi aranciati. Il perlate è fine, numeroso e persistente. Il naso è piacevolissimo, con sentori evoluti di frutti rossi e vaniglia. In bocca è più fruttato che al naso, con un frutto fresco e piacevole. Freschissimo e abbastanza sapido. Molto morbido e dotato di una bevibilità eccezionale. Si abbina benissimo allo speck e ai salumi saporiti a taglio intero, perfetto per un aperitivo “alternativo”, con la sua capacità di accompagnare senza sovrastare.

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Vivite, Degustazione 3: “Palmes d’Or” Brut Champagne 2006, Nicolas Feuillatte

50% Pinot Noir, 50% Chardonnay | 12,5% vol | Metodo Classico | Sboccatura 2018 | 130 €

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlage finissimo e numeroso. Il naso è straordinario, con note di frutta esotica matura, spezie dolci, burro e cera d’api. In bocca è coerente e cremoso, con quei sentori evoluti che adoro, una grande freschezza nonostante l’età. Si abbina benissimo a una tartare di manzo o di tonno, ma è perfetto anche da solo.

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Altro intrattenimento musicale di cui mi sono innamorata: i calici che suonano di Stefano Rubino. No, dico, ma quanto caspiterina è bravo?

Il dopo Vivite? Come sempre da Jin Sushi, in Via Luca della Robbia a Milano

Chi mi conosce bene e mi legge di frequente sa quanto odio gli All Can You Eat di finto sushi e finti giapponesi, dove la qualità si fa sistematicamente benedire in favore di abbuffate di bassa lega. Del resto è normale che sia così: tu compri il pesce buono? Quanto spendi? Io compro un salmone favoloso che pago 21,90 € al kg e, ok che se ne usa poco nel sushi… ma se uno davvero potesse mangiare illimitatamente, come potrebbe essere sostenibile la cosa? Ed è così che gli All Can You Eat ci offrono pesce ai limiti del mangiabile di tagli di scarto, sushi preparato in modo infame e via dicendo. Gli ambienti poi sono quasi sempre pessimi. Eppure c’è un All Can You Eat che amo e si chiama Jin Sushi, in via Luca della Robbia 10, in un ambiente minimal chic delizioso. Mi piace così tanto che ogni volta che vado a Milano a un evento enologico ci passo, e ogni volta ne esco più soddisfatta della precedente! Il menù costa 21,90 € e sono esclusi coperto, dolci e bevande. Nel menù trovi astice, ventresca di tonno, cappesante, salmone, branzino, gamberi rossi e gamberi classici. Io mi sono innamorata di questo bocconcino di riso avvolto in una fettina di salmone con uovo di quaglia e profumo di tartufo… ne ho mangiati una fila, lo ammetto! Però visto che sono a dieta sono andata al ristorante a piedi e ho fatto ben 7 km durante la giornata, sono stata bravissima! Già non vedo l’ora di tornare da Jin… Image may be NSFW.
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E tu cosa pensi dei piccoli produttori e del vino cooperativo? Scrivimelo in un commento!

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🍷

Chiara

PS Ti ricordo che ho appena scritto un nuovo libro, “Come diventare sommelier” (che puoi comprare cliccando QUI), pensato per i già sommelier che vogliono ripassare, per gli aspiranti sommelier che stanno studiando e per tutti i winelover che vogliono approfondire le loro conoscenze sul vino. Come diventare sommelier, tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine è chiaro, ben organizzato e comodissimo da portare sempre con te: è grande come il tuo iPad e pesa esattamente come lui, incredibile vero? In questa foto stavo ripassando i vini liquorosi e i marsala per la serata fatta al Ristorante Le Proposte della cara Danila Ratti (leggi l’articolo cliccando QUI) mentre aspettavo il mio turno da Ikea!

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Stelle & Calici: vini liguri e prodotti locali con lo Chef Tommaso Arrigoni

Quando ho ricevuto l’invito di Cristina Boffa dell’agenzia MAD13 devo dire che l’idea mi è piaciuta subito: prima di tutto ho avuto modo di conoscere la Liguria durante la selezione dei vini per la mia guida vini spumanti e ho avuto modo di innamorarmi delle bollicine liguri, poi la Liguria per me è un territorio ancora da scoprire perché ci ho sfrecciato in autostrada una sola volta, mentre, tanto per cambiare, stavo andando in Francia. Stelle & Calici è una bellissima idea della rete d’imprese “Vite in Riviera“. Nata nel 2015, raggruppa 25 aziende vitivinicole e olivicole della Riviera di Ponente, rendendole più forti e competitive nella penetrazione del mercato ed è una realtà unica nella regione Liguria (e non solo lì!). Stelle & Calici è un viaggio gourmet tra i sapori della Liguria che si articola in 4 cene dove le eccellenze gastronomiche regionali di stagione e i presidi Slow Food sono interpretati da 4 chef stellati Michelin “fuori sede” e abbinati a vini DOP e IGP della Riviera di Ponente. E già così, non ti solletica l’idea di partecipare ad una delle prossime tappe? Image may be NSFW.
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Siamo arrivati in Liguria giovedì sera 29 novembre 2018 per la prima delle serate, organizzata con lo Chef Tommaso Arrigoni, patron del ristorante Innocenti Evasioni a Milano 1*Michelin confermata anche quest’anno. Prima ancora di passare alla cena abbiamo fatto un buon aperitivo, preparato dallo Chef Fabrizio Barontini, una di quelle persone di cui a pelle puoi assolutamente innamorarti. E non lo dico perché è passato alla vita lacustre come me (come si dice, tira più il Lago d’Iseo che…), ma perché ha tutta l’aria della persona splendida e deve essere un piacere imparare da lui. Tra le cose assaggiate durante l’aperitivo mi è piaciuto molto il cucchiaio con una specie di zeppola (perdonami Fabrizio se uso una terminologia impropria!) ripiena (di alici?) su un cucchiaio di marmellata d’arancia. Già dall’aperitivo è stato molto bello vedere i giovani ragazzi dell’alberghiero così attenti agli ospiti, talvolta in certi ristoranti trovi camerieri -adulti- svogliati e trasandati che ti fan passare la voglia della cena ancora prima di iniziare. Questi ragazzi invece avevano tanta voglia di capire come sarà il loro lavoro futuro e farlo bene, dal ricevimento al servizio.

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Ho apprezzato tantissimo le erbe aromatiche utilizzate come segnaposto insieme al menu (il menu ha una grafica molto curata). Nonostante i bicchieri siano invertiti rispetto alle posizioni “canoniche” la tavola è comunque molto bella e armoniosa.

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Prima di cominciare la cena vera e propria, il presidente di Vite in Riviera Massimo Enrico ha dato il benvenuto agli ospiti presentando il suo amato territorio ligure e lo chef Tommaso Arrigoni. La vite in Liguria ha, come in ogni parte d’Italia, una storia molto antica perché è stata portata qui dai greci. Osannata da Plinio il Vecchio prima e da Petrarca dopo, nel 1600 i vini liguri conquistano la Spagna grazie ai versi di Cervantes. Ma allora perché nonostante questa storia così fiorente oggi i vini liguri non hanno un posto di primo piano nel panorama nazionale? Dal 1700 Genova perde la sua influenza a causa della concorrenza olandese e inglese e questo, sommato alla pessima abitudine dei liguri di cambiare le colture in funzione di moda e richieste (ma poi siamo così sicuri che possiamo definirla una pessima abitudine? Si deve pur mangiare…) e alla stratificazione di numerosissimi vitigni coltivati per lo più come passatempo, porta il vino ligure a perdere la fama tanto faticosamente conquistata nei secoli. La fillossera diede poi anche qui la cosiddetta “mazzata finale” e i vini liguri scomparvero dai mercati nazionali e internazionali per molti anni. Per questo vedere che negli ultimi vent’anni c’è stato un grande rinnovamento nel vigneto ligure con grande beneficio della qualità che ha portato la Liguria a ritagliarsi una fetta sia nel mercato nazionale sia in quello internazionale è stato un enorme piacere per me. E si sa, il vino porta anche turismo enologico, e quando si parla di una regione così bella, ricca di cultura e storia come la Liguria è un attimo innamorarsi. Image may be NSFW.
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Una delle cose che più ho apprezzato in assoluto è stata l’idea di impiattare a vista. Adoro guardare gli chef lavorare, potrei incantarmi ore. Poi sono stati tutti davvero impeccabili!

29 Novembre 2018: Chef Tommaso Arrigoni

Antipasto: Trancetto di pesce spada, funghi porcini alle erbe e porro fritto

in abbinamento il vermentino di Durin e di Podere Grecale

Il trancio ha un’ottima qualità del pesce, ma la cottura secondo me non è stata perfettamente azzeccata perché mancavano ancora un paio di minuti. Questo tempo avrebbe concesso al pesce di rimanere meno compatto e sfibrarsi in modo più piacevole al palato. Per me è stata l’unica imperfezione della cena che per il resto è stata eccezionale. Ottimo il porro fritto, croccante al punto giusto e ben asciutto. Perfetti anche i funghi porcini alle erbe, buono il sapore e buona la consistenza. Tra i due vini proposti l’abbinamento che mi ha convinto di più è stato il Vermentino di Durin.

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Vino 1: Vermentino di Durin – Purtroppo la temperatura è stata un po’ sbagliata, almeno per quel che riguarda il nostro tavolo. Il vino ci è stato servito piuttosto caldo e questo non ha permesso di apprezzarlo al meglio. Si presenta di un bel giallo paglierino cristallino e consistente. Al naso note di agrumi, fiori d’acacia e una sfumatura minerale appena accennata. In bocca c’è un’ottima rispondenza e acquisisce grande sapidità e una bella eleganza. Dopo qualche minuto che è stato versato e qualche rotazione del bicchiere acquista una leggera e piacevole nota di solvente. Durin è stato capace di farmi innamorare con il suo spumante metodo classico Basura Oscura (leggi la recensione completa QUI).

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Vino 2: Vermentino di Podere Grecale – Quando leggo “Podere Grecale” mi salta subito alla mente il loro interessante “Frizantin” (ormai ho il cervello che fa le bolle pure lui!). Questo vermentino per il mio gusto ha un naso semplicemente eccezionale ed è uno dei due vini più buoni che ho bevuto durante la serata. Si presenta di un giallo paglierino intenso e cristallino, consistente. Il naso è un’esplosione di note minerali, potenti idrocarburi si alternano con note agrumate. La rispondenza in bocca non è perfetta: mi aspettavo molta più tessitura gustativa, ma rimane comunque fine, sapido, morbido e abbastanza fresco. Lungo sul finale.

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Primo: Riso Carnaroli Acquerello mantecato con zucca gialla, stoccafisso e fave di cacao

in abbinamento il pigato di BioVio

Il risotto ha un ottimo aspetto, la porzione è particolarmente abbondante. Le fave di cacao (secondo me c’era anche un po’ di polvere cacao) emanano un profumo caldo e coinvolgente. Io poi ho un “problema” con il cacao e il cioccolato e ne ammetto la mia assoluta dipendenza, quindi già solo con il profumo, così intenso e avvolgente, di questo piatto mi ha conquistata. Perfetto il concept dell’abbinamento dei sapori: la zucca gialla dà una spiccata tendenza dolce, che ben contrasta con la sapidità dello stoccafisso e l’amaro della fava di cacao. La mantecatura è perfetta, e, prestando attenzione a prendere un po’ di stoccafisso dalla quenelle al centro del piatto, si crea un’armonia di gusti davvero suggestiva.

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Vino 3: Pigato di BioVio – Questo è stato il Pigato che complessivamente mi è piaciuto di più. Meno potente al naso di quello di Podere Grecale, ma molto più coerente in bocca e per questo nel complesso più armonioso. Si presenta di un bel giallo paglierino brillante e consistente, forma archetti regolari che lasciano intuire un grado alcolico importante per un vino bianco. Al naso mi ricorda certi profumi che mi sono molto familiari, sono profumi di infanzia e giovinezza nei dintorni di Camaldoli con le sue erbe officinali trasformate magicamente in amari e liquori dalle mani sapienti dei monaci. Poi fiori di tiglio, albicocca, un altro ricordo che si materializza: l’acqua più buona del mondo che scende veloce sui sassi, sì, è proprio sasso bagnato. I miei pennelli di setole di bue, l’acquaragia che usavo per pulirli, le tempere. In bocca è coerente, elegante, fine, molto sapido, caldo, morbido e fresco. Lungo sul finale.

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Secondo: Pescato dei Pescatori di Noli, purea di castagne essiccate all’aglio di Vessalico e broccoli all’olio extra vergine di oliva DOP Riviera ligure di Ponente

in abbinamento il pigato superiore di Claudio Vio e di Enrico Dario

Questo è stato il piatto in assoluto che mi è piaciuto di più. Il pesce era cotto alla perfezione, con la pelle croccante e la carne che “si taglia con un grissino”. I broccoli sono teneri e al contempo croccanti, di un bellissimo verde brillante. La purea di castagne è spettacolare, mi ha detto lo chef Tommaso Arrigoni che per prepararla ha messo solo le patate co le castagne sbollentate… io ho un debole per le castagne e l’ho trovata incredibile, sia nel sapore sia nella consistenza! Anzi,  quasi quasi oggi pomeriggio mi preparo le caldarroste mentre faccio l’albero di Natale…

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Vino 4: Pigato di Claudio Vio – Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un riflesso oro antico. Al naso è molto particolare, con note di frutta esotica che si intrecciano nello yogurt alla banana, nel cioccolato bianco e nell’erba cedrina. In bocca è coerente, sapido, anzi molto sapido, morbido e un finale lungo.

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Vino 2: Pigato di Enrico Dario – Lui partiva in vantaggio grazie alla sua bottiglia magnum… è incredibile come è completamente diverso dal precedente! Al naso è un tripudio di erbe aromatiche (hai presente il profumo del cuore della porchetta?) e si riconoscono distintamente il rosmarino, il pepe verde e un idrocarburo leggero che sfuma nella ceralacca. In bocca è coerente, freschissimo, molto sapido e con un piacevole finale agrumato.

Dolce: Crostata, crema di Limone, pera, cioccolato e cialda al cappero

in abbinamento l’Orneasco di Pornassio Passito

Questo dolce mi è piaciuto molto: perfetta la pasta frolla, finissima e cotta in modo impeccabile. La crema di limone sapeva davvero tanto di limone, forse per questo era leggermente più liquida del consueto. Una caratteristica che però ho apprezzato: adoro gli agrumi, e con la morbidezza della pera e del cioccolato questa sferzata acida si abbinava benissimo. La cialda al cappero l’ho trovata deliziosa, croccante al punto giusto e col cappero ben bilanciato e delicato.

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Vino 6: Orneasco di Pornassio Passito di Tenuta Maffone – Purtroppo l’abbinamento cibo-vino è stato, per me, sbagliato. Sia chiaro, i vini passiti esistono anche in versione secca o comunque poco dolce, e a volte sono spettacolari (anche più di quelli che hanno un residuo zuccherino molto alto). Un vino passito di questo tipo si sarebbe sposato in modo magnifico a dei formaggi importanti, ma con una crema di limone piuttosto acidula era importante bilanciare con un vino con un residuo zuccherino più evidente. Comunque si è presentato di un bel rosso rubino intenso, al naso è minerale e mentolato, in bocca è coerente, morbido, elegante e con un’ottima beva (in questo caso però un po’ stroncata dall’acidità del limone). Da riassaggiare con una bella toma piemontese per apprezzare ogni sfumatura! Image may be NSFW.
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A cena è stato davvero molto piacevole conversare con Cristina e il suo compagno, Massimiliano Petrone, che è un artista geniale. Ho guardato il suo sito web e sono rimasta esterrefatta dalla sua bravura, le Canvas sono ritratti carichi di pathos, con un’irrequietezza cromatica  ed espressiva molto suggestiva. Il suo disegno di Da Vinci, che adoro, lascia intuire la complessità della personalità di Leonardo… insomma, è bravissimo (guarda i suoi lavori QUI)! In me batte il cuore di un’appassionata d’arte, che deve al Liceo Artistico di Ravenna il suo più grande maestro, grazie a persone illuminate che mi hanno insegnato tantissimo e che tutt’oggi porto nel cuore. Al nostro tavolo c’erano anche le instagrammers @_wineangels_ che hanno impreziosito la conversazione con con una perla che, da appassionata di orchidee quale sono, mi ha fatto sussultare: “i fiori sono i diamanti dei poveri”. Tra una foto bizzarra e l’altra, si dice che di mestiere vendano vino in quel di Torino. Beh, io preferisco anche la più “banale” ed economica delle orchidee a un qualsiasi diamante, ma riconosco che sono piuttosto singolare pure io come personaggio. Image may be NSFW.
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Siamo rimasti a dormire all’agriturismo BioVio, un posticino che non posso che consigliarti se sei in zona. Sicuramente in primavera deve essere ancora più bello, grazie ai fiori del pergolato, ma già ora fa un bell’effetto. La nostra stanza era la “Loft“, un monolocale di 40 mq a cui si accede grazie ad un ascensore privato che va direttamente in camera. C’è un angolo cottura in stile genovese completamente attrezzato che abbraccia la bellissima scala ad elica.

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Al mattino abbiamo fatto colazione in casa dei titolari dell’agriturismo BioVio, Aimone e Chiara Vio, dove ho avuto modo di conoscere personalmente il delegato AIS Savona Giancarlo Alfano e il responsabile della didattica Marco Rezzato. Beh, confesso che quando Giancarlo mi ha riconosciuta e mi ha detto che a fine corso manda i link del mio sito agli aspiranti sommelier per studiare mi ha fatto un immenso piacere! Spero avremo occasione di incontrarci nuovamente, magari proprio per la prossima serata di Stelle & Calici! Image may be NSFW.
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Ho bevuto un tè verde delizioso al gusto di arancia e zenzero e mangiato una crostata fatta in casa. Il grande tavolo per gli ospiti in cucina è davvero accogliente e loro sono persone squisite. Quello che più amo degli agriturismi come questo è l’ambiente familiare, la possibilità di conoscere persone nuove e di intrecciare rapporti che si evolvono nel tempo. Sono stata ospite degli hotel più lussuosi del mondo, ma lì non ho mai trovato questo calore che per me vale più di qualsiasi altra cosa. Io adoro conoscere e ascoltare i racconti delle persone. Quando una persona è capace di affascinarmi potrei ascoltarla per un tempo infinito, sorseggiando tè o un buon calice di vino a seconda dell’orario.

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Chiara ci ha mostrato la cantina BioVio, pulita e ordinata, che ha in particolare una stanza deliziosa con un antico torchio e un pozzo. Non ho potuto fare a meno di notare l’affettatrice Berkel rossa, che, da drogata di prosciutto crudo quale sono, sogno di comprarmi anche io un giorno (e poi capirò dove metterla…)!

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Infine, un giro nel vigneto più vicino all’azienda, a conduzione biologica, scortati dal loro cane Willy. Restano da scoprire le erbe aromatiche, di cui vado letteralmente pazza… ma confido di tornare in primavera per inebriarmi dei loro profumi.

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Ieri a pranzo, a casa, ho preparato degli spaghetti alla chitarra con le olive taggiasche e l’olio extra vergine di oliva che mi avevano lasciato nel cadeau e ho messo anche una quenelle di questo “caviale del Centa“, un pesto di olive taggiasche, capperi e acciughe tutto dell’azienda Sommariva. Poi ho degustato l’Ormeasco di Pornassio DOC 2016 di Guglierame e la Granaccia Colline Savonesi IGT 2016 di Innocenzo Turco. Elegante e delicato il primo, più ruvido e con un profumo di frutti rossi zuccheroso il secondo.

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Insomma, sono stati due giorni piacevolissimi nella Riviera di Ponente, non vedo l’ora sia il 31 gennaio 2019 per la prossima tappa! Chi sarà lo chef stellato che interpreterà questi prodotti di altissima qualità e questi presidi Slow Food? Che vini ci abbineranno? Appena sento qualche rumors te lo faccio sapere! Ti aspetto all’Enoteca Regionale della Liguria di Ortovero per brindare insieme con i prodotti di questo splendido territorio da portare nelle nostre case e nei nostri cuori.

Cheers Image may be NSFW.
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😋

Chiara

P.S. Come sempre per le foto ringrazio Sony Italia e UniversoFoto.it per quel meraviglioso gioiellino che mi hanno dato: la mia adorata Sony RX100M4.

L'articolo Stelle & Calici: vini liguri e prodotti locali con lo Chef Tommaso Arrigoni proviene da Perlage Suite.

FIVI 2018: il Mercato dei Vini di Piacenza è stato un successo, anche se…

Ecco, lo so che hai notato la fine del titolo, quell'”anche se” seguito dai tre canonici puntini. Già stai fiutando una leggera polemica, quindi probabilmente sei curioso di scoprire “con chi ce l’ho”. Facciamo una piccola premessa: il FIVI 2018 è stata un’occasione splendida per conoscere nuovi produttori di vino, salutare “vecchi amici” e incontrarne nuovi e scoprire dei vini davvero molto molto interessanti. Il problema è solo uno: la location che secondo me è inadatta per ospitare un evento del genere. Non ero mai stata al FIVI, ma conoscevo già il Palaexpo di Piacenza perché ero stata a una fiera di acquariologia l’anno scorso e l’avevo già trovato molto limitato, ma per il FIVI proprio non si può fare! Sono arrivata alle 11:10 – la fiera iniziava alle 11, e ho tardato solo perché ho trovato 2 incidenti sulla Brescia-Piacenza – e i posti erano già tutti pieni, compresi i “parcheggi abusivi” sui marciapiedi, sul ciglio della strada, sullo sterrato e ovunque ci fosse mezzo cm libero! E già qui non ci siamo… poi la struttura stessa non si presta (oltre essere bruttina e datata), così divisa in due e con un crescendo di produttori che aderiscono alla manifestazione anno dopo anno. Il secondo padiglione con qualche posto dove mangiare che faceva molto sagra di paese poi non l’ho davvero capito, comunque il panino alla salamella che ho mangiato per pranzo era buono! Insomma, prima ancora di parlare di vino, invito a una riflessione per il prossimo anno: è il caso di mantenere il FIVI al Palaexpo di Piacenza? Non sarebbe il caso che so, di spostarsi a Bologna Fiere o, almeno, a Parma se proprio non si vuole fare molta strada? Tu cosa ne pensi?

Quando si parla di FIVI 2018, e di FIVI in generale sento spesso delle polemiche, soprattutto sui social network. Alcuni addirittura lo associano a una specie di setta di produttori di vini naturali, in un periodo storico dove non ho ancora capito se i vini naturali vanno di moda oppure no! Poi sarà che viviamo in un’epoca dove di naturale non ci sono più nemmeno le labbra della professoressa di latino, non so bene cosa pensare. In realtà la FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, nasce per rendere più forti i produttori che, insieme, possono fare tanto. Sul sito del FIVI ho trovato questa dicitura che trovo piuttosto interessante:

La FIVI raggruppa viticoltori che soddisfano i seguenti criteri:
• Il vignaiolo che coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta. – Image may be NSFW.
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👍

• Il vignaiolo rinuncia all’acquisto dell’uva o del vino a fini commerciali. Comprerà uva soltanto per estreme esigenze di vinificazione, o nel caso di viticoltura di montagna per salvaguardare il proprio territorio agricolo, in conformità con le leggi in vigore. – Non ho capito, il vignaiolo FIVI l’uva la compra oppure no? Image may be NSFW.
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• Il vignaiolo rispetta le norme enologiche della professione, limitando l’uso di additivi inutili e costosi, concentrando la sua attenzione sulla produzione di uve sane che non hanno bisogno del maquillage di cantina. – Esattamente cosa significa? Cosa è consentito usare e cosa no? Image may be NSFW.
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Personalmente trovo un’ottima idea appartenere al FIVI soprattutto per le piccole e piccolissime realtà (diciamo tra le 5.000 e le 50.000 – 70.000 bottiglie prodotte/anno). Io non ho trovato assolutamente talebani dei vini naturali (giusto un paio), anzi ho scoperto questi 10 vini (+ 1 vino bonus che ti dico dopo!) che meritano assolutamente di essere assaggiati! Image may be NSFW.
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FIVI 2018/1: Moscato d’Asti Canelli 2015, Cascina Cerrutti

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Giallo paglierino brillante con un perlage finissimo. Al naso è spettacolare: i sentori di albicocca, vaniglia, cera d’api e fiori di tarassaco che avevo riscontrato nell’annata 2017 si arricchiscono di un sentore pronunciato e pulito di zafferano che davvero, stupisce per la sua intensità e la sua nitidezza. Ricorda i profumi di un grande Sauternes! In bocca è molto piacevole, il residuo zuccherino (120 g/l) si sente ma non disturba. La bollicina è cremosa, è equilibrato e coerente.

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FIVI 2018/2: Pinot Bianco 2016, Marco Cecchini

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100% pinot bianco affinato in barrique. Un vino di cui non ti puoi innamorare se ami lo stile dei grandi bianchi francesi. Anche se, come me, non sei un’appassionato di questo vitigno. Adoro Marco Cecchini e i suoi vini, sono innamorata del Tové dalla prima volta che l’ho assaggiato… ma oggi voglio sottolineare il suo Pinot Bianco che non avevo mai assaggiato prima… e che mi ha stupito!

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FIVI 2018/3: Amforéas 2017, Marco Ludovico

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100% trebbiano, con un’anfora ricolmata di malvasia (10%), questo intrigante vino bianco che mi è piaciuto davvero moltissimo! Solo 350 bottiglie l’anno per un vino che non è per tutti, ma sono certa che conquisterà gli appassionati del genere. Proviene da vigneti che hanno oltre 40 anni d’età. Si presenta di un giallo dorato intenso, molto consistente. Al naso è profumatissimo, con note di banana matura, vaniglia, confetto, erbe aromatiche. In bocca è pieno, morbido, avvolgente e con una buona rispondenza al naso, anche se i profumi virano sulla pesca e sul cedro fresco e candito. Prezzo 19 €.

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FIVI 2018/4: PeterLuis Metodo Classico Brut 2015, Socci

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100% Verdicchio. Incredibilmente sono riuscita a salutare Marika, quando già stavo uscendo… e mi ha fatto davvero piacere dato che fino ad oggi ci eravamo sempre e solo scritte su Facebook. Premetto che questa è stata la mia ultima degustazione, e quindi non fatta nelle condizioni ottimali e pertanto mi riserverò di rifarla con calma a casa. Comunque questo spumante già così mi è piaciuto molto. Il perlage è fine e numeroso, forma una spuma abbondante ed evanescente. Al naso presenta i sentori tipici del verdicchio e questo lo rende molto piacevole. In bocca è cremoso e al contempo croccante, a tratti piccante. Ottima bevibilità.

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FIVI 2018/5: Estasi in Sinfonia 2013, Franco di Filippo

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Da uve moscato reale in appassimento, questo capolavoro enologico di cui non mi stancherò mai di parlare per quanto è capace di emozionarmi. Giallo dorato intenso e brillante con riflessi ambra. Il colore, da solo, è capace di farti innamorare. Il perlage è finissimo, molto numeroso e persistente. Forma una spuma abbondante ed evanescente. Il naso è meraviglioso: note di fico caramellato, dattero fresco, miele d’estate, uva passa, cannella, panforte, pera candita e burro fuso si intrecciano con grande armonia. In bocca ha una perfetta rispondenza al naso, è morbido, fresco, profumatissimo, intenso, elegante e molto persistente.

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FIVI 2018/6: Pavese 36 mesi, Ermes Pavese

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Da uve moscato reale in appassimento, questo capolavoro enologico di cui non mi stancherò mai di parlare per quanto è capace di emozionarmi. Giallo dorato intenso e brillante con riflessi ambra. Il colore, da solo, è capace di farti innamorare. Il perlage è finissimo, molto numeroso e persistente. Forma una spuma abbondante ed evanescente. Il naso è meraviglioso: note di fico caramellato, dattero fresco, miele d’estate, uva passa, cannella, panforte, pera candita e burro fuso si intrecciano con grande armonia. In bocca ha una perfetta rispondenza al naso, è morbido, fresco, profumatissimo, intenso, elegante e molto persistente.

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FIVI 2018/7: Riserva degli Angeli 2013, Lazzari

 

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Quella di Capriano del Colle è una piccola DOC che pochi conoscono. Te ne ho parlato diverse volte qui sul blog, perché penso che vada valorizzata e promossa senza riserve. Terra di spumanti eccezionali, grazie a sentori di zafferano che non ti aspetti (sì, ormai hai capito che io premio i vini zafferanosi…), terra di un clone di marzemino unico e grandi rossi. La Riserva degli Angeli è un blend di marzemino, merlot, sangiovese e cabernet sauvignon che matura almeno 12 mesi in barrique e botte grande e affina per gli stessi mesi in bottiglia prima di essere messo in commercio. Al naso prevale la speziatura: note di vaniglia, pepe nero, cardamomo si fondono in una castagna essiccata, nel tartufo nero e nella marasca sotto spirito. In bocca è potente, strutturato e vellutato. Perfetto con formaggi tosti, brasati, caggiagione…

 

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FIVI 2018/8: Quartaluna 2015, Terra Quercus

 

Francesco d’Alessandro mi ha invitata a scoprire la sua piccola azienda a conduzione biologica nel cuore della Toscana, dove i suoi vini sono ispirati alla musica. Quello che più mi è piaciuto è stato “Quartaluna”, un blend di cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot raccolti ognuno al momento giusto della maturazione nell’arco di 40 giorni. Si aggiunge circa un 3% di Viogner, che serve per dare un tono più “blu” al taglio. I vigneti a conduzione biologica sono ad alta densità, circa 10.000 ceppi per ettaro. Affina 12 mesi in barrique di varie essenze e provenienze e 12 mesi in bottiglia. Si presenta di un bel colore rosso rubino semitrasparente. Al naso profuma di fragole mature, di marmellata di frutti di bosco, pepe nero e chiodi di garofano. In bocca è morbido, fresco, con un tannino potente e tanta struttura. Finale lungo.

 

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FIVI 2018/9: Sabbia Gialla 2014, San Biagio Vecchio

 

100% Albana di Romagna. Sarà che sono romagnola, ma ho un vero e proprio culto dell’Albana di Romagna. In effetti quella di Lucia Ziniti è una delle mie preferite, e ogni volta che la passo a salutare mi snocciola un’annata che mi piace più della precedente. In questo caso la 2014 mi ha stupita, e me ne sono innamorata perdutamente. Avviso ai naviganti, non ce n’è più. Però se passi in cantina o se incontri questa deliziosa coppia a uno dei tanti eventi a cui partecipano, forse sarai fortunato e potrai assaggiarla! Si sente il naso tipico della botrytis, con quelle sfumature di zafferano e pesca che amo particolarmente. Acida, sapida e al contempo morbida, un sorso tira l’altro. Per me è perfetta da sola, ma se proprio proprio la vuoi abbinare… “Pida e parsot, figa par tot!” Per chi non è romagnolo… scegli un ottimo crudo dolce, la vera piadina preparata con lo strutto… e godi! Oppure se vuoi un abbinamento più ricercato, provala con l’anatra all’arancia! Al palato ha sfumature agrumate che si sposano alla perfezione!

 

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FIVI 2018/10: L’incompreso, Ca ed Curen

  

85% Moscato, 15% Favorita. Solo acciaio. 2 mesi di affinamento in bottiglia. Questo FIVI 2018 è il giorno dei moscati, se non l’hai ancora capito! Pur non essendo uno dei miei vitigni preferiti, a volte lo apprezzo incredibilmente. Questa è un’insolita espressione piemontese, dato che in questa terra (e in generale) è per lo più presentato dolce, frizzante o spumante. Un vino secco profumatissimo e semplice, che si presta benissimo, grazie anche alla sua grande bevibilità, ad essere abbinato a formaggi particolarmente aromatici, ad alici marinate o a essere bevuto da solo come aperitivo. Particolarmente fresco, ha i sentori tipici del moscato: albicocca e salvia. Ottimo rapporto qualità prezzo: solo 6 € la bottiglia.

 

A parte questi vini ho fatto anche un’altra interessantissima scoperta grazie a un mio caro lettore del blog, il collega sommelier, Antonio Suman! Per la cantina però lascio dirla a lui, in un commento, io ti anticipo solo che ho trovato etichette geniali, ragazzi giovani particolarmente in gamba e vini parecchio interessanti.

 

Grazie Antonio per la bella scoperta!

 

Chiudo quindi con una foto mia e di Antonio Suman che ha appena comprato il mio nuovo libro “Come diventare sommelier” (compralo subito cliccando QUI!)  anche se lui già lo è… ma come ti ho detto per ripassare è davvero perfetto! Sarò io che non godo di una memoria così efficiente, ma mi sono ripromessa di leggere un piccolo argomento ogni sera prima di andare a letto! Image may be NSFW.
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🍷

 

Chiara 

 

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Ti consiglio:

L'articolo FIVI 2018: il Mercato dei Vini di Piacenza è stato un successo, anche se… proviene da Perlage Suite.

InterContinental Le Grand Hotel Bordeaux: conosci il tempio di Gordon Ramsay?

In un tranquillo pomeriggio di metà dicembre ricevo un invito dell’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel… ed è così che istantaneamente la mia mente torna alla Francia e al mio splendido soggiorno presso questo meraviglioso Hotel di fronte all’Opéra di Bordeaux. Avevo già parlato dell’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel in altri miei articoli dedicati ai Millésima Blog Awards… ma ho deciso di passare una nostalgica sera a ricordare questi bellissimi giorni mentre mi bevo un calice di vino rosso (per l’esattezza la Barbera d’Asti 2014 di Tenuta Capri).

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Incominciamo con questa foto che mi piace tantissimo! L’ho scattata all’aeroporto Parigi-Charles de Gaulle mentre aspettavo la coincidenza per Bordeaux. Inoltre mi sono truccata in un delizioso tavolino verde, mentre mangiavo uno squisito macaron di colore lilla all’olio essenziale di lavanda. Io adoro la lavanda, poche cose mi rilassano come il suo profumo, e ne tengo sempre un sacchetto profumato sul cuscino a cullarmi il sonno.

Quante emozioni diverse in appena mezz’ora di attesa! Ho sempre pensato di me di essere una persona con pochissima pazienza, ed in effetti in passato ho chiuso rapporti di amicizia e amore con grande rapidità proprio per questo mio aspetto caratteriale. Non sapevo attendere, forse perché non sapevo apprezzare il percorso che mi separava dal risultato ambito. Poi sono cresciuta, ora chi mi conosce bene mi definisce con una pazienza “stoica”. In realtà ho semplicemente imparato a soffermarmi ad osservare il percorso con grande attenzione, e ad amarlo a volte più del risultato stessoForse è proprio questo senso d’attesa che più amo delle camere di Hotel. Quando sono lì, attendo sempre qualcosa. Che sia un evento, una serata importante, un premio, un appuntamento di lavoro… attendo, e poi attendo ancora. Sto come le foglie sugli alberi, aspetto di volare via da un momento all’altro, con calice di Champagne tra le mani e i miei occhi grigio-ceruleo posati oltre la sera. Anche all’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel è stato esattamente così. Mi sono ritrovata con indosso solo una vestaglia blu avio, sulla dormeuse, a sorseggiare Champagne osservando l’Opéra e guardando spettacoli mai esistiti proiettati solo per me dalla mia fantasia.

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L’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel è semplicemente bellissimo. La mia stanza era più grande del mio appartamento in centro a Ravenna, e si affacciava direttamente sulla piazza de l’Opéra. Appena arrivata mi sono preparata un bagno caldo, perchè anche se era aprile faceva parecchio fresco e pioveva a dirotto.

Adoro la bellezza, la pulizia e la cura dei dettagli. Sono un’esteta in ogni mio pensiero e in ogni mio gesto. Ogni giorno ho deciso di ritagliarmi un’ora per curare il mio corpo, perché ho capito quanto questo sia sacro e importante per custodire la bellezza della mia mente. La SPA dell’Intercontinental Bordeaux è il luogo ideale dove ricongiungere la propria dimensione mentale a quella fisica.

Dopo il bagno ho indossato velocemente la vestaglia e ho scartato i cadeau che mi ha lasciato l’hotel. Ho scaricato le prime  foto sull’iPad, scritto sul blog. Poi ho atteso l’ora in cui avrei conosciuto i miei compagni di avventura. La sera avrei cenato nel Bistrot di Gordon Ramsay, e mi sarei chiesta per l’ennesima volta se è davvero schizzato come mostra in TV oppure quello è un personaggio creato ad hoc per soddisfare il pubblico della televisione.

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In una settimana a Bordeaux ho bevuto così tanto Champagne da perderci la testa. Mi aspettavo di bere soprattutto i grandi rossi bordolesi –  e in effetti ho degustato tutti i vini presentati alla Primeur – ma anche lo Champagne ha avuto uno spazio enorme, con mia graditissima sorpresa. L’aperitivo nel Victor Bar dell’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel preparato dallo staff di Gordon Ramsay è stato semplicemente perfetto, con una nota di merito particolare per il “Fish & chips” servito sulla carta del Times. Poi questo è stato il momento dove ho conosciuto tutti! Lisa Denning, che mentre lavorava al New York Times si è innamorata della cucina al punto di mollare tutto e studiarla al French Culinary Institute, per poi lavorare per Sherry-Lehmann – Wine & Spirits Merchant since 1934 in NYC e approdare oggi anche a Grape Collective, azienda che vende vino dall’Upper Weast Side di ogni parte del mondo in ogni parte d’America. Io e Lisa abbiamo vinto lo stesso premio, solo che Lisa l’ha vinto per l’America e io per l’Europa. Poi ho conosciuto Ágnes Németh, di origini ungheresi e che ora vive a Barcellona, redattore capo in Ungheria della rivista britannica Decanter, di VinCE Magazine e fondatrice del VinCE Budapest Wine Show. Ágnes mi è anche venuta a trovare sul lago d’Iseo e mi ha fatto scoprire vini ungheresi straordinari e mi ha regalato un libro di ricette ungheresi davvero deliziose!

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E mentre ti presento la cena nel Bistrot Gordon Ramsay, ti presento anche i nostri 3 cavalieri, vincitori dei Millésima Blog Awards 2017 come noi nelle rispettive categorie. Incantata dalle nobili maniere Daniel Ercsey, co-autore del Grande Atlante del vino ungherese, giudice permanente ai più importanti concorsi internazionali tra cui il Concours Mondial de Bruxelles e co-fondatore e redattore capo di un blog meraviglioso, WineSofa! Poi come non adorare Rob Frish? Me lo immagino mentre viveva la sua dolcevita europea studiando tedesco e recensendo i migliori ristoranti per un settimanale di Chicago! E infine c’è Jeff Burrows, WSET dal Minnesota, che per tutto il soggiorno ha fatto foto meravigliose… non a caso ha vinto il premio nella categoria “Wine Reporter”!

La cena è stata deliziosa, con una nota di merito per il boeuf Wellington, accompagnato a delle ossa ripiene di midollo con i pistacchi. Il vino in abbinamento, lo Château la Fleur de Peyrabon, Puillac Cru Bourgeois del 2009, in vendita sul wine shop di Millésima è stato davvero una scoperta! Il servizio è stato perfetto, sia come tempi sia come modi. Abbiamo conversato piacevolmente per tutta la cena, mentre Manuela Picot e Marcus Din Mbedi di Millésima ci illustravano il programma!

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L’Intercontinental Bordeaux Le Grand Hôtel ospita anche Le Pressor d’Argent, ristorante 2 stelle Michelin di Gordon Ramsay. Quando sono entrata la prima cosa che mi ha colpito sono le orchidee: ce ne sono ovunque, tutte rigorosamente phalaenopsis bianche. La sala è elegantissima ma comunque molto accogliente, e tutto l’ambiente è curatissimo. La cucina di Gordon Ramsay è un vero gioiello, quasi quasi ha pure ragione ad agitarsi quando vede certe porcate dei ristoranti che vanno in TV nel suo celebre format “Cucine da incubo”. Mi hanno solo fatto un po’ impressione gli astici e le aragoste, stipati come nemmeno in un carro bestiame in un acquario troppo piccolo per il numero che ne conteneva. Da acquariofila innamorata del mondo sommerso sono cose che inevitabilmente noto! Curioso che il nome del ristorante deriva proprio da una rara pressa in argento massiccio Christofle per aragoste, utilizzato come centro sala – ne esistono solo 5 al mondo!-. Questi crostacei sono anche il simbolo della cucina del ristorante, dove lo chef Gilad Peled incanta i suoi ospiti con una “Native lobster from the ‘press’ cooked with lemon leaves, sweetcorn, courgette and girolles” ovvero un’aragosta “nativa della pressa” cucinata al vapore con foglie di limone, granoturco, zucchine e bisque di corallo e citronella. Io peròmi sono incantata a guardare la carta dei vini…

E dopo aver vissuto questo splendido ricordo posso tornare a rotolarmi sotto il piumone! Ti saluto con questo splendido video retrospettiva della splendida settimana passata a Bordeaux durante le premiazioni dei Millésima Blog Awards!

Ora ti consiglio di leggere anche questi articoli scritti per Millésima:

Come sempre ringrazio Sony Italia e UniversoFoto.it per la splendida RX100M4 con cui ho fatto tutte le foto di questo articolo! Cheers Image may be NSFW.
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Chiara

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Sergio Mionetto White Edition: provalo con le meringhe alla panna! [Ricetta]

Tra i vari vini che ho ricevuto durante le feste, c’è stata anche questa bottiglia di Sergio Mionetto White Edition. Come sai, raramente scrivo di vini presenti sugli scaffali della GDO, ma per questa volta ho deciso di fare un’eccezione dato che il prodotto, nel suo complesso, si presta per essere regalato per un cenone di capodanno a casa di amici, a patto che questi amici non siano pretenziosi come me quando si parla di vino e soprattutto di bollicine… Certo è che bisogna imparare a scegliere un vino che può capire anche un pubblico meno sdoganato, e sono certa che anche tu hai almeno un amico che negli spumanti ricerca frutta, freschezza, semplicità e un buon residuo zuccherino!

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante, con un perlage abbastanza fine e molto numeroso che forma una spuma abbondante ed evanescente. Al naso è molto fruttato, con profumi di pera, fiori bianchi e confetti. In bocca è morbido, abbastanza fresco e croccante. Il residuo zuccherino si sente forte e chiaro e per questo si presta per essere abbinato a pesci spinati non eccessivamente saporiti per contrapposizione o a dolci “non troppo dolci” per concordanza.

Quando mi sono trovata a pensare a un abbinamento perfetto per questo vino sono stata molto indecisa se scegliere una preparazione dolce o salata, e quale sarebbe stato il suo ingrediente principale. In un primo momento stavo optando per un pesce spinato, magari per il mio leggendario salmone scottato con soia e aceto di riso, poi ho deciso – sarà l’aria del Natale –  di lasciarmi andare a una preparazione dolce e tradizionale: le meringhe con la panna. Mia nonna Lelia e mia zia Anna le preparano con maestria da sempre, e da sempre cerco di “rubare” i loro segreti. Io sono anche più fortunata di loro, perché avendo la magnifica impastatrice Kenwood Chef faccio molta meno fatica… però ti confesso che le loro comunque rimangono sempre più perfette delle mie. Non c’è niente da fare: non c’è strumento e innovazione che tenga di fronte all’esperienza umana!

Ho scelto questa ricetta perché è un “dolce non dolce” in quanto non esagerando con lo zucchero, pur essendo questo un ingrediente principale, non si ha mai un effetto stucchevole! Ma come si preparano le meringhe con la panna?

Meringhe con la panna: la ricetta “segreta”

Ingredienti per i gusci di meringa:

  • 250 g di albumi freddi da frigo;

  • 500 g di zucchero semolato;

  • 1 cucchiaio di succo di limone (o 1 cucchiaino di pasta di limone).

Ingredienti per la panna:

  • 500 ml di panna fresca;

  • 1 cucchiaio di zucchero a velo;

  • semi di vaniglia (da stecca) a piacere.

Meringhe con la panna: preparazione della ricetta

  1. Nella planetaria mettere gli albumi con 100 g di zucchero e cominciare a montare il composto;
  2. Aggiungere altri 200 g di zucchero molto lentamente mentre monta;
  3. Quando il composto è duro, incorporare gli altri 200 g di zucchero delicatamente mescolando dal basso verso l’alto con una spatola;
  4. Mettere il composto in una sac a poche e in una teglia con la carta forno creare i gusci. Io normalmente uso la bocchetta liscia, ma si può utilizzare anche quella a stella… questione di gusti. Il numero di gusci ottenuti ovviamente varia a seconda di quanto li fai grandi!
  5. Infornare per 10 minuti nel forno statico preriscaldato a 170°C, poi abbassare il forno a 110 °C e lasciare cuocere almeno 2 ore con lo sportello tenuto leggermente aperto con un cucchiaio di legno. Sono cotte quando prendono un bel colore rosato!
  6. Monta la panna freddissima con lo zucchero a velo e i semini della vaniglia (ti prego non utilizzare gli aromi alla vaniglia o la vanillina… sono davvero pessimi come gusto!), poi mettila in una sac a poche e farcisci metà dei gusci di meringa che hai preparato e poi accoppiali per comporre questi squisiti dolcetti.

Pur avendo lo zucchero come ingrediente principale, queste meringhe non sono particolarmente dolci, grazie al limone e alla panna che donano acidità ed equilibrano il tutto. Per questo si prestano molto bene ad essere abbinate a questo spumante che, con un residuo zuccherino intorno ai 20 g/l, ha in sé una morbidezza perfetta per questo abbinamento.

Se invece vuoi provare un abbinamento salato, ti consiglio di provarlo con pesci spinati dai sapori delicati come il salmone. A mio avviso tuttavia rimane troppo abboccato per questo tipo di abbinamento, piuttosto trasformalo in un piacevole brindisi durante l’aperitivo per queste feste!

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😍
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🍇
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🥂

Chiara

P.S. Hai provato a seguire l’hashtag #Mionetto su Instagram? Scoprirai un altro delizioso abbinamento per questo spumante Sergio Mionetto White Edition!

#MionettoWhiteTime #ad

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8 buoni propositi per il 2019 che avrebbero fatto felice mio padre

Ho scritto questo articolo nella mia testa almeno 1000 volte negli ultimi 27 giorni. Eppure, quando provavo ad aprire il macbook, non ci riuscivo. Desidero ardentemente scrivere un articolo in memoria di mio padre per farlo conoscere anche a chi di voi non lo ha mai conosciuto perché questo blog esiste prima di tutto grazie a lui, che per 33 anni ha creduto in me anche quando io stessa non lo facevo e mi ha spronato fino all’ultimo secondo a non accontentarmi di una vita che non fosse su misura per me. Ogni mio successo è il suo, ieri, oggi e domani. E questo dolore che mi porto dentro ora dopo ora, che mi impedisce quasi di respirare, spero di cuore si trasformi in coraggio per andare avanti ad essere una persona sempre migliore. Parlare di mio padre significa parlare di me: io e lui siamo stati, siamo e saremo sempre una cosa sola, un’unica anima con due cuori che battono all’unisono. Anche ora, ovunque lui sia.

Mio padre è morto per il tumore più bastardo di tutti, il melanoma metastatico, il 18 dicembre scorso, a 14 mesi dalla diagnosi e dopo aver lottato come un leone fino agli ultimi 2 giorni. Non dimenticherò mai quando mio padre mi disse della diagnosi a casa di nonna. Come non dimenticherò mai la serie di più o meno grosse cazzate che ho fatto nei mesi immediatamente successivi (e che sto tutt’ora pagando) per rifuggire da quelle parole “è un tumore che non lascia scampo”. Avrei barattato tutti gli anni che mi restano per averne anche uno solo con lui che stava bene, da passare insieme ogni attimo a fare ciò che amavamo fare: sognare. Mio padre mi ha insegnato che “se lo puoi sognare lo puoi fare”, che non ho limiti se non quelli che io stessa mi pongo. Che non ho muri davanti alle mie possibilità se non quelli che io stessa innalzo. Che posso essere tutto o niente, e che questo dipende solo da me. Mio padre mi ha insegnato che non esiste l’impossibile e che ogni traguardo dipende solo dalla nostra “forma mentis”, dalla nostra volontà, dall’impegno che mettiamo per raggiungerlo e dalla nostra capacità di perseverare davanti ai no e ai fallimenti che per natura ci appartengono. Mio padre, che dopo che gli hanno amputato una gamba a fine giugno è venuto da me con la sua protesi ad agosto dopo solo una settimana che l’utilizzava ed era bravo da non crederci… Oltretutto venire da me è più difficile per una persona con scarsa mobilità perché c’è anche da salire sul traghetto. Ma lui voleva a tutti i costi passare il ferragosto insieme, a casa mia, e ci ha creduto. Ti confesso che in quei giorni ci abbiamo creduto perfino io e mia madre, che potesse convivere ancora qualche anno con quel mostro che aveva dentro. Certo, a 5 anni dalla diagnosi non ci sono nemmeno il 5% dei malati ancora in vita. Ma mio padre è diverso da tutti, è il mio supereroe, ce la può fare… ecco cosa pensavo. Oggi dico per fortuna che si è impuntato ed è venuto, che ho stappato l’ultima bottiglia di Dom Perignon 2004 che ci ha emozionato, che ho cucinato tutti i suoi piatti preferiti, che abbiamo fatto il bagno insieme in piscina abbracciati. Perché quei 5 giorni ad agosto in questa casa sono gli ultimi ricordi che ho felici di me e di lui.

Mio padre era un signore non solo per come teneva la forchetta mentre mangiava, ma per il suo atteggiamento nei confronti della vita e delle persone. Mio padre mi ha insegnato a non arrabbiarmi e a non lamentarmi davanti alle ingiustizie quotidiane, a non alzare la voce, a non buttare giù il telefono, a cercare sempre il dialogo prima dello scontro, a rispettare le regole della nostra società, ad avere un forte senso civico, a non ubriacarmi, a non pagare alla romana, a non tradire mai la fiducia di un compagno o un amico, a confrontarmi solo con me stessa, ad avere una pazienza stoica, a lodare il buon lavoro del prossimo, a non presentarmi mai a casa di qualcuno senza una buona bottiglia, a non offendermi, a leggere tantissimo, ad ignorare le critiche (poiché queste appartengono quasi sempre a chi è a un livello più basso del mio e si consuma nell’invidia), a spiegare sempre il perché di ogni mia scelta, ad apprezzare il silenzio più della parola superflua, a non fare pettegolezzi né attirarli, a non controllare né le persone, né i loro oggetti tecnologici, a non ascoltare le conversazioni a cui non sono invitata, a non dire parolacce o bestemmie, a rispettare chi ha idee diverse dalle mie poiché è per me una grande ricchezza, a credere sempre nel futuro anche quando ti dicono che non c’è un futuro, a credere che la famiglia del “Mulino Bianco” esiste ed è un traguardo a cui ambire, anche se Rosita e Banderas non ci vivono veramente. Mio padre mi ha insegnato tutte queste cose, anche se non sempre sono stata all’altezza dei suoi valori perché lo scorso anno sono stata così infelice da perdere la pazienza e, chi mi conosce bene, sa che ne ho una quantità -quasi- industriale. A novembre però ho scelto, per lui, di tornare “in me” e quest’anno ho intenzione di completare questo processo.

Per questo ho deciso di scrivere con il cuore questi 8 buoni propositi per il 2019 e di dedicarli a lui. Con l’obiettivo di riuscirci, nei miei limiti di essere umano, ad essere la figlia che un uomo così straordinario e fuori dal comune meritava.

Buoni propositi per il 2019 #1: Fare oggi quello che potrei fare domani

Chi mi conosce bene sa che sono l’incarnazione dello spirito ZEN. Niente mi scompone. Niente mi sposta. Niente mi innervosisce. Tutto si può fare, possibilmente tra 5 minuti. O meglio 10, l’ideale è pensarci domani. Di per sé non sono una persona che procrastina in assoluto, anzi porto sempre a termine nei tempi gli impegni presi, salvo pochi casi di reattori nucleari che esplodono a sud della mia schiena. Ma non ho fretta, mai. Non ho fretta nemmeno se sta per partire il traghetto, ne prenderò uno dopo. Ho più treni persi nel mio curriculum che vini degustati, ed è tutto un dire. E poi, chi lo ha detto che quel perdere il treno non si è trasformato in realtà in una meravigliosa occasione? Sono sicura che anche tu hai visto Sliding Doors. Al liceo mi ero innamorata di Leibniz e delle sue teorie sulla realtà che vediamo e che non vediamo, di cosa c’è al di là della porta. Ogni giorno facciamo delle scelte che, inevitabilmente, cambiano il corso della nostra vita e non ci è dato sapere cosa questo effettivamente comporta. Gioie e dolori del libero arbitrio dice qualcuno, ma in realtà è molto più complesso perché ogni nostra azione apre e chiude una serie di percorsi per tutta una serie di altre persone che la subiscono direttamente o indirettamente. Credo che ogni essere umano è collegato a tutti gli altri, anche oltre i sei gradi di separazione. Ogni mia azione influisce sulla vita di ogni abitante del pianeta, sia pure come un eco lontano. Non è presunzione: allo stesso modo io subisco la stessa cosa. Ho una pazienza e una resistenza nel perseguire ogni cosa che è impensabile per il 99% della popolazione mondiale, di questo ne sono assolutamente certa. Ed è così che posso raggiungere qualsiasi risultato ambito, a condizione che mi sia concesso il tempo per farlo.

Buoni propositi per il 2019 #2: Rimettermi in forma nel corpo e nella mente

Ah, quanto ci teneva a questo mio papà! Me lo diceva sempre: ho fatto una donna così bella che è un peccato che litiga con la bilancia un anno sì e un anno no. E in effetti tra il 2017 e il 2018 ho preso un sacco di peso per la mia incapacità di liberarmi immediatamente di una persona particolarmente tossica che mi ha devastata sotto ogni punto di vista. Però sono felice che mio padre è stato vivo abbastanza per sapere che ho chiuso il capitolo, perché anche a questo teneva particolarmente. Un mio pregio è sicuramente che non incolpo mai le condizioni al contorno per le mie mancanze, ma come pieno artefice del mio destino sono orgogliosa dei miei successi e consapevole dei miei sbagli. Invece, parlando con le persone che mi stanno vicino, noto che questa mia qualità è assai rara: quando non raggiungono il risultato sperato o qualcosa non va come avevano preventivato è sempre colpa del vicino di casa, dello Stato, del Governo, del tempo, del gatto e chi più ne ha più ne metta! Francamente la sola idea che ciò che faccio nella mia vita dipenda da qualcosa di esterno a me mi terrorizza, per questo preferisco assumermi le responsabilità tanto dei successi quanto dei fallimenti che ottengo. Il punto è semplice: se la responsabilità è mia, io posso controllare il risultato. E se è qualcosa in mio potere, posso ottenerlo. Tutto è in funzione della mia stessa volontà e capacità di aggiustare il tiro qualora non raggiungo il risultato sperato. Benissimo allora! Ho deciso che devo perdere 16 kg entro l’8 maggio, ovvero entro il mio 34esimo compleanno e ritrovare il peso forma, che è sinonimo sia di Bellezza sia di Salute. Prendersi cura del proprio aspetto non è una cosa che denota superficialità, tutt’altro: è una carezza alla propria autostima. Siamo un dentro e un fuori, e il nostro fuori è il riflesso di quello che siamo dentro, che ci piaccia o no. E non parlo della “fisiognomica” o di quelle caratteristiche corporee che ci sono state “imposte” dalla nascita (forma del naso, altezza…), ma di ciò che è in nostro potere, come avere mani curate (io ho una vera fissa per le mani ad esempio).  C’è una canzone di Franco Battiato, il Cammino interminabile, che recita: “Se vuoi conoscere i tuoi pensieri di ieri osserva il tuo corpo oggi. Se vuoi sapere come sarai domani osserva i tuoi pensieri di oggi.” Tu cosa pensi oggi?

Buoni propositi per il 2019 #3: Evitare le persone tossiche e non accontentarmi di rapporti mediocri

Sono molto possessiva e ne sono pienamente consapevole. I miei 2 più cari amici, Fabrizio e Marco, sanno che il giorno che mi presenteranno una donna come la loro fidanzata questa dovrà superare delle prove che nemmeno la peggiore delle suocere, con la piena certezza che mi odierà. Forse per questo non me ne hanno mai presentata una, ma del resto preferisco vivere nell’ignoranza e pensare che sono l’unica principessa nei loro… PENSIERI. Detto questo, dal 2012 ho incappato in una serie di uomini così sbagliati e tossici che manco se mettevo un annuncio sul gazzettino col titolo “cercasi balordo della peggior specie” potevo superarmi. Bene, ammetto di aver rotto uno specchio (anche se ho nascosto mano, vetri e simili) e di essermi sciroppata 7 anni di sfighe sentimentali di livello. Ora sono pronta per essere felice, con la consapevolezza che una donna più “perfetta” di me non esiste e pertanto merito l’uomo “perfetto” o quantomeno un suo succedaneo di primo grado. O il suo cane. [Ricordiamoci che la perfezione in assoluto non esiste ma esistono persone che nelle loro imperfezioni sono perfette per altre persone!] Quindi un bel calcio in culo alle persone tossiche (le palle raramente ce le hanno) e basta accontentarsi di rapporti mediocri. O un uomo mi tratta come la più preziosa delle principesse perché è pienamente consapevole del mio valore o può andarsene serenamente all’isola che non c’è… tanto – lo so, sono cinica a dirlo, ma è il sano cinismo di una donna che vuole essere felice – ho la fila fuori dalla porta e nessuna voglia di perdere tempo. Amo dare e ricevere sicurezza affettiva. Le persone tossiche ci rubano tempo ed energie, e di conseguenza altro tempo. Il tempo è quanto di più prezioso abbiamo, perché a prescindere dal nostro grado di ricchezza è un qualcosa che non possiamo comprare, né mettere da parte o immagazzinare. Per questo non possiamo permettere a nessuno di rubarci ore preziose. Possiamo regalare soldi o beni, ma mai il nostro tempo. Non dimenticarlo mai.

Buoni propositi per il 2019 #4: Creare almeno 4 buone abitudini ed essere costante nel seguirle

Il mio corpo e la mia mente sono il ricettacolo di tante buone e allo stesso modo tante cattive abitudini che ho preso durante gli anni. Inoltre sono convinta che noi e i nostri risultati, positivi o negativi che siano, siano il prodotto delle nostre abitudini. Le nostre abitudini sono qualcosa che è assolutamente in nostro potere gestire e controllare, non è un qualcosa di esterno a noi. Capire questo concetto, apparentemente semplice, è il primo passo per cambiare quello che non ci piace o non funziona di noi. Per questo ho deciso quest’anno di darmi queste 4 buone abitudini in più e di rispettarle giorno dopo giorno:

  1. Dormire 7 ore al giorno e andare a letto sempre entro l’1 di notte.
  2. Camminare per almeno 10.000 passi ogni giorno a prescindere dalle condizioni atmosferiche e dal mio umore.
  3. Tenere un diario alimentare con costanza. Anche se ho mangiato fuori o è venuto un branco di alieni a cena da me senza invito.
  4. Dedicare 1 ora al mio corpo appena mi sveglio ogni mattina per sentirmi più bella e più sicura di me. Anche se ho 100 cose da fare.

Devo dire che, ad esempio, ho già iniziato da 1 mese a fare i famosi 10.000 passi ogni giorno. Con pochissime deroghe (e voglio eliminare anche quelle). Beh, il beneficio per il mio corpo e per la mia mente è stato così grande e palpabile, che le condizioni limitanti della pigrizia e della fatica fisica sono sfumate e hanno lasciato posto a convinzioni positive. Oggi sono felice di camminare perché il benessere supera la fatica. Anzi, la fatica la sento sempre meno. E mi sento meno in colpa per le delizie che cucino o per i vini che degusto. Tu cammini ogni giorno o fai altri tipi di attività fisica? Ti piace? Ti fa sentire bene?

Buoni propositi per il 2019 #5: Fare pace con la burocrazia e l’amministrazione del mio lavoro

Niente mi infastidisce di più dell’amministrazione. E sono figlia di una contabile… incredibile vero? Il solo pensiero di fare una fattura mi fa venire la pelle d’oca. Il giro dell’IVA, che Fabrizio e mio padre mi hanno spiegato credo almeno 100 volte mi suona più difficile dell’Odissea in latino. Già mandare una raccomandata o simili è complicato anche se la posta è a 100 metri da casa mia. Quest’anno come se non bastasse ci pensa la fatturazione elettronica a complicare tutto… bene, ho deciso che entro il 2019 sistemo tutto e che imparo a gestire correttamente e puntualmente il mio lavoro. Senza la pretesa che il caos sia sistemato in un giorno, ma con l’aspettativa di fare tutto bene un passo alla volta. Del resto nella vita ho imparato che  i grandi cambiamenti sono un processo e non un evento, ed è proprio quando li affronti come un evento che fallisci i tuoi obiettivi. Mio papà si è sempre occupato di tutto, da quasi un anno non si è più occupato di niente perché le sue condizioni di salute erano davvero tragiche anche se non lo dava a vedere… e ora tocca a me continuare i nostri progetti ed essere all’altezza delle sue aspettative. Mio papà era così fiero di me che parlava a tutti di ogni cosa che facevo, eppure non sono certo stata perfetta nel corso della mia vita: ho conosciuto in egual misura fallimento e successo. Certo sono consapevole che ho costruito tanto, anzi tantissimo per avere appena 33 anni. Sono consapevole che non è da tutti vivere esattamente dove si vuole facendo il lavoro dei propri sogni e adattandolo allo stile di vita che si vuole fare. Anzi, è raro se non rarissimo.  Ma ho avuto una fortuna ugualmente rara: un padre che ha creduto e sostenuto ogni idea folle che mi è venuta in mente da quando sono nata ad oggi e che ha donato quanto di più prezioso aveva – il suo tempo – per aiutarmi a realizzarlo. Mio papà mi ha insegnato che se posso sognarlo posso farlo, che non c’è obiettivo che non posso raggiungere grazie alla mia intelligenza ed alla mia sensibilità. Quindi signori, quest’anno posso imparare a gestire fatture e amministrazione, anche questo è in mio potere e lo farò.

Buoni propositi per il 2019 #6: Imparare a gestire il mio tempo per avere più tempo per me

Una delle cose più belle del mio lavoro è che mi manca quasi quando non lavoro. Eppure ho passato gli ultimi 3 anni a lavorare tantissimo e a dedicare pochissimo tempo al mio benessere fisico e mentale. Intanto partiamo da un punto: cosa significa davvero “avere più tempo per me”? Come voglio sfruttare questo tempo? Cosa voglio farci? Ho la fortuna di fare il lavoro che sognavo fare a 8 anni, ecco, magari non lo definivo “Wine blogger”, però volevo scrivere su un lago di qualcosa che amavo e ora faccio esattamente questo. Quindi si può dire che la mia principale passione è già il mio lavoro. E allora cosa vorrei fare nel tempo che voglio avere in più per me? La parola giusta è “Esplorare“. Esplorare il mio corpo, esplorare i miei sensi, esplorare le persone che amo, esplorare il mondo. E poi vorrei “crescere”. Cosa c’è di più bello di crescere? Fin da bambini desideriamo sapere tutto ed essere già grandi, poi quando diventiamo grandi impariamo ad apprezzare il percorso  talvolta ancor più del traguardo. O forse no, il traguardo rimane sempre quello che ci dà più gioia? Una vocina nella mia testa dice che un orgasmo è sempre un orgasmo, ma puoi arrivarci in tanti modi… nah, mica gli orgasmi sono tutti uguali! Quindi ricapitoliamo: in un giorno ci sono 24 ore, 1.440 minuti e 86.400 secondi. Ogni giorno ogni essere umano ha la stessa quantità di tempo, che sceglie di impiegare in vari modi tra le varie possibilità che ha o che si crea. Sono certa che ogni giorno anche tu sprechi un sacco di tempo dietro attività superflue (ad esempio ti serve davvero stare sui social per diversi minuti che, se sommati, si trasformano in ore? Produci qualcosa in questo tempo?), e che tutti abbiamo tempo per fare tutto quello che vogliamo o dobbiamo fare. Quindi voglio imparare a gestire il mio tempo giorno dopo giorno per evitare di utilizzare la più celebre e inflazionata delle scuse, ovvero: “non ho avuto tempo per farlo”.

Buoni propositi per il 2019 #7: Imparare a parlare inglese in modo fluido

Quando ero in Francia mi sono praticamente vergognata per il mio inglese. Sono stata l’unica a fare il video conclusivo in italiano perché non ero a mio agio a parlare inglese. Certo, ho una buonissima conoscenza grammaticale… ma quando si tratta di parlare è tutta un’altra faccenda. Se penso a liceo quanta fluidità avevo anche a parlare… ma come ho fatto a perderla così? Quando ho fatto l’esame all’università ricordo di aver preso 99/100 in grammatica e 33/100 in comprensione e parlato… per un totale appena sufficiente e un calcio in culo che mi ha fatto raggiungere il livello B2. Faccio un lavoro che mi porta almeno una volta all’anno all’estero e mi piacerebbe poter confrontarmi con persone di tutto il mondo senza fatica. Inoltre ho persone che seguono il mio blog in ogni parte del mondo e mi piacerebbe imparare a scrivere bene in doppia lingua anche per loro. Anche qui, io sono contro i full immersion, li considero al pari dell’ultima dieta americana che ti promette di perdere 10 kg in un mese… sì, puoi anche riuscirci ma li riprendi con cari interessi! Imparare l’inglese, così come dimagrire, è un processo e non un evento (me lo senti dire spesso, lo so!) e pertanto nasce dalle nostre stesse abitudini. Se ogni giorno dedicassi 30 minuti alla lingua inglese, tra 365 giorni gli avrei dedicato  10.950 minuti ovvero più di 182 ore. Scommettiamo che ho migliorato il mio inglese ed è diventato quantomeno più fluente? Comunque per oggi mi accontento anche di capire cosa si dice la gente qui a Monte Isola! Image may be NSFW.
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😁

Buoni propositi per il 2019 #8: Creare un calendario editoriale e scrivere 8 articoli ogni mese

Siamo al 14 di gennaio, e il blog è stato per diverso tempo in “silenzio” a causa di quanto è successo. Ho dovuto staccare il cervello perché per me era una necessità irrinunciabile. Un po’ perché già il mese di ottobre avevo davvero toccato il fondo della mia vita e, senza esagerare, ho passato 20 ore al giorno a lavorare dimenticandomi di me. Mio papà mi faceva la correzione di bozze per il mio libro “Come diventare sommelier” (che puoi comprare cliccando QUI) mentre faceva la chemio ed entrava e usciva dagli ospedali, nei giorni che gli dicevano che non ce ne era più. Questo libro mi ha salvato la vita non solo perché mi ha aperto l’orizzonte di fare esattamente quello che volevo dal punto di vista lavorativo, ma perché è stato l’ultimo progetto che abbiamo curato insieme io e lui, con la piena consapevolezza che sarebbe stato l’ultimo anche se non ci volevo credere. E tutt’ora non ci credo. Gli ho promesso di smettere di perdere tempo dietro lavori “non giustamente retribuiti” e dedicare più tempo al mio blog, e per questo ho deciso che scriverò 8 articoli ogni mese. Per ora non mi do limitazioni di tempo di periodicità, anche perché questo è un blog e non una testata giornalistica. Ma 8 articoli di qualità li voglio scrivere. Per mio papà e per voi che mi leggete da ormai 4 anni. Per questo ogni 1 del mese ho deciso di creare un calendario editoriale e di rispettarlo. Anche questo è in mio potere. Se hai richieste particolari per i prossimi articoli ti invito a lasciarmi un commento.

Completare questo articolo era vitale per me. Ora posso cominciare ad affrontare il futuro. Ora posso riprendere a lavorare. Ora posso cercare di trasformare questo vuoto e dolore che mi mangia dentro giorno dopo giorno in una forza positiva, un po’ per volta e con assoluta calma. Io e mio padre abbiamo avuto un rapporto tale che solo mia madre sa quanto era stretto, forse a tratti “morboso” per il nostro vivere l’uno per l’altro sempre. Anzi, ne approfitto qui per ringraziare davanti a tutti mia madre per essere stata una donna capace di risorse straordinarie. Ha aiutato e assistito mio padre in un modo che non mi sarei mai aspettata e mi ha fatto capire che sì, era ed è la donna che meritava un uomo così grande, e lo è sempre stata, anche quando non lo pensavo. L’unica cosa positiva dell’atrocità che abbiamo vissuto e stiamo vivendo è che mi ha fatto guardare mia madre sotto un’altra luce e ha posto nuove basi a un rapporto che è stato difficile per tanti anni e che spero abbia tanti anni davanti per fiorire e diventare sempre più bello.

A proposito, per tutti i produttori di vino e per tutti i miei lettori: l’edizione 2019 della mia guida vini spumanti “500 Bolle in 500” è solo rimandata. Questo era un progetto di me e papà, ora devo ridisegnarlo… ma sarò operativa entro il Vinitaly 2019… promesso! Image may be NSFW.
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❤

Un abbraccio e ti prego: in questo 2019 non rimandare la felicità! Né io né te siamo consapevoli delle nostre date di scadenza. Non sappiamo il tempo che ci rimane. Per questo impariamo a dare valore alle cose davvero importanti e impariamo a lasciare andare tutto quanto è superfluo alla nostra felicità.

Felicità deve essere la “parola del 2019” per ognuno di noi.

Chiara

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Vini calabresi: appunti per sommelier e degustazione Cantine Lavorata

In Calabria la viticoltura ha origini antichissime, tuttavia oggi non gode di grande fama a livello nazionale e all’estero è praticamente sconosciuta. Purtroppo l’orientamento verso la quantità piuttosto che la qualità ha accentuato questa bassa considerazione, eppure esistono viticoltori illuminati che producono vini calabresi eccellenti, come nel caso di Cantine Lavorata. Ringrazio Daniele Lavorata per avermeli fatti scoprire, in particolare il Greco Nero di cui mi sono assolutamente innamorata! Ma prima di raccontarti queste interessanti degustazioni, voglio condividere con te i miei appunti sui vini calabresi in modo anche da darti una chiave di lettura orientata di quanto ho bevuto.

Incastonata tra due mari, la Calabria è una regione in cui si sono susseguite due culture in parallelo: quella italica e quella greca. Questo si è riflesso anche nel vino: se nell’interno stava nascendo un vigneto italico rudimentale, sulle coste i greci coltivavano con una maggiore consapevolezza tecnica. Siamo intorno al 300 a.C. e la Calabria è conosciuta come “Enotria”, terra degli Enotri (che prendono il nome dal personaggio mitologico Enotro, figlio di Licaone, sovrano di Arcadia, una storica regione dell’Antica Grecia). I vini calabresi erano già allora molto apprezzati e nei mercati vinicoli di Sibari, Crotone e Locri si caricavano le navi attraverso degli “enodotti” costruiti con tubi di argilla, in cui il vino confluiva dalle colline circostanti direttamente agli imbarchi. Le Tavole di Eraclea, che contengono due decreti sul costo dei terreni databili alla fine del IV sec. a.C., ci suggeriscono come il commercio del vino fosse estremamente importante per l’economia calabrese, al punto da generare numerosi investimenti. I terreni vitati infatti costavano circa 6 volte il prezzo di quelli destinati ad altre colture agricole. Teocrito, in un suo scritto, ci racconta di un vino di Biblia pregiatissimo, ottenuto da un vitigno originario della Tracia. Purtroppo con la conquista romana la viticoltura subì un brusco arresto perché anche qui si sostituirono le viti con i cereali di cui Roma era estremamente bisognosa. I vini calabresi tornano in auge nel Medioevo, quando sono esportati in tutto il Nord Italia, in Spagna e in Francia. I vini calabresi, fin dall’antichità, sono vini robusti che incontrano tantissimo successo fino all’epoca moderna, dove i gusti del consumatore medio sono cambiati in favore di vini di minor corpo, un grado alcolico più moderato e profumi più fruttati che speziati.

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vini calabresi

La Calabria è una penisola lunghissima e stretta (mediamente non supera i 60 km da una costa all’altra. A causa della forma allungata e stretta i fiumi sono generalmente di piccola entità, per lo più a regime torrentizio (e asciutti in gran parte dell’anno) in letti ciottolosi, tranne il Crati e il Neto che si estendono per oltre 80 km. I terreni sono impervi: dalla costa si ergono ripide le montagne che sono organizzate in massicci o gruppi isolati. L’altopiano della Sila ha un aspetto alpino ed è ricoperto di boschi per un’altezza media di 1400 m s.l.m. I terreni sono generalmente poco consistenti a causa in quanto formatisi dallo sgretolamento di rocce cristalline. Le zone pianeggianti, un tempo paludose e oggi bonificate, hanno terreni alluvionali. Nell’Aspromonte i terreni sono poco fertili e poco consistenti. Sulle coste il clima è mediterraneo e presenta estati molto calde e asciutte e inverni miti e abbastanza piovosi. L’escursione termica, sia giornaliera sia stagionale, è molto modesta. Nell’interno il clima è continentale con estati calde e inverni rigidi. Sul versante tirrenico piove molto.

Sono stata in Calabria per la prima volta nell’estate 2015 e ho scoperto una terra meravigliosa popolata da persone ancora più meravigliose. Ho mangiato e bevuto benissimo, io poi che ho un debole per il peperoncino mi sono innamorata dell’ ‘nduja… soprattutto con la “pasta di casa”.

 

Vini Calabresi: vitigni chiave e tipi di allevamento

I vini a bacca nera sono più coltivati anche perché ottenere vini bianchi con una spiccata acidità è molto difficile, soprattutto con il clima particolarmente caldo che si raggiunge in alcune zone d’estate.

Vitigni a bacca rossa = Gaglioppo, greco nero, aglianico, alicante, magliolo canino, nerello cappuccio, sangiovese.

Vitigni a bacca bianca = Greco bianco, guardavalle, pignoletto, malvasia bianca, malvasia di Candia, manzoni bianco.

Tipi di allevamento = Alberello basso, cordone speronato orizzontale e verticale, la controspalliera e il tendone.

Vini Calabresi: zone vitivinicole

Provincia di Catanzaro = Catanzaro Lido

Provincia di Cosenza = Pollino, Valle del Crati, Verbicaro

Provincia di Crotone = Cirò, Cirò Marina, Torre Melissa, Val di Neto

Provincia di Reggio Calabria = Bianco, Casignana, Costa Viola

Vini Calabresi: una deliziosa degustazione a cura di Cantine Lavorata

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Cantine Lavorata affondano le loro radici nella viticoltura calabrese fin dal 1800 quando Luigi comincia a dedicarsi all’allevamento della vite. Il figlio Domenico prosegue la passione del padre, ma l’inizio vero e proprio della storia enologica della famiglia lo si ha col secondo dei suoi dodici figli, Vincenzo, che già nel 1958 produce vino calabrese e lo vende in tutta Italia. Suo figlio Ilario fa crescere l’attività di famiglia coniugando tradizione e innovazione tecnologica. In poco tempo questi vini conquistano il mercato tedesco e quello belga. Oggi i figli di Ilario e Vincenzo continuano a portare in alto il nome dell’azienda con un’attenzione particolare ai vitigni autoctoni.

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Vini calabresi – Cantine Lavorata: Greco Bianco IGT Calabria 2017

Si presenta di un giallo paglierino brillante e roteando il bicchiere si dimostra consistente, formando archetti abbastanza ravvicinati e regolari che ci fanno intuire un buon tenore alcolico.

Al naso è delicato, complesso ed elegante, con note di cumino, confettura di limoni e fiori d’origano che sfumano in una piacevole nota salmastra.

In bocca è intenso e coerente, fresco, morbido, molto sapido e con un finale lungo. La mia salivazione è nettamente aumentata. Perfetto da abbinare ai crostacei, al salmone fresco e al pollo in tutte le sue declinazioni.

14 % vol

I vigneti si trovano nel Comune di Riace, Città dei Bronzi, su un altopiano.

affina in piccole botti di castagno calabrese

Vendemmia fine settembre

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Vini calabresi – Cantine Lavorata: Bivongi DOC Rosato  2017

Si presenta di un rosa corallo intenso e brillante. Roteando il bicchiere, forma archetti regolari dove il vino scende lento e ci fa intuire subito il suo buon tenore alcolico.

Appena l’ho messo al naso ho esclamato: “mamma che buono!” e devo dire che non me lo aspettavo assolutamente così! Il naso è delicato, complesso, fine ed elegante, con sentori di fragoline di bosco, buccia di peperoncini rossi, amarene sotto spirito, rose essiccate che si perdono in una scia minerale.

In bocca è coerente, morbido, freschissimo, abbastanza sapido e lungo sul finale. Mi piace molto così, da solo, da aperitivo, servito non troppo fresco… in alternativa se proprio ci vogliamo abbinare qualcosa sicuramente è perfetto con i salumi e le sarde impanate alla griglia!

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Vini calabresi – Cantine Lavorata: Greco Nero IGT Calabria Rosso 2015

Si presenta di un rosso rubino intenso e semitrasparente. Roteando il bicchiere è consistente e forma archetti ravvicinati e regolari dove il vino scende lento, facendomi intuire il suo tenore alcolico importante.

Al naso è intenso, complesso ed elegante, particolarmente speziato. Si riconoscono note di pepe nero, chiodi di garofano, cuoio, cacao amaro, vaniglia, confettura di mirtilli e una scia di alchermes.

In bocca è coerente, ancora più speziato e dominano i chiodi di garofano in un piacevole intreccio vanigliato. Intenso, morbido, fresco e con un’ottima bevibili e una discreta lunghezza sul finale. Perfetto da abbinare ai brasati, carne o anguilla alla brace e salumi piccanti, ma l’ho immaginato subito con una pasta di casa all’nduja come quella deliziosa che ho preparato a Locri.

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Vini calabresi – Cantine Lavorata: Bivongi DOC Rosso Riserva 2014

Si presenta di un rosso rubino intenso e semitrasparente. Roteando il bicchiere forma archetti regolari e il vino scende abbastanza lentamente.

Al naso è intenso, complesso, elegante con note di frutti a bacca nera che si intrecciano nella vaniglia per poi sfumare in un sentore affumicato.

In bocca è coerente, morbido, fresco, complessivamente elegante, giustamente tannico, abbastanza sapido e lungo sul finale. Si presta per essere abbinato a carne al BBQ anche con lunghe e saporite marinature, brasati, pasta fresca con sughi molto saporiti e formaggi stagionati.

Grazie a Danilo Lavorata per i suoi splendidi vini calabresi e per aver creato l’occasione di parlare della sua splendida terra.

Cheers 

Chiara

L'articolo Vini calabresi: appunti per sommelier e degustazione Cantine Lavorata proviene da Perlage Suite.

Stelle & Calici: vini liguri e prodotti locali con lo Chef Igles Corelli

Il 29 novembre sono stata per la prima volta in Liguria in occasione della prima puntata di Stelle & Calici con lo Chef Tommaso Arrigoni (se non l’hai ancora fatto, puoi leggere l’articolo completo cliccando QUI). Per questo sono stata felicissima di partecipare alla seconda tappa con lo Chef Igles Corelli… e non vedo l’ora di partecipare alle prossime serate! Che ne dici, ci incontriamo all’Enoteca Regionale della Liguria con sede ad Ortovero per brindare insieme?

Stelle & Calici è una bellissima idea della rete d’imprese “Vite in Riviera“. Nata nel 2015, raggruppa 25 aziende vitivinicole e olivicole della Riviera di Ponente, rendendole più forti e competitive nella penetrazione del mercato ed è una realtà unica nella regione Liguria (e non solo lì!). Stelle & Calici è un viaggio gourmet tra i sapori della Liguria che si articola in 4 cene dove le eccellenze gastronomiche regionali di stagione e i presidi Slow Food sono interpretati da 4 chef stellati Michelin “fuori sede” e abbinati a vini DOP e IGP della Riviera di Ponente. E già così, non ti solletica l’idea di partecipare ad una delle prossime tappe? Image may be NSFW.
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😍

Ancora prima di raccontarti la splendida serata che ho passato ci tengo, da romagnola, a fare una precisazione. Quando si parla di ospitalità si tende a vedere la Romagna come “caput mundi”. La Riviera Romagnola è famosa ovunque proprio per l’ospitalità e, vivendo in Lombardia da anni, ovviamente ho notato subito la differenza. Anche la Liguria non ha certo l’immagine di una regione particolarmente ospitale… e voglio dire che questo è assolutamente sbagliato! Sia la scorsa volta all’agriturismo BioVio sia questa volta all’agriturismo Torre Pernice mi sono sentita davvero “a casa” circondata da un calore e un’atmosfera stupendi. Allo stesso modo tutto lo staff che ho trovato durante la serata è stato così brillante e gentile che mi è piaciuto tantissimo. Quindi bravi, bravi, bravi! E anche questa volta voglio fare un grazie particolare a Cristina Boffa dell’agenzia MAD13 di Torino per l’invito e la squisita compagnia! 

Altra cosa fondamentale che mi sento di fare, soprattutto perché è la seconda volta che partecipo a queste cene e ho anche avuto modo di confrontarmi con i vari produttori, è un ringraziamento speciale a Massimo Enrico, presidente della rete di imprese Vite in Riviera, che è da loro definito come “l’uomo che ha reso possibile l’impossibile”. Innanzitutto in un mondo dove spesso regnano sovrane invidie e gelosie trovo bellissimo sentire parlare bene delle persone e leggere stima negli occhi. Poi, sapendo quanto lavoro e fatica si nascondono dietro a un evento ben riuscito, sono piacevolmente stupita della perfezione con cui riescono queste serate. Tutto è organizzato benissimo e la gente è soddisfatta! Hanno rianimato la sede di Ortovero dell’Enoteca Regionale della Liguria… ma ti pare poco? Ortovero, un paesino in provincia di Savona di 1576 anime in cui si susseguono chef di fama internazionale. Igles Corelli, lo chef più creativo al mondo fintanto che Adrià non aveva preso in mano il primo sifone, come disse il giornalista RAI  Samuele Amadori, ha dovuto replicare la cena anche di venerdì per il tutto esaurito. E ora non ditemi che è tutto merito di Igles che tira più di un fagiolo di Conio. Certo Igles è un genio della cucina e tira, tira e ancora tira… ma non si fa il tutto esaurito due sere a fila in un piccolo paesino “sperduto” se dietro non c’è una grande squadra. Garantito. Mi ci gioco la bottiglia di passito che ho bevuto e che mi ha emozionato -tra poco ti svelo di che vino si tratta…-. Un grazie speciale anche ai colleghi di AIS Savona e al loro delegato Giancarlo Alfano ed al bravissimo delegato AIS della provincia di Imperia Augusto Manfredi che avrei potuto ascoltare ore.

Miracolosamente siamo arrivati in Liguria ad un orario decente, ovvero intorno alle 16:30. Il primo appuntamento era all’Agriturismo Torre Pernice, che ci ospitava per la notte. Abbiamo trovato la proprietaria Bianca ad accoglierci e mi sono immediatamente innamorata della sua energia! Poi, nello scoprire che il suocero a cui si deve il merito di aver cominciato la “grande opera” di acquisto dei vigneti e della Torre Pernice era piacentino come il mio fidanzato, è stato un attimo ritrovarsi a confabulare di un milione di cose che si possono fare insieme! Abbiamo fatto uno splendido aperitivo con Bianca dove abbiamo avuto modo di conoscere i vini dell’azienda più estesa della Liguria a livello di vigneti di proprietà: ben 10 ettari arroccati in questo splendido territorio incastonato come un gioiello prezioso tra le montagne e il mare. Se questo numero ti fa sorridere perché sei abituato a ben altro, sappi che in Liguria i produttori dispongono di appezzamenti piccolissimi e spesso si può parlare di una vera viticoltura eroica. Nella prossima foto ti mostro qualche momento della degustazione… ho scelto i vini che mi sono piaciuti di più ad eccezione della bolla che te ne parlerò in separata sede!

I terreni dell’azienda si trovano al centro della piana di Albenga che è l’unica zona “ampia” della Liguria. Le vigne hanno un’esposizione uniforme tutto l’anno con un’ottima maturazione e di conseguenza una bella concentrazione di profumi e di zuccheri. Il Pigato si presenta di un bel colore giallo paglierino brillante. Il naso è delicato, fresco e con un forte accento minerale ed erbaceo. In bocca è elegante, caldo, freschissimo e con una buona sapidità.  Il Rossese di Campochiesa mi è piaciuto tantissimo! Rosso rubino trasparente, pur avendo una gradazione alcolica importante non la senti, tanto gode di una bevibilità eccezionale. Da romagnola vorrei provarlo con l’anguilla alla brace… secondo me è spalato come abbinamento!

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Lo Chef Igles Corelli è un genio assoluto della cucina. In Romagna si sente parlare spesso del Trigabolo (2 stelle Michelin), ad Argenta in provincia di Ferrara, che l’ha visto protagonista in anni in cui io dovevo ancora nascere o giù di lì. Ha seguito una carriera di grandi successi dove ha incantato palati raffinati di tutto il mondo con ingredienti semplici e spesso assai distanti da quelli blasonati dell’alta cucina. Oggi ci incanta anche sul canale TV Gambero Rosso Channel col programma “Il gusto di Igles”.

Chef Igles Corelli: Baccalà mantecato, cono croccante, crema al basilico Ligure DOP

 

Non so se adoro di più il baccalà o il basilico ligure, tanto che di quest’ultimo in primavera ne pianto un grande vaso che coltivo senza uso di concimi in un terriccio biologico e con il metodo dell’idroponica. Ho risultati straordinari in termini organolettici e una produzione abbondante che mi consente di averne tantissimo sempre fresco, mentre per l’inverno lo secco all’aria. Trovo l’abbinamento baccalà mantecato-basilico assolutamente perfetto: il baccalà mantecato perde gran parte della sua sapidità e assume anche una leggera tendenza dolce accompagnata da una certa untuosità intrinseca. Il basilico ha quell’aromaticità e quella tendenza amarognola capaci di valorizzarlo alla perfezione. Perfetto anche il cono croccante che era croccante per davvero!

 

Per chi si volesse cimentare, io una volta a casa ho preparato il baccalà mantecato facendolo dapprima bollire in una pentola con poca acqua con 2 foglie di alloro, uno spicchio d’aglio e la scorza di un limone. Poi l’ho lavorato con il pestello e infine l’ho montato come se fosse una specie di maionese con la frusta aggiungendo a filo l’olio extravergine di oliva. Dato che non sono una casalinga disperata ho usato la planetaria a velocità minima… ma la ricetta originale precede che tutto questo procedimento avvenga rigorosamente a mano! Mangiato per capodanno con i miei ex vicini di casa Viola e Alessandro e ricordo che era buonissimo anche se è stato un po’ un “lavoraccio”. 

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Vino 1: Vermentino Riviera Ligure di Ponente DOC 2017, Viticoltori Ingauni

Personalmente avrei invertito lo spumante che ci hanno servito come aperitivo con questo vino bianco fermo. Lo spumante di aperitivo avrebbe sgrassato magnificamente il baccalà mantecato e, probabilmente, avrebbe pulito meglio la bocca. Questo vermentino, che mi è comunque piaciuto molto, era un po’ meno forte del baccalà che risultava comunque predominante nella lunghezza finale. Il vino si presenta di un bel giallo paglierino brillante. Al naso ha delicate note agrumate che sfumano in un sottofondo di macchia mediterranea. In bocca è molto fresco, con una spiccata acidità e una grandissima beva. Piacevole il finale ammandorlato. Questo vino per me è assolutamente perfetto per l’aperitivo perché davvero un calice tira l’altro e, grazie alla sua freschezza e al suo essere non particolarmente lungo, si accompagna perfettamente a stuzzichini deliziosi come quelli preparati dallo Chef Fabrizio Barontini. Avendo già fatto l’aperitivo a Torre Pernice per non rovinarmi la cena ho assaggiato solo un paio di fingerfood, in particolare mi è piaciuto molto lo “sformatino” racchiuso tra due fette di pane tostato.

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Chef Igles Corelli: Risotto Gazzani con fagioli di Conio, patate e gelato di Prescinsöa

 

Sicuramente questo è stato il piatto meglio eseguito della serata. Il risotto perfetto è molto ambito da tutti gli Chef e Igles Corelli qui ha dimostrato di avere davvero le manine d’oro. Certo la scelta degli ingredienti è stata più “difficile” di quella dello Chef Tommaso Arrigoni, che la scorsa edizione di Stelle & Calici ci aveva deliziato con la tendenza dolce della zucca, la sapidità dello stoccafisso e quell’aromaticità e tendenza amara delle fave di cacao! Il risotto preparato da Igles Corelli ha ingredienti molto poveri: fagioli, patate e prescinsöa, un formaggio fresco, cremoso e acidulo ottenuto dalla cagliata del latte intero. Per preparare un capolavoro con questi ingredienti serve manico ed estro, e lui ci ha davvero stupito con effetti speciali. Azzeccata anche la scelta di preparare un gelato con questo formaggio perché ha contribuito a creare un contrasto “caldo-freddo” che ha esaltato tutti gli ingredienti perché è stato capace di “separarli”.

Il fagiolo bianco di Conio è una varietà rara e pregiata di questo legume che Slow Food salvaguardia con passione. Ha la particolarità di avere una buccia molto sottile che quindi in bocca si percepisce appena. Il sapore è delicato. Coltivato nell’entroterra imperiese, dà il meglio di sé in terreni sciolti e ben drenati con acqua sorgiva calcarea ricca di sali minerali. 

 

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Vino 3:  Pigato della Riviera Ligure di Ponente DOC 2017, Agricola Arnasco

Che io ho un debole per il Pigato è cosa nota… quindi berne diversi in un’unica cena mi riempie di gioia! Giallo paglierino cristallino e consistente. Al naso è molto delicato, con note di agrumi, fiori di magnolia ed erbe aromatiche. In bocca è fresco, molto sapido e con un finale ammandorlato non particolarmente lungo.

Vino 4: “Le Russeghine” Pigato della Riviera Ligure di Ponente DOC 2017, Bruna 

Davvero un gran bel vino! Si presenta di un bel giallo paglierino brillante e intenso. Al naso è molto complesso, con note resinose che sfumano nell’acacia, nella pesca gialla, nel bergamotto fresco e candito, nella pera candita, con un finale di salvia e maggiorana. In bocca è coerente, riempie la bocca con un buon bilanciamento di freschezza e morbidezza. Spiccatamente sapido, quasi salmastro. Elegante e lungo sul finale. Si è abbinato in modo perfetto al risotto di Igles Corelli, dove tendenza dolce e acidità erano le sensazioni che più ho avvertito.

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La Cabannina è una razza bovina antica ligure preservata dall’Associazione Prodittori Allevatori Razza Cabannina ed è Presidio Slow Food. I presidi sono progetti nati a tutela di piccole produzioni di particolare qualità realizzate in modo tradizionale da proteggere dalla globalizzazione del gusto. La Cabannina ha subito e al contempo goduto di una serie di occasioni di incrocio nate dalla virtuosa collaborazione tra uomo e natura che oggi l’ha portata ad avere un DNA che è un vero serbatoio genetico di biodiversità socio-culturale e socio-economico. In particolare il capo che abbiamo mangiato è nato il 7 gennaio 2017 a Torriglia nell’allevamento di Manuela Criniti, figlio di una madre che ha ottenuto il titolo di “campionessa” alla mostra regionale di Cabanne. Il nostro delizioso bovino è stato allevato con il latte della madre, il foraggio e il concentrato fino all’età di 6 mesi. A questo punto si è spostato nell’allevamento di ingrasso “Il Mezzano” di Giampaolo Risso dove è rimasto per 18 mesi e qui ha mangiato il fieno di Serra Riccò con una piccola integrazione di frumento, crusca ed altri semi proteici. Per tutta la durata della sua permanenza in questo allevamento allo stato libero il nostro bovino ha goduto di ottima salute! Il nostro bovino maschio adulto di razza Cabannina è stato macellato da BLM Carni Tribogna il 14 gennaio 2019. Le sue mezzene (ovvero le 2 parti macellate che compongono la carcassa) pesavano 309 kg ciascuna. Questa è la tracciabilità, una cosa preziosissima che tutti noi dovremmo pretendere da ciò che mangiamo. Conosco persone disposte a spendere centinaia, a volte migliaia, di euro per oggetti inutili che vanno a fare la spesa al discount. A me, sinceramente, fa venire la pelle d’oca. Ogni cosa che introduciamo nel nostro organismo è la nostra benzina e dobbiamo pretendere che sia di grande qualità. Quindi un grazie di cuore al lavoro di Slow Food e di tutti questi produttori che salvaguardano metodi tradizionali e ci donano ingredienti splendidi per cucinare e nutrirci.

Chef Igles Corelli: Stinco e Pancia di Cabannina a maturazione spinta© alle Visciole selvatiche e morbido di Sedano Rapa

 

Questo è stato in assoluto il piatto che mi è piaciuto di più, sia per la scelta degli ingredienti, sia per l’esecuzione finale. Sono sincera, dato che sono una buona forchetta e, cosa ancora più grave, a dieta, di ste crocchette ne avrei mangiate a decine! Il morbido di sedano rapa era assolutamente stupefacente, e non lo dico perché adoro il sedano rapa! Aveva una consistenza perfetta, era morbido ma al contempo sodo, non era cremoso ma proprio velluto in bocca. Le polpettine avevano una “crosta” sottilissima e croccante che racchiudeva un cuore morbido, merito della cottura “a maturazione spinta”.

Maturazione Spinta©. Questo metodo è stato ideato da NGC e messo in pratica dall’azienda WaveCo® – Innovation Smart Label 2017- e rappresenta il massimo in termini di qualità organolettiche e funzionali dell’alimento. Infatti, se fino ad oggi intenerire una carne significava lasciarsi andare a lunghi processi di cottura -spesso aiutati da liquidi come accade per bolliti e brasati- che impoverivano gli alimenti delle loro preziose sostanze nutritive, con la maturazione spinta© si è creata una vera rivoluzione per il settore Food. WaveCo® è una macchina di acciaio inox completamente automatica che impartisce una sorta di massaggio distensivo grazie alle vibrazioni emesse da un sistema brevettato di ultrasuoni. La caratteristica principale di questa tecnica consiste nel diverso approccio che coinvolge le fibre e, in particolare, le proteine della carne. Queste vengono distese senza perdita di liquidi, allo stesso modo gli strati di tessuto connettivo vengono gelificati: morbidezza e volume aumentano invece di diminuire e i nutrienti sono intatti. Inoltre questo processo viene svolto a temperatura controllata e questo permette di eliminare la carica batterica permettendo di conservare l’alimento per un periodo di tempo maggiore.

Chapeau!

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Vino 4: Orneasco di Pornassio DOC 2016, Guglierame

Lo avevo già assaggiato a casa se ricordi… era tra le bottiglie che avevo ricevuto durante la prima tappa. Ti confermo che mi è piaciuto molto, anche se in rapporto a questo piatto era meno azzeccato del secondo vino. Si presenta di un bel colore rosso rubino intenso. Al naso è elegante e delicato. Si distinguono in modo molto pulito note di lampone, marasca, sale viola e spezie dolci come vaniglia e cannella. In bocca è morbido, leggermente tannico, piuttosto fresco e con un finale discretamente lungo. In generale lo trovo perfetto per la pasta ripiena, soprattutto con ripieni di carne.

Vino 5: Orneasco di Pornassio Superiore DOC 2017, Nirasca

Si presenta di un rosso rubino intenso con sfumature violacee ai bordi. Al naso è molto fruttato, con profumi di ciliegia, mora, pepe nero, fiori di campo e una nota leggermente vinosa. In bocca è vigoroso, caldo, abbastanza fresco e con una bella struttura. Tra i due è stato l’abbinamento che più mi ha convinto con queste deliziose crocchette.

Chef Igles Corelli: Bignè fritti e caramellati in salsa Chinotto di Savona

Deliziosi, deliziosi e ancora deliziosi. Io sono molto delicata con i fritti: non mi piacciono particolarmente e spesso mi risultano pure indigesti. Eppure questi bignè erano leggerissimi. Merito della pasta quasi impalpabile che custodiva un ripieno generoso di crema e della frittura perfetta. La salsa era piuttosto liquida, ma buonissima e soprattutto con il suo gusto acidulo e leggermente amarognolo sgrassava questi bignè che per la loro perfezione di essere sgrassati alla fine non ne avevano poi tanto bisogno. Il Chinotto candito era assolutamente delizioso! Sai che questi agrumi si possono consumare praticamente solo canditi perché freschi sono davvero amarognoli?

Un tempo i chinotti si candivano con un procedimento lungo e laborioso che partiva dall’acqua di mare, dove erano immersi per diverse settimane. In seguito venivano torniti a mano per togliere quel sottile strato di buccia dove sono presenti le sostanze più amare e rimessi nell’acqua di mare -poi nella salamoia- in attesa di essere bolliti in sciroppi dolci a concentrazione crescente per poi essere immersi nel Maraschino o canditi. Storicamente i chinotti nel maraschino erano considerati un delizioso digestivo che trovava posto sui banchi di bar italiani e francesi. Oggi sono anch’essi un prezioso Presidio Slow Food.

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Vino 6: “La Bice” Pigato Passito, Cascina Feipu dei Massaretti

Io te lo dico chiaro: questo è uno dei migliori passiti italiani che ho degustato in 4 anni di Wine Blog. E mi permetto di dire che ne ho degustati tanti. Quindi qui lancio un appello al produttore e alla cara Cristina Boffa: quando a fine febbraio torno in Liguria, possiamo organizzare una visita in questa azienda e magari degustarne delle vecchie annate? Mi avete sul serio rubato il cuore. E non è solo merito dello splendido dolce preparato da Igles Corelli in abbinamento e della temperatura di servizio davvero perfetta. Questo vino passito è capace di coniugare tutte le caratteristiche gusto-olfattive del Pigato (che da tempo annovero tra i miei vitigni preferiti) con una vena iodata, una sapidità salmastra e i profumi degli splendidi agrumi della sua terra. Al naso mandorle, confetto, rabarbaro e un finale balsamico. In bocca è caldo, ma anche fresco e mentolato… con un finale lungo che mi ricorda i cioccolatini Mon-Cheri. Poi non è troppo dolce e quindi non stanca, ma anzi ha un’ottima beva: un calice davvero tira l’altro. Ottima anche la scelta dell’abbinamento.

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Ritorno a Torre Pernice, un buon riposo, chiacchiere & colazione con Bianca

 

Come sempre il tempo stringe, ma una buona colazione per me è assolutamente irrinunciabile! E se posso scegliere, niente è meglio per me di un te caldo, una spremuta d’arancia o un’arancia e una crostata… quindi Bianca ci ha preparato la colazione perfetta! Entrambe le crostate erano davvero buonissime, ma soprattutto è stato un piacere ritrovare la Stroscia di Pietrabruna, questi deliziosi biscottini che Bianca ha interpretato con le gocce di cioccolato! Sono così buoni che ho deciso di provare a farli anche a casa… che ne dici di un prossimo articolo dove proviamo a fare insieme la ricetta e ci abbiniamo qualche passito di Pigato? Image may be NSFW.
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PS. Il giorno dopo non eravamo ancora stanchi di Liguria, quindi ho preparato lo squisito salmone di Danilo Bettoni -Da Montisola con sapore- (ne mangio così tanto che prima o poi mi trasformerò in un salmone pure io) alla scandinava… e questa è stata la storia che ha seguito su Instagram. Il Pigato di Torre Pernice è stato perfetto anche con questo abbinamento e di tutti i vini di questa azienda questo è stato quello che mi è piaciuto di più… insieme al Rossese di Campochiesa!

Ora mi cimento nella preparazione delle Trofie di Castagna del Pastificio Santa Rita di Alessio Pozzati che mi ha regalato Bianca… troverai il piatto e l’abbinamento nella mia prossima storia di Instagram!

Io adoro le castagne e la farina di castagna… vediamo come cucinarle per esaltarle al meglio! Intanto metto su l’acqua…

Ci vediamo per un brindisi il 28 febbraio alle ore 19:30 per la terza tappa di Stelle & Calici con lo Chef Giampiero Vivalda del Ristorante Antica Corona Reale di Cervere – Cuneo (2 stelle Michelin)?Image may be NSFW.
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😍

Cheers,

Chiara 

P.P.S. Ti consiglio di leggere anche l’articolo del mio collega di Vino per Passione Morris Lazzoni, è scritto veramente bene e mi è piaciuto un sacco! Eccoti il link [Morris, per questo link voglio una cassa di Pigato, sappilo Image may be NSFW.
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🍷
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L'articolo Stelle & Calici: vini liguri e prodotti locali con lo Chef Igles Corelli proviene da Perlage Suite.

San Valentino 2019: 3 idee regalo (romantiche) per sommelier e winelovers ❤

San Valentino è da sempre croce e delizia per ognuno di noi, anche se ci siamo allenati fin da ragazzini a dire che non ci interessa o che è solo la solita festa consumistica comandata. Certo, niente di più vero… esattamente come accade per la “Festa della Donna” o la “Festa dei nonni” o la “Festa della mamma” o la “Festa del Papà”… e tante altre. San Valentino, quando si ama e si vive una coppia felice ed appagante, dovrebbe essere tutto l’anno. Peggio mi sento, per le donne, all’idea della tanto agognata preparazione alla notte d’amore: estetista, ceretta, trucco, parrucco… no ma dico, normalmente come vi presentate al vostro uomo? – Dando per sottinteso che vi presentate, ovviamente! – Fate gare di pelo e trascuratezza? Image may be NSFW.
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Vabbè è anche vero che esistono uomini ultra trentenni con cui devi fare battaglie per farli pettinare, o quantomeno lavare… ma rimango profondamente convinta che noi sommelier e winelovers siamo un popolo di persone quantomeno pulite e curate sopra la media! Oppure che cappero ce lo mettiamo a fare il naso dentro al bicchiere? Image may be NSFW.
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Detto questo festeggiare San Valentino quando si è in coppia fa sempre piacere… anche perché in fondo è un’ottima scusa per lasciarci andare a romanticherie di ogni genere e, meglio ancora, per stappare una grande bottiglia.  Nella speranza di avere un partner in grado di apprezzarla ovviamente! Image may be NSFW.
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E poi ci scommetto: caro il mio winelovers (uomo o una donna è indifferente), anche se dici che di San Valentino non ti frega nulla secondo me una sorpresa romantica ti fa molto, molto piacere… e gongolerai per tutta la settimana successiva! O forse il mese! Quindi che ne dici di dare il buon esempio e sceglierne una tra queste 3 idee per San Valentino per lei o per lui? Image may be NSFW.
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San Valentino 2019/idea 1: Cenetta intima e lussuosa a casa con ostriche, muscadet e crudité by I Love Ostrica

Possiamo andare anche da Igles Corelli a cena (a proposito hai già letto il mio articolo sulla seconda tappa di Stelle & Calici?), ma per me cucinare insieme nell’intimità della propria casa è assolutamente insuperabile. Un buon sottofondo jazz, ingredienti di primissima qualità, luci soffuse, una candela e, naturalmente, un vino speciale. Però almeno per San Valentino che ne dici di non cucinare nulla e lasciarti coccolare da I Love Ostrica? In fondo dopo aver cucinato ci sono sempre anche le pentole da lavare… vuoi mettere la comodità di avere solo 2 piatti, 2 bicchieri e 2 paia di posate? Il dopocena è meglio impiegarlo a fare altro… (questo sempre, non solo a San Valentino!Image may be NSFW.
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😁
). Tutto il pesce venduto da I Love Ostrica è assolutamente sicuro: viene abbattuto per almeno 12 ore a una temperatura di -60°C in modo da uccidere tutti i microrganismi dannosi e mantenere intatte le qualità organolettiche.

Oyster Passion è il nome di questo meraviglioso Plateau dedicato agli innamorati a base di pesce fresco crudo pronto per essere consumato! Segui questo link per ricevere comodamente a casa tua giovedì 14 febbraio: 12 ostriche Fine de Clair, 2 gamberi rossi di Mazara, 2 scampi, 120 g di tartare di ricciola, 120 g di tartare di tonno e una bottiglia di Cuvée de l’Academie! Poi ti consiglio di aggiungere anche 2 code di gambero argentino (€ 1.80/cad.) e qualche fettina di salmone come ho fatto io! Ho condito la tartare di ricciola con un cucchiaio di olio extra vergine di oliva al peperoncino, un pizzico di sale integrale e aneto, mentre nella tartare di tonno ho messo solo un cucchiaio di olio extra vergine di olive taggiasche e del timo limonino. Buonissime entrambe, ma la fragranza della tartare di ricciola mi ha emozionato!

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Se come me hai la fortuna di avere un fidanzato che ti snocciola una bottiglia di Champagne Philipponat Blanc de noirs 2009… beh il Muscadet Cuvée de l’Academie 2017 lo puoi tranquillamente bere in un altro momento! Sia chiaro, non è affatto male… è delicato e con una discreta mineralità. Ma lo Champagne signori è lo Champagne… e questo lo annovero in una rosa dei 3 più buoni che ho bevuto fino ad oggi (ma probabilmente tra 12 giorni mi ricrederò… e ancora non ti dico perché!). Comunque ho la faccia parecchio soddisfatta, non trovi?

Vendemmia 2009. Tiraggio maggio 2010. Sboccatura marzo 2016. Colore oro intenso con un perlage cremoso e vellutato. Al naso splendidi ed eleganti sentori di frutta esotica, pepe bianco, cioccolato fresco, tabacco da pipa e confettura di lamponi. In bocca ha una grande struttura sorretta da una buona acidità, una delicata morbidezza e un’eccellente lunghezza. Nonostante questo non è stucchevole o pesante: ci siamo finiti la bottiglia senza nemmeno accorgercene! (E credo che se ce n’era un’altra almeno un altro calice a testa partiva serenamente. Lo trovi sullo shop online di Millésima QUI!

 

San Valentino 2019/idea 2: Week-end romantico in Toscana tra Montepulciano e Montalcino

Durante la settimana di San Valentino nella meravigliosa Toscana si celebrano due eventi imperdibili per i winelovers: l’anteprima del vino nobile di Montepulciano e Benvenuto Brunello! So che quest’anno San Valentino cade di giovedì, ma che ne dici di partire con la tua dolce metà già di mattina per visitate qualche cantina di Montepulciano e poi spostarti a Montalcino tra venerdì e sabato? Inoltre Montepulciano e Montalcino sono due paesi splendidi della provincia di Siena, in cui godere di cibo e vino delizioso, natura, paesaggi da cartolina, arte, terme… come si fa a non lasciarsi tentare? In effetti io che il pranzo e la cenetta romantica me la sono già fatta il sabato appena passato grazie a I Love Ostrica sono pronta per partire per la Toscana, ospite dell’azienda Carpineto, per una verticale blindata di Nobile di Montepulciano Riserva dal 1989 a oggi! Non vedo l’ora di raccontarti tutto quello che ho bevuto… ricordati di seguire su instagram i miei hashtags: #chiarabastabere e #perlagesuite!  Image may be NSFW.
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😅

Per me un week a sorpresa è uno dei regali più belli che si possano ricevere! Comunica alla tua metà solo che si parte e digli di fare un trolley con l’essenziale. Scegli una meta che gli può piacere, ovviamente che comprenda almeno una degustazione di vini straordinari, una visita in una cantina storica, possibilmente con un interessante museo annesso, una cena gourmet e una stanza con vasca idromassaggio. Chiedi all’hotel o al B&B di prepararti la stanza con petali di rose e candele, porta da casa la tua bottiglia migliore da bere durante il bagno… e vivi una notte di magia! Image may be NSFW.
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Scommettiamo che il tuo winelovers apprezzerà? Image may be NSFW.
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San Valentino 2019/idea 3: la bottiglia con dedica

Da sempre le bottiglie sono custodi di messaggi che solcano i mari resistendo alle intemperie, per giungere raramente a destinazione, ma regalando comunque grandi emozioni a chi le riceve. Per me non c’è occasione migliore che stappare una grande bottiglia per chi si ama, a patto di scriverci sopra un pensiero d’amore.

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San Valentino 2019: Quali sono le più belle frasi d’amore da scrivere sulla bottiglia?

“Il suono morbido di un sughero che viene stappato dalla bottiglia ha il suono di un uomo che sta aprendo il suo cuore”.

William S. Benwell

“Il vino aggiunge un sorriso all’amicizia ed una scintilla all’amore”.

Edmondo de Amicis

“Ti amo non per chi sei ma per chi sono io quando sono con te”.

Gabriel Garcia Marquez

“Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. Antoine de Saint-Exupery

“Che l’amore sia tutto, è tutto ciò che sappiamo dell’amore”.

Emily Dickinsonù

“Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola”. Massimo Gremellini

“Il grande Amore è come il vino di un’ottima annata: più passano gli annii e più diventa emozionante e prezioso”.

Chiara Bassi [dovevo pur metterne una anche io Image may be NSFW.
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🤤
] 

Allora scegli la bottiglia che più può gradire il tuo lui o la tua lei (nella tua wishlist non dimenticare di aggiungere un rosso riserva dell’azienda Carpineto di cui sarò ospite… lato mio come sai amo le bolle e ti assicuro che il loro spumante Farnito è uno dei Metodi Martinotti migliori che ho assaggiato nell’ultimo anno! Dai un’occhiata al loro shop online cliccando QUI!) e aggiungi una dedica sull’etichetta o su un cartoncino da legare con un nastrino al collo della bottiglia, con l’obiettivo di conservare la bottiglia (vuota) negli anni a venire. Insomma, scrivi il tuo messaggio SULLA bottiglia, una dedica che rubi per sempre il cuore della persona che ami. Inoltre ti consiglio di scoprire anche la Linea Dedica di Tenuta Tre Gemme (shop online cliccando QUI), dove puoi scrivere il tuo messaggio direttamente sull’etichetta grazie alla matita Perpetua abbinata! [Foto sopra] 

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Siamo in un’epoca moderna dove scrivere lettere d’amore non è più di moda, lo so bene… ma cosa c’è di più bello di ricevere una parola d’amore, leggerla e ri-leggerla nei momenti felici quanto in quelli tristi? Ricordo i biglietti d’amore che faceva il mio papà alla mia mamma, con foto d’epoca, fiori e cuoricini anche dopo 10, 20, 30 anni di matrimonio. Tutti conservati con estrema cura da mia mamma, non certo sognatrice e romantica come mio padre, ma comunque innamorata di questo suo lato. Non è meraviglioso tutto questo?

Mio papà mi ha insegnato a sognare il grande amore e a coltivarlo come un fiore prezioso, esattamente come hanno fatto lui e mamma finché la malattia non ce l’ha portato via. Ogni giorno da quel maledetto 18 dicembre ricordo che siamo solo di passaggio, e non possiamo rimandare a domani ciò che possiamo costruire oggi.

Una persona da amare, con cui vivere una storia come quella dei miei genitori, è la fortuna più grande che ci può capitare nella vita. In questo mondo dove ogni cosa è precaria e anche le emozioni sono di passaggio, dove abbiamo perso il valore di tutto in funzione del consumo veloce di qualsiasi cosa, sentimenti compresi, dobbiamo ritrovare il vero senso della vita. Un senso che non è fatto di oggetti da possedere, ma di emozioni da condividere. Un senso che ci deve in un qualche modo garantire che almeno gli affetti sono solidi e non precari. Perché il mondo cambia e noi cambiamo col mondo. Cambiano i presidenti, i lavori, le idee, le stagioni, la pelle, i capelli… ma chi ci ama davvero resta, sempre e comunque, per guardarci come la cosa più bella del mondo.

Per questo ti auguro tanto, tantissimo amore accompagnato da altrettanti brindisi.

Con la tua dolce metà,

con i tuoi amici più intimi,

con la tua famiglia.

Cheers Image may be NSFW.
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❤
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🍷

Chiara

Hai già comprato il mio libro dedicato agli aspiranti Sommelier?

Tutto quello che c’è da sapere sul vino in meno di 300 pagine. Il manuale è pensato per tutti gli aspiranti sommelier, ma è utilissimo anche per i “già sommelier” che vogliono ripassare o per i winelover che vogliono cominciare a dare basi concrete alla loro passione. 

Ho creato questo manuale sul vino per condividere i miei anni di studio e di lavoro ed aiutare tutti gli aspiranti sommelier a concretizzare il loro percorso professionale e diventare sommelier. Questo è esattamente il libro che cercavo io quando stavo studiando per diventare Sommelier. Cercavo un libro comodo da portare sempre con me perché approfittavo di ogni momento libero per studiare, dato che nel frattempo lavoravo. Cercavo un libro essenziale, senza fronzoli, capace di andare al sodo degli argomenti dato che non avevo tutto questo tempo per leggere infiniti voli pindarici. Cercavo un libro sintetico e schematico che mi aiutasse a memorizzare. Cercavo un libro ordinato, ben organizzato e chiaro, che mi rendesse lo studio facile e intuitivo. Non cercavo un sostituto ai bellissimi libri di testo, che era pur sempre un piacere sfogliare, ma un “quaderno degli appunti” su cui evidenziare, sottolineare e scrivere… perché per fissare gli argomenti nella nostra testa serve esattamente questo.

L'articolo San Valentino 2019: 3 idee regalo (romantiche) per sommelier e winelovers ❤ proviene da Perlage Suite.

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