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Gelata 2017: disastro nei vigneti italiani, foto e pensieri direttamente dai vignaioli

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Tutti a guardare il termometro da un paio di notti a questa parte nel Nord Italia: dopo un marzo bellissimo, con temperature sopra la media che hanno anticipato i germogli in moltissime zone, è arrivata la gelata di queste notti che ha riportato le temperature sotto lo zero. Nella mia zona, ad esempio, tra la Valle Camonica, il Lago d’Iseo, la Franciacorta fino a toccare le sponde del Garda, la temperatura è arrivata per 3 notti consecutive a -2 con danni atroci ai vigneti. Un danno che si aggiunge ad un altro danno: è stato un periodo di grandissima siccità, che per quanto ha fatto godere me che odio la pioggia, non ha fatto altrettanto bene alle coltivazioni! Le piante sicuramente stavano già uscendo da un periodo di stress idrico che, se in alcuni casi può anche essere positivo, non ha aiutato a fronteggiare l’ennesima emergenza ambientale.

Ho sentito più di un produttore al Vinitaly dirmi << Questa sarà un’ottima annata! >>, colto da un sano moto di ottimismo e dall’adrenalina di una fiera ben riuscita. Sarà un anno difficile, invece, soprattutto per i piccoli produttori non attrezzati con assicurazioni annuali… e poi anche quelle annuali mi chiedo quanto coprano in casi simili. Anzi, visto che non lo so, se qualcuno che legge lo sa e mi lascia un commento sarebbe davvero gradito!

I vignaioli hanno acceso fuochi in mezzo ai vigneti (la foto di apertura è della cantina friulana Venica & Venica) nel disperato tentativo di salvarli dalle gelate di queste notti. In Veneto, Piemonte, Friuli e Lombardia è partita immediatamente la richiesta di dichiarare con urgenza lo stato di calamità naturale da parte delle Regioni, in modo da poter accedere ai finanziamenti e aiutare i produttori. Questa orribile gelata, che di fatto ha colpito tutta Italia, ha fatto i danni peggiori degli ultimi 10 anni proprio in queste regioni. I danni stimati sono compresi tra il 50 % e l’80 % a seconda delle zone e dell’esposizione dei vigneti. I vigneti più colpiti sono stati quelli di fondovalle e quelli posti nelle aeree pianeggianti, dove i danni sembrano ancora superiori. Ascoltando direttamente i vignaioli però ho capito che le proporzioni della gelata sono ancora più grandi e si estendono a macchia di leopardo fino al Sud Italia.

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Foto & Pensieri direttamente dai vignaioli italiani

[IN CONTINUO AGGIORNAMENTO]

[Ultimo aggiornamento: 26 aprile 2017, ore 22:50]

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Dal Friuli Venezia Giulia…

Cristian Specogna – Vignaioli Specogna, Friuli-Venezia Giulia: “Anche da noi i vigneti di fondovalle non si sono salvati dalle basse temperature della scorsa notte…  Una sola ora di temperature sotto lo zero è bastata per compromettere l’intera annata per queste vigne.”

gelata vigneti 2017

Cristian Specogna – Friuli-Venezia Giulia

Massimo di Lenardo – Ontagnano, Friuli-Venezia Giulia: “Certo , di fronte a tante altre calamita’ della natura questa non sembra poi cosi’ importante , ma per noi che facciamo della vite e dell’uva il nostro lavoro e su cui basiamo tutta la nostra vita … perdere in una sola ora anni di lavoro e i frutti di mesi e mesi di passione e fatica … beh … lascia senza parole”.

Di Lenardo Vineyards- Ontagnano, Friuli-Venezia Giulia

Marco Cecchini – Udine, Friuli-Venezia Giulia: “Amare l’agricoltura vuol dire capirne la forza dirompente, nel bene e nel male. Il contadino diventa fatalista quasi necessariamente e affronta le difficolta’, di cui una gelata e’ una delle manifestazioni, con buon cuore cercando di andare avanti. Sarebbe importante che anche chi sta dall’altra parte , chi beve il vino o mangia la frutta, sappia e capisca che l’impatto di queste calamita’ rende i prodotti agricoli preziosi e diversi da un qualunque altro bene di consumo di origine industriale”.

gelata vigneti

Marco Cecchini – Udine, Friuli-Venezia Giulia

Dal Veneto…

Federico Marconi – Soave, Veneto: “Molte volte ho avuto modo di discutere con persone che reputano noi agricoltori una “brutta categoria”,super agevolati rispetto ad altri settori, ho letto commenti di persone che dicono che piangiamo sempre,lavoriamo quando vogliamo e quando piove siamo sempre al bar…liberissimi di pensarla così!! Vorrei vedere loro però, alzarsi una mattina e vedere il lavoro e sacrifici fatti fino ad adesso andare in fumo in una nottata…mi piacerebbe vedere le loro facce a sapere che per quest’anno il reddito da quei terreni non ci sarà…e le spese fatte finora e quelle future si dovranno pagare con gli incassi degli anni precedenti, come le rate dei finanziamenti per le attrezzature e i trattori…si i trattori che odiate tanto perché vanno piano e intralciano, pensate che ci vengano regalati?? Queste sono le foto dei miei vigneti oggi.. ma stamattina la situazione non era bella neanche per altri miei colleghi,non viticoltori: ettari ettari ed ettari di mais, patate, cipolle e altre colture bruciati dal gelo… E un sacco di persone che ora dovranno rimboccarsi di nuovo le maniche e andare avanti…sperando che il tempo non ci regali nuove (brutte) sorprese…”

gelata vigneti

Federico Marconi – Soave, Veneto

Giovanni Corvezzo – Cessalto, Veneto: “Niente drammi, gli agricoltori devono essere pronti anche a questo! Anche una gelata terribile come questa fa parte della natura… e se veramente si va verso una coltivazione sostenibile e rispettosa della natura ci si deve abituare sempre di più al concetto che la natura dona e toglie. Noi produttori dobbiamo stare uniti, insieme, soprattutto in un momento come questo… accettando il fatto che da 100 si produrrà, se tutto andrà bene, 50.”

gelata vigneti

Giovanni Corvezzo – Cessalto, Veneto

Dal Trentino-Alto Adige…

Lucia Letrari – Rovereto, Trentino-Alto Adige: “Purtroppo davvero questo gelo ha colpito molti produttori ed ora dobbiamo capire come agire al meglio sui vigneti per non perdere anche il prossimo anno di raccolta! Questa è un’immagine dei danni di uno dei tanti vigneti a Rovereto colpiti dalla gelata. Sono danni che solo nei prossimi giorni andremo a quantificare. Grazie della solidarietà… noi vignaioli sappiamo più di molto cosa vuol dire essere sempre appesi ad un filo, ma l’unione fa sentirne meno il peso!”

Lucia Letrari – Rovereto, Trentino-Alto Adige

Dal Piemonte…

Piero Domenica Avezza, Ca’ ed Curen – Mango, Piemonte: “Noi come azienda (per fortuna) abbiamo pochi vigneti in fondo valle… ma la cosa strana di quest’anno è che forse complice il vento molto forte si sono avuti problemi a quote abbastanza alte intorno ai 400 metri. Nella parti più alte le viti grandi non hanno sofferto, ma le barbatelle invece sì, specialmente quelle di due anni. Complessivamente è andata doppiamente bene in quanto questa gelata ha toccato solo una decina di filari di una vigna… la mazzata era già arrivata il sabato di Pasqua con un forte temporale che, dopo un’abbondante pioggia, non si è fatto mancare neppure la grandine.”

gelata vigneti

Ca’ ed Curen – Mango, Piemonte

Claudia, La Bioca – Serralunga d’Alba, Piemonte: “La nostra vigna di Chardonnay a Manforte d’Alba, a causa della gelata, ha avuto il 40% di viti morte. La nostra vigna di Nebbiolo (atto a divenire Barolo) a Novello, a causa della gelata, ha avuto il 70% di viti morte. E nel frattempo stiamo aspettando di quantificare i danni della grandine di un’altra nostra vigna di Nebbiolo (atto a divenire Barolo) a La Morra.”

La Bioca – Serralunga d’Alba, Piemonte

Davide Ghiga – Castiglione Tinello, Piemonte: “Enrico ed io, giovani fratelli di 27 e 21 anni, titolari dell’azienda Ghiga, non ci eravamo ancora imbattuti in questo tipo di problema. I nostri nonni a stento ricordano una gelata simile. La nostra azienda conta circa 11 ettari a vigneto, di cui quasi 6 sono stati colpiti. L’annata è appena iniziata, nei paesi confinanti si sono abbattute grandinate che hanno devastato gran parte della nuova vegetazione, e temiamo che possa accadere anche a Castiglione Tinella. Purtroppo come agricoltori siamo in balia della natura. Grazie per la tua vicinanza a noi agricoltori, speriamo che molte persone capiscano cosa accade realmente in tutto ciò che è racchiuso dietro una bottiglia di vino”.

Azienda Agricola Ghiga – Castiglione Tinella, Piemonte

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gelate vigneti

Gianluca Morino – Castel Boglione, Piemonte

Camillo Favaro – Erbaluce, Piemonte: “Anche la nostra parte di Canavese è stata colpita duramente, ma in modo irregolare e non uniforme (le altrimetrie più basse sono quelle maggiormente interessate). Non voglio essere superstizioso ma la 2017 non è iniziata nel migliore dei modi.”

Dall’Emilia-Romagna…

Gabriele Succi – Castel Bolognese, Emilia-Romagna: “Su 11 ettari di proprietà è praticamente andato 1 ettaro di viti in produzione e 1 ettaro in allevamento. quello in allevamento difficilmente riuscirà a sviluppare un tralcio produttivo per la prossima stagione.”

Gabriele Succi – Castel Bolognese, Emilia-Romagna

Dalla Toscana…

Fabio de Ambrogi, Fattoria di Gratena – Arezzo, Toscana: “Noi abbiamo avuto 4 ettari gelati all’80%, proprio quelli piu’ in basso. Il resto dei vigneti a 350 mt si sono fortunatamente salvati tutti ma la perdita per noi è importante. Come altri colleghi, il nostro lavoro è oramai sempre piu’ difficile, clima cambiato e animali senza alcun controllo che ci hanno costretto a trasformare i vigneti in lager. Ora dobbiamo solo sperare che piova ma nel modo giusto!”

Dall’Umbria…

Francesco Mariani, vini Raina – Montefalco, Umbria: “A quattro giorni di distanza dall’evento questa è la situazione. Mi piacerebbe ripartire dalla quarta foto, dove si vede un germoglio a frutto miracolosamente sopravvissuto. Passato il momento di sconforto si ricomincia a lavorare a testa bassa, con la speranza che qualcosa si sia salvato. La terra e le nostre piante sono tutto ciò che abbiamo, per cui vogliamo andare avanti con la massima fiducia nel futuro. In questi giorni abbiamo ricevuto tanti messaggi di stima e affetto, non riuscendo a ringraziarvi uno per uno vi ringrazio tutti qui: la vostra vicinanza ci è stata di grande conforto, ci avete fatto sentire meno soli. In molti ci chiedono come poterci aiutare: noi sinceramente vorremmo cercare di rialzarci senza dover accettare regali da nessuno. Ci sono comunque diversi modi per darci aiuti concreti: I privati e gli operatori del settore ci possono sostenere continuando a comprare i nostri prodotti. Siamo costretti,dopo due anni di gelate, ad aumentare leggermente i prezzi di listino, spero che capirete. Gli amici vignaioli invece possono darci una grossa mano vendendoci l’uva (ovviamente biologica o biodinamica, meglio se certificata), se ne avessero in eccesso”.

gelata vigneti

Vini Raina – Montefalco, Umbria

Dal Lazio…

Pietro Lolli – Piglio, Ciociaria, Lazio: “Ora ci diamo tempo fino a metà maggio per vedere la ripresa. Con ottimismo… confidando nelle risorse delle ns viti che soffrono sicuramente più di noi. Dobbiamo esserlo… ricominciamo da zero con quello che la natura ci offre, ma soprattutto il conto che ci chiede dobbiamo solo pagarlo che altro possiamo fare?”

Azienda Agricola F.ll Lolli – Lazio

Dalla Campania…

Pasquale Clemente, Masseria Frattasi – Avellino, Campania: “La mia azienda e’ al Sud ed ha avuto vigneti secolari completamente distrutti, come l’intera provincia di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino abbiamo avuto danni seri, e aspettiamo ancora il ristoro della gelata dell’anno scorso e delle varie alluvioni….”

Masseria Frattasi – Avellino, Campania

Maria de Gennaro, Rossovermiglio vini – Paduli, Campania: “Questo è un vigneto di falanghina, siamo a Paduli, nel Sannio beneventano. Sono poco più di sei gli ettari ridotti così. la cosa peggiore è che la stessa azienda ha subito danni ingenti con l’alluvione del 15 ottobre 2015. Con le calamità abbiamo fatto ambo!”

Rossovermiglio – Paduli, Campania

Ho tenuta per ultima la mia regione d’adozione, la Lombardia, perché sono stati proprio loro, i vignaioli lombardi, i primi che ho sentito. Sono stati proprio loro, con le loro testimonianze, ad ispirarmi questo articolo.

Dalla Lombardia…

Riccardo Fratus – Franciacorta, Lombardia: “La nostra è una delle zone più colpite… non ci sono parole, ma solo riflessioni. Andiamo avanti.”

gelata vigneti

Riccardo Fratus – Franciacorta, Lombardia

Alessia Berlusconi – Capriano del Colle, Lombardia: “Queste gelate primaverili erano fino a poco tempo fa eventi davvero straordinari difficilmente prevedibili. Invece quest’anno si è ripetuto lo stesso fenomeno dell’anno scorso, ed esattamente nello stesso periodo. Zone diverse, ma gli stessi ingenti danni. L’anno scorso ha colpito la Francia, questa volta è toccato a noi, a Capriano del Colle, agli amici di Franciacorta e di Lugana. Arrivare ieri nei vigneti e vedere quello scempio è stato un dolore enorme. Una cosa è certa: non ci faremo più prendere di sorpresa. Pochissimi gli strumenti a disposizione ma qualcosa si può fare, a costo di dotarsi di ali come nel film che tutti i vignaioli hanno nel cuore.”

gelata vigneti

Alessia Berlusconi Wine / Vini La Contessa – Capriano del Colle, Lombardia

E sono proprio Alessia Berlusconi e Marina Rivola di vini La Contessa che mi hanno ricordato la bellezza di questo film ! Il profumo del mosto selvatico è uno dei film a tema vino più belli di tutti i tempi… insieme ad “Un’ottima annata”. Credo che ogni winelover dovrebbe guardarlo almeno una volta nella vita… io li ho appena ordinati entrambi su Amazon approfittando della spedizione gratuita in 1 giorno lavorativo con Amazon Prime (sto facendo proprio ora il periodo di prova che è gratuito)… se li vuoi anche tu eccoti il link. Io poi adoro guardare film a tema vino…

La fatalità di un evento come questo, il disperato tentativo di limitare i danni… e poi il ricostruire dalle ceneri… questo è il motore del film, che come nel Presagio Triste di Banana Yoshimoto era in programmazione su Sky proprio la sera del disastro. Questa gelata sicuramente rimarrà scolpita nel cuore di tutti i vignaioli a cui, in una sola notte, è stato portato via un anno di lavoro. Certo potranno nascere nuove gemme, ma saranno meno fruttifere e sicuramente di qualità inferiore delle precedenti.

Quando sento dire che amare e capire il vino non è da persone semplici, ma anzi è da fighetti… beh mi viene davvero una gran tristezza a pensare a quanta ignoranza si nasconde dietro tali affermazioni. Amare il vino è amare la Natura, amare chi la lavora e amare il suo prodotto. Credo che per fare il vignaiolo, ma in generale questo discorso vale per chiunque coltiva la terra e vive dei suoi frutti, ci voglia davvero tanto coraggio perché, ai classici problemi di un’azienda “normale” come il cliente che non paga o paga in ritardo, la burocrazia, le spese… si aggiunge anche l’aggravante dell’imprevedibilità della Natura. Sono ormai 10 anni, o forse anche di più, che il nostro clima è impazzito… soprattutto a causa del nostro abuso delle risorse energetiche. Siamo figli di un mondo che ci chiede di consumare, di spendere e di comprare. Molti di noi non si preoccupano della qualità di quello che mangiano e bevono, ma solo della quantità, dimenticando che noi siamo davvero ciò che mangiamo. Scegliere la benzina migliore per la nostra macchina è importante per avere migliori prestazioni, tra cui il miglior rendimento a parità di consumo. Cosa credi che accadrà al nostro corpo se introduciamo benzina scadente?


Bere meno, bere meglio. Drink less, drink better. #vino #wine
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Ti prego, se sei uno di quelli che fa smorfie se un vino costa più di 10 €, smettila! Ci sono tanti vitigni, tanti modi di produrre vino, tante denominazioni… i costi sono di partenza diversi. Ma soprattutto ci sono tante storie, buone e cattive, tra cui questa: la storia triste di una gelata che ha distrutto o rovinato un anno di guadagni, infranto sogni, incasinato famiglie.

A me non resta che sperare in una Natura benevola, che ora compia un miracolo e salvi il raccolto o almeno una parte anche nelle zone più disastrate. Voglio credere che comunque, con quel che resta, nascerà un’ottima annata. Forse diversa dalla precedente, sicuramente sofferta e a tratti compromessa, ma comunque valida.

Grazie di cuore a tutti i produttori che hanno contribuito con le loro parole… e grazie anche a tutti gli altri che non ho contattato per ragioni di tempo, ma a cui sono comunque vicina. Da parte mia farò il possibile per aiutarvi a superare questo disastro dandovi voce e parlando di voi e del vostro vino. Aspetto nuove foto e nuove dichiarazioni di voi produttori sulla gelata e sulla vostra annata da aggiungere a questo articolo. Questa pagina infatti è per voi: sentitevi liberi di parlare di quello che volete (pensieri sull’annata, come funzionano le assicurazioni, lo stato di calamità naturale, le gelate, cosa vorreste dalla vostra Regione…).

Un abbraccio forte a tutti,

Chiara

Infine voglio aggiungere qualche testimonianza di altri vignaioli che mi hanno scritto,

loro la gelata non l’hanno vissuta direttamente,

ma si stringono con affetto vicino ai colleghi colpiti

e ci raccontano la situazione meteo nella loro zona.

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Anna Maria Abbona – Farigliano, Piemonte: “Ringrazio molto per la sensibilità e l’attenzione verso le aziende che, come noi lavorano con la natura e con le sue bizzarre “impennate”. Anche noi, come tutti i vignaioli del nord Italia, siamo stati una settimana con il fiato sospeso, giorno dopo giorno guardando da un lato il termometro e dall’altro i germogli che , ingannati da una primavera anticipata  si erano allungati anzitempo. Sentendo i racconti dei colleghi e vedendo le immagini dei vigneti colpiti, ci sentiamo veramente fortunati perchè al momento non abbiamo avuto problemi di gelate. I nostri vigneti si trovano ad un altitudine che va dai 500 ai 570 mt. sul livello de mare ,  non abbiamo risentito dell’umidità  che interessa più i fondovalle, e nemmeno delle correnti fredde che in questa zona arrivano dal Tanaro. Mi unisco allo sconforto di tutti quelli che fanno questo mestiere  e di quelli che amano il vino di qualità e spero che il fenomeno non si ripeta , visto che qui non c’è ricordo, a memoria d’uomo di un simile evento…”

Stefano Illuminati – Controguerra, Abruzzo: “Ringraziamo per il messaggio ed interesse. La informiamo che fortunatamente in Abruzzo, provincia di Teramo zona Colline Teramane DOCG, non abbiamo subito danni per la gelata della scorsa settimana.”

Morena Trerè – Faenza, Emilia-Romagna: “Solidarietà a tutti i vignaioli Italiani e richiesta di aiuto anche per tutti gli operatori e dipendenti che resteranno senza lavoro.”

Alessia Salvioni – Montalcino, Toscana: “Fortunatamente i nostri vigneti si trovano a 400 mt di quota e si sono salvati dai venti freddi e dalla gelata. Capisco la disperazione dei vignaioli che in una sola ora hanno perso un anno di raccolto e sono a loro vicino, purtroppo tutti noi abbiamo a che fare con la natura quotidianamente dalla grandine alla siccità per poi arrivare anche agli animali che sempre più spesso, se le vigne non sono chiuse da bruttissime recinzioni, entrano a mangiare tra i nostri filari… quindi sì, bisogna avere grande passione per stare in vigna e tirarsi su ancora una volta.”

Giorgio Colutta – Manzano, Friuli-Venezia Giulia: “Grazie per la tua mail carica di affetto e solidarietà. Fortunatamente nella zona in cui ho io i vigneti, nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, gli effetti della gelata non sono stati disastrosi. Nella zona di Buttrio, un anfiteatro che gode sempre di qualche grado in più che ci porta spesso ad anticipare la vendemmia rispetto ai colleghi di aree limitrofe, sono stati colpiti solo alcuni vigneti in fondovalle nelle varietà Sauvignon, Refosco e Prosecco nei limiti di un 10-15%. Nell’altra zona di Rosazzo, più alta e ventilata, non si sono riscontrati danni importanti. Credo quindi che la fortuna ci abbia assistito anche perché in molte zone si è visto come il passaggio della corrente fredda abbia bruciato alcuni vigneti quasi totalmente e poco o nulla altri a pochi metri di distanza.”

Marika Socci – Castelplanio, Marche: “Ti ringraziamo molto per questo tuo pensiero, noi abbiamo vissuto giorni di ansia ma alla fine siamo stati molto fortunati le nostre vigne sono sane. Sono vicina con il cuore a tutti i colleghi che purtroppo sono stati coinvolti in questo freddo improvviso e dico a tutti “forza”!”

Maria Donata Bianchi – Diano Arentino, Liguria: “Siamo una famiglia di viticoltori in Liguria e fortunatamente non abbiamo avuto danni…  Siamo vicini ai nostri  fratelli danneggiati in quanto  ben consapevoli  delle fatiche di questo meraviglioso lavoro. Vogliamo ringraziarLa  di questa magnifica iniziativa, che contribuisce a porre in risalto  i tanti problemi di questi giorni difficili”.

Donato Pinto, Olimpia Agricola – Locorotondo, Puglia: “Buongiorno a voi tutti. Anche in Valle d’Itria Locorotondo e comuni limitrofi ed in particolare nel Canale di Pirro (Fasano.Monopoli) il gelo del 23.4.17 ha bruciato molte aree di uva a bacca bianca. I miei vigneti si sono quasi tutti salvati per la posizione geografica più ventilata rispetto al Canale di Pirro. Capisco il dolore e la disperazione dei meno fortunati. Coraggio e bisogna andare avanti.”

Gianfranco Daino – Caltagirone, Catania: ” Sono vicino al dolore degli amici vignaioli per l’accaduto. Fortunatamente qui da noi non è successo niente, anzi sta andando bene, temperature più basse rispetto alla media del periodo, pioggia al momento giusto e sole costante.”

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Sauternes Barsac Crus: tutte le degustazioni della Primeurs 2016 a Bordeaux

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Il Sauternes è uno dei vini francesi più famosi in Italia. L’AOC Sauternes è all’estremo sud della zona vitivinicola bordolese ed è composta di due differenti appellazioni: Sauternes e Barsac.

Per noi umili appassionati di Sauternes, questo rappresenta un vino pregiato, costoso, da stappare in grandi occasioni e possibilmente evitando infanticidi, ovvero stappando bottiglie che hanno compiuto almeno i 15 anni d’età. Puoi immaginare la mia sorpresa quando, arrivata a Sauternes, questa è stata la prima cosa che ho visto? Il Sauternes nella bag in box a 11 € “al litro”… impossibile anche solo da immaginare, almeno per me. Mi sono  immediatamente immaginata la “Sciura Maria” che mi riempie una sporta di acini d’uva e mi dice “sono 1 kg e 100 grammi… lascio?”. Brividi.

In realtà le mie aspettative sono state subito ripristinate e poi superate grazie alla ospitalità straordinaria e ad una cena che oserei definire perfetta, grazie alla splendida compagnia del “Padrone di casa”, il direttore tecnico di Château Suduiraut, Pierre Montégut. Se ti fa piacere puoi QUI il live report della serata!

Ora voglio fare un piccolo passo indietro, al terzo giorno che ho passato a Bordeaux, lunedì 3 aprile 2017. Erano da poco passate le 9 di mattina quando abbiamo incontrato il nostro fotografo di Millésima Frédéric Lot all’H14 per la prima degustazione della Primeur 2016 dei vini bordolesi, organizzata dalla Union des Grands Crus de Bordeaux (UGCB). Secondo te, se metterai un bambino di fronte ad un sacchetto di caramelle, cosa farà? 😍

sauternes h14 bordeaux

Mi sono precipitata nello spazio dedicato ai Sauternes e ho deciso di testarli tutti… e poi riservarmi qualche altra degustazione se il tempo non era troppo tiranno. Questa scelta nasce dalla volontà di avere un quadro completo sulla denominazione e dalla consapevolezza che avendo sempre tempi limitati per le degustazioni un’occasione come questa non mi sarebbe più capitata. E ho avuto ragione! Quando giovedì 6 aprile siamo stati a Château La Lagune, per la Primeur della vintage 2016 di Sauternes abbiamo avuto pochissimo tempo per le degustazioni e non sarei mai riuscita a degustarne così tanti!

sauternes

Sono quindi felice di condividere con te i miei appunti di degustazione di (quasi) tutti i Sauternes 2016 presentati alla Primeurs dei Grands Crus de Bordeaux ❤

Piccola riflessione sull’annata 2016 per il Sauternes

Quelli scritti in piccolo sono quelli che non sono riuscita ad assaggiare… ma sono felice di aver fatto davvero una bella panoramica su questa annata. I vini mi hanno suggerito che in estate c’è stato sicuramente un lungo periodo di siccità: grande concentrazione di sapori, zuccheri e un’alcolicità spiccata. Molti campioni li ho trovati meno caratteristici rispetto ad altri vintage: quando penso al naso di un grande Sauternes penso allo zafferano, all’albicocca, al miele ed agli agrumi. In questa annata ho trovato un frutto più tropicale che fresco e un’esplosione di fieno ed erbe aromatiche. Si sente che probabilmente spesso la muffa nobile non ha attecchito come avrebbe dovuto proprio in questo naso non così caratteristico, soprattutto in alcuni campioni. Nel complesso i Sauternes in degustazione si sono rivelati molto più alcolici di quanto mi aspettavo, ma molti di loro hanno mantenuto intatta una bella freschezza che ben si è accompagnata al comune denominatore che ne fa comunque un’annata interessante: la grande struttura e il piacevole equilibrio.

Per ricordarmi le migliori degustazioni, sul taccuino disegnavo un ❤ per i Sauternes che mi piacevano, accompagnati da un “+” o un “-” (a volte due).

#no❤ : Sauternes che non mi ha convinto

❤ –: Sauternes che non mi ha conquistato ma mi è comunque piaciuto e che vorrei testare di nuovo trascorso il giusto tempo

: Sauternes da comprare assolutamente

+ o ❤ + +: Sauternes che mi ha emozionato

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Classment impérial de 1855

Redatta in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi dello stesso anno su decisione dell’imperatore Napoleone III che chiese di classificare i migliori vini di Bordeaux secondo un criterio di fama dello Château e del costo di produzione del vino, all’epoca sinonimo di qualità. I vini “non classificati” non si sono semplicemente sottoposti a tale procedura per loro stessa scelta.

sauternes primeur 2016

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Premier Cru Supérieur

Château d’Yquem – Sauternes

Dov’era? Doveeeeeeeeeeeeeee? 😩😢😭

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Premier Cru

Château La Tour Blanche – Bommes

Vintage 2016 Giallo dorato intenso, con un colore davvero davvero bello. Lo ammetto, mi è piaciuto così tanto al naso che ero carica di aspettative… e invece la bocca non è riuscita a convincermi. Il naso è di una complessità straordinaria: mela, fiori secchi, incenso, zest di arancia, miele millefiori… In bocca entra davvero fresco, con un ottimo potenziale di invecchiamento ed un’alcolicità presente ma non fastidiosa. Il finale non mi ha entusiasmato.

Château LaFaurie-Peyraguey – Bommes

Vintage 2016 Giallo dorato intenso e cristallino. Il naso è intenso, ma troppo vegetale e acidulo. Una bella nota di zafferano, l’albicocca un po’ acerba e questo sentore mentolato che non si è ben amalgamato con il resto. In bocca è troppo alcolico, ma c’è anche una bella freschezza che mi fa ben sperare sulla sua evoluzione. Sicuramente sarebbe interessante un assaggio tra almeno 20 anni per capire meglio il suo proseguimento.

Clos Haut-Peyraguey – Bommes

Vintage 2016 ❤ – – Giallo dorato, cristallino. Al naso abbastanza intenso, abbastanza complesso e fine. Le note di frutta sciroppata si fondono nel miele di acacia, con un finale di confetto mandorlato. In bocca è meglio, molto equilibrato, con una bella dolcezza e una bella morbidezza. In bocca la rispondenza col naso è buona, un po’ meno fresco di quanto avrei voluto ma comunque fresco, e con una bella armonia. Probabilmente darà il meglio di sé tra una quindicina d’anni… quindi da bere al momento giusto ma senza aspettare troppo.

Château Rayne Vigneau – Bommes

Vintage 2016 ❤ – Giallo dorato intenso e cristallino, nota di merito per il colore perché è quello che ho trovato più bello di tutti. Il naso è interessante: molto minerale, con note di zafferano, salgemma, foglie di tabacco, vaniglia e fico appena maturo. In bocca fortunatamente una bella freschezza stempra un’alcolicità per ora troppo invadente. Ottimo potenziale di invecchiamento, spero di avere la fortuna di assaggiarlo di nuovo… tra almeno 30 anni.

Château Suduiraut – Preignac

Vintage 2016 ❤ – – Giallo dorato, cristallino. Al naso si avverte l’alcool, e questo non mi piace. Però, dopo averlo roteato un po’ nel bicchiere, escono note piacevoli di zafferano, avocado e una pera molto matura che si fondono in un agrume leggero, nell’erba cedrina e in un finale di noce. In bocca è fresco, molto molto caldo (troppo), sapido ed equilibrato. Non sono pienamente convinta per questa alcolicità così invadente, ma sono certa che migliorerà perché ha un bel potenziale. Da bere tra circa 10 anni, servito fresco.

Château Coutet – Bersac

Vintage 2016 ❤ + Giallo dorato, cristallino, consistente ma non troppo. Al naso si presenta diverso dagli altri e credo che alla cieca sarei capace di distinguerlo con facilità. Le note di zafferano passano in secondo piano in favore di una pesca sciroppata molto piacevole, alla morbidezza del miele di tiglio, per sfumare in una rosa essiccata e poi dimenticata. In bocca ha una bella dolcezza e una bella morbidezza, ma è ben equilibrato da una freschezza straordinaria. Il finale è lungo. Lo abbinerei solo al mio lago di notte.

Château Climens – Bersac

Vintage 2016 ❤ Giallo dorato, cristallino, abbastanza consistente. Il naso è fine e complesso, abbastanza intenso. Prevale il miele di tiglio, poi note di mango, vaniglia e pepe bianco. Buona rispondenza naso bocca, con una dolcezza non stucchevole e una bella freschezza. Equilibrato e armonico, vorrei provarlo tra una quindicina d’anni servito fresco in abbinamento a scampi e frutto della passione.

Château Guiraud – Sauternes

Vintage 2016 ❤ Giallo dorato, cristallino, abbastanza consistente. Il naso è più delicato rispetto agli altri Sauternes in degustazione. Note leggere di fichi, zafferano, rosa essiccata che sfumano in un finale balsamico. Non particolarmente complesso. In bocca invece è perfetto, è esattamente come mi aspetto un grande Sauternes: equilibrato, fresco, dolce ma non stucchevole, persistente ed armonico. Finale molto lungo.

Château Rieussec
Château Rabaud-Promis

Château Sigalas Rabaud – Bommes

Vintage 2016 ❤ ++ Giallo dorato, cristallino, abbastanza consistente. Il naso è intenso, lo zafferano si fonde in un frutto ben definito. Note di albicocca, ananas, succo di mela, pera candita. Dopo aver roteato il bicchiere un paio di volte, i sentori si spostano sulla spezia, in particolare la vaniglia, ed esce un finale balsamico capace di conquistare. In bocca entra deciso ed equilibrato, ha una bella acidità e una grande freschezza che mi fa pensare ad un invecchiamento lungo.

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Seconds Cru

Château de Myrat – Barsac

Vintage 2016 ❤ – – Giallo dorato intenso e cristallino. Al naso la botrytis non è così esplosiva, ma i profumi sono ben delineati e c’è una buona complessità. Le note spaziano dallo zafferano alla confettura di limoni. In bocca entra caldo e morbido, con un’ottima freschezza e una bella sapidità che ben bilancia il residuo zuccherino molto pronunciato. Armonico, con un finale lungo e mandorlato che gli dona grandissima longevità.

Château Doisy Daëne – Barsac

Vintage 2016 ❤ Giallo dorato, cristallino. Al naso è molto particolare, prevale una nota di fieno secco che sfuma nella salvia fresca, nel salgemma e finisce in uno zafferano ben distinguibile. Ad una seconda passata spunta la rosa essiccata, l’albicocca matura e il fico caramellato. In bocca entra caldo, morbido, forse un po’ alcolico rispetto ad altri, ma la freschezza è ben bilanciata e nel complesso è armonico. Interessante, anche se lo avrei voluto più lungo sul finale.

Château Doisy – Védrines – Barsac

Vintage 2016 ❤ Giallo dorato, cristallino, forma archetti molto molto ravvicinati che scendono lentamente. Il naso è davvero elegante, intenso, complesso, con una albicocca matura che si fonde perfettamente nello zafferano, nella pera candita e nella magnolia. In bocca ha una grandissima freschezza che gli dà grandi potenzialità di invecchiamento. Equilibrato e armonico. Peccato solo per un finale che poteva essere ancora più lungo.

Château d’Arche – Sauternes

Vintage 2016 Giallo dorato, cristallino e consistente nel bicchiere. Al naso non mi ha convinto perché l’ho trovato troppo poco intenso e complesso. In bocca è migliorato, e la sensazione calorica è stemprata da una bella freschezza e da un finale lungo.

Château Filhot – Sauternes

Vintage 2016 Giallo dorato, cristallino e consistente nel bicchiere. Al naso vince ma non convince: buona l’intensità, un po’ carente la complessità e soprattutto i profumi non sono ben delineati. Si distingue comunque un ananas essiccato che si fonde in una nota agrumata abbastanza intensa. In bocca la struttura è piacevole e ha una bella freschezza, anche se la botrytis non si sente come avrei sperato ed è troppo spostato sulle morbidezze.

Château Broustet – Barsac

Vintage 2016 ❤ + Giallo dorato. Al naso note di zafferano, fieno, cumino, fichi secchi e miele di acacia. In bocca entra deciso ed equilibratissimo, dolce ma non stucchevole, con una freschezza che lo rende un Sauternes con un potenziale di invecchiamento straordinario.

Château Nairac – Barsac
Château Caillou – Barsac
Château Suau – Barsac

Château de Malle – Preignac

Vintage 2016 ❤ – Giallo dorato tenue, cristallino. Al naso note di vaniglia, fico secco, zafferano, confetto e miele di acacia. In bocca è molto piacevole, equilibrato e con un finale molto lungo che ne fa intuire il potenziale di invecchiamento. Sicuramente un gran Sauternes, che però non è riuscito a rendersi indimenticabile.

Château Romer du Hayot – Fargues
Château Romer – Fargues
Château Lamothe – Sauternes

Château Lamothe Guignard – Sauternes

Vintage 2016  – – Giallo dorato, cristallino e consistente nel bicchiere. Il naso non è particolarmente intenso, ma ha una buona complessità, con note di frutta tropicale matura, fieno e zucchero di canna. In bocca è elegante, equilibrato e freschissimo. L’ho trovato con una struttura leggermente più debole rispetto agli altri.

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Non classés

Château Bastor – La Montagne – Sauternes

Vintage 2016 Giallo paglierino intenso con riflessi dorati, consistente, forma archetti molto ravvicinati. Al naso lo zafferano si perde nel miele di castagno, il finale è di albicocca ed erba cedrina. In bocca è dolce, fresco, caldo… anzi molto caldo. Complessivamente non così equilibrato, troppo spostato sulle morbidezze che non mi fanno pensare ad un grande potenziale di invecchiamento. Comunque molto elegante, probabilmente aspetterei 4 o 5 anni e lo berrei da aperitivo, servito fresco.

Château de Fargues – Fargues

Vintage 2016 ❤ + Giallo dorato intenso, cristallino e consistente. Al naso uno zafferano pieno e prezioso, fichi secchi, nocciole, miele di tiglio. In bocca entra fresco, con una grande sapidità che contrasta con la dolcezza creando un meraviglioso equilibrio. Buona rispondenza naso e bocca, anche se la bocca si sposta leggermente su una frutta più acidula come l’albicocca. Elegante e con una grandissima freschezza, può invecchiare a lungo. Finale lungo. Da abbinare ad una serata perfetta nella vasca da bagno.

Ammetto che per quanto io sono un’adoratrice di Sauternes, non avevo mai assaggiato un Cru di Barsac e un Cru di Sauternes in modo “consapevole”, ovvero aspettandomi marcate differenze tra l’uno e l’altro. Ho avvertito grandissime differenze di terroir, individuando due macro categorie: Barsac e Preignac da un lato e Sauternes, Bommes e Fargues dall’altro. Nel complesso ho preferito i Sauternes del Cru di Barsac, più spostati sulle note di zafferano e miele rispetto ai Cru di Sauternes, più spostati sul fieno e sui fiori essiccati. I Sauternes “di confine” come quelli di Preignac mi sono piaciuti molto per il loro frutto tropicale mai stucchevole.

millesima blog awards

Spero di poter colmare presto le lacune dei Sauternes che non ho assaggiato… intanto ho una magnifica Magnum di Suduiraut 2011 che ho deciso che stapperò il giorno prima di morire, sperando di saperlo con anticipo e che ciò avvenga il più tardi possibile!

Ti consiglio di approfondire i Sauternes leggendo i blog dei miei colleghi vincitori dei Millésima Blog Awards:

Grazie a Millésima per aver sponsorizzato questo splendido viaggio tra i Grands Crus de Bordeaux!

Cheers,

Chiara

P.S. Per tutte le altre foto di questo articolo ringrazio UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino!

franciacorta universo foto

 

L'articolo Sauternes Barsac Crus: tutte le degustazioni della Primeurs 2016 a Bordeaux proviene da Perlage Suite.

Bellenda: verticale straordinaria di Prosecco S.C. 1931 al Vinitaly 2017

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Ogni anno, come ormai consuetudine, scrivo un articolo sulla azienda che più è stata capace di emozionarmi al Vinitaly, e per l’edizione 2017 ho scelto Bellenda. Ne approfitto per ringraziare Agnese Ceschi e Lavinia Furlani di Wine Meridian per avermi contattata e presentata a questa bellissima realtà che prima non avevo mai avuto il piacere di conoscere. La cosa incredibile è che fino a due anni fa la mia cultura del Prosecco era davvero molto molto limitata e non avrei mai pensato di innamorarmi di lui al punto da considerarlo il mio miglior vino spumante degustato al Vinitaly per 2 anni di fila (l’anno scorso avevo scelto il P.S. di Le Vigne di Alice!).

“Prosecco” purtroppo è la parola più sputtanata del mondo del vino. Fa rima con “Prosecchino” e “Frizzantino”, e nel vocabolario medio indica una specie di vino con le bollicine di bassa, anzi bassissima qualità. Chi non ha avuto la fortuna o l’intelligenza di approfondire, ancora è convinto che il Prosecco sia una pseudo schifezza da allungare con l’aperol e chiamare “Spritz” (vi prego, no! Se proprio volete compiere un simile scempio, almeno ordinate un Hugo… fatelo per me!)  In realtà il Prosecco è un vino spumante ottenuto da uva Glera, tipico del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia e, a seconda delle aree di produzione, appartiene ad una di queste 3 denominazioni:

  • Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG
  • Asolo Prosecco Superiore DOCG
  • Prosecco DOC (Treviso, Belluno, Padova, Venezia, Vicenza in Veneto; Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste in Friuli-Venezia Giulia)

Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei bar e ristoranti d’Italia, anzi del mondo, con “Prosecco”, “Prosecchino” e “Frizzantino” si intendono tutti i vini spumanti, a prescindere dal loro metodo di produzione e dall’uvaggio. In tantissimi ristoranti italiani addirittura i camerieri confondono il Prosecco con il Trento DOC o il Franciacorta DOCG. Io per prima, pur non avendo mai confuso le rispettive denominazioni, per tanti anni sono stata vittima dell’ignoranza collettiva che riteneva il Prosecco un vino da discriminare. Oggi invece colloco il Prosecco, quello vero e buono,  nella rosa dei miei vini preferiti. Ed è qui che entra in gioco Bellenda, azienda di Carpesica, piccolo borgo di Vittorio Veneto, che produce Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG e Provincia di Treviso Prosecco DOC.

bellenda prosecco vino

Quando ho visto questa foto mi sono innamorata: è davvero bellissima… e secondo me racchiude davvero lo spirito del Prosecco Bellenda. Se dovessi definirlo in una sola parola direi: “Cura”. Bellenda CURA qualsiasi cosa: dalla vigna al vino, dalla comunicazione alla carta del materiale informativo. Niente è per caso, niente è “arrangiato”.  Nota di merito per la Carta Enografica della provincia di Treviso che mi ha mostrato Umberto: davvero stupenda! L’ho ritrovata nella cartella press che mi hanno lasciato e la conserverò con cura, grazie!

bellenda

Ho conosciuto Umberto Cosmo proprio in questa degustazione: un grande personaggio ed è davvero piacevole conversare con lui. Oltre ad una spiccata simpatia, ama davvero la sua azienda. Non è apparenza, non è raccontare una storiella che si è imparata a memoria per vendere un prodotto. Lui ama Bellenda, ama il Prosecco, ama il suo territorio. Sul serio.

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Prosecco Bellenda: un vino ecosostenibile!

Prima ancora di parlarti della degustazione, voglio spendere qualche parola sul rispetto per l’ambiente che caraterizza tutta la produzione di Bellenda, perché è qualcosa a cui tengo molto. La vigna è il prodotto della Natura e dell’uomo. Bellenda è una cantina vinicola che si distingue anche per la cura che rivolge all’ambiente: come gli stessi titolari dichiarano sono i primi a vivere tra queste vigne e a consumare un prodotto a cui chiedono, prima di tutto, di essere sano. Ma in pratica, cosa fa Bellenda per rispettare l’ambiente?

  1. Non utilizza diserbanti in vigna e per controllare le erbe infestanti lavorano il terreno e sfalciano l’erba;
  2. Mantengono in azienda ampi spazi boschivi per proteggere la biodiversità;
  3. Recupera i residui di potatura e li riutilizza per fini energetici;
  4. Sostituisce progressivamente i tetti convenzionali con tetti verdi per rallentare il deflusso delle acque piovane;
  5. L’energia elettrica che le serve proviene quasi totalmente dai suoi pannelli solari;
  6. Privilegia l’utilizzo di pompe di calore e gas naturali per il riscaldamento degli ambienti;
  7. Utilizza bottiglie da vetro riciclato e materiali di imballaggio provenienti da fonti rinnovabili certificate.

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Bellenda: il vino spumante che mi ha colpito di più è S.C. 1931

S.C. 1931 è un Prosecco Metodo Classico che prende il nome dalle iniziali del fondatore di Bellenda, il signor Sergio Cosmo (S.C.) e dall’anno della sua nascita (1931). Questo Prosecco, ottenuto da uve Glera della zona di Carpesica, nasce in un clima temperato, con con inverni freddi ed estati calde ma ventilate e grande escursione termica.  I vigneti, orientati a sud, sud-ovest, presentano terreni argilloso-calcarei ricchi di residui morenici dell’antico ghiacciaio del Piave. I vigneti si trovano a circa 180 m s.l.m. e sono potati a Sylvoz, un sistema di allevamento tipico di alcune zone del Nord Italia perché richiede disponibilità idriche e nutrizionali importanti. Con la sua potatura lunga e la sua medio/bassa densità di piante/ha (nel caso di Bellenda 4200) , permette una migliore captazione della luce nella parte aerea che migliora la fotosintesi, con benefici sul grado zuccherino del mosto. Di solito questo sistema di allevamento è indice più di quantità che di qualità, ma il Prosecco S.C. 1931 è la prova che non bisogna mai generalizzare. La vendemmia viene effettuata manualmente nella seconda metà di settembre e la resa media è di 85 hL/Ha. Dopo la diraspatura e la pressatura soffice, avviene la decantazione statica del mosto e la fermentazione in parte in acciaio e in parte in recipienti di legno senza controllo di temperatura. A questo punto il vino affina sulle fecce fini per 3 mesi.  Dopo la rifermentazione in bottiglia, sosta sui lieviti circa 18 mesi. Dopo la sboccatura, la ricolmatura avviene senza dosaggio.

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Bellenda S.C. 1931: una stupefacente verticale di Prosecco Metodo Classico!

Il Prosecco Metodo Classico S.C. 1931 è stato l’ultimo di una serie di interessanti assaggi, tra cui segnalo il Metodo Rurale. Ecco i miei appunti di degustazione:

S.C. 1931 anno 2014 sboccatura 2016 – bella bollicina croccante, al naso i tipici sentori del Metodo Classico, prevale la crosta di pane, ma si avverte anche una pera matura e la nocciola leggermente tostata. In bocca è davvero piacevole e il finale è abbastanza lungo.

S.C. 1931 anno 2011 sboccatura 2013 – Al naso è davvero eccezionale: crosta di pane, burro crudo, nocciola. In bocca entra deciso, con una bollicina croccante ma cremosa e un finale lunghissimo.

S.C. 1931 anno 2009 sboccatura 2011 – Al naso note di salvia fritta, fungo porcino e compare, per la prima volta, il solvente, per poi affievolirsi su sentori importanti di burro crudo mandorla. La bollicina è croccante, liscia e piacevolissima e riempie tutta la bocca con una straordinaria avvolgenza. Al gusto si sente una leggera ossidazione, ma è davvero buono.

S.C. 1931 anno 2006 sboccatura 2008 – Solo una parola per descriverlo: eccezionale. In assoluto il mio miglior assaggio di questo Vinitaly 2017. Ha un idrocarburo che “spiazza” perché non te lo aspetti assolutamente da un Prosecco, ancora meno da un Prosecco Metodo Classico. Giallo paglierino con riflessi dorati, brillante, in bocca entra con una bella bollicina croccante ma vellutata e conferma gli idrocarburi e la mineralità dell’esame olfattivo. Al naso fa concorrenza a quei meravigliosi Riesling della Mosella, tanto ha un idrocarburo eccezionale e una complessità che lo rende assolutamente un vino da meditazione.

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E cosa ci abbiniamo a questo grandioso Prosecco? L’annata 2006 lasciamola da sola… qualunque cosa sarebbe peccato per me. Ma se andiamo a prendere un’annata più giovane, la 2009, dove l’idrocarburo si fonde appunto con il burro, il porcino e la salvia… io andrei a cercare la concordanza organolettica di una bella tagliatella fatta in casa con tanti tuorli d’uovo e condita con burro, salvia e porcini: sono certa che la esalterebbe per poi lasciare la bocca perfettamente pulita.

Bellenda è anche importatore di una piccola Maison de Champagne di Vrigny: Roger Coulon. D’altronde, quando finisce il loro Prosecco, bisogna pur mettere della buona “benzina” nella moto per raggiungere la Francia! 😀

bellenda

Un’ultima degustazione da Bellenda:

Champagne Roger Coulon Blanc de Noirs Vintage 2005

“Il desiderio più grande è che il mio vino possa lasciare un segno nel tempo per confermare il carattere unico della nostra terra e offrire la migliore espressione di questa magnifica denominazione.”

Eric Coulon

Per quanto questa frase possa apparire un po’ “trita e ritrita” tra i vari produttori di vino, questa è una delle migliori bottiglie di Champagne che ho degustato quest’anno… e ti assicuro che ne ho bevuto parecchio di Champagne in Francia per le premiazioni dei Millésima Blog Awards 2017! 😉

“Il nostro lavoro è una ricerca interessante, un continuo adoperarsi per differenziare l’uno dall’altro quei quasi cento piccoli appezzamenti che compongono la nostra proprietà di famiglia”.

Eric Coulon

I vigneti di Roger Coulon si trovano in 5 villages a mezzacosta sulla Montagne de Reims e questo lo rende particolarmente ricco grazie alla diversità dei suoli e del clima del suo centinaio di particelle, tutte classificate Premier Cru. L’età media delle piante è 38 anni, ma c’è una particella che risale al 1924 e un’altra che è stata piantata a piede franco nel 1953 su un terreno sabbioso che impedisce lo sviluppo della fillossera. I 6 punti chiave della coltivazione di Roger Coulon sono:

  1. inerbimento;
  2. utilizzo dell’aratro;
  3. conservazione degli elementi naturali del suolo;
  4. basse rese per ettaro;
  5. lotta all’erosione;
  6. ricerca di longevità della vigna.

Realizzare questi punti non è certo semplice quando ogni stagione è diversa dalla precedente e dalla successiva. Il vignaiolo sa come aiutare la vigna a superare anche i momenti difficili, tra cui le nefaste gelate (un brindisi a tutti i vignaioli colpiti dalla terribile gelata del 20 aprile 2017, QUI puoi leggere le loro testimonianze dirette).

“Solo un lungo periodo di affinamento garantisce la qualità e l’ottimale maturità allo Champagne. Ecco perché il periodo di affinamento dello Champagne Roger Coulon è ben più lungo del minimo legale di 15 mesi”.

Isabelle Coulon

“In funzione all’annata decidiamo quali mosti, se di Pinot Nero, Pinot Maunier o Chardonnay, vengono messi a riposare in fusti di legno, alcuni molto vecchi, anche di generazioni. L’utilizzo di vecchi fusti permette una ossidazione controllata, propria della filosofia dello Champagne Roger Coulon”.

Eric Coulon

Ogni particella e ogni varietà sono vinificati separatamente e conservati in tini diversi per una miglior rispetto del terroir. Viene utilizzata solo la prima spremitura, e i vini sono posti in acciaio o legno dipendentemente dalle loro caratteristiche, senza una regola fissa. La prima fermentazione avviene in acciaio con i lieviti propri della buccia degli acini d’uva. L’uso dei solfiti è limitato il più possibile e la quantità utilizzata è sempre inferiore alla media della denominazione.

champagne roger coulon

Champagne Brut Millésime 2005 Blanc de Noirs Roger Coulon

Si ottiene con un assemblaggio al 50% di uve di Pinot Maunier e Pinot Noir provenienti da vigneti classificati Premier Cru e situati a Vrigny, Gueux e Pargny les Reims, Montagne de Reims e Champagne che presentano suoli argilloso calcarei. In particolare il Pinot Maunier  proviene dalla particella “Les Linguets” piantata nel 1953 a piede franco, senza portainnesto americano, e per questo conserva tutto il carattere del territorio. Questo Champagne viene elaborato al naturale, ovvero senza aggiunta di lieviti selezionati. Non fa fermentazione malolattica, non subisce chiarificazioni e filtrazioni e non fa nemmeno la stabilizzazione a freddo. Viene proposto sul mercato dopo un periodo di affinamento in cantina che dura 8 anni, giovane ma pronto. Da il meglio di sé dopo 2/3 anni e ha un potenziale di invecchiamento di 10/15 anni.

I miei appunti di degustazione: Si presenta di un bel giallo dorato con un perlage finissimo e davvero persistente. Il naso è intrigante e complesso, con note di burro, brioche, miele di tiglio, confettura di fragole, nocciola fresca, biscotto con gocce di cioccolato e un finale mentolato. In bocca è rispondente al naso, meno complesso ma più verticale, spostato sui sentori di burro e crosta di pane e con una nocciola che diventa più tostata. Grande armonia e un finale lunghissimo.

Beh visto che ho vinto il premio come miglior blog d’Europa nella categoria abbinamento cibo – vino anche qui un accompagnamento gastronomico è “d’obbligo”. Chi mi segue sa che il mio concetto di abbinamento si discosta dal semplice ingrediente per privilegiare il tipo di cottura… e con questo Champagne Blanc de Noirs punterei a un petto d’anatra appena scottato, con una gustosa pelle croccante da condire con una chutney di dattero leggermente piccante e agrumata con aggiunta di fave fresche crude. Proviamo?

bellenda

L’ultimo calice… Bellenda o non Bellenda?

Insomma, dal padiglione di Bellenda sono approdata al magnifico mondo de Le Vigne di Alice. Ma non sono carini marito e moglie vicini anche al Vinitaly? 🙂

Ebbene sì, ho “scoperto” che Umberto Cosmo – Bellenda – è il marito di Cinzia Canzian – Le Vigne di Alice-! E come l’ha definita qualcuno, la “Prosecco Beautiful” non finisce qui! Ma durerà tanti, tanti anni… e milioni di puntate… che sono certa vedrà sempre questa simpatica e bravissima coppia ai vertici del Prosecco, quello vero, sano e buono!

Così il mio ultimo calice del Vinitaly è stato identico a quello dell’anno prima, ovvero il Prosecco Metodo Classico Integrale P.S. di Le Vigne di Alice! Ogni anno lo adoro sempre di più… e poi va bene assaggiare sempre qualcosa di nuovo… e so che c’è che chi dice che mangiare sempre la stessa “minestra” stanca… ma io sono romagnola e da noi la “minestra” è soprattutto il cappelletto al ragù, mica la pastina in brodo che fanno qua al Nord! 😀 E a me mangiare cappelletti ogni volta che posso non stanca mai! 😉

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Cheers <3

Chiara

L'articolo Bellenda: verticale straordinaria di Prosecco S.C. 1931 al Vinitaly 2017 proviene da Perlage Suite.

Ricetta della spongada camuna con Salame di Monte Isola e Spumante Metodo Classico Rosé D’Araprì

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Una cosa accomuna la mia nuova regione alla mia regione d’origine: la povertà degli ingredienti dei suoi piatti tradizionali. Tuttavia, la qualità di questi è così eccellente che basta davvero poco per fare piatti meravigliosi. Oggi ti condivido la ricetta della spongada, un pane leggermente dolce tipico della Val Camonica che si usa preparare a Pasqua (ma è buono tutto l’anno!), che come da tradizione ho mangiato con il salame, rigorosamente di Monte Isola perché mi piace tantissimo e ho abbinato con lo spumante metodo classico Rosé D’Araprì. Sono stata molto incerta se abbinarla ad un vino rosso passito secco del territorio, ma alla fine mi ha convinto di più l’abbinamento con un vino spumante metodo classico del Sud. La spongada si prepara in tutta la Valcamonica e ho notato che da paese a paese differisce unicamente per l’uso dello zucchero spolverato sopra: in alcune zone si usa a velo, in altre semolato o a granelle. Io confesso di odiare lo zucchero a velo, pertanto preferisco usare lo zucchero semolato che, tra le cose, in casa non manca mai!

Ma andiamo con ordine… la spongada è una deliziosa e “tamugna” (come direbbe mia madre!) focaccia dolce che tradizionalmente veniva preparata in famiglia. Le donne preparavano grandissime quantità di impasto che cuocevano nel forno a legna del fornaio di fiducia, che in cambio tratteneva una parte delle pagnotte. Veniva poi servita in accompagnamento al pranzo pasquale e mangiata o col salame o con lo zabaione (e ti assicuro che è buona in entrambi i casi…). Come per ogni piatto tradizionale ogni famiglia ha la sua ricetta per prepararla, ma in realtà più che gli ingredienti differiscono le quantità degli stessi. A Breno c’è una vera Fèra de la Spongada, ovviamente nel periodo di Pasqua.

Ingredienti:

Per il lievito:

spumante metodo classico spongada breno ricetta

  • 40 grammi di latte intero
  • 40 grammi di farina 00
  • 25 grammi di lievito di birra fresco

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Per il primo impasto:

spumante metodo classico spongada bresciana ricetta

  • 240 grammi di farina 00
  • 80 grammi di zucchero semolato
  • 60 grammi di burro da panne centrifugate
  • 1 uovo intero
  • 1 tuorlo
  • 1 pizzico di sale
  • i semi di mezza bacca di vaniglia

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Per il secondo impasto:

  • 80 grammi di zucchero semolato
  • 60 grammi di burro da panne centrifugate
  • 1 uovo intero
  • 1 tuorlo
  • 6 grammi di lievito di birra fresco
  • 1 pizzico di sale
  • farina 00

Procedimento:

Per preparare il lievito:

spumante metodo classico ricetta spongada

  1. Scalda il latte in un pentolino senza farlo bollire. Deve essere appena tiepido;
  2. Metti in una ciotola il latte tiepido e sciogli il lievito mescolando con un cucchiaino;
  3. Aggiungi e mescola con il cucchiaino la farina fino ad ottenere un composto omogeneo;
  4. Metti a lievitare in forno appena tiepido (40°C) per 30 minuti.

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Per preparare il primo impasto:

spumante metodo classico spongada ricetta

  1. Setaccia la farina e mettila nella planetaria o in una ciotola;
  2. Aggiungi lo zucchero, l’uovo intero e il tuorlo sbattuti, il pizzico di sale e la vaniglia e mescola con la frusta o con la foglia dell’impastatrice (a velocità moderata);
  3. Aggiungi il burro a temperatura ambiente a piccoli pezzi aspettando che si sia assorbito prima di aggiungerne ancora;
  4. Aggiungi il lievito che avevi precedentemente preparato;
  5. Impasta per altri 2 minuti e poi riponi il panetto in una ciotola unta con un po’ di burro;
  6. Copri con la pellicola trasparente e lascia lievitare almeno 3 ore in ambiente caldo (io l’ho lasciato 4 ore nel forno a 40 °C).

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Per preparare il secondo impasto:

spumante metodo classico pugliese

  1.  Nella ciotola o nell’impastatrice sbatti l’uovo intero e il tuorlo con lo zucchero;
  2. Aggiungi il burro morbido a piccoli pezzi aspettando che si sia assorbito prima di aggiungerne ancora;
  3. Aggiungi l’altra metà dei semi della bacca di vaniglia;
  4. Fai sciogliere il lievito in un goccio di latte tiepido (tipo 10 grammi) e aggiungilo all’impasto;
  5. Monta il gancio nell’impastatrice e aggiungi il primo impasto;
  6. Impasta per 15 minuti a velocità moderata (io ho impastato a velocità 2 nella mia impastatrice Kenwood);
  7. Metti il panetto in una ciotola unta con un po’ di burro;
  8. Copri con la pellicola trasparente e lascia lievitare fintanto che non raddoppia di volume in ambiente caldo (io l’ho lasciato 2 ore nel forno a 40°C).

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Per preparare le pagnotte:

spumante metodo classico

  1. Avrai ottenuto circa 1 kg di impasto! Dividilo in 6 pezzi da 150 grammi ciascuno e modellali per dar loro la forma di pagnotta;
  2. Posiziona le pagnotte nella teglia che avrai ricoperto di carta forno, ricordati di tenerle distanti perché devono raddoppiare di volume;
  3. Fai un taglio profondo sulle spongada aiutandoti con un coltello possibilmente di ceramica a lama liscia;
  4. Metti la teglia con le pagnotte a lievitare nel forno a 30°C fino al raddoppio di volume (circa 2 ore).

Per cuocere:

spumante metodo classico ricetta spongada

  1. Togli la teglia con le spongada dal forno e portalo a 180°C per riscaldarlo;
  2. Inforna e cuoci per circa 20 minuti finché non sono brunite. Non aprire il forno a meno che non hai un alieno in cucina che ti intima di farlo!
  3. Cospargi di zucchero semolato;
  4. Lascia raffreddare su una griglia.

spumante metodo classico ricetta spongada

Bene, ora che ho preparato la spongada, anzi le spongade, non mi resta che invitare i miei vicini di casa a mangiarle… anche perché loro sono della zona e potranno dirmi se sono stata brava o no! Sinceramente appena ho finito di prepararle ho pensato “Ciò che parto! Mai più!!!”…  (ciò è una parola sacra in romagna, assolutamente non traducibile in italiano. Diciamo che tutti i romagnoli la usano, ma nessuno ti saprà mai dire cosa significa esattamente. Si usa sempre e va sempre bene in qualsiasi contesto. Se non hai capito la domanda, se non hai ascoltato, se non sai o non vuoi rispondere… “ciò” è il modo perfetto per uscirne con eleganza lasciando libera interpretazione al tuo interlocutore) poi però mi sono venute talmente buone che ho cambiato subito idea! Inoltre si conservano benissimo in congelatore e si riscaldano in forno davvero velocemente… quindi è un altro ottimo motivo per prepararne tante! Attualmente nel mio freezer ci sono 2 piani ed è occupato per metà da ragù e per metà da spongade camuni!

Abbinamento: spongada, salame e spumante metodo classico D’Araprì!

Mangiare spongada e salame fa parte della tradizione. La sua consistenza “compatta” nonostante il generoso quantitativo di lievito e il suo profumo di burro la rendono assolutamente perfetta da accompagnare a cibi salati. Certo può essere assimilata ad un pane dolce, ma non è così dolce… soprattutto se si evita di spolverare con lo zucchero a velo. Il salame di Monte Isola è un salame un po’ diverso dal classico salame fatto con carne macinata perché viene fatto rigorosamente con la carne tagliata a punta di coltello e senza aggiunta di grasso, di suini nati e allevati in Italia con una filiera garantita. Alla carne viene invece aggiunta una miscela di vino e aglio e viene data una leggera affumicatura con ramoscelli di ulivo, alloro e bacche di ginepro e questo gli dà un carattere organolettico molto particolare e unico.

Per sostenere una spongada dolce non dolce con un salame magro ma davvero aromatico ho scelto un vino spumante metodo classico di una zona completamente diversa, per un motivo preciso. Certo, potevo essere banale e proporre un Franciacorta… e ci sarebbe stato sicuramente qualche abbinamento interessante… ma cercavo qualcosa con una marcia completamente diversa. D’Araprì produce ottimi spumanti metodo classico a San Severo di Puglia. Un clima e una terra opposti a quelli della Franciacorta che da un vino con una struttura importante senza rinunciare alla componente acida, ma caratterizzato da grandissima sapidità e un naso di confettura di fragole, pane tostato ed erbe aromatiche davvero unico. L’ho trovato davvero perfetto per questo piatto. Sgrassa ma non quanto uno spumante metodo classico del Nord Italia, e qui in effetti di sgrassare non ne ho avuto particolare bisogno. Volevo sapidità da contrapporre alla delicata dolcezza della spongada e un’aromaticità con una forte identità per non perdersi in quella spiccata del salame di montisola.

spumante metodo classico ricetta spongada

Lo spumante metodo classico d’Araprì con il suo stupendo colore buccia di cipolla, il suo perlage numerosissimo, fine e davvero persistente, la sua bollicina croccante e questa sapidità lunghissima mi è davvero piaciuto. Nasce da vigneti di Pinot Nero e Montepulciano allevati a spalliera nei terreni argilloso- calcarei della Contrada di Monsignore e della Contrada Baiocco, in leggero pendio. Le uve vengono raccolte manualmente tra la fine di agosto (Pinot Nero) e la fine di settembre (Montepulciano) con una resa di circa 90 quintali per ettaro. Dopo la vinificazione riposa per 24 mesi sui lieviti nell’antica Cantina dell’azienda d’Araprì. I sotterranei, risalenti al 1600, si estendono per circa 1000 mq nel centro storico a ridosso della Chiesa di San Nicola e abbracciano palazzi storici e lembi delle antiche mura del 1200. Qui questo spumante metodo classico trova l’ambiente perfetto per riposare, e la qualità del risultato ne è la prova inconfutabile.

E tu hai mai mangiato la spongada camuna? Conosci l’azienda D’Araprì? Fammelo sapere in un commento!

Buona merenda,

Chiara

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Io bevo così: vino etico ad Olgiate Molgora e cena alla Trattoria Pegaso

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Io bevo così è la manifestazione dedicata al vino etico che è giunta quest’anno alla sua quarta edizione. In una location di grande charme, Villa Sommi Picenardi ad Olgiate Molgora, sono stati presentati per 2 giorni consecutivi, il 21e il 22 maggio 2017, oltre 450 vini naturali, biologici e biodinamici provenienti da tutta Italia… e anche dall’estero! La kermesse è organizzata da Andrea Sala (That’s Wine – Distribuzione vini naturali, biologici e biodinamici) e Andrea Pesce (Vini e Più… Posteria e Caffè di Cantù) e divulgata con l’aiuto di Nicola di Maso dell’ufficio stampa Luxury Bureau di Milano. Quando il mio collega sommelier, wine blogger e caro amico Gabriele Scalici mi ha chiesto di andarci, sono stata ben felice di girare l’invito alla mia cara amica Annabella dato che abita proprio da quelle parti!

io bevo così

Io bevo così: vini biologici sì, vini biologici no… sul biologico nel mondo del vino si fa un gran parlare e c’è chi lo esalta e chi lo demolisce, come in tutte le cose del resto! Personalmente, quando si parla di vino biologico non mi sento “di parte”. A me il vino piace “buono” e se è anche “biologico” ne sono più che felice!  Per quanto riguarda il biodinamico, invece, mi immagino i produttori armati di cornoletame che inneggiano qualche dio della fertilità mentre sotterrano i corni delle vacche che hanno partorito almeno una volta riempiti di preparato 500…

Preparato 500 utilizzato in viticoltura biodinamica. Il preparato è costituito da letame di vacca infilato nel cavo di un corno proveniente da una vacca che abbia partorito almeno una volta. Il corno, una volta riempito, viene sotterrato per lasciarlo fermentare durante l’inverno. Il composto viene recuperato nei giorni prossimi alla Pasqua, quando ormai si è trasformato in humus e ha perso l’odore del letame, acquisendo quello nobile del sottobosco. Viene allora distribuito, miscelato e diluito con acqua (in gergo dinamizzato), con lo scopo (presunto e non dimostrato) di incrementare la resa produttiva del terreno.

fonte: Wikipedia

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Ma cos’è un vino biologico, biodinamico o naturale?

  • VINO BIOLOGICO: vino ottenuto con uve biologiche certificate dove sono espressamente vietati fitofarmaci, concimi, diserbanti e pesticidi di sintesi, la vinificazione avviene senza coadiuvanti e additivi e i pochi prodotti permessi devono avere origine biologica e la quantità di anidride solforosa presente è ridotta rispetto al vino convenzionale. Inoltre i produttori devono essere certificati dall’organismo competente ed impiegano 3 anni per fare la conversione al biologico.
  • VINO BIODINAMICO: vino ottenuto seguendo i dettami dell’agricoltura biodinamica di Rudolf Steiner. Pur non esistendo una normativa in materia, si può definire il vino biodinamico come un vino “biologico” (spesso/quasi sempre non certificato) ottenuto con un approccio “olistico” la cui efficacia non ha fondamento scientifico. Personalmente ritengo che ogni cosa, prima di essere verificata dalla scienza, non aveva ancora un fondamento scientifico. Per questo forse, tra le varie pratiche biodinamiche, qualcosa che dà un effettivo beneficio sicuramente ci può essere. In linea generale tuttavia non riesco a condividere i dettami dell’agricoltura biodinamica anche se ho comunque rispetto della filosofia steineriana. A differenza della viticoltura biologica, non esistono studi che dimostrano che la viticoltura biodinamica accresce la qualità del vino prodotto.
  • VINO NATURALE: vino ottenuto seguendo i dettami dell’agricoltura biologica e/o biodinamica i cui produttori però rifiutano di aderire all’una o all’altra “filosofia” per non sentirsi intrappolati in una serie di leggi e assiomi che, non essendo scritti per loro, non farebbero che omologare i vini che producono snaturandone di fatto la loro unicità. Ecco, personalmente abbraccio la filosofia dei vini naturali. Mentre certificarsi come produttore biologico può avere almeno un senso da un punto di vista strettamente commerciale (che poi ce ne sarebbe tanta, ma proprio tanta, da dire… vogliamo parlare di un vino biologico ottenuto da uve provenienti da un vigneto certificato biologico che però si trova più o meno vicino ad uno stabilimento chimico?), aderire al movimento biodinamico è qualcosa che a mio avviso restringe le possibilità di un viticoltore senza garantire un effettivo beneficio. Meglio quindi considerare il biologico e il biodinamico come un menù da cui scegliere le migliori portate.Svinando sconti vino shop online

A questo proposito ti voglio segnalare, se ti va di approfondire, qualche lettura interessante che puoi trovare su Amazon sul biologico e sul biodinamico:

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Io bevo così: i vini che mi hanno colpito

Weißburgunder 2001, Bretz Jörg  – Austria

Di tutti è stata la degustazione che ho preferito per questa quarta edizione di Io bevo così, nonostante chi mi conosce sa che difficilmente apprezzo maggiormente i vini bianchi fermi a meno che non siano riesling renano 100% con un idrocarburo così forte da farmi innamorare. Eppure questo pinot bianco si presenta dotato di una longevità incredibile: 16 anni e non sentirli! Sarà che avevo appena degustato un vino marchigiano che definire “stanco di vivere” è un complimento (ed era un’annata 2007), ho davvero apprezzato la pulizia, i sentori maturi che si fondono con un’incredibile freschezza e quel tocco di legno che dona un caratterino davvero piacevole a questo Bretz Jörg Weißburgunder 2001. Un vino straordinario con un ottimo rapporto qualità prezzo! Sicuramente l’ho trovata una cantina “da approfondire” in futuro, magari in Austria 🙂

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Pas Operé Millesimato 2012, Ca del Vent – Lombardia

Ad assaggiare gli spumanti di Ca del Vent esposti in questa edizione di Io bevo così mi ci ha portato Gabriele Scalici che, come sempre, non sbaglia (quasi mai) un colpo in fatto di degustazioni. (E niente, a me quei vini marchigiani “stanchi di esistere” proprio non mi sono piaciuti… anche se amo i vini che hanno almeno la metà dei miei anni…). Beh che dire? Mi sono piaciuti entrambi! Li ho trovati vini “non convenzionali” sia al naso sia in bocca. I vini di un’azienda che non ha paura di “osare” o differenziarsi perché sicura del proprio lavoro. In particolare il Pas Operé mi è piaciuto tantissimo: è un vino grasso, burroso, fragrante, con una crosta di pane appena accennata, una punta di zafferano e una nota minerale in evoluzione. Da riassaggiare con calma in cantina per fare una valutazione più precisa… intanto complimenti!

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Moscatello di Saracena, Azienda Agricola Diana – Calabria

Per l’ultima scoperta eccomi in Calabria, una terra purtroppo ad oggi troppo bistrattata quando si parla di vino. Per morfologia del territorio, grazie ad un’affaccio su due mari, alle montagne… beh potrebbe produrre vini ancora più straordinari di tante altre regioni storicamente vocate al vino di pregio. L’Azienda Agricola Diana, nel comune di Saracena, produce un Moscato Passito Presidio Slow Food che definire delizioso è riduttivo. Vino apprezzato alla corte papale dal 1500, tradizionalmente preparato dalle famiglie di Saracena per essere in gran parte donato agli avvocati ed ai medici della città, mentre una piccola parte rimaneva nascosto nelle loro cantine per essere aperto nei giorni di festa. Il Moscato di Saracena viene preparato con un vitigno autoctono locale, il Moscatello, che viene appassito, selezionato e delicatamente pressato per poi essere aggiunto al mosto cotto e ridotto di circa 1/3 per concentrare gli zuccheri ed aumentare il titolo alcolometrico di Guarnaccia, Malvasia e Adduraca. Dopo una lunga e lenta fermentazione si ottiene un vino di colore ambrato, con un intenso profumo di croccante alle nocciole, fico caramellato, fava tonka, maracuja e dattero fresco. Assolutamente un vino da meditazione, rovinato da qualsiasi cibo in abbinamento. Posso perdonare solo un cantuccio di Prato alle mandorle, che ben concorda con il suo finale mandorlato. Che dire? Spero di poter fare presto un giro a Saracena, in Calabria, a scoprire tutti i produttori di Moscatello di Saracena!

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E infine qualche riconferma!

Bianco Provincia di Pavia IGT, Tenuta Belvedere – Lombardia

Di Gianluca Cabrini di Tenuta Belvedere ho riassaggiato un pinot nero vinificato in bianco frizzante… che mi era già piaciuto quando lo avevo assaggiato ad Autoctona qualche mese fa! In particolare parlo del suo bianco Provincia di Pavia IGT, ottenuto da uve di pinot nero e riesling italico provenienti da vigne dell’oltrepò pavese allevate a guyot in terreni argilloso-calcarei di origine marina. Le uve vengono raccolte in piccole cassette da 18 kg e pressate in modo soffice. Dopo la chiarificazione mediante decantazione statica, il mosto ottenuto viene posto in serbatoi di acciaio inox dove fermenta a temperatura controllata con lieviti indigeni. Al termine della fermentazione si lascia affinare 6 mesi sui propri lieviti questo vino parzialmente dolce. In primavera il vino viene imbottigliato e il naturale aumento della temperatura favorisce la rifermentazione in bottiglia. Per quanto era difficile valutare il colore alla luce di Villa Sommi Picenardi, il vino è di un bel color pesca bianca “denso” con sfumature della sua stessa buccia. Al naso ha i tipici sentori del lievito che ritrovo sempre nei vini “integrali” che a me piacciono tanto (vedi il PS de Le Vigne di Alice o il Rurale di Bellenda), e in bocca entra molto fresco, acido e sapido. Mi piace moltissimo perché lo trovo un vino non convenzionale, perfetto per aperitivi o da abbinare anche al più semplice dei risotti purché riccamente mantecato con burro e parmigiano. Attenzione che non è un vino per tutti o per chi si è appena avvicinato a questo genere.

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Sabbie Gialle, Cantina San Biagio Vecchio – Romagna

Qui siamo nella mia terra d’origine, la Romagna, e più precisamente nella mia città natia, Faenza. Qui puoi trovare due eccellenze romagnole: Il Ristorante San Biagio Vecchio del bravissimo Igor Morini e l’omonima cantina di Lucia Ziniti, che sono sempre felice di salutare. L’Albana di Romagna è quel vitigno bianco leggendario capace di sposarsi magnificamente con la botrytis cinerea, di avere 15°C e non sentirli e di accompagnare ogni pasta all’uovo fatta in casa possibile immaginabile. Ho assaggiato tutti i vini, ma come sempre Sabbie Gialle mi ha dato un qualcosa in più. L’annata 2015 e l’annata 2016 sono diversissime, premesso che la 2016 non è ancora pronta. Sono tuttavia convinta che la 2016 sarà ancora migliore della precedente, nonostante un’acidità davvero spiccata che sicuramente si ammorbidirà nei mesi che mancano alla messa in commercio. La 2015 ha un naso intenso, mieloso, con note di sambuco e pesca gialla. Molto sapida, acidula e nel complesso equilibrata anche grazie ad una buona alcolicità, è perfetta per i nostri immancabili tortelloni burro e salvia… che la mia adorata nonna mi preparava ogni giovedì a pranzo… (quanto mi manca!).

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La Caldera, Andrea Occhipinti – Lazio

Ho conosciuto i vini di Andrea Occhipinti all’enoteca Tresenda di Sarnico (BG), dove andrò anche stasera con Viola a mangiarmi una deliziosa tartare di carne… mi piace proprio come posto, ottimi vini che puoi sia comprare che bere al tavolo e una ristorazione che supporta il vino semplice ma di ottima qualità. In particolare quella sera sbicchieravano La Caldera, un vino di cui mi sono davvero innamorata (al punto di comprarne una bottiglia… e con tutte le bottiglie campioni che mi arrivano da degustare non compravo una bottiglia da più di un anno)! Grechetto rosso allevato a cordone speronato su terreni di lapillo vulcanico, conduzione biologica delle vigne, macerazione di 15 giorni sulle bucce, fermentazione spontanea con soli lieviti indigeni in piccole botti di cemento, affinamento di 18 mesi in botti di acciaio/cemento e riposo in bottiglia di almeno 2 mesi. Ho assaggiato anche l’Alea Viva che mi è davvero piaciuto, stessa lavorazione de La Caldera ma da uve di Aleatico. Avendo la stessa lavorazione si può sentire bene in fase di degustazione le caratteristiche del vitigno: l’Aleatico rimane molto più fruttato e intenso, il Grechetto più speziato e floreale.

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Pranzo sull’erba

Il titolo fa molto Manet, ma in realtà nessun cannottiere all’orizzonte, solo un tripudio di winelovers! <3 Ho apprezzato molto questa deliziosa pizza fritta mangiata seduta sull’erba con Annabella e la sua baby. In una giornata così bella, per me niente è più appagante di godermi un buon cibo con una buona compagnia in mezzo alla Natura. Oltretutto questa pizza fritta era davvero buona, la pasta sembrava quasi sciogliersi in bocca e non era per niente unta. Il fiordatte era di buona qualità e le acciughine (che adoro) ci stavano benissimo! Annabella ha preso l’hamburger piemontese dell’altro stand, e anche il suo piatto aveva un bellissimo aspetto (la porzione era fin quasi troppo abbondante!). In generale una nota di merito va all’organizzazione per aver messo un ristoro qualitativamente sopra alla media.

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E la cena? Trattoria Pegaso da Adriano e Simone Liloni

Visto che avevo promesso ad Adriano Liloni, il “sovversivo del gusto” titolare della Trattoria Pegaso di Gardone Riviera di cenare da lui, sono partita sulle 18 alla volta del Lago di Garda! E cosa non si fa per una golosa amicizia? Il nipote di Adriano, Simone, è sicuramente il “non sommelier” più appassionato ed acculturato di vino che ho mai conosciuto! Forse un po’ chiuso ai progetti vinicoli innovativi e commerciali, ma con una capacità degustativa davvero interessante e da approfondire. Mi ha fatto assaggiare uno spumante Metodo Classico che non conoscevo, ovvero l’Extra Brut Millesimato di Lazzari, azienda di Capriano del Colle.

lazzari spumante metodo classico

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A questo proposito ne approfitto per segnalarti che questa domenica il Movimento del Turismo del Vino ha organizzato “Cantine Aperte” in Lombardia. Qui trovi le aziende aderenti e il programma riservato ai #winelovers. Quindi consiglio a tutti gli enonauti della zona di fare un salto a scoprire questa bollicina, perché ne vale davvero la pena. Ha note di zafferano così intense da rubare la scena a un Sauternes di Barsac! Non so se è l’annata particolare… ma non mi resta che andare a trovare Lazzari prossimamente per scoprirlo 😉

trattoria pegaso adriano liloni

Visto che ero ospite ho lasciato (come faccio quasi sempre) al “padrone di casa” la scelta di portarmi quelle che ritiene le sue specialità! Adriano, da bravo oste, si è limitato a chiedermi solo “carne o pesce”, ma anche qui ho lasciato fare a lui perché io mangio tutto… tranne i cavoletti di Bruxelles! Beh forse nemmeno uno scarafaggio lo mangerei, ma per fortuna in Italia non si mangiano ancora anche se si vocifera sia il cibo del futuro! Comunque direi che la cucina di Adriano è semplice, casalinga di quelle case dove si mangia bene, con sapori genuini e degli abbinamenti davvero gustosi! Gli antipasti erano tutti molto piacevoli, ma quello che ho preferito è stato il gambero avvolto nella pancetta con l’orzo e la caponatina (se posso un consiglio taglierei le verdure a tocchetti leggermente più piccoli per permettere ai sapori di amalgamarsi ancora meglio). I paccheri col dentice, il cavolo nero e i pomodorini confit avevano un olio e un gusto piacevolissimo, nonostante io preferisco la pasta “risottata” con l’amido che fa la famosa cremina!

trattoria pegaso adriano liloni

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Voglio sottolineare la bontà di questo gelato alla vaniglia fatto in casa. Ho ancora in bocca il gusto spettacolare di una vaniglia di altissima qualità, per una crema ricca e con una consistenza deliziosa. Spero che Adriano me ne farà una damigiana il 6 giugno, quando mangerò per la prima volta il famoso spiedo bresciano in onore della presentazione della sceneggiatura del suo nuovo film! Anzi no che sono a dieta… facciamo giusto un assaggino 😀 Grazie Adriano per l’invito e a tutti per la bellissima giornata!

Cheers <3

Chiara

P.S. Per tutte le foto di questo articolo ringrazio UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino!

franciacorta universo foto

P.P.S. Un ultimo grazie a Leoni Alfredo di Top Wine per avermi fatto degustare qualche vino interessante, ma soprattutto un formaggio così meraviglioso che ricorderò sempre: il Montebole di Marco Bernini! Definito da Identità Golose il casearo alchimista, mi è bastato questo formaggio per farmi capire che devo assolutamente fare un giro nel tortonese per incontrarlo per degustare qualcosa!

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Vini biologici: Lazzari a Capriano del Colle ne produce di davvero buoni

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Giovedì scorso sono stata a trovare Davide Lazzari nella sua cantina a Capriano del Colle, zona che già conoscevo per i vini di Alessia Berlusconi (anche lei ha scelto il Montenetto per “dar sfogo” alla sua creatività e alla sua passione per il vino) e per il delizioso Otten della Cantina San Michele. Se non era per la straordinaria cultura e tecnica degustati di Simone Liloni, l’abbeveratore della Trattoria Pegaso del caro Adriano Liloni (il mio sovversivo del gusto preferito!) non lo avrei incrociato probabilmente ancora per un po’, nonostante io e Davide fossimo già “amici su Facebook” da diversi mesi. Per questo sono molto felice di esser passata in azienda e aver assaggiato i suoi vini biologici, anche a costo di ritardare nel gustare il miglior risotto gamberi e menta della mia vita (forse merito anche della compagnia?).

Vini biologici: i vigneti di Lazzari

vini biologici gelata vigneti lazzari

Capriano del Colle è un piccolo comune bresciano che, dal punto di vista enologico, da sempre a mio avviso soffre della stretta vicinanza con la famosa Franciacorta. Questa piccolissima DOC è davvero poco conosciuta in Italia, eppure è capace di vini di grande pregio sia per i vitigni autoctoni sia per i vitigni internazionali. Il Monte Netto è di fatto un altipiano di terreni d’argilla rossa, sul quale le condizioni pedoclimatiche sono piuttosto favorevoli per la viticoltura. Il risultato sono vini eccellenti per l’ottimo rapporto qualità prezzo.

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Se da un lato sui vitigni di Lazzari è possibile vedere ancora i danni della gelata che ha colpito il Nord Italia lo scorso 20 aprile provocando perdite fin oltre l’80% nelle vigne più esposte, è stupefacente la ripartenza che hanno avuto queste vigne, soprattutto quelle di Merlot. Lazzari produce vini certificati biologici con uve provenienti solo ed esclusivamente da vigneti di proprietà, in cui applica varie tecniche (inerbimento, confusione sessuale…) per contenere l’uso di rame ben al di sotto del limite consentito dal biologico. Davide mi ha portata a fare un bel giro in macchina tra i vigneti e sono rimasta colpita dalla cura di ciascuno. Certo, qualcuno mi potrebbe dire che un vigneto con “l’erba alta” non è curato, ma io li ho trovati davvero “in ordine”!

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vini biologici lazzari vini

Una delle cose che mi è piaciuta di più della visita è l’aver catturato dalle parole di Davide la precisa volontà della Famiglia Lazzari di conoscere il vino e il suo rapporto con il territorio. Qualcuno mi può obiettare che per fare vino questo è normale… ma in questa famiglia di viticoltori ho avvertito una conoscenza più approfondita, la volontà di “fare ricerca” e una gioia particolare per ogni traguardo raggiunto. Ho avvertito la sete di sperimentare, di scoprire, di sapere: 3 qualità che fanno davvero la differenza.

vini biologici lazzari vigneto

Questo è “l’ultimo acquisto” di Lazzari: un piccolo vigneto proprio sotto il campanile di Capriano del Colle, in un punto in cui si diceva fosse presente, sotto la collinetta, il cimitero vecchio. Certo è che il terreno si differenzia leggermente dagli altri per la maggior componente di sasso. Sicuramente sarà un’ottima scelta produrre un vino caratteristico e con un taglio diverso da quelli attualmente in produzione. Intanto non vedo l’ora di tornare quando le vigne saranno cresciute: con la chiesa e il campanile di sfondo, questo vigneto sarà sicuramente stupendo! E poi Davide Lazzari mi ha detto che ha assaggiato i vini che erano prodotti dal contadino che lo gestiva prima ed erano spettacolari: quindi data l’assoluta maestria della famiglia Lazzari a produrre vino, cosa posso aspettarmi?

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Vini biologici: la cantina di Lazzari

vini biologici cantina lazzari

Fare vino significa comunicare un terroir, insieme di caratteristiche climatiche, pedologiche e varietali. Pensare di elaborare e “migliorare” un vino in cantina con l’ausilio di prodotti di sintesi significa snaturare il concetto stesso di vino come prodotto della terra. Compito della cantina è solamente quello di mantenere ciò che l’annata e il nostro lavoro in vigneto ci hanno consegnato. Non esiste “mercato” e non esistono “tendenze”.

vini biologici lazzari

Della cantina di Lazzari colpisce l’ordine: è tutto davvero perfetto, e mi ha ricordato la pulizia dei meravigliosi chateau bordolesi che ho visto per la premiazione dei Millesima Blog Awards lo scorso aprile. Merito sicuramente del nonno che, nonostante l’età, controlla che tutto sia a posto!

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Vini biologici: la sala degustazione di Lazzari

vini biologici lazzari sala degustazione

Piccola ma arredata con gusto, la sala degustazione di Lazzari si presta perfettamente ad ospitare sommelier e winelover in cerca di vini dalla grande personalità che non siano sempre le solite DOC famose e blasonate. Passateci, bevete e fatemi sapere: da parte mia vi prometto che non ve ne pentirete 😉

Vini biologici: cosa ho degustato da Lazzari

In generale ho trovato i vini di Lazzari davvero buoni! Due eccellenze: lo spumante, che per quanto Davide Lazzari si ostina a dire che per loro è quasi un gioco, è davvero intrigante e Bastian Contrario che, su tutti, credo che mi è piaciuto oltre ogni aspettativa. Attendo di assaggiare la Riserva Degli Angeli… da come me ne ha parlato ho grandi aspettative!

Spumante Extra Brut millesimato 2012

4 grammi di zucchero, 42 mesi sui lieviti e 6 mesi di affinamento in bottiglia. Si presenta di un giallo paglierino intenso con riflessi dorati, il perlage è fine e le bollicine formano una corona persistente. Al naso ha una nota di zafferano così intensa da spiazzarti, poi arrivano la vaniglia, la nocciola, il burro fuso a crudo. In bocca la bollicina è croccante, il sapore vira dalla crosta di pane allo zafferano. Non è lunghissimo sul finale, ma molto equilibrato e freschissimo.

Spumante Brut millesimato 2007

8 grammi di zucchero, 18 mesi sui lieviti e 6 mesi di affinamento in bottiglia. Si presenta di un giallo paglierino intensissimo quasi dorato. Il perlage è fine e abbastanza numeroso. Il naso è diversissimo dal precedente: il croccante di mandorle si fonde nella scorza di arancia candita e nel biscotto dorato. In bocca entra deciso, la bollicina è cremosa, il sapore vira dalla crostata con crema pasticciera al pane tostato e imburrato. Il finale è lungo con una bella armonia.

Fausto

Capriano del Colle DOC bianco 2015 – 85% trebbiano turbiana e 15% chardonnay. Spremitura a primo fiore ottenuta da una leggera pressione, maturazione su feccia nobile per 4 mesi e in acciaio per altri 4 mesi. Si presenta di un bel giallo paglierino abbastanza intenso, brillante e consistente. Al naso pesca bianca matura, erbe aromatiche e agrumi. In bocca è fresco, sapido (anzi molto sapido), abbastanza morbido e con un agrume che si fa via via sempre più presente. Il finale è lungo e ha complessivamente una bella armonia.

Bastian Contrario

Capriano del Colle DOC bianco superiore 2014 – 100% trebbiano turbiana. Di tutti è stato il vino che mi è piaciuto di più! Poi certo, che io ho un debole per la botrytis cinerea è cosa nota… Con una resa di 60 quintali per ettaro di uve raccolte in vendemmia tardiva per aspettare l’attacco della muffa nobile, si produce questo vino davvero interessante. Metà del mosto fermenta e matura in barrique nuove e l’altra metà fermenta e matura in acciaio, entrambe per 12 mesi. Si presenta di un bel giallo dorato intenso e consistente. Al naso stupisce: idrocarburi, solvente, pesca gialla, vaniglia, mandorla fresca e un bel finale balsamico. In bocca entra intenso, morbido, abbastanza fresco e molto sapido. Il finale è lunghissimo e persistente.

Berzamì

Capriano del Colle DOC Marzemino 2015 – 100% marzemino. Da sempre il Montenetto è considerata una zona vocata per la coltivazione del Marzemino. Questo in particolare è ottenuto da un clone locale e per la volontà di preservare i tratti organolettici del vitigno non è effettuata nessuna operazione di invecchiamento. Di tutti è stato il vino che mi è piaciuto di meno. Agli occhi è perfetto: si presenta di quel bel rosso rubino trasparente con riflessi violacei tipico del marzemino giovane. Al naso però non riesce ad entusiasmarmi: anche se la prugna e la spezia sono nitide, manca di quella complessità olfattiva che tanto amo in questo vitigno. Meglio in bocca: piacevolmente morbido, fresco, leggermente tannico e nel complesso abbastanza equilibrato.

Adagio

Capriano del Colle DOC Rosso 2015 – Marzemino 50% + Sangiovese 30% + Merlot 15% + Barbera 5%. Considerato il vino “storico” dell’azienda, devo dire che mi è piaciuto molto. Si aspetta la maturazione di ogni vitigno e si raccolgono le uve in epoche diverse. Anche la vinificazione avviene separatamente. Le uve vengono assemblate per ottenere un taglio tradizionale ma molto caratteristico. Si presenta di un rosso rubino intenso e impenetrabile, consistente e con qualche riflesso violaceo. Al naso è molto speziato, con note di peperone, confettura di more, fieno, corteccia e sottobosco. In bocca è equilibrato, il finale non è lunghissimo… ma poco male: viene subito voglia di berne un altro bicchiere!

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vini biologici lazzari degustazione

Insomma, è stata davvero una bella degustazione! Ringrazio ancora Simone Liloni della trattoria Pegaso per avermelo fatto scoprire! A proposito, martedì rivedrò Davide Lazzari proprio alla Trattoria Pegaso e ci porterà una magnum 2011 del suo spumante metodo classico! Non vedo l’ora di degustarlo 😉 E non vedo l’ora anche di assaggiare il famoso spiedo bresciano… dato che Adriano si è definito un maestro dello spiedo e io sono parecchio carnivora… sai quante aspettative ho??? 

Cheers <3

Chiara

P.S. Per tutte le foto di questo articolo ringrazio come sempre UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino!

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Esame AIS: facciamo una simulazione della prova scritta e studiamo insieme?

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Per me niente è più utile per superare l’esame AIS che affiancare lo studio alla pratica. Esercitarsi a rispondere alle domande (soprattutto a quelle aperte) della prova scritta e capire la corretta gestione del tempo è fondamentale per avere un esito positivo! L’esame AIS per aspiranti sommelier consiste in una prova scritta e una prova orale organizzate in due giornate diverse, mediamente a distanza di 14-28 giorni tra l’una e l’altra a seconda del numero dei corsisti. In questo articolo ho deciso di creare una “simulazione” delle domande dell’esame AIS della prova scritta. Ricorda che per superare la prova hai a disposizione 1 ora e 30 minuti, pertanto non c’è un secondo da perdere, nemmeno per pensarci su! Queste domande infatti sono solo la parte teorica della prova scritta, alle quali segue la degustazione del vino e l’abbinamento cibo vino. In particolare il tempo per la prova scritta è così diviso:

  • degustazione del vino (devi fare la scheda vino senza però averla sotto… quindi mi raccomando studiala bene per ricordarti tutte le voci!) – 15 minuti (valutazione max 10/100);
  • compilazione della scheda di abbinamento cibo-vino con degustazione di un piatto e un vino da abbinare – 15 minuti (valutazione max 10/100);
  • domande teoriche – 60 minuti (valutazione max 30/100).

In questo articolo ti invito a fare con me una simulazione delle domande teoriche della prova scritta. Stampa questa pagina, cancella le risposte, punta il timer su 60 minuti e… VIA!

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Domande teoriche della prova scritta

(max 60 minuti | valutazione max 30/100)

Esame AIS, prova scritta/parte 1: Domande Vero/Falso

0.1 punti per ogni risposta esatta V/F (max 2 punti… della serie… se non le sai fregatene!)
  1. I terreni calcarei tendono a dare vini eleganti e minerali? VERO
  2. La pergola è un sistema di allevamento della vite molto diffuso in Sardegna? FALSO
  3. La morbidezza di un vino è determinata soprattutto da glicerina, alcol etilico e zuccheri? VERO
  4. Nella formazione del grappolo, il picolit subisce l’acinellatura? VERO
  5. La bottiglia di vino è servita alla destra dell’ospite? VERO
  6. Sentori di fiori e frutta fresca sono caratteristici di vini di media evoluzione? FALSO
  7. Un vino equilibrato è sempre armonico? FALSO
  8. La temperatura ideale della cantina è compresa tra 18-20 °C? FALSO
  9. Nella scheda a punteggio, l’esame visivo rappresenta il 20% del totale? FALSO
  10. Nella scheda a punteggio, la struttura ha coefficiente correttivo 2? FALSO
  11. I vini varietali sono IGP? FALSO
  12. Il Cognac è un distillato di mosto d’uva? FALSO
  13. Le birre ad alta fermentazione si producono a 25-30 °C? FALSO
  14. Il gewurztraminer è molto usato per produrre spumanti aromatici? VERO
  15. In Valle d’Aosta il nebbiolo è noto come chiavennasca? FALSO
  16. Nella Cote d’Or i vitigni più coltivati sono pinot nero e chardonnay? VERO
  17. Il Cirò è ottenuto principalmente dal vitigno gaglioppo? VERO
  18. Una delle principali zone di produzione vitivinicole della Spagna è la Rioja? VERO
  19. Se un cibo ha decisa tendenza acida il vino in abbinamento deve essere sapido? FALSO
  20. Il Camembert è un formaggio a crosta lavata? FALSO

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Esame AIS, prova scritta/parte 2: Domande a risposta multipla

0.2 punti per ogni risposta esatta V/F (max 4 punti… ok meglio ma non ti cambiano la vita!)
  1. Il sistema di allevamento della vite a tendone è più diffuso in:
    A. Trentino   |   B. Liguria   |   C. Alto Adige   |   D. Puglia
  2. I terreni che tendono a dare vini poco ricchi di colore e struttura sono:
    A. Argillosi   |   B. Calcarei   |   C. Scistosi   |   D. Sabbiosi
  3. I tannini sono presenti in:
    A. Buccia e vinaccioli   |   B. Polpa e Buccia   |   C. Polpa e raspo   |   D. Polpa e vinaccia
  4. Un vino dotato di colore vivace è:
    A. Ricco di acidità   |   B. Amabile e rosso   |   C. Secco e bianco   |   D. Evoluto e strutturato
  5. Vitigni che più frequentemente offrono sentori erbacei sono:
    A. Nero d’avola/Merlot   |   B. Pinot Nero/Sangiovese   |   C. Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc   |   D. Cabernet Franc/Nebbiolo
  6. Il termine Classico, rispetto alla Denominazione di riferimento, si riferisce a:
    A. Invecchiamento più lungo   |   B. Zona storica di produzione   |   C. Titolo alcolometrico superiore   |   D. Struttura superiore
  7. I due vitigni più utilizzati nella produzione di spumanti metodo Martinotti sono:
    A. Chardonnay e Glera   |   B. Moscato e Pinot Nero   |   C. Moscato e Glera   |   D. Chardonnay e Pinot Nero
  8. Nella scheda a punteggio, hanno coefficiente correttivo 1:
    A. Colore e aspetto   |   B. PAI e equilibrio   |   C. Intensità olfattiva e gusto-olfattiva   |    D. Colore e PAI
  9. Il vitigno negroamaro è diffuso soprattutto in:
    A. Puglia   |   B. Calabria   |   C. Sicilia   |   D. Basilicata
  10. Il vitigno biancolella è coltivato soprattutto in:
    A. Calabria   |   B. Campania   |   C. Lazio   |   D. Puglia
  11. Il Pagadebit di Romagna è ottenuto dal vitigno:
    A. Trebbiano   |   B. Bombino bianco   |   C. Grechetto   |   D. Malvasia
  12. In Valtellina il nebbiolo è noto come:
    A. Picounter   |   B. Picotendro   |   C. Chiavennasca   |   D. Nebbiolo Michet
  13. Il Pouilly Fumé è ottenuto da:
    A. Chardonnay   |   B. Sauvignon Blanc   |   C. Riesling   |   D. Pinot Gris
  14. Il Rum Industriale si ottiene dalla distillazione di un fermentato di:
    A. Melassa   |   B. Cereali   |   C. Canna da zucchero   |   D. Agave
  15. Il Malbec è un vitigno particolarmente significativo della vitivinicoltura in:
    A. California    |   B. Cile   |   C. Argentina   |   D. Australia
  16. Una delle zone vitivinicole più importanti dell’Australia è:
    A. Barossa Valley   |   B. Stellenbosch   |   C. Marlborough   |   D. Maipo
  17. Tra i vitigni più coltivati in Champagne si trovano:
    A. Pinot Bianco e Nero   |   B. Pinot Nero e Chardonnay   |   C. Pinot Grigio e Nero   |   D. Chardonnay e Pinot Bianco
  18. Una delle zone di produzione del Cognac è:
    A. Chablis   |   B. Petite Champagne   |   C. Ténarezè   |   D. Limousin
  19. E’ un prodotto DOP:
    A. Coppa di Parma   |   B. Bresaola della Valtellina   |   C. Speck Alto Adige   |   D. Valle d’Aosta lard d’Arnad
  20. Se un cibo è dotato di spiccata succulenza il vino da proporre in abbinamento deve essere ricco di:
    A. Acidità   |   B. Freschezza   |   C. Morbidezza   |   D. Alcolicità

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Esame AIS, prova scritta/parte 3: Domande aperte

2 punti per ogni risposta esatta V/F (max 24 punti… OVVERO SONO FONDAMENTALI!)
  1. Elencare tre sistemi di allevamento della vite in Italia, con relativi esempi più significativi di vitigni e zone di coltivazione:
    Dalla vite allevata ad alberello si ottiene lo zibibbo in Sicilia.
    Dalla vite allevata a pergola si ottiene l’erbaluce di caluso in Piemonte.
    Dalla vite allevata a guyot si ottiene il sangiovese in Toscana.
  2. Elencare i componenti che determinano la consistenza del vino, indicare i cinque termini della scala di valutazione:
    La consistenza del vino è determinata da: glicerina, alcol, zuccheri e tutte le sostanze che compongono l’estratto secco del vino.
    Valori della scala di valutazione: fluidopoco consistenteabbastanza consistenteconsistenteviscoso.
  3. Fermentazione malolattica: definizione delle caratteristiche che determina nel vino e tipologie di vino nel quale è auspicabile:
    La fermentazione malolattica è il processo che trasforma l’acido malico (più aspro e spigoloso) in acido lattico (più dolce e delicato) e rende il vino più morbido ed equilibrato. Tradizionalmente è auspicabile nei vini rossi, ma oggi si usa anche nei vini bianchi importanti.
  4. Spiegare cosa si intende per vino liquoroso, come può essere ottenuto e fare 3 esempi significativi con relative zone di produzione.
    Il vino liquoroso è un vino fortificato che si ottiene aggiungendo al vino base mistella, alcol etilico o mosto concentrato per aumentarne la gradazione alcolica.
    1. Marsala – Sicilia – Italia
    2. Sherry – Andalusia – Spagna
    3. Porto – Valle del Douro – Portogallo
  5. Elencare 5 distillati, con le relative materie prime e zone di produzione:
    1. Grappa – Vinacce – Italia
    2. Cognac – Vino – Francia
    3. Whisky – Cereali – Scozia
    4. Rum – Canna da zucchero – Cuba
    5. Tequila – Agave – America centrale
  6. Elencare i 10 vitigni più coltivati e significativi in Lombardia
    Pinot Nero, Chardonnay, Chiavennasca (nebbiolo), Marzemino, Moscato, Croatina, Trebbiano di Soave, Barbera, Sangiovese, Bonarda
  7. Indicare le aree principali del nebbiolo:
    Langhe, Alto Piemonte, Valle d’Aosta, Valtellina
  8. Indicare le aree spumantistiche più importanti italiane:
    Trento, Franciacorta, Oltrepò Pavese, Valdobbiadene, Langhe
  9. Indicare 3 importanti zone vitivinicole della Spagna con i loro vitigni più significativi e le relative tipologie di vino prodotte:
    1. Zona Ribera del Duero –  vitigno Tinto Fino – vino rosso Ribera del Duero
    2. Zona Rioja – vitigno Tempranillo – vino rosso Rioja
    3. Zona Jerez – Pedro Ximenez – vino fortificato Sherry
  10. Spiegare la sensazione di succulenza, indicare le tre tipologie di succulenza, facendone per ciascuna un esempio di cibo/preparazione nei quali è chiaramente percettibile e proporre un vino per ciascuno in abbinamento:
    La succulenza è la presenza di liquido in bocca, può essere:
    1. INTRINSECA: quando c’è del liquido direttamente nella preparazione che mettiamo in bocca | cappelletti in brodo, abbinamento cibo-vino Romagna Albana Secco
    2. INDOTTA: se proviene da sostanze che stimolano la masticazione che a sua volta genera salivazione | esempio carne alla griglia, abbinamento cibo-vino Romagna Sangiovese Superiore
  11. Spiegare cosa sono i formaggi erborinati e le caratteristiche organolettiche più significative, fare 3 esempi con tre vini da proporre in abbinamento, motivando le scelte:
    Sono formaggi ai quali viene aggiunto un fungo del genere Penicillium che a seguito della maturazione delle forme si svilupperà e formerà la classica chiazzatura bluastra. Un tempo lo sviluppo era affidato al caso, oggi è rigidamente controllata. Le caratteristiche organolettiche sono un formaggio aspro, leggermente piccante, dall’odore forte e dalla lunghissima persistenza gusto olfattiva.
    1. Gorgonzola – vino in abbinamento Franciacorta DOCG Extra Brut
    2. Stilton – vino in abbinamento Porto LBV
    3. Roquefort – vino in abbinamento Sauternes relativamente giovane (entro 10 anni)
  12. Trenette al pesto: indicare le principali caratteristiche organolettiche, quelle del vino in abbinamento, indicandone il nome.
    Il Pesto alla Genovese è il prodotto di olio d’oliva (untuosità, tendenza amara, leggera piccantezza), basilico (tendenza amara, forte aromaticità), pecorino (sapidità, aromaticità, tendenza amara, piccantezza…) ed eventualmente aglio. A questi si aggiunge la pasta, i fagiolini e le patate. Prendendo per buoni i tratti propri del solo Pesto, mi serve un vino che tenga soprattutto piccantezza, aromaticità e tendenza amara. Per questo scelgo un vino con un residuo zuccherino leggermente più alto, una bella morbidezza e grande intensità. Personalmente sceglierei un Sauternes giovanissimo (2011-2013) servito molto fresco.

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Ti segnalo qualche articolo che ho scritto che ti sarà sicuramente di aiuto nella fase di preparazione dell’esame AIS per aspiranti sommelier:

Inoltre ti consiglio di comprare la Moleskine Wine Journal (su Amazon costa meno che da Buffetti!) per esercitarti con le degustazioni anche quando sei “in giro”. Infine, ti consiglio di comprare assolutamente almeno i campioncini delle alterazioni, dei difetti e delle malattie: ti saranno davvero utili!

Infine voglio ringraziare di cuore un mio lettore e quasi collega sommelier umbro, Marco, per avermi inviato le domande (con le sue risposte, alcune nelle domande aperte le ho cambiate) che mi hanno permesso di creare questo post che spero vi aiuterà nello studio.

A proposito, avete provato a fare la simulazione nei 60 minuti? Com’è andata? Scrivetemelo in un commento!!

Cheers ❤

Chiara

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L'articolo Esame AIS: facciamo una simulazione della prova scritta e studiamo insieme? proviene da Perlage Suite.

Francesco Carfagna: da viticoltore eroico a “palazzinaro” del vino

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Normalmente non scrivo articoli di cronaca, nemmeno del vino. In questo caso, tuttavia, mi sento di fare un’eccezione perché questa notizia allucinante che ho letto stamattina sul sito di Slow Food ha per oggetto il mondo che ho lasciato, l’edilizia, e il mondo in cui vivo oggi, il vino. Ebbene sì: il vignaiolo dell’Isola del Giglio Francesco Carfagna è stato condannato a pagare una multa pari a 8.000 €, di cui 2.750 € in sostituzione a 11 giorni di carcere, per aver tutelato l’ambiente in cui vive e lavora eliminando sterpaglie da un terreno (suo) senza autorizzazione. Sarà perché all’Isola del Giglio ho bellissimi ricordi, sarà perché i miei genitori ci sono andati in vacanza ogni ferragosto per un sacco di anni consecutivi… o forse sarà che quando lavoravo in edilizia ho visto le peggio speculazioni nel Parco Nazionale del Delta del Po finire a “cappelletti e sangiovese” con qualche sanatoria ridicola rispetto al danno fatto all’ambiente e alle schifezze costruite… in ogni caso non posso proprio fare finta di niente oggi.

Francesco Carfagna e il suo vicino sono stati condannati come due palazzinari (del vino il primo e dei piselli il secondo… giuro!) per aver ripulito un minuscolo pezzo di terra di 100 mq (!!!), nelle loro rispettive proprietà da sterpaglie e rovi infestanti senza richiedere autorizzazione preventiva. Il vicino è colpevole anche di aver piantato nel suo orto fave e piselli e alla richiesta di piantare i pomodori gli è stato risposto che in quel caso avrebbe “aggravato la sua posizione”. Allora, diciamo pure che l’Isola del Giglio fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano… ma condannare  penalmente Francesco Carfagna e il suo vicino per aver pulito dai rovi un pezzettino della loro terra con l’accusa di abuso edilizio è raccapricciante. Il vicino poi si trova in una situazione ancora più grave per esser stato colto in flagrante mentre piantava i piselli nel suo orto e il tuo terreno è stato posto sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. 

Questa sarebbe la malagiustizia italiana… no, davvero, siete seri?

Da quando il taglio delle sterpaglie è diventato equiparabile ad un abuso edilizio? Senza andare a scomodare il Centro e il Sud Italia, vi porterei a fare un giro turistico sulla Riviera Romagnola a vedere gli abusi edilizi, quelli veri. Per non parlare di tutta la “merda” sversata nei fiumi e nel mare… E attenzione, tutte queste cose non a norma di legge sono fatte esclusivamente per lucro, non per tutelare l’ambiente in cui si vive o per piantare i pomodori.

francesco carfagna

Aggiungo che io vivo sul Lago d’Iseo, nella sponda bergamasca, zona di stupenda bellezza ma di grande dissesto idrogeologico. La nostra montagna è “abbandonata” e boschiva, piena appunto delle nostre sterpaglie che però risultano diverse da quelle della macchia mediterranea. Questo lasciarla a sé stessa provoca frane quotidiane anche di piccole porzioni di montagna, fino a veri e propri disastri (anno scorso è caduto un pezzo di roccia di dimensioni maggiori della mia macchina giusto 5 minuti prima che passassi di lì…). Come cavolo si può condannare per abuso edilizio un vignaiolo che tutela l’ambiente pulendo le stesse sterpaglie che con le loro radici rovinano muretti e terrazzamenti causando questi disastri? E sequestrare un terreno per averci piantato fave e piselli? Signor giudice del Tribunale di Grosseto (ah quanto mi piacerebbe che lei mi rispondesse a questo articolo…), mi sta dicendo quindi che dato le disposizioni del D.P.R. 380/01 Art. 44 dove sono trattati gli abusi edilizi qualcuno andrà a sequestrare i germogli di piselli dopo aver sequestrato il terreno?

Il D.P.R. 380/01 Art. 44 stabilisce che, una volta accertata la lottizzazione abusiva del terreno (cosa che il giudice è riuscito a fare condannando Francesco Carfagna e il suo vicino), c’è la confisca i terreni che diventano patrimonio del Comune che li acquisisce a titolo gratuito (ah, ecco… ) insieme alle opere ivi costruite.

E sai qual è la cosa più vergognosa? Che sul sito di Slow Food ho letto commenti che proclamano giusta questa condanna. Sia chiaro, io sono la prima a dire che le leggi vanno rispettate. Ma devono essere sensate e scritte con criterio. E non si può confondere per ignoranza le normali pratiche agronomiche con interventi di lottizzazione. La deriva di questo Paese è che i criminali e i truffatori, quelli veri, se la cavano con pene ridicole e spesso nemmeno sono condannati, mentre ad un contadino che pianta i piselli nel suo orto gli viene sequestrato il suo terreno perché lo ha ripulito senza autorizzazione, nonostante è ampiamente dichiarato che ha fatto anche un beneficio all’ambiente.

Sì, questa volta sono andata fuori tema e non ho parlato di vino a causa della mia indignazione. Spero tuttavia che da qui nasca l’occasione per andare ad assaggiare i vini di Francesco Carfagna, professore di matematica, capomastro rurale, oste e vignaiolo, ormai leggenda dell’Isola del Giglio per aver “resuscitato” gli antichi vigneti che si aggrappano alle sponde frastagliate dell’isola in splendidi terrazzamenti vista mare in cui lui stesso ha costruito, sasso dopo sasso, 10 km di muretti a secco. E ha così riportato in vita sull’isola un vitigno autoctono, l’Ansonica, con cui produce le sue 6000 bottiglie di Ansonaco del Giglio, bianco fermo vinificato con “metodo tradizionale”. Ricordo che i miei genitori me ne hanno portato una bottiglia qualche anno fa, anche se all’epoca non ero ancora sommelier e ancora non svolgevo degustazioni professionali. Però ne ricordo comunque la straordinaria sapidità, il gusto davvero salmastro e quel profumo di “sugo d’arancia” che lo caratterizzava tanto.

Voglio dire grazie a Francesco Carfagna per aver recuperato i 4 ettari di vigneti abbandonati dell’isola con 10 anni di duro lavoro. Spero che tutti gli appassionati del vino compreranno i suoi vini per aiutarlo a pagare questa salatissima sanzione.

A proposito…

Da questa malagiustizia alla fine chi ci guadagna?

Se qualcuno conosce il nome del Giudice del Tribunale di Grosseto che ha emesso questa sentenza, vi chiedo cortesemente di comunicarmelo. Mi farebbe davvero piacere invitarlo a rispondere pubblicamente a questa domanda. Questo è infatti il mio pensiero, ma vorrei innescare un dibattito costruttivo su questa sentenza, sul patrimonio vitivinicolo italiano e la tutela dell’ambiente.

Cheers <3

Chiara

PS. Vi saluto con questo particolare di una foto scattata da mio papà dalla sua camera nell’Hotel Saraceno nel 2012 ai tempi del Naufragio della Costa Concordia… a proposito, il Comandante Schettino che pena ha avuto per aver ammazzato 32 persone e aver (quasi) causato un disastro ambientale di proporzioni catastrofiche proprio nella stessa Isola del Giglio? 16 anni. Qualcuno mi dirà che 11 giorni sono una pena assai inferiore, ma io vedo anche qui una non proporzione e sensatezza della pena. Schettino ha ammazzato 32 persone e ferite 100, dopo aver fatto naufragare e aver abbandonato una nave con 4.449 passeggeri, 1.351 m³ di acque grigie e nere, 41 m³ di oli lubrificanti, 280 litri di acetilene, 5.120 l di azoto, 600 kg di grassi per apparati meccanici, 855 litri di smalto liquido, 50 litri di insetticida liquido, 1 tonnellata di ipoclorito di sodio (candeggina), 2.040 m³ di olio combustibile e 230 m³ di gasolio. Francesco Carfagna e il suo vicino hanno estirpato le sterpaglie da 100 mq del loro terreno. Sono stati messi sullo stesso piano (inteso un processo penale) di chi ha fatto naufragare la Costa Concordia. Questo non è accettabile. Che siano 11 giorni, 11 minuti o 11 secondi.

La malagiustizia sta facendo naufragare il nostro Paese.

P.P.S. Francesco Carfagna ha risposto con una brillante e corposa relazione, che vi pubblico ora integralmente, così come l’ho trovata sul sito Giglio News.

Risposta del Vignaiolo Francesco Carfagna

Al presidente commissione agricoltura della Camera, Sig. Luca Sani
Al presidente della Giunta Regionale Toscana, Sig. Enrico Rossi
Al comandante Regione Carabinieri Forestale Toscana, Sig. Giuseppe Vadalà
Al presidente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Sig. Giampiero Sammuri
Al presidente del CERVIM, Sig. Roberto Gaudio
All’assessore all’agricoltura Giunta Regionale Toscana, Sig. Marco Remaschi
Alla direttrice del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Sig.ra Franca Zanichelli
Al sindaco del Comune di Isola del Giglio, Sig. Sergio Ortelli

E p.c. alle Signore e ai Signori
Carlo Petrini, Giancarlo Gariglio, Rinaldo Rava, Alessandro Mugnaioli, Segreteria Presidente Sani, Diego Santi, Gennaro Giliberti, Fabio Fabbri, Maddalena Guidi, Stefano Barzagli.

Oggetto: Patrimoni agricoli eccezionali, Ambiente-Degrado, Normative-Interpretazioni-Contraddizioni-Sanzioni, Teoria-Pratica

Premessa 1)

I paesaggi agricoli eccezionali, praticamente sempre terrazzati, difficili e situati spesso in località marginali e di straordinaria bellezza, non meccanizzabili e non fagocitabili dalle multinazionali del cibo globalizzato, degli ogm e dell’agroindustria sono considerati ovunque di altissimo valore e importanza, non solo ambientale, ma anche economica e sociale, come fonte di lavoro e rimedio contro lo spopolamento.

Gli organismi istituzionali a parole ne sostengono la preservazione e il recupero. L’UNESCO li inserisce fra i patrimoni dell’umanità. (allegato U)

Normative, sia nazionali sia regionali (nel nostro caso Regione Toscana), e loro interpretazioni, da una parte ne auspicano il recupero, e dall’altra lo impediscono, o lo rendono assai arduo, e ne condannano la coltivazione equiparandola ad un orrendo crimine edilizio* [SIC!]

*vedi decreto di condanna e relativa sanzione (allegato F1 e allegato F2 + art. 181 dlgs 42/04)

Premessa 2)

Noi (famiglia Carfagna, vignaioli) e altri come noi, proprietari di terreni coltivati e lavorati in precedenza per centinaia di anni siamo in torto per aver ripulito dai rovi e dagli arbusti senza chiedere l’autorizzazione:

noi un fosso di scorrimento acque di superficie e una piccola fascia di rispetto.
altri l’orto storico di famiglia.
Poche decine di metri quadri rispettivamente. (vedi foto in basso)

Siamo entrambi pesantemente incriminati penalmente per reati edilizi e l’altro, che ha ripulito l’orto di famiglia, ha subìto anche un sequestro giudiziario penale (del suo orto) perché, oltre ad averlo ripulito senza autorizzazione, ha commesso anche il crimine di zapparlo e piantarci fave e piselli !!!

Siamo comunque in torto.

Ma ha ragione un legge che equipara il taglio della frasca a una lottizzazione abusiva a scopo edilizio?

E ha ragione una legge (allegato G) che dice che un terreno agricolo, se abbandonato da almeno 15 (quindici) anni [lrt 39/2000 art.3 comma 5 lettera c)] che passano a 8 (otto) anni nel regolamento forestale toscano [art.82 comma 1 (allegato H)], sia equiparato a bosco o terreno saldo anche se in precedenza coltivato magari per secoli (come è il nostro caso)?

E’ un crimine coltivare il proprio giardino?

Notazione di colore: essendo stato nominato custode del suo orto sequestrato e avendo chiesto se potesse piantarci i pomodori gli è stato risposto: – Per Carità! Così aggraverebbe la Sua posizione! …

Premessa 3)

Rovi e arbusti infestanti susseguenti all’abbandono sono “l’ambiente” e vigne, orti e frutti sono “deturpazione”o “degrado”?

Viste le premesse, e unendo e facendo interagire gli argomenti in oggetto:

Normative sia nazionali sia regionali … qui di seguito, due articoli della legge 238/2016

28-12-2016 GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Serie generale – n. 302
LEGGE 12 dicembre 2016 , n. 238
Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge:
TITOLO I
DISPOSIZIONI INTRODUTTIVE
Capo I
SALVAGUARDIA DEL VINO E DEI TERRITORI VITICOLI
Art. 1. Patrimonio culturale nazionale
Il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.
Art. 7. Salvaguardia dei vigneti eroici o storici
Lo Stato promuove interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei vigneti delle aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o aventi particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale, di seguito denominati «vigneti eroici o storici». I vigneti di cui al comma 1 sono situati in aree vocate alla coltivazione della vite nelle quali le particolari condizioni ambientali e climatiche conferiscono al prodotto caratteristiche uniche, in quanto strettamente connesse alle peculiarità del territorio d’origine.

E ci dicono che lo Stato, oltre che manutenzione e salvaguardia, promuove interventi di RIPRISTINO e RECUPERO … dei vigneti “eroici o storici”. [vedi, nel caso della Toscana, anche l’art.80 del Regolamento Forestale, comma 2 lettera b) e c)]. (allegato J)

Ma la Guardia Forestale proprio su di essi si accanisce con denunce PENALI a tutto spiano. Vero è che sia necessaria una autorizzazione o una dichiarazione. Ma è necessario tanto rigore? (vedi di nuovo allegato F1 e allegato F2) Non è una novità, c’è già nelle Scritture: – Filtrano il moscerino e si ingoiano il cammello -.

Se fossimo giungla il patrimonio sarebbe giungla. Ma siamo da sempre vigne, orti, frutti. Il patrimonio allora dovrebbe essere vigneto e paesaggio agricolo. “Insula suavissimo vino celebris”… (Paolo Giovio – Historiarum sui temporis tomus secundus, in officina Laurentii Torrentini, Florentiae 1552). Una viticoltura così importante da essere citata nella “Storia Naturale dei Vini” di Andrea Bacci, [una pubblicazione del 1595 che parla dei vini di tutta l’Europa!!!] (allegato K1 e allegato K2).

Centinaia e centinaia di ettari coltivati fino a prima della seconda guerra, viti sopravvissute in mezzo ai rovi ovunque (vedi foto in basso), ovunque terrazzamenti. Paesaggio agricolo eccezionale, non giungla. Abbandono dell’agricoltura e spopolamento, monocultura turistica e desertificazione emotiva. Lo chiamano progresso.

Il recupero di questa agricoltura così ardua e difficile comporta comunque, oltre ad una altissima dose di buona volontà e di amore (cuore puro), altrettanto altissimi costi e lavoro manuale enorme. Tanto è vero che gli opportunisti, speculatori, cacciatori di contributi e creatori di aziende fantasma sono piuttosto rari in questi territori, poco adatti ai loro scopi.

Perché dunque somministrare a chi vi si dedica sinceramente il carcere, sanzioni abnormi, avvocati, processi, sangue amaro e compagnia bella? Non si chiedono aiuti né premi, solo di lavorare in pace si chiede. L’eroismo principale credo, consiste proprio nel dover affrontare tutte queste orribili complicazioni extra …

Un’ultima cosa: se è vero che si vuol favorire il recupero di questa agricoltura, si facciano cessare gli interventi abnormi che lo impediscono. Se non è vero, che si dichiari apertamente che si vogliono rovi e non vigne.

Qualcosa si sta muovendo: paesaggi agricoli storici, foto aeree di sessanta o settanta anni fa, l’evidenza delle vecchie colture, riconoscimento dei vigneti “eroici” in una legge nazionale … Quasi un risveglio di consapevolezza di qualcosa … Un po’ di “buon senso” che fa capolino …

Rimane comunque il fatto che qui (Isola del Giglio), c’è gente che da mesi e mesi e mesi sta aspettando l’autorizzazione di poter zappare il suo orto. E chi lo ha fatto senza autorizzazione è incriminato penalmente e sanzionato pesantemente per lottizzazione abusiva a scopo edilizio.

C’era un programma in televisione quando ero giovanetto che si intitolava “Ai confini della realtà” …

In buona sostanza noi, coltivatori sinceri di luoghi “eroici”
Visto ciò che precede

Chiediamo

Alle donne e agli uomini di buona volontà che abbiano il potere di legiferare in materia,

  1. Che i territori agricoli eccezionali possano avere delle normative loro proprie, anche in deroga a quelle correnti per i luoghi ordinari.
  2. Che esse normative valgano indipendentemente se questi territori ricadano nei perimetri dei parchi oppure no. (facciamo qui appello alle dirigenze dei parchi perché recepiscano nei regolamenti etc …)
  3. Che, nel caso dei terrazzamenti, qualsiasi luogo terrazzato possa essere considerato paesaggio agricolo storico, indipendentemente da quanto tempo sia stato abbandonato. Non facevano le terrazze per nulla i nostri predecessori. E le terrazze sono le prime ad essere state abbandonate.
  4. Che per i territori viticoli eccezionali, oltre alla possibilità del recupero delle terrazze con la ripulitura, sia possibile ripiantare la vigna con autorizzazioni speciali o assegnazioni privilegiate, come facevano alcune regioni, e la Toscana in particolare, solo pochi anni fa col suo meritorio piano di rivitalizzazione della viticoltura delle isole, assegnando diritti di reimpianto gratuiti ai territori “eroici”. Sempre ammesso che si abbia poi la forza e il denaro per farlo. Al contrario dei cacciatori di contributi (siamo già arrivati alla domanda di contributo per fare domanda di contributo …), NON CHIEDIAMO AIUTI, chiediamo solo di poter lavorare in serenità. Notazione di colore: mi pare che per ora non siamo ancora arrivati alla domanda di autorizzazione per fare domanda di autorizzazione …
  5. Che nei regolamenti attuativi, fermi restando i criteri di salvaguardia e il divieto di snaturare i luoghi, si ponga fortemente l’accento sul ripristino e il recupero e il ritorno “all’antico splendore” agricolo, con tutte le sue enormi valenze positive di risorsa ambientale, sociale, culturale, economica, di occupazione e di valorizzazione della temperie umana e del paesaggio.
  6. Che, salva restando la doverosa e giustissima vigilanza, si scoraggino invece iniziative e sanzioni penali abnormi, a questo recupero contrarie.
    Con questo, qui chiudo.

Cordialissimamente saluto e mi firmo

Francesco Romano Carfagna – vignaiolo
ALTURA Vigneto soc. semplice agricola

Se è una petizione, dove devo firmare?

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Spaghetti alla Carbonara: ricetta e abbinamento

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Oggi ho deciso di parlare del mio piatto preferito in assoluto: gli spaghetti alla carbonara! A casa ho sempre le uova a pasta gialla, il guanciale, il pecorino romano, il pepe nero e gli spaghetti alla chitarra… per me sono gli unici ingredienti che servono per farla buonissima! Poi è un piatto a cui sono dolcemente legata, perché è stata la prima ricetta che ho cucinato al mio ragazzo… e devo a lui l’essermi finalmente “acculturata” su questo piatto che ho sempre creduto figlio della cucina laziale tradizionale! Così, dato che ho vinto i Millésima Blog Awards 2017 nella categoria wine & food pairing proprio per avere osato in un abbinamento con le ostriche,  ti voglio proporre anche questa volta un abbinamento forse un pochino diverso… sperando di essere comunque all’altezza del premio 😉

In questi giorni sono a Roma (e poi a Palermo per un corso di marketing) dal mio migliore amico e ho deciso di cucinargli gli spaghetti alla carbonara per il suo compleanno… per i quali ho trovato un abbinamento cibo vino davvero perfetto!

Un po’ di storia:

Gli spaghetti alla carbonara sono talmente buoni e famosi che è nata una vera e propria disputa sulle loro origini. Parlando con Davide qualche giorno fa è addirittura emerso che il padre sia stato un romagnolo: possibile che io sono romagnola e non ne sapevo niente? Certo è che la Carbonara contiene i due ingredienti della colazione americana: uova e bacon. Per questo mi viene sicuramente facile ritenere più accreditata l’ipotesi che ritiene questo piatto un’invenzione dei soldati americani che condivano la pasta italiana con gli ingredienti a loro più familiari: la pancetta e il tuorlo in polvere.

Sono convinta che la domanda “si usa il guanciale o la pancetta?” Abbia la stessa precisione di risposta della domanda “è nato prima l’uovo o la gallina?”… e che salvo miracoli non troveremo mai una verità assoluta. Forse l’hanno inventata i carbonai dell’Appennino, forse l’ha inventata un cuoco che cucinava per gli americani o forse semplicemente è stata inventata dai soldati stessi. Ma alla fine, conoscere il padre della ricetta originale degli spaghetti alla carbonara è così importante? Per me sì, ma solo per dirgli grazie 🙂

Tuttavia Roberto Gualandi, lo chef che si è definito l’inventore della carbonara, utilizzava la panna nella sua preparazione. Personalmente non condivido l’aggiunta di panna, anzi la considero proprio la morte del piatto! Però ho scoperto che è la pancetta ad essere prevista nella ricetta originale, e non il guanciale come ho sempre creduto. Visto che io credo fortemente che la bellezza di ogni cosa sta nella ricchezza scaturita dall’unione di due diversi punti di vista, per la preparazione di questa carbonara ho deciso di fare metà pancetta e metà guanciale. Il risultato è stato superiore ad ogni aspettativa!

Spaghetti alla carbonara: ricetta

Spaghetti alla carbonara

Ingredienti x 2 (persone mediamente fameliche):

  • 250 grammi di spaghetti alla chitarra (usa una buona pasta, tipo Rummo o Afeltra);
  • 80 grammi di pancetta (quella buona, no quella del supermercato che non capirò mai perchè si ostinano a chiamare pancetta…) in un unico pezzo;
  • 80 grammi di guanciale di amatrice (in un unico pezzo);
  • 4 tuorli d’uova medie a pasta gialla (quando vedo la pasta alla carbonara sbiadita mi viene una grande tristezza…)
  • 40 grammi di pecorino romano
  • sale e pepe Q.B.

Cosa ti serve per cucinarla:

    • tegame di ferro per cuocere la pasta
    • tegame di alluminio a bordi bassi per rosolare guanciale e pancetta (Ho utilizzato questo: meraviglioso! Appena torno a casa me lo compro anche io su Amazon perchè il risultato è davvero diverso! Eccoti il link: Pentole Agnelli ALMR111024 Linea Alluminio Professionale 5 mm, Tegame Radiante, 24 cm)
    • una ciotola di alluminio per sbattere i tuorli con il pecorino
    • una pinza per scolare la pasta in modo di prendere su anche pochissima acqua di cottura
    • 2 forchette

Spaghetti alla carbonara

Preparazione:

  1. Metti su l’acqua per cuocere la pasta. Personalmente preferisco utilizzare un tegame leggermente più piccolo perchè, dato che per fare gli spaghetti alla carbonara non risotto la pasta, in poca acqua si concentrano gli amidi che contribuiscono a fare una bella cremina d’uovo quando, scolando la pasta, ne finisce un po’ nella casseruola dove ho rosolato pancetta e guanciale;
  2. taglia a striscioline un po’ spesse il guanciale e mettilo a rosolare nella casseruola a fiamma bassissima senza grassi aggiunti;
  3. taglia a striscioline un po’ spesse la pancetta e mettila a rosolare nella casseruola col guanciale a fiamma bassissima;
  4. appena l’acqua bolle butta gli spaghetti… ricordati di assaggiarli di tanto in tanto fregandotene del tempo di cottura scritto nella confezione;
  5. separa i tuorli dagli albumi (conservali per fare delle deliziose meringhe alla panna) e mettili nella casseruola con un pizzico di sale, il pepe e il pecorino grattuggiato;
  6. appena gli spaghetti sono cotti (tienili che manca 1 minuto alla cottura al dente perfetta) scolali con una pinza nella casseruola con il guanciale rosolato che avrai tolto da un paio di minuti dal fuoco. Lascia andare poca acqua di cottura, non ne serve molta perchè c’è già il loro grasso sul fondo. [Importante: a meno che tu non utilizzi l’induzione, se hai i classici fuochi, togli proprio il tegame dal fuoco e mettilo o in un fornello spento che non hai appena usato.]
  7. Mescola bene gli spaghetti per farli ungere con la miscela di grasso e acqua di cottura. Nei secondi che mescoli questi perdono quel paio di gradi che ti aiuteranno a non far rapprendere l’uovo.
  8. Aggiungi il composto di uovo e pecorino e mescolalo velocemente alla pasta! I tuoi spaghetti alla carbonara sono pronti per essere messi nei piatti con una bella grattata di pecorino e tanto pepe nero!

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E in abbinamento?

Se analizzo il piatto in sé, ho 4 semplici ingredienti dai forti contrasti:

  • Il tuorlo d’uovo a crudo mi conferisce una tendenza dolce; (nel vino cerco acidità)
  • La pancetta e il guanciale conferiscono una nota grassa e una delicata tendenza dolce, ma anche una buona spaziatura; (nel vino cerco effervescenza, acidità ed intensità gusto olfattiva)
  • il pecorino conferisce una certa succulenza indotta e grande sapidità (nel vino cerco alcolicità e morbidezza);
  • pepe nero (nel vino cerco intensità gusto olfattiva e persistenza).

Dato che non a caso mi chiamo Perlage Suite, ovviamente ti proporrò uno spumante metodo classico. Ma solo per cominciare. Per finire invece andrò su quello che per me è l’abbinamento perfetto… anche se sono sicura che molti di voi penseranno che ho osato troppo. Però vi sfido a provarlo… e poi a lasciarmi un commento! 😉

Spaghetti alla carbonara

Abbinamento 1 (moralmente accettato):
Riserva Nobile Brut 2013 D’Araprì – Puglia, Italia (servito a 8°C)

Appunti di degustazione. Si presenta di un bel giallo paglierino con riflessi dorati, il perlage è fine e numerosissimo e forma una corona persistente. Perlage davvero molto persistente e cremoso. Al naso i profumi sono ricchi, grassi e complessi: note di burro crudo, pasticceria, banana, cioccolato bianco, ananas, nocciole e tantissima vaniglia. In bocca entra deciso, il sapore è perfetto: tanta sapidità, interessanti note di evoluzione, una buona freschezza e un grande equilibrio. Stupefacente la persistenza. Personalmente lo trovo perfetto così, bevuto non troppo freddo. L’ho abbinato con successo alla carbonara, più da carne che da pesce, lo vedo molto bene in particolare con anatra e oca… ma è perfetto anche da solo, a patto di non essere da soli mentre lo si beve 😉

Abbinamento 2 (ho osato, ho osato…):
Sauternes 2016 Château Doisy Daëne – Barsac, Francia (servito a 6°C)

Appunti di degustazione. Giallo dorato, cristallino. Al naso è molto particolare, prevale una nota di fieno secco che sfuma nella salvia fresca, nel salgemma e finisce in uno zafferano ben distinguibile. Ad una seconda passata spunta la rosa essiccata, l’albicocca matura e il fico caramellato. In bocca entra caldo, morbido, forse un po’ alcolico rispetto ad altri, ma la freschezza è ben bilanciata e nel complesso è armonico. Interessante, anche se lo avrei voluto più lungo sul finale. (Se ti va leggi il mio articolo su tutti i Sauternes dell’annata 2016).

E tu come fai gli spaghetti alla carbonara? Quale vino ci abbini? Chi credi li abbia inventati? Se ti va scrivimelo in un commento!

Cheers <3

Chiara

P.S. Per tutte le foto di questo articolo ringrazio come sempre UniversoFoto.it per la fornitura della Sony RX100M4… è davvero un gioiellino! Ho anche scoperto che in Scene c’è la funzione specifica per scattare le foto del cibo… bellissima!! (Nelle foto di questo articolo l’illuminazione non è ottimale… ma direi che la bontà della mia carbonara è stata resa perfettamente! 😉

franciacorta universo foto

 

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Wine Marketing: Famosa attrice cinese firma il vino italiano di Tenuta Pianirossi – scelta vincente oppure no?

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Sono appena tornata da un corso di Digital Marketing tenuto da Gianluca Diegoli per Registro IT a cui ho partecipato grazie al mio hosting provider Native Italy… e ho proprio voglia di scrivere un articolo sul marketing del vino, anzi sul Wine Marketing… anche se in realtà al corso abbiamo affrontato argomenti di tutt’altra natura. Però, quando stamattina ho letto la newsletter di Wines Story, mi è venuta proprio voglia di approfondire questo argomento. L’oggetto della mail? La famosa attrice cinese Carina Lau (刘嘉玲, Liu Jialing in cinese) ha firmato (di nuovo) 5 vini italiani della Tenuta Pianirossi. L’operazione di wine marketing consiste nell’aggiungere al prodotto, ovvero i vini italiani della Tenuta Pianirossi, e al consumatore, ovvero il popolo cinese, una terza figura implicitamente amata e affine a questo che diviene così un’interessante testimonial di questi vini: Carina Lau.

Per questo oggi mi rivolgo a tutte le cantine vinicole che si sono domandate, almeno una volta nella loro vita, se ha senso affiancare la loro immagine a quella di un testimonial  più o meno famoso per vendere il vino.

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Wine Marketing/1 – il testimonial nella comunicazione del vino: chi è? Come funziona?

Il testimonial è una figura che può o meno appartenere al mondo del vino la cui immagine è più o meno conosciuta utilizzato per aumentare la credibilità del prodotto. Sai che uno dei primi testimonial della storia fu utilizzato dal vino mariani, la bevanda che si può definire la “bisnonna” della Coca Cola? Sì, lo so, a questo punto urge un “piccolo” inciso sul vino mariani… 😀

Vino Mariani: cos’è e cosa avrebbe fatto il dott. Angelo Mariani se avesse potuto usare internet?

wine marketing vino mariani

Preparato macerando per 10 ore 60 grammi “delle migliori foglie di coca” peruviane in 1 litro di vino bordolese, il “vino mariani” fu una delle bevande più apprezzate dal 1863 tanto che il suo inventore, il chimico e farmacista di origini italiane ed emigrato poi in Francia Angelo Mariani, divenne una vera celebrità. “Drogati” di questa bevanda erano anche due pontefici: Leone XIII, che ne divenne addirittura Testimonial, e Pio X. Sì, hai capito bene: nel 1894  Papa Leone XIII era il Testimonial ufficiale di una miscela di vino e coca ancora più pericolosa della cocaina stessa a causa del cocktail con l’alcool! Un litro di vino mariani conteneva fino a 300 mg di cocaina, ma addizionata con l’alcool formava il cocaetilene, un aldoide le cui caratteristiche psicostimolanti sono molto superiori della stessa dose assunta in pasticca. La cosa più interessante è che per mantenere il suo primato, Angelo Mariani cominciò a pubblicare lettere di testimonianza dei suoi clienti più famosi entusiasti di bere il vino mariani. Che dire? Un genio del marketing di fine ‘800! Insomma io mi sbatto a dire ai miei clienti che non c’è niente di più importante di pubblicare una foto con due righe sincere dei clienti soddisfatti  nel proprio portfolio e lui aveva già capito tutto quasi duecento anni prima! Angelo Mariani distribuì 64 milioni di copie dei suoi album che raccoglievano frasi e foto dei suoi testimonial. 64 milioni… e ci sono aziende che considerano esagerata la stampa di 1000 cataloghi!!! O che peggio non vogliono investire nello sviluppo di un sito web fatto con tutti i crismi e si affidano al primo “paroliere” che ha un brand famoso alle spalle o, peggio, gli fa più sconto… Su, chiediti cosa avrebbe fatto Angelo Mariani se aveva a disposizione uno strumento potente come internet che gli consentiva di arrivare a quasi 4 miliardi di persone collocate in qualunque parte del mondo!

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Comunque il vino Mariani fu anche il progenitore della Coca Cola: l’8 maggio 1886 il farmacista statunitense John Pemberton inventò il famosissimo soft drink come cura del mal di testa. La ricetta originale di questa bevanda prevedeva una miscela di foglie di Coca con un estratto delle noci di Cola, usato al posto dell’alcol. La formula della Coca Cola fu venduta nel 1916 per 2300 dollari ad Asa Candler e la Cocaina scomparve dalla celebre bevanda ufficialmente nel 1905, ma tracce ne rimasero con certezza fino al 1929 per poi essere progressivamente eliminata gli anni successivi. Il vino Mariani invece, con la scomparsa della Coca e del vino, fu rinominato Mariani Tonico e fu venduto in farmacia fino al 1963.

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Wine Marketing/2 – Carina Lau madrina di emozioni per il popolo Cinese: può funzionare?

Carina Lau a mio avviso non è un’attrice particolarmente famosa nella Cina di oggi, ma è certamente famosa la sua storia d’amore trentennale con Tony Leung Chiu-Wai, una delle più grandi star cinesi contemporanee che ha fatto la scelta furbissima di non entrare nel cinema holliwoodiano per non alterare la percezione della sua immagine in Cina. Carina Lau poi non è certo la persona più preparata del mondo del vino, ma è sicuramente l’ambasciatrice perfetta del vino italiano in Cina. Inoltre tutte le etichette sono, in teoria, studiate per piacere al popolo cinese (qui dissento, ma affronterò il discorso in un’altro articolo). Certo è che dalla Tenuta Pianirossi dichiarano di aver creato questo vino e averlo vestito appositamente per Carina Lau.

L’utilizzo di un testimonial per promuovere un prodotto di fatto è dare delle referenze al prodotto. Questo non è assolutamente sbagliato nella cultura cinese, anche se resta più in linea con quella anglosassone. Il vino non è un abito, non vuoi sentirti Scarlett Johansson o Brad Pitt mentre lo indossi. Il vino non è nemmeno una macchina veloce, non lo vendi con una strafica semi nuda… o forse potrai anche venderne qualche bottiglia così, ma non camperai certo con quelle. Per fortuna.

wine marketing carina lau

Certo è che il popolo cinese è tradizionalmente chiuso, e anche se il Made in Italy ha un fortissimo ascendente sul cinese medio, il vino italiano occupa malapena il quarto posto nella scaletta del consumo che, peraltro, resta più per status e moda che per cultura o passione. In questa ottica, forse per qualche anno ancora, può funzionare l’uso di Carina Lau come testimonial. Quindi sì, in Cina ha ancora senso scegliere un testimonial per promuovere i propri vini, a patto che sia di nazionalità cinese, goda di ottima reputazione e sia un vero opinion leader. Carina Lau dubito sia un opinion leader del settore del vino in Cina, ma gode del fatto che il cinese medio non conosce il vino e, di conseguenza, viene più attratto dall’affidabilità e dalla fama del prodotto che dal prodotto in sé.

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Wine Marketing/3: ha senso scegliere una celebrity come testimonial o è preferibile una figura più preparata nel mondo del vino?

A questo punto occorre fare un distinguo: chi è il compratore del vino in questione? Se in Occidente l’uso di una celebrity appartenente a tutt’altro mondo per vendere il vino è quantomeno superato, in Oriente è ancora interessante per il legame di fiducia e le emozioni in grado di suscitare. Il vino mariani è un ottimo esempio della fiducia che può scatenare la giusta scelta del Testimonial: chi meglio di un Papa può eludere il dubbio che un composto a base di vino e Coca faccia male? Non a caso a metà degli anni ’60 le stesse multinazionali produttrici di sigarette sceglievano i medici come testimonial (vedi la Camel che sul pacchetto recitava: “le sigarette più fumate dai dottori”). Le sigarette causano il 90% dei casi di tumore al polmone e 100.000 decessi in Italia ogni anno. Eppure sono perfettamente legali e c’è stato un periodo che, nonostante si ipotizzassero già con un certo grado di precisione i gravissimi effetti sulla salute, si nascondeva la testa sotto la sabbia e si producevano finte sigarette di caramella e finte pipe per i bimbi felici di imitare i papà.

Inoltre ricordiamoci sempre che la cultura del vino in Cina è agli albori, e per venderlo è fondamentale creare un legame di fiducia col popolo cinese. Serve un’immagine che evoca la bellezza dell’Italia, rafforzi il Made in Italy e simboleggi lo status che il cinese può acquisire bevendo quel particolare vino.

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Wine Marketing/4 – 3 buoni motivi per non usare un Testimonial per vendere il tuo vino in Italia

  1. Il maggiore problema dell’utilizzo di una celebrità è nell’associare l’immagine del vino al nome di questa: qualora qualcosa infangasse questo nome, anche il prodotto ne risentirebbe negativamente.
  2. I puristi del vino, o meglio gli intenditori, tenderanno a non prendere troppo sul serio il prodotto in virtù del fatto che “ha bisogno” di una celebrità per essere venduto e far parlare di sé.
  3. I caproni giudicheranno la bontà del prodotto e sceglieranno se varrà la pena comprarlo a seconda del feeling che hanno con la celebrità in questione e nulla potrà la qualità del prodotto (sia in bene sia in male) per cambiare la loro opinione.


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Wine Marketing/5 – Testimonial sì, testimonial no: quando serve davvero?

Nel Wine Marketing, per il pubblico Italiano, l’utilizzo di una celebrità come madrina di una certa etichetta di vino ha senso solo quando questo vino è così scadente da non poter essere venduto per le sue qualità organolettiche. Questo deriva anche da una concezione tipicamente italiana della referenza, che spesso non è vista come testimonianza (positiva) ma come raccomandazione (negativa). Se una cantina vinicola ha il potere economico d’acquisto del testimonial famoso dopo aver investito in altri mezzi di comunicazione più redditizi, e vuole tentare a tutti i costi questa strada, le consiglio di puntare, più che sulla celebrità, su un “personaggio” del mondo del vino (giornalista televisivo, wine blogger famoso…). Tutte le altre cantine che non hanno il potere economico d’acquisto del volto di qualcuno, se hanno un buon vino in mano, non devono comunque mirare all’utilizzo di testimonial-celebrità. Questo, infatti, farebbe immediatamente “scadere” il valore percepito del prodotto agli occhi dei winelovers. Queste cantine devono puntare a creare una rete di ambasciatori dei loro vini invitando blogger, giornalisti, sommelier preparati a degustarli, al fine di creare un “esercito qualificato” di addetti ai lavori che comunichino con passione e competenza il loro vino.

Wine Marketing/6 – La scelta sempre vincente, in Cina come nel resto del mondo

Caro produttore di vino, diventa tu stesso testimonial del tuo vino. Usa il tuo nome per promuovere i tuoi vini, interagisci col pubblico nei social network e cerca di abbattere, in prima persona, ogni distanza col potenziale cliente finale. Non lasciare ad un terzo la responsabilità di farti da angelo custode: se le sue ali vengono tagliate, rischi di precipitare con lui! Non avere paura di esporti, sii orgoglioso di metterci la faccia chiunque tu sia… e, soprattutto, raccontati.

Viviamo in un’epoca molto ingenua; per esempio, la gente compra prodotti la cui eccellenza è vantata dalle stesse persone che li vendono.

Jorge Luis Borges

Tradotto:


Non vantarti dei tuoi vini, ma limitati a raccontarli. Se ben fatti, si vanteranno da sé. #vino…
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Vendere il vino significa, prima di tutto, non vendere nulla. Racconta la tua storia e interagisci con chi ti segue. Soprattutto se vuoi vendere in Cina, accompagna i tecnicismi a tanti video (sottotitolati) e tanti racconti di te e della tua famiglia, oltre che del vino in sé. Per me questi sono i dettami principali del Wine Marketing.

Cheers <3

Chiara

P.S. Se vuoi vendere il tuo vino italiano in Cina, prima leggi questo articolo basato su una ricerca della società cinese Daxue Consulting, poi approfondisci la cultura cinese su uno di questi testi che puoi trovare su Amazon:

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L'articolo Wine Marketing: Famosa attrice cinese firma il vino italiano di Tenuta Pianirossi – scelta vincente oppure no? proviene da Perlage Suite.

Rosée Wine Bar a Milano: 3 buoni motivi per passarci (quasi) tutte le sere

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Martedì sera Gabriele Scalici, un caro amico sommelier e collega wine blogger di Parole DiVino, aveva organizzato insieme allo staff di Rosee Wine Bar una degustazione dedicata ai vini del sud. Format carino: ogni partecipante portava una bottiglia del sud italia da degustare insieme, senza una scaletta ordinata, e Rosée ci metteva a disposizione “la pappa” per non uscire storti e riuscire a tornarci a casa! Ero già stata in questo wine bar di Porta Romana a pochi giorni dalla sua inaugurazione, e devo dire che le mie prime impressioni sono state tutte confermate. Così ho deciso di scrivere queste 5 validissime ragioni che spingerebbero me, se vivessi a Milano, a passarci per un calice di vino davvero tutte le sere, prima di tornare a casa o di fare un’uscita al ristorante!  😉

Ma prima di dirti quali sono, secondo me, i 5 buoni motivi per cui se vivessi a Milano passerei da Rosée Wine Bar (quasi) tutte le sere, ti voglio raccontare le mie impressioni sui vini degustati martedì sera.

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Selezione di vini degustati (#nonsoloSud)

Pigato 2012 – Rocche del Gatto (Liguria)

Il primo vino degustato lo ha portato Gabriele: Pigato di Rocche del Gatto 2012. Come? Non è del sud Italia ma ligure? Oh beh come ha detto Gabriele è della Riviera di Levante, che in Liguria sta più a sud di quella di ponente. Ecco. Quanto alla scelta, devo dire che stimo molto Gabriele perchè mi ha fatto assaggiare anche vini meravigliosi… per rimanere al sud cito il meraviglioso spumante metodo classico siciliano Murgo extra brut che mi ha fatto assaggiare la sera che ho conosciuto Adriana, la sua fidanzata che mi stra piace! Poi ogni tanto invece se ne esce con questi vini ossidati e mal conservati che personalmente non capisco… e mi sforzo di capire perchè a me le note ossidate piacciono, ma a mio avviso questo era proprio passato di là (ne avevo assaggiato anche uno marchigiano di cui non ricordo il nome a “Io bevo Così” a Olgiate Molgora il mese scorso…). Di colore giallo ambra, consistente, al maso aveva qualche nota interessante di croccante di noci e fico (troppo maturo). In bocca è troppo caldo, le pseudocaloriche sono esageratamente forti e mancano freschezza e acidità. In compenso il finale è lungo, perfino nel bicchiere. A momenti l’ho dovuto passare con la fiamma ossidrica per mandare via quell’odore di cotto. Gabriele giura che è l’annata… può essere! Per questo mi riservo di assaggiarne un’altra prima o poi… e cambiare idea.

“Ivy” Spumante Brut – Roberto Sarotto (Piemonte)

Il secondo vino degustato merita una speciale menzione per il suo contesto. Avevo appuntamento col corriere per la consegna del pacco con i campioni tra le 14 e le 14:30 e mi ha chiamato alle 12 che era sotto casa… così sono corsa da Lovere per non farlo aspettare troppo. Il geniale corriere aveva appoggiato il pacco in un punto dove, per prenderlo, mi sono letteralmente spaccata la testa. Non è servito il kg di ghiaccio che ci ho tenuto un’ora… ho un male bestiale alla fronte ancora oggi. La sera stessa non me la sentivo nemmeno di andare a Milano perchè avevo la nausea dalla botta, ma il mio angelico fidanzato Davide si è offerto di accompagnarmi anche se era stanco morto perchè la sera prima eravamo andati a dormire tardi. Insomma questo vino l’ho voluto portare per degustarlo subito, almeno per capire se mi ero spaccata la testa per un motivo valido. Purtroppo no. Un metodo charmat con una bollicina sicuramente fine, complessivamente elegante, ma non molto consistente. Profumi di fiori bianchi, ginestra e ananas appena accennati. In bocca il finale è cortissimo. Però può essere un’alternativa al prosecco “da bar” per il suo essere sicuramente beverino e piacevole. Agli altri è piaciuto.

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“Surrau” Vermentino di Gallura DOCG Spumante Metodo Classico Brut Millesimato 2013 – Vigne Surrau (Sardegna)

Anche questo l’ho portato io: uno dei campioni arrivati per la mia Guida Vini Spumanti direttamente dai vigneti di Spridda, ad Arzachena. Si presenta di un giallo paglierino tenue e brillante. Il perlage è fine e molto numeroso e persistente. Il naso è piacevole ed elegante, la crosta di pane del metodo classico si fonde armoniosamente nella pesca gialla. In bocca si sente davvero il salmastro, la bollicina è piacevolissima e cremosa anche se davvero “tanta”. Devo dire che mi è piaciuto: sapidità, freschezza e struttura danno un vino elegante che nobilita la Sardegna dei vini spumanti (ne sto assaggiando di davvero buoni!). Il finale è lungo, e lo rende adatto a tutto pasto. A patto di prediligere il pesce in carpaccio, al vapore o in tempura.

“Maria Stella” Insolia IGT Sicilia – Avide (Sicilia)

Il terzo vino che vi presento è l’Insolia più buono che avessi mai degustato: Insolia IGT Sicilia “Maria Stella” di Avide. Di un bel giallo paglierino intenso con riflessi dorati, forma archetti regolari che denotano una certa consistenza. Al naso trovo subito una nota quasi botritica, il tarassaco, gli agrumi, l’erba tagliata poi lasciata seccare al sole. In bocca è fresco, molto sapido e con un finale lungo. Recentemente ho provato diversi Insolia, ma di tutt’altro livello. Un ottimo rapporto qualità prezzo: la bottiglia costa intorno a 10 €. Ho scoperto sul loro sito web che esiste anche un’insolita “Riflessi di Sole” che a questo punto sono molto curiosa di assaggiare!

“Quarta Generazione” Aglianico del Vulture DOC – Paternoster (Basilicata)

Giovanna Paternoster, della quarta generazione di vignaioli della famiglia Paternoster, ci ha portato personalmente il suo nuovo Aglianico del Vulture. Mi ha fatto piacere conoscerla, e sono stata felice di scoprire la linea “Quarta Generazione”. Rosso rubino con riflessi violacei. Il naso mi piace molto: profumi definiti molto tostati e speziati, che vanno dai chiodi di garofano al caffè fresco, per sfumare nella marasca sotto spirito. In bocca le sensazioni pseudocaloriche sono un po’ alte, e di per sé sarei fiduciosa che qualche mese in bottiglia può fargli molto bene. Il tannino è ben amalgamato, ma manca un po’ di freschezza. Nel complesso è un vino piacevole, elegante e con un finale lungo.

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“Giona” Malvasia delle Lipari DOC Passita 2015 – Giona Hauner (Sicilia)

L’ultimo vino lo ha portato Davide, (beh naturale dato che lo produce suo papà… :P) Il colore è bellissimo: giallo ambra brillante. Al naso albicocca fresca, fico in confettura, miele di castagno, mandorla e una nota balsamica che sfuma nello smalto. In bocca è dotata di grande piacevolezza grazie alla morbidezza fusa perfettamente con la freschezza. In bocca c’è una bella rispondenza col naso: l’albicocca si sfuma in una nota medicinale con un finale di caramella d’orzo e pepe. Pseudocalorica leggermente accentuata, ma è un peccato di gioventù dato che è la vendemmia 2015. Ancora 4/6 mesi di affinamento in bottiglia per avere la massima espressione di una Malvasia delle Lipari davvero eccezionale. Altra nota positiva: l’ho trovata meno dolce di altre Malvasie delle Lipari che ho assaggiato di recente, e questo le dona grande bevibilità, soprattutto se servita fresca (tanto i profumi sono talmente intensi che non hanno paura di qualche grado in meno… e si risolve pure la sensazione pseudocalorica!)

E infine quali sono questi 3 buoni motivi per passare da Rosée, il Wine Bar di Porta Romana a Milano quasi tutte le sere?

rosee wine bar enoteca milano

  1. L’ambiente è soft e curato… perfetto per una serata tra amici, con l’intimità di un locale da coppietta e  da aperitivo di lavoro informale;
  2. C’è una bella selezione di vini… che se ti piacciono puoi acquistare e portare direttamente a casa tua!
  3. La posizione è ottima: Porta Romana, a pochi passi dall’uscita della metropolitana. Ci si arriva comunque quasi davanti anche in macchina, ma come in tutta Milano è un problema parcheggiare…

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Bonus extra: la presenza del pianoforte… io lo adoro!!! Uno dei miei più grandi rimpianti è non aver imparato a suonarlo bene come voleva mio nonno… <3

Cheers

Chiara

P.S. Come sempre per le foto ringrazio Universo Foto per la meravigliosa Sony RX100 M4 che adoro… e che sto piano piano imparando ad usare con grande soddisfazione personale <3

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Gin Rosa: storie di donne, successi e passioni nel cuore di Milano

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Mercoledì scorso sono stata all’enoteca Gin Rosa di Piazza San Babila a Milano per un delizioso aperitivo di lavoro. In realtà la nostra permanenza al Gin Rosa, grazie al servizio ed alla compagnia, è stata così piacevole che l’aperitivo si è trasformato in pranzo… e a momenti non ce ne andavamo più! La scoperta del Gin Rosa in realtà non è mia: l’idea è stata di Carla, imprenditrice vinicola abruzzese che proprio in quei giorni mi aveva contattata per una proposta di lavoro. Lo ammetto: un po’ perché vivo in Lombardia da appena 2 anni e un po’ perché sono a Milano spesso, ma non così spesso, non avevo mai sentito parlare del Gin Rosa… eppure è uno dei locali più antichi della città che affonda le sue radici nella prima metà del 1800.

San Babila poi è una “Milano dentro Milano”, una piccola city dove negozi di grandi firme e uffici si intrecciano in un tessuto urbano di pregio a due passi dal Duomo. In questo contesto il Gin Rosa della Galleria San Babila è lo specchio di quella “Milano bene”, di classe e produttiva, capace ancora di godersi una pausa o un pranzo di lavoro senza fretta ed assaporandosi ogni istante.

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Sono arrivata in leggero anticipo e mi sono seduta in un tavolino all’aperto, immaginandomi come doveva essere trovarmi lì, due secoli prima, ad osservare il passaggio delle carrozze sorseggiando gli aperitivi che si sono evoluti al cambiare del tempo, delle mode e dei costumi. Il Gin Rosa invece, pur vantando una storia secolare, sembra non temere il trascorrere degli anni. E non parlo solamente del drink: anche il locale ha saputo rinnovarsi mantenendo intatto il suo storico fascino! Tutto è molto curato, il personale è gentilissimo e tavolini e sedie sono comodi. E la sua posizione privilegiata all’interno della Galleria San Babila fa anche sì che i tavolini fuori siano vivibili senza fastidiosi piccioni! (Lo so, gli animalisti mi odieranno… ma io considero i piccioni come le zanzare… e ho detto tutto!) Tiro fuori l’iPad e la sua comodissima tastiera bluetooth Ultrathin Logitech (non smetterò mai di dire che questo è stato il miglior acquisto della mia vita… e Amazon come sempre è stato superlativo!) e mi metto a scrivere qualche considerazione per l’aperitivo di lavoro intanto che aspetto Carla, che arriva di lì a pochi minuti. L’avevo già vista su skype, ma dal vivo è ancora più bella e piacevole. Tra una parola e l’altra scatta il primo aperitivo, ed ecco che provo questo famoso Gin Rosa. Le premesse c’erano tutte: essendo un distillato di bacche di ginepro, rabarbaro, genziana e di altre 30 erbe, non può non piacermi (in particolare adoro il rabarbaro!). Il colore poi è bellissimo… ma possibile che ogni volta che un farmacista si mette a creare una bevanda ne fa un vero successo? Ti ricordo solo il vino mariani che tutti noi ora conosciamo come Coca Cola… (se ti va ho scritto proprio un articolo sull’importanza dell’utilizzo di testimonial nella comunicazione del vino che si ispira alla celebre bevanda e puoi leggere QUI).

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L’aperitivo in accompagnamento è tutto molto buono: dalla pizza agli stuzzichini, tutto è gustoso e con materie prime di ottima qualità. E ci piace così tanto che io e Carla decidiamo di fermarci a pranzo… ma non prima di aver visitato l’enoteca del Gin Rosa in compagnia di Nicoletta Tarquinio, la proprietaria del locale insieme a suo marito Francesco de Luca. Nicoletta è una perfetta padrona di casa: la prima cosa che leggo nei suoi occhi è l’amore per il suo lavoro e la passione e totale dedizione che mette in ogni cosa che fa. In questo, sicuramente mi somiglia molto. Del resto basta guardare gli spazi del Gin Rosa per leggere i suoi occhi: nulla è lasciato al caso e la cura per i dettagli è maniacale. L’ambiente è bellissimo, non riuscirei a trovare una nota stonata nemmeno se volessi… e io sono una che di note stonate ne trova facilmente!

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Passeggiamo per il locale, sedotte dal suo fascino vintage e contemporaneo allo stesso tempo. Troviamo bellissime le colonne dorate, lo stile liberty chic e siamo felici che l’inizio di una proficua collaborazione lavorativa nasca proprio tra queste mura. Carla mi ha detto una frase che mi ha fatto capire quanto siamo “giuste” l’una per l’altra: per produrre Bellezza serve Bellezza. E io non posso essere più d’accordo di così! Per questo ho sempre curato maniacalmente l’ambiente dove lavoro, circondandomi di orchidee, la mia più grande passione dopo il vino e il Design (se volete farmi un regalo, un Riva1920 lo gradisco sempre volentieri… 😀 ), affacciandomi sullo splendido Lago d’Iseo e collezionando libri d’Arte, Musica e Architettura. Del resto, ci sono 10 minuti spesi meglio quando si fa una pausa dal lavoro che contemplare la natura ascoltando Bach e sorseggiando un ottimo vino spumante italiano?

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Dentro al Gin Rosa c’è anche un caveau per gli Champagne! Che meraviglia… potrei morire lì dentro! Nicoletta ci dice che a lei lo Champagne in realtà non piace, e ha assaggiato di tutto con la complicità di noti sommelier che hanno visitato il Gin Rosa! Ah, quanto vorrei raccogliere la sfida… ho giusto un paio di nomi in mente… 🙂 (Ma questi te li dico la prossima volta!) Bellissima l’idea di tenere le bottiglie nella pupitra… anzi, sai che quasi quasi ve la copio? Se non fosse che tra poco aprirò le candidature alle aziende produttrici di arredi per Cantine vinicole/enoteche/ristoranti per diventare partner di Perlage Suite e arredare la sua cantina sotterranea… (ma anche questo te lo racconto la prossima volta!) 🙂

gin rosa

Ed ecco Nicoletta e Carla, in un altro ambiente del Gin Rosa riservato alla vendita di deliziose confezioni e bottiglie! Oltretutto entrambe hanno origini abruzzesi… una terra che ammetto di conoscere solo di riflesso, per aver avuto una mia storica compagna di università e poi dirimpettaia de L’Aquila, ma che spero di avere ora l’occasione di visitare presto, anche solo per andare a visitare questa cantina vini con cui sono certa passerò un anno di grande intesa e sinergia lavorativa (e spero tanti anni a venire <3 ). Insomma, in un locale che vanta una storia femminile (una dei racconti attribuisce il Gin Rosa ad Annunciata Bourné di Oleggio che nella seconda metà dell’800 acquistò l’allora bottiglieria chic per contrastare Campari coniando il suo aperitivo) , è ancora una volta teatro di una collaborazione femminile.

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Io poi sono convinta da sempre che le donne capaci di lavorare con le donne hanno davvero un grandissimo potenziale perché sono in grado di sprigionare un’energia e una visione d’insieme davvero uniche. Ovviamente parlo di grandi menti, con idee e visione aperta, ma soprattutto parlo di donne con una solida autostima che non hanno bisogno di umiliare e giudicare le altre donne per sentirsi migliori. Ecco, per questo genere di donne invece non c’è speranza. Il mio fidanzato giusto l’altra sera argomentava con mio papà sul perché io sono “uomo” su molti aspetti… in realtà io credo di essere una donna donna, che però è molto diversa dalla donna quaquaraquà che dice lui… che non è affatto donna, ma semplicemente minorata mentale… 😀

gin rosa

Per pranzo sono stata tentata da diverse proposte con un ottimo aspetto, ma ho poi deciso per il farro con tonno e fagiolini che ho trovato davvero delizioso. In abbinamento un calice di Prima Cuvée di Monte Rossa, lo spumante DOCG brut base della celebre cantina della Franciacorta che ormai ne è diventato il biglietto da visita per diffusione e gusto. L’unico consiglio che mi sento di dare è abbassare di un paio di gradi la temperatura di servizio in estate… tanto li recupera nel tempo che arriva al tavolo! A parte questo è stato tutto perfetto!

gin rosa

Ero pienissima, complice l’abbondante aperitivo e il buon piatto di farro, ma una bravissima cameriera ha saputo tentarmi dicendo la parola magica: pistacchio e associandola anche al concetto di piccolo… ed è così che non ho resistito a questa deliziosa mousse pistacchiosa! Ah perdonatemi la foto: era così invitante agli occhi che non sono arrivata a farne una integra… ma io ammetto serenamente di avere un problema con il pistacchio, lo mangerei H24 e non mi stancherei mai… da quando sono bambina! Cioè vi immaginate la mocciosetta in gelateria che insieme agli altri bambini che mangiano il gelato cioccolato e fragola con più o meno panna chiede il cono “pistacchio e caramello”? Ero io.

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gin rosa

Il Gin Rosa ha visto susseguirsi negli ultimi 200 anni una molteplicità di gestioni, e un susseguirsi di luci e ombre, fino all’arrivo della splendida famiglia De Luca nel 2000, che lo ha riportato agli antichi fasti, grazie anche all’esperienza quarantennale nel settore ristorativo milanese.


“Gli uomini passano, le idee restano e cammineranno sulle gambe degli altri uomini“ #GinRosa…
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A presto e grazie per aver suggellato un bellissimo inizio di una stimolante collaborazione lavorativa. A proposito, cosa stiamo combinando io e Carla? E di quale cantina vinicola si tratta? Per avere una risposta dovrai pazientare ancora un po’, ti anticipo solo che è una bellissima storia di famiglia, tradizioni e passioni che si snoderà in una location unica e suggestiva, grazie anche ad una donna con capacità imprenditoriali e manageriali fuori dal comune.

Chiara

P.S. Come sempre per le foto ringrazio Universo Foto per la meravigliosa Sony RX100 M4 che adoro… e che sto piano piano imparando ad usare con grande soddisfazione personale <3

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Château Phélan Ségur: un’incantevole degustazione privata durante i Millesima Blog Awards 2017

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Martedì 4 aprile 2017, in occasione della Primeur di Bordeaux, sono stata ospite di Château Phélan Ségur per una straordinaria degustazione verticale privata riservata a noi vincitori dei Millesima Blog Awards. Non ti ho ancora raccontato di questa bellissima esperienza, quindi con piacere spolvero il mio blocchetto degli appunti con le degustazioni per trascriverti i miei pensieri enologici.

Dall’anno in cui sono nata, il 1985, i fratelli Gardinier hanno assicurato il prestigio del meraviglioso Château Phélan Ségur e del suo patrimonio enologico. I tre fratelli Thierry, Stéphane e Laurent Gardinier perpetuano i valori e lo spirito cavalleresco dei suoi creatori irlandesi, uomini di cuore e di grandi ideali. Véronique Dausse, direttrice di Château Phélan Ségur, ci ha accompagnato nella visita con competenza e charme.

 

«Ognuno cerca nel corso della loro vita di trovare una grande varietà di mezzi per esprimersi. L’acquisizione di Phélan Ségur mi sembrava essere questo mezzo, permettendomi di rispettare il passato e la creazione dei miei predecessori e allo stesso tempo mettere con modestia il mio timbro su questo magnifico “oggetto vivente” la cui longevità supera, per fortuna E per natura, la vita di un uomo. »

 

Xavier Gardinier – March 1985.

Dopo la visita in cantina, la cosa che mi è piaciuta di più è stato il “gioco” iniziale che ci ha fatto degustare diversi lotti di Château Phélan Ségur 2015 per farci capire il diverso impatto delle botti sul risultato finale.

chateau phelan segur bordeaux

Château Phélan Ségur 2016

Cabernet Sauvignon 55 %   |    Merlot 45 %

Si presenta di un bel rosso rubino impenetrabile con riflessi violacei. Mentre lo si rotea nel bicchiere, forma archetti regolari da cui il vino scende lentamente, lasciando intuire una struttura importante. Al naso è abbastanza intenso, abbastanza complesso e sicuramente molto fine. Si distinguono in modo molto pulito sentori di ciliegia sotto spirito, cuoio, cacao, rosa essiccata. In bocca entra deciso, intenso, con un tannino ancora un po’ verde, giustamente sapido, fresco e caldo. Nel complesso equilibrato, con un finale abbastanza lungo.

Château Phélan Ségur 2015

Cabernet Sauvignon 53 %   |    Merlot 47 %

Si presenta di un bel rosso rubino impenetrabile con riflessi porpora. Roteando il bicchiere è immediata la sua bella consistenza. Naso molto piacevole: cuoio e ciliegia sfumano in una bella nota balsamica. In bocca entra deciso, con una bella struttura, caldo, abbastanza morbido e dotato di grande freschezza che lasciano presagire una felice evoluzione negli anni. Bel tannino e grande eleganza per un finale molto lungo. Ottima annata.

Château Phélan Ségur 2013

Cabernet Sauvignon 60 %   |    Merlot 40 %

Si presenta di un bel rosso rubino intenso, con una leggera trasparenza che mi lascia intravedere le lettere dei miei appunti oltre il bicchiere, dove forma archetti regolari da cui il vino scende molto lentamente. Ha un naso meraviglioso, in assoluto è quello che mi colpisce di più: tartufo, ciliegia sciroppata, peperone grigliato, nocciola caramellata danzano insieme con una pulizia fuori dal comune. In bocca è molto morbido, il sapore è vanigliato. Giustamente tannico, dotato di grande freschezza e con un finale lungo. Da comprare assolutamente e mettere in cantina, per custodirlo gelosamente per i prossimi 4/5 anni e poi berlo per quell’occasione che stai aspettando.

Château Phélan Ségur 2012

Cabernet Sauvignon 50 %   |    Merlot 50 %

Si presenta di un bel rosso rubino impenetrabile, roteando nel bicchiere forma archetti ravvicinati non regolari. Al naso mi colpiscono le note di cuoio bagnato, il balsamico e quel cioccolatino Mon Chéri così definito. In bocca entra con una bellissima morbidezza, il tannino è vivace e la freschezza mi lascia intuire un bel potenziale di invecchiamento. Il finale è lunghissimo. Complessivamente una delle 3 migliori annate insieme alla 2013 ed alla 2010.

Château Phélan Ségur 2011

Cabernet Sauvignon 55 %   |    Merlot 45 %

Si presenta di un rosso rubino quasi impenetrabile. Roteando il bicchiere forma archetti ravvicinati abbastanza regolari, che mi denotano una struttura leggermente meno robusta delle precedenti. Al naso  i profumi sono mutati: solvente, ciliegia sotto spirito, pepe nero predominano su tutti gli altri. In bocca entra molto deciso e tannico, la grande freschezza cerca di bilanciare la pseudocalorica ancora alta. Il finale è abbastanza lungo. Nel complesso è quello che mi ha convinto di meno.

Château Phélan Ségur 2010

Cabernet Sauvignon 51 %   |    Merlot 49 %

Si presenta di un rosso rubino profondo e impenetrabile. Roteando nel bicchiere forma archetti regolari che non scendono troppo lentamente. Il naso è perfetto: tartufo, ciliegia sciroppata, smalto, cuoio nuovo, fieno secco. In bocca entra caldo e fresco, giustamente tannico, dotato di un’eleganza straordinaria e un finale lunghissimo. In assoluto l’annata che mi è piaciuta di più!

Château Phélan Ségur 2009

Cabernet Sauvignon 58 %   |    Merlot 40 %   |   Cabernet Franc 2 %

Si presenta di un rosso rubino impenetrabile. Roteando nel bicchiere forma archetti non particolarmente regolari ma molto ravvicinati, dove il vino scende lentamente denotando una certa alcolicità. Al naso note pulite di solvente, cuoio, sottobosco e ciliegia sotto spirito. In bocca entra caldo, tannico, dotato di grande struttura, molto intenso e sapido. Ha perso un po’ di freschezza, ed è penalizzato da una pseudocalorica troppo forte. Il finale è lungo.

Terminata la degustazione siamo stati a cena ad Arcins, al ristorante Le Lion d’Or… ma questa storia te la racconto la prossima volta 😉

Svinando sconti vino shop online Ti invito a visitare il bellissimo sito di Château Phélan Ségur per poter apprezzare ancora di più questa favolosa degustazione. Grazie ancora a Millésima per l’opportunità data a noi blogger e per la foto di copertina di Frédéric Lot. A proposito, hai visto il video ufficiale della nostra settimana a Bordeaux? Ogni volta che penso a quei giorni meravigliosi trascorsi in Francia me lo riguardo e ammetto che mi viene la pelle d’oca. Sono stati giorni bellissimi, intensi… e con i compagni d’avventura migliori che potevo avere. Grazie di cuore ragazzi, vi aspetto in Italia ❤ Cheers ❤

 

Chiara

P.S. Come sempre per le foto ringrazio Universo Foto per la meravigliosa Sony RX100 M4 che adoro… e che sto piano piano imparando ad usare con grande soddisfazione personale <3 franciacorta universo foto Svinando sconti vino shop online

Qui trovi tutti gli altri articoli dei Millésima Blog Awards 2017: Millésima Blog Awards 2017: una settimana da favola nella Francia del vino 

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Linguine con bisque e gamberoni: ricetta e abbinamento

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I gamberoni, come più in generale i crostacei, sono un alimento pregiato che va cucinato il più velocemente possibile dopo aver eliminato l’intestino per regalarci le migliori sensazioni organolettiche. Personalmente li adoro! Anche se fanno pochissime calorie perché sono composti per lo più di acqua, è bene non mangiarli spesso per via dell’alto contenuto di colesterolo. Per questo, quando si comprano è ancora più importante cucinarli bene! In questa ricetta facile e abbastanza veloce sono felice di proporti i gamberoni con un vino in abbinamento: lo spumante brut Canevette di Ongaresca!

Probabilmente sei atterrato su questa pagina dopo aver cercato su google “ricetta gamberoni” o “pasta gamberoni” perché vuoi stupire i tuoi ospiti con qualcosa di diverso dai soliti gamberoni al forno… beh sei fortunato perché per preparare questa pasta con gamberoni piuttosto facile e buonissima ti servono pochissimi ingredienti e mezz’ora di tempo!

Okkey in realtà ti servono anche queste cose:

… o comunque attrezzature molto simili! Per me non puoi cucinare bene senza gli strumenti che servono per cucinare bene… perché la cucina è sì cuore ma anche (e soprattutto) tecnica! Per quanto riguarda il tegame per la pasta e le posate do per scontato che sono in tutte le case degli italiani 😀

Questa ricetta rispecchia molto la mia filosofia in cucina che si basa su 3 regole fondamentali:

    1. In cucina, quando si ha un ingrediente di qualità, si butta via il meno possibile… meglio niente!
    2. “Less is more” ovvero “Il meno è più” come diceva il mio adorato architetto Mies Van Der Rohe! Tradotto: i piatti più buoni si fanno col minor numero di ingredienti possibile!
    3. Tutto quello che entra nel piatto deve essere edibile e pensato per dare un valore aggiunto alla ricetta: la decorazione fine a sé stessa per fortuna è superata dagli anni ’80.

Oltre la pasta, solo 4 ingredienti (gamberoni, pomodorini datterino, cipolla di tropea e spumante), 3 spezie (peperoncino, pepe, paprika dolce), 2 condimenti (burro, olio), e un’erba aromatica (timo limonino) per una ricetta con gamberoni che sono certa ti farà innamorare! Con una raccomandazione: per cucinare i gamberoni argentini è fondamentale cuocere e schiacciare la testa per sfruttare i suoi saporitissimi umori nella preparazione di una deliziosa salsa di origine francese conosciuta con il nome di bisque. Se questo ti incute un po’ di timore… stringi i denti e dalle una possibilità: sono certa che ti piacerà! 😉

Ingredienti per 2 mangioni:

Ohibò, quando guardo le ricette degli altri siti di cucina o dei food blogger e leggo 320 grammi di linguine o spaghetti in 4 ti giuro che mi viene fame… no ma sul serio? Mia nonna mi ha insegnato che con 80 grammi di pasta puoi sentire appena se è cotto… 😀 A parte gli scherzi la mia politica è che preferisco mangiare solo quello e cavarmi la fame… quindi ben venga mezzo pacchetto di pasta in 2!

  • 250 grammi di pasta (a me piacciono le linguine della A feltra)
  • 8 gamberoni argentini
  • 12 pomodorini datterino
  • mezza cipolla di Tropea
  • 1/2 bicchiere di spumante (lo stesso che abbinerai alla ricetta) (circa 100 ml)
  • 2 noci di burro
  • 2 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva
  • 1 peperoncino piccolo fresco
  • 3/4 rametti di timo limonino
  • acqua calda Q.B.
  • paprika dolce Q.B.
  • pepe nero Q.B.
  • sale grosso Q.B.

Procedimento:

  1. Taglia a fettine sottili la cipolla, i pomodorini e il peperoncino;
  2. metti in una padella dai bordi alti i 2 cucchiai d’olio insieme alla cipolla e ai pomodorini e lascia stufare circa 10 minuti;
  3. nel frattempo pulisci accuratamente i gamberoni facendo attenzione ad eliminare tutto il carapace e l’intestino nero, eventualmente aiutandoti con uno stuzzicadente e tieni da parte le teste;
  4. metti i gamberoni in una ciotola pulita con un filo d’olio evo, il timo limonino e la paprika dolce e lascia marinare in frigo per il tempo in cui finisci di preparare la bisque (li tiri fuori appena togli la bisque dal fuoco per frullarla);
  5. unisci le teste dei gamberoni alla cipolla e ai pomodorini e sfuma con il vino spumante;
  6. metti su l’acqua per la pasta e quando bolle aggiungi un po’ di sale grosso;
  7. aggiungi 3 mestoli d’acqua calda al composto di teste di gamberi, cipolla e pomodorini e lascia cuocere per 20 minuti, facendo molta attenzione che non si attacchi nel tegame (se vedi che si è asciugata troppo aggiungi altra acqua calda!);
  8. tira fuori i gamberoni e mettili in una padella antiaderente con 1 noce di burro, un pizzico di sale grosso e una macinata di pepe nero e lasciali cuocere su un lato per 3/4 minuti;
  9. nel frattempo metti la bisque in un recipiente dai bordi alti di plastica (se hai il bicchiere del frullatore ancora meglio!) e frulla con un frullatore ad immersione fino ad ottenere un composto abbastanza liscio (massimo per i 3 minuti di cottura dei gamberoni!);
  10. gira i gamberoni e lasciali cuocere sull’altro lato per 3/4 minuti, nel frattempo filtra con un colino la bisque aiutandoti con un pestello o una forchetta;
  11. togli i gamberoni dal fuoco e metti la bisque di nuovo nella padella, regola di sale, pepe e paprika e lascia ridurre 5 minuti;
  12. scola la pasta al dente (fai in modo che manchino circa 4/5 minuti alla cottura perfetta secondo tuo gusto) e mettila nella padella dai bordi alti con la bisque a finire la cottura;
  13. manteca con una noce di burro, impiatta aggiungendo i gamberoni;
  14. porta in tavola con amore <3

Quanto al vino… ho scelto lo spumante brut di Ongaresca “Canevette” perché la sua nota agrumata e il suo finale mandorlato si sposano magnificamente con la tendenza dolce dei gamberoni. Inoltre questa ricca pasta richiede un vino elegante, croccante e non troppo complesso per dare il meglio di sé. Provare per credere 😉

Cheers

Chiara

P.S. A proposito di gamberi… se stai studiando per diventare sommelier ti consiglio di leggere questi appunti sugli abbinamenti cibo-vino dei crostacei cliccando QUI.

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Millésima Blog Awards 2017: Conosci Château Beychevelle?

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Visto che siamo giunti alla nuova edizione dei Millésima Blog Awards, ti voglio offrire una carrellata di articoli sulla bellissima esperienza che abbiamo vissuto noi vincitori proprio grazie a questo importante Concorso Internazionale. Il mio obiettivo è farti sognare… e spingerti a provare a partecipare! Ci pensi che l’anno prossimo potresti esserci proprio tu a vivere questa esperienza? Ovviamente noi vincitori dell’Edizione 2017 non possiamo partecipare, ma sono felice di lasciarti il testimone ed essere Ambasciatrice di questa straordinaria opportunità.



Il sito web di Château Beychevelle è un qualcosa di meraviglioso e lo rappresenta in tutta la sua splendida eleganza. Del resto la sua bellezza è pari alla qualità dei suoi vini. Questo castello è davvero bellissimo, e la cantina nuova lo è anche di più! Posso affermare che non avevo mai visitato una cantina così bella! Mi è piaciuto tantissimo il motivo delle onde e della barca, che sono il denominatore comune di ogni angolo di questo Chateau! I vini sono davvero notevoli! Una cosa che mi ha stupita è l’ordine e la pulizia di tutti gli chateau francesi, anche durante le fasi di lavoro: davvero impensabili per la maggior parte delle cantine italiane!

Millesima Blog Awards – Giorno 3, Lunedì 3 Aprile 2017

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Le leggende iniziano basandosi sui fatti e poi si evolvono, diventano abbellite nel tempo e ripetute di nuovo.
Ci invitano a sognare, trasportandoci per un momento, mentre suscitano forti emozioni in noi.
Come un buon vino…

All’inizio del 1600 il primo duca di Épernon è diventato proprietario di questo meraviglioso castello. Egli era un grande ammiraglio francese e la sua reputazione era tale che, quando le barche passavano alla sua tenuta, abbassavano le vele per mostrare la loro fedeltà. Questo profondo segno di rispetto ha dato origine all’emblema del castello, una nave con una prua a forma di grifone; il suo nome in Guascone, Bêcha vêla, che significa “baisse voile” (“abbassare le vele”), in seguito divenne Beychevelle.

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Questo è la storia che ha dato origine alla leggenda di Château Beychevelle e dei suoi vini “mitici”. L’architetto Arnaud Boulain si è ispirato proprio ad essa nel suo progetto della nuova cantina, che grazie alle sue moderne tecnologie sicuramente saprà migliorare ancora la qualità dei vini dello Château.

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Château Beychevelle: Tutte le degustazioni

Les Bruliére 2016

Si presenta rosso rubino quasi impenetrabile con riflessi porpora. Al naso si sente nitidamente un forte sentore speziato, poi arrivano cuoio, fiori secchi, solvente, balsamico, prugna, fiori di garofano. In bocca grande coerenza, si conferma la speziatura. Giustamente tannico, fresco e sapido. Lunghissimo finale di corteccia, grande eleganza.

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Château Beychevelle 2016

Si presenta rosso rubino con riflessi porpora, trasparente e consistente. Al naso è molto fruttato, prevale la ciliegia sotto spirito, poi una punta di vaniglia, liquirizia appena accennata e cera calda. In bocca entra con grande eleganza, caldo, ma molto fresco, con un tannino ancora verde. Finale discretamente lungo.

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Château Beychevelle 2015

Si presenta rosso rubino trasparente con archetti regolari e ravvicinati che confermano grande consistenza. Al naso sentori di sottobosco, fungo porcino, smalto, pepe nero, cuoio. In bocca entra deciso, ma morbido. Il tannino si arrotonda. Leggermente sapido, freschissimo. Lungo finale speziato.

chateau-beychevelle-millesima-blog-awards


Questa foto è il riassunto perfetto di una visita che, se vai a Bordeaux, devi fare assolutamente… Nel frattempo perchè non provi a comprare i vini direttamente dal negozio di Millésima?

Se non l’hai ancora fatto ti consiglio di guardare il meraviglioso video che racconta la nostra settimana nella Bordeaux del vino… per me è sempre un’emozione grandissima! E potrai vedere bellissime immagini di Château Beychevelle! ???

Ti ricordo ancora che sono aperte le iscrizioni per i Millésima Blog Awards 2018! Quest’anno il vincitore puoi essere proprio tu! Scopri di più sul sito di  Millésima! A proposito, che bello vedere il caro Jeff Burrows di www.foodwineclick.com tra la giuria!!

Cheers ❤

Chiara


Se ami la Francia, Bordeaux, il fascino senza tempo dei suoi Château… ti consiglio di leggere anche questi articoli dedicati ai Millésima Blog Awards 2017:

In ultimo, se non l’hai ancora fatto, ti ricordo di comprare la tua copia della mia Guida Vini Spumanti 500 bolle in 500! Puoi approfittare della promo fino a venerdì 15 dicembre per fare uno splendido regalo di Natale a tutti i tuoi amici #WineLovers! Sfoglia l’anteprima, se clicchi al centro puoi visualizzarla a schermo intero!

 25,30 IVA inclusa!Acquista

P.P.S. Come sempre per le foto ringrazio Universo Foto per la meravigliosa Sony RX100 M4 che adoro… e che sto piano piano imparando ad usare con grande soddisfazione personale! Certo che quando il soggetto è così bello scattare belle foto è “facile”… ❤

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Spumanti integrali: appunti & degustazioni del mio più grande amore ❤

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Ognuno ha il sacrosanto diritto di avere un debole. E no, non sono super partes: gli spumanti integrali, insieme ai Sauternes, ai Porto e a certi rossi speziati terribilmente vecchi, hanno un posto speciale nel mio cuore.



Era il Vinitaly 2016 e, come al solito, attraversavo il padiglione del Veneto solo per andare da qualche altra parte. All’epoca questa regione era di mio interesse solo quando si parlava di certi Amarone. Beata ignoranza! Quando sono arrivata per la prima volta nella loro “tana” sono rimasta totalmente affascinata dalla sua bellezza. Per questo, anche se ero molto stanca, mi sono fermata: volevo assolutamente scoprire se era opera del bianconiglio in persona!

spumanti integrali le vigne di alice

Mi fermo e mi accoglie Cinzia, gentile e innamorata del suo lavoro. Assaggio tutto. Sono allibita. Ma siamo sicuri sicuri che è Prosecco? Lo ammetto, all’epoca ero davvero ignorante su questa denominazione. Colpa che ne avevo bevuti tanti, uno peggio dell’altro. Ma come ho capito che c’era un mondo da scoprire, ho bevuto così tanti prosecco che mi sono assolutamente messa in pari…


Fino al #vinitaly 2016 credevo che il #Prosecco fosse un #vino terribile. Beata ignoranza!
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Ho notato ora che lo stand di Bellenda era nella stessa posizione di quest’anno. Pensa te che non lo avevo visto… troppo distratta a rincorrere il bianconiglio ? Stand ancora più bello dell’anno precedente! Quest’anno però grazie a Agnese Ceschi ho scoperto anche Bellenda… e ha avuto la capacità di sorprendermi ed emozionarmi con un SC 1931 del 2006 con delle note di idrocarburi che non avrei mai sospettato nella Glera!

spumanti integrali le vigne di alice vinitaly 2017

Spumanti Integrali: cosa sono?

Gli spumanti integrali si ottiengono dalla fermentazione in bottiglia di vini che seguono il “normale procedimento” metodo classico per poi saltare la fase della sboccatura. In pratica i lieviti rimangono dentro la bottiglia e arricchiscono il vino di particolari aromi e conferiscono a questi vini la caratteristica “velatura”, che si fa più intensa se agitati (come piace a me). Facendo un passo indietro, durante la presa di spuma, i lieviti trasformano lo zucchero in anidride carbonica e alcol etilico e formano una serie di sostanze secondarie che arricchiscono il vino spumante di profumi e sapori caratteristici. La curiosità è che i lieviti trasformano nell’arco di 6 mesi tutto lo zucchero disponibile, e impoveriscono il vino rubandogli sali minerali, proteine e amminoacidi. Trascorsi i 6 mesi comincia l’autolisi, un processo biologico durante il quale i lieviti si autodistruggeranno e restituiranno al vino, con gli interessi, tutte le sostanze che gli avevano sottratto. Gli spumanti integrali quindi subiscono questo processo finché non li apri. Per questo evolvono continuamente in bottiglia e sono sempre diversi! I sentori tipici di cui si arricchiscono sono note citrine, note vegetali e di frutta secca.



Spumanti Integrali: degustazione del P.S. 2013 di Le Vigne di Alice

spumanti integrali

Io sarò sempre di parte quando si parla del P.S. di Le Vigne di Alice. Mi ha fatto rivoluzionare ogni credo sulle bollicine venete, soprattutto della zona di Conegliano Valdobbiadene e sulla Glera! Si presenta di un bel giallo paglierino “fieno” intenso e velato, con un perlage finissimo che forma prima una spuma abbondante, poi una corona persistente. Al naso la prima nota che ti sfiora è la liquirizia, intensissima. Poi arriva la lavanda, e se chiudo gli occhi mi sento ancora in Provenza, davanti all’abbazia di Senanque in piena stagione di fioritura. Poi mandarino candito di Apt, mandorle fresche, fieno bruciato dal sole, fiori d’acacia e un finale di confetto. In bocca è coerente, si arricchisce di una nota che mi ricorda il profumo del dulce de leche appena fatto. A proposito… oggi lo faccio ? che bella idea!! ? Lungo finale tra l’avena e il caramello. A me piace berlo da solo prima di mangiare, ma sicuramente è intrigante anche in abbinamento a certi primi piatti farciti… tipo oggi, se Davide resuscita dalla spesa, faccio le crespelle ripiene di ricotta e verdure con tantissima besciamella: sono certa che si sposerà benissimo, poi ti faccio sapere! ?

Spumanti Integrali: degustazione del Radicale 2013 di Bellenda

spumanti integrali

Radicale è fatto così: pigiatura, fermentazione sulle bucce, nessuna aggiunta di solforosa, lieviti indigeni. Lo produciamo in bottiglia magnum da molti anni e non vi nascondiamo che ci piace particolarmente per le sensazioni e i ricordi che ci trasmette, un vino dove pregi e difetti si bilanciano e a ogni sorso  ci ricorda da dove veniamo. Nel 2013, un’annata che consideriamo molto interessante, abbiamo pensato ad una piccola tiratura di Radicale da rifermentare in una bottiglia tradizionale da 0,75. Un’edizione limitata di 300 bottiglie vestite con un’etichetta disegnata da Maurizio Armellin, dedicata alle persone che nanno creduto e credono nel nostro lavoro in continua evoluzione, alla ricerca delle radici più profonde dei prodotti della nostra terra.

Bellenda 1986

Di lui non so nulla, ho solo visto un’etichetta nel suo genere davvero splendida. Scivola nel bicchiere di un bel giallo paglierino “fieno” molto intenso, velato, con un perlage finissimo che forma  un turbinio di bolle al centro del bicchiere che si dispongono ai lati formando una corona lieve e persistente. Il naso è sorprendente: noce, pino mugo, limone, panna montata non zuccherata, rabarbaro, genziana e pera candita sfumano in un finale mentolato. In bocca entra verticale, freschissimo, avvolgente, con una buona salinità e una grande coerenza al naso. Finale amaricante lungo. A me gli spumanti integrali piacciono “da soli”, però, se proprio ci voglio mangiare qualcosa insieme, lo abbinerei sicuramente ai crostacei, magari a dei gamberoni avvolti nel lardo appena scottati su una purea di piselli… slurp! Dai che è quasi mezzogiorno e ho già fame… ?

Spumanti Integrali: quali sono i tuoi preferiti?

Se vuoi conoscere tutti i miei spumanti integrali preferiti puoi comprare la mia guida vini spumanti 500 bolle in 500: ne troverai di davvero fantastici, te lo assicuro! E tu bevi abitualmente vini spumanti integrali? Quali sono i tuoi preferiti? Dimmelo in un commento!

E se vuoi leggere ancora qualcosa di queste due cantine:

Special Thanks a Cinzia, Pierfrancesca e Umberto che mi hanno ispirato questo articolo. Buon Natale a tutti voi! Ora vado a cucinare!!

Cheers ❤

Chiara

P.S. Come sempre ringrazio Universo Foto per la mia adorata Sony RX100M4 di cui sono assolutamente innamorata! Provala, provala, provala!! Non c’è iPhone che tenga… anche se sei abituato a fare le foto con il tuo smartphone! A proposito, ti segnalo che è in offerta su Amazon a soli 699 € invece di 1.050 €! Se stai pensando di farti un regalo di Natale fantastico, cogli l’attimo!

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20 Spumanti Italiani che devi degustare assolutamente nel 2018

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Domani/oggi (sono quasi le 2 di notte e sto guardando “un’ottima annata” film che adoro… anche perché adoro la Provenza e la Francia in generale) è l’ultimo giorno dell’anno… e sono sicura che anche tu stapperai almeno una bottiglia di bollicine! Io non ho ancora deciso cosa stappare con Davide, ma ci penserò tra qualche ora! ? Ho deciso di cogliere l’occasione di questo Capodanno 2018 per segnalarti i 20 vini che ho premiato come i 20 migliori spumanti italiani di questa edizione 2018 della mia Guida Vini Spumanti 500 bolle in 500!

Tappa 1: Nord Italia

I migliori spumanti italiani che ho degustato sono:

Friuli-Venezia Giulia: Dorigo

Blanc de Noir Dosage Zero 2010 ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Pinot Nero | Vinificazione: acciaio e barriques di rovere francese | Lieviti: 60 mesi | Zuccheri: | 12,5 % vol | 2.000 bottiglie | 25 € |

Si presenta di un bel giallo paglierino brillante con un perlage finissimo e persistente. Il naso è delicatamente intenso, complesso ed elegante. Note di camomilla, lievito, biscotti al burro, cioccolato bianco, pera, timo, pepe bianco e vaniglia.  In bocca la bollicina è perfetta e il sapore incanta. Presenta una punta leggermente ossidata che gli fa guadagnare in complessità ed è supportata da una grande freschezza. Il sapore è elegante, abbastanza sapido e con un finale lunghissimo che sfuma in note agrumate. Si abbina bene a primi piatti con sughi saporiti.

Alto Adige: Lorenz Martini

Alto Adige Brut “Comitissa” Riserva  2012  ????

DOC Bianco Spumante Metodo Classico | 40% Pinot Bianco 30%, Pinot Nero, 30% Chardonnay | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 46 mesi | Zuccheri: 2 g/l | 13 % vol  | 14.800 bottiglie | 25 € |

Colore giallo paglierino intenso, cristallino, si presenta con un perlage finissimo e continuo. Naso delicato e complesso: note di mela, salvia, pietra focaia, cedro candito, crosta di pane, cioccolato bianco e caramello salato. In bocca entra deciso, intenso, morbido e cremoso, fresco, sapido, con un finale mandorlato molto persistente. Armonico, lascia la bocca davvero pulita. Ottimo per un aperitivo di qualità, perfetto per pesce grasso marinato o alla griglia.

Lombardia: Biondelli

Franciacorta Brut Nature “Premiére Dame” 2011 ????

DOCG Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Chardonnay | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 60 mesi | Zuccheri: 0 g/l | 12,5 % vol | 5.000 bottiglie | 25 € |

Ha fatto una crescita incredibile rispetto all’annata 2010. Di un bellissimo giallo paglierino intenso e brillante con riflessi dorati. Il naso incanta per la sua intensità e la sua ampiezza: miele, pasticceria, biscotto, liquirizia dolce, avocado, mela cotogna, vaniglia, cedro candito. In bocca è croccante e intenso, per poi ammorbidirsi dopo qualche istante. Il sapore è balsamico e minerale, con retrogusto di erbe medicinali e pesche mature. Da meditazione!

Piemonte: Gabriele Scaglione

Alta Langa Brut Riserva “MC” 2011 ????

DOCG Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Pinot Nero | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 46 mesi | Zuccheri: 4 g/l  | 12 % vol | 1.500 bottiglie | 18 € |

Giallo paglierino brillante, perlage fine e numeroso che forma una corona persistente. Il naso, delicato ed elegante, mi ha fatto innamorare e il gusto mi ha dato il colpo di grazia! Sentori di vaniglia, maracuja, salvia, menta piperita, cioccolato bianco, ciliegia sotto spirito, nocciola, caramello, zest di limone e pepe rosa. In bocca è intenso, cremoso, sapido, fresco, con un sapore straordinario di frutta matura e spezie dolci che termina in un finale agrumato e una leggera tostatura di nocciola. Grande struttura, finale lunghissimo e ottima beva. Da meditazione e da grandi formaggi.

Liguria: Durin

Pas Dosé  “Bàsura Obscura” ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Pigato | Vinificazione: acciaio e barrique di rovere francese | Lieviti: 18 mesi | Zuccheri: | 12,5 % vol | 6.000 bottiglie | 18 € |

Si presenta giallo paglierino intenso e brillante, con qualche riflesso dorato. Il perlage è finissimo, molto numeroso e persistente. Al naso i profumi sono davvero piacevoli e particolari. Delicatamente complesso, ha note di vaniglia, burro, cera, nocciole, pera, sfumature torbate e un finale salmastro. In bocca la bollicina è cremosa, con un ottimo sapore e una grande sapidità. Fresco ed elegante, ha un bel finale lungo. Perfetto in contrapposizione a cibi con una tendenza dolce come i crostacei, l’oca, o un prosciutto non molto stagionato… ma ti assicuro che con le pappardelle ai funghi chiodini appena raccolti è stato egregio!

Tappa 2: Centro Italia

I migliori spumanti italiani che ho degustato sono:

Toscana: Felsina

Brut 2012 ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 40% Sangiovese, 25% Pinot Nero, 20% Chardonnay, 15% vino dell’anno precedente | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 32 mesi | Zuccheri: | 12 % vol | 6.000 bottiglie | 22 € |

Giallo paglierino intenso con un perlage fine e numeroso che forma una corona persistente. Al naso un’intensissima nota di pomodori secchi, pane tostato, vaniglia, origano, miele di eucalipto. In bocca c’è una perfetta rispondenza al naso e una grande cremosità della bollicina. Particolarmente elegante, morbido, fresco, con buona struttura e un finale piuttosto lungo. Non per tutti, ma sicuramente è capace di donare grandissime soddisfazioni. Perfetto per verdure alla piastra, parmigiana di melanzane, caponata, formaggi molto saporiti e anche sapidi.

Toscana: Tenuta Mariani

Rosé Brut “Segreto Fût de Chêne” 2015 ????

VSQ Rosato Spumante Metodo Classico | 100% Sangiovese | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 18 mesi | Zuccheri: 6 g/l | 12,5 % vol | 2.500 bottiglie | 18 € |

Splendido rosa tenue e brillante con riflessi bronzo. Il perlage non è particolarmente numeroso ma è finissimo e forma una spuma molto abbondante e persistente. Il naso è molto particolare ma davvero piacevole, con profumi di frutta matura. Note distinte di pesca, melone, vaniglia, melograno, mora, banana, cioccolato fondente, amaretto. In bocca è setoso, equilibrato, morbido, fresco, complessivamente molto elegante e lunghissimo. Da aperitivo accompagnato con alici marinate o un buon crudo toscano.

Marche: Bruscia

Bianchello del Metauro Brut “Conte Giulio” 2012 ????

DOC Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Bianchello | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 36 mesi | Zuccheri: 6,5 g/l | 12 % vol | 3.000 bottiglie | 20 € |

Si presenta benissimo: bel giallo dorato brillante. Perlage fine e numerosissimo che forma una spuma davvero persistente. Il naso è delicato, elegante e ampio, con note di vaniglia, bergamotto, cedro candito, lievito, salvia, fiori d’acacia, nocciolata, cioccolato bianco, albicocca, erbe, maggiorana, grafite. In bocca è croccante, ma al contempo setoso. Freschissimo, ottima rispondenza al naso, nota salmastra sul finale. Pizzicorino, grande struttura e finale lungo elegantissimo. Fatto davvero bene. Perfetto da solo, eccelle con formaggi a pasta dura.

Umbria: Stefano Grilli La Palazzola

Riesling Brut 2013 ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico Ancestrale | 100% Riesling | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 36 mesi | Zuccheri: | 12,5 % vol | 13.000 bottiglie | 25 € |

Si presenta di un giallo paglierino intenso e brillante con un perlage finissimo, numeroso e continuo. Al naso pera candita, cedro, fieno secco, pasticceria e tufo sfumano in un sentore di idrocarburi. Bollicina setosa. Entra in bocca intenso, freschissimo, sapido, con buona struttura e dotato di grande eleganza. Finale di scorza d’arancia lunghissimo. Si abbina benissimo ai crostacei, possibilmente al vapore o in crudité. Da provare assolutamente anche con l’anatra all’arancia, dopo un antipasto di crostini con foie gras e cipolle di Tropea caramellate.

Lazio: Cantina Del Tufaio

Pas Dosé “AmmiRose “ 2005 ????

VSQ Rosato Spumante Metodo Classico | 100% Merlot | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 120 mesi | 12,5 % vol | 350 bottiglie | 45 € |

Si presenta di un bellissimo rosa cerasuolo con riflessi cipriati. Il perlage è finissimo, molto numeroso e persistente. Al naso si intrecciano note di lampone, fragola, mela, cacao amaro, gesso da lavagna, fiori di origano. In bocca è croccante, rotondo, freschissimo, leggermente sapido, elegante e persistente. Perfetto da solo a fine serata in dolce compagnia, ma si abbina bene a primi piatti anche con condimenti saporiti e carni di vitello poco cotte.

N.B. Ammirose nasce come esperimento da una terra vulcanica vocata per la spumantizzazione e per vini di spessore. E’ uno spumante metodo classico pas dosé, affinato sui lieviti per 10 anni in una grotta di tufo scavata a mano nel 1881, alla temperatura costante di 12,5°. Dall’imbottigliamento, che avviene nella grotta, al remuage su pupitre, fino al degorgemènt tramite sboccatura à la voilè, sono passaggi effettuati interamente a mano.

Tappa 3: Sud Italia

I migliori spumanti italiani che ho degustato sono:

Campania: Masseria Campito

Asprinio di Aversa “Priezza” 2016 ????

DOP Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Asprinio | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 36 mesi | Zuccheri: | 12 % vol | 6.000 bottiglie | 11 € |

Deve il suo nome ad un’antica parola napoletana che significa “grande gioia” e che è ben indicata all’apertura del vino spumante in un momento di festa. In effetti, quando l’ho visto, ho subito pensato che è di un colore che dà grande soddisfazione agli occhi! Di un giallo dorato brillante e bellissimo, ha un perlage fine e molto numeroso che forma una spuma persistente. Il naso è freschissimo e ha note di agrumi molto piacevoli: arancio, limone, mandarino, bergamotto si fondono in una nota di croccante alle nocciole appena sfornato. Il finale ha proprio ricordi di caramello non ancora pronto. In bocca è croccante e da una sferzata acida, giustamente sapida e freschissima, equilibrata soprattutto dalla morbidezza di un gusto che si arricchisce di sentori di lievito. Il finale è lungo. L’abbinamento perfetto è con risotti di mare ai molluschi.

Puglia: Franco Di Filippo

Estasi in Armonia 2010 Pas Dosé ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Moscato Reale di Trani | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 12 mesi | Zuccheri: | 12 % vol | 2.500 bottiglie | 15 € |

Il colore è incantevole, di un giallo dorato intensissimo e brillante. Il perlage è finissimo e molto numeroso. Il naso è un’esplosione di profumi: albicocca, cedro candito, zafferano, dattero, miele di castagno. In bocca entra intenso, con una bollicina cremosa e al contempo croccante. Giustamente sapido, fresco, con una nota minerale che si fa sempre più importante, stupisce per la sua grande eleganza. Il finale è amarognolo e lunghissimo. Sicuramente un vino capace di conquistare anche il palato più scettico. Perfetto da solo, si sposa con formaggi erborinati, caprini , crostacei e ricci di mare.

Puglia: D’Araprì

Brut “Riserva Nobile” 2013 ????

DOC Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Bombino bianco | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 36 mesi | Zuccheri: | 12,5 % vol | 9.000 bottiglie | 20 € |

Giallo paglierino intenso e brillante con riflessi dorati. Perlage fine e molto numeroso che forma una corona persistente. Al naso profumi ricchi, grassi e complessi: burro crudo, pasticceria, banana, cioccolato bianco, ananas, nocciole e tantissima vaniglia. In bocca entra cremoso, molto sapido, con note in evoluzione, buona freschezza e grande equilibrio. Stupendo con gli spaghetti alla carbonara.

Basilicata: Cantine del Notaio

La Stipula Brut 2012 ????

DOC Bianco Spumante Metodo Classico | 90% Gros Manseng, 10% Chardonnay | Vinificazione: acciaio e barrique di rovere francese | Lieviti: 18 mesi | Zuccheri: 0 g/l | 13 % vol | 8.000 bottiglie | 18 € |

Appena l’ho versato sono rimasta a bocca aperta: il colore è straordinario! Un giallo dorato intenso e brillante, con un perlage finissimo, numeroso e davvero persistente. Il naso è una poesia di profumi, tutti incentrati sulle erbe aromatiche: salvia, timo limonino e maggiorana che sfumano felicemente nel torrone morbido, nel croccante di nocciole, nella crema di cioccolato bianco e nel biscotto. E poi ancora arachidi caramellate e tostate, ananas fresco e una leggerissima nota di cumino. In bocca la bollicina è croccante, il gusto è intenso e complesso, il cumino diventa più persistente, si aggiunge lo zenzero, una nota medicinale che si amalgama bene con il cioccolato bianco non più in crema. Freschissimo, con una bella sapidità, di grande eleganza e struttura e lungo sul finale. Si abbina bene con pesce alla griglia, arrosti di carne, formaggi freschi. Ho abbinato anche delle deliziose polpette di manzo e salsiccia con carote, sedano e cipolla stufate, cotte nel brodo e nel vino!

Calabria: Santa Venere

Brut “SP1” 2014 ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Gaglioppo | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 18 mesi | 12,5 % vol | 4.000 bottiglie | 22 € |

Giallo paglierino carico e brillante. Il perlage è abbastanza fine e continuo. Al naso si avverte un profumo inebriante di cocomero non ancora completamente maturo, erbe aromatiche, salsedine, pesca bianca, grafite, mandorla e un finale di bergamotto. In bocca entra cremoso, verticale, freschissimo, sapido… senti proprio il mare! Ottima rispondenza naso-bocca. Finale lungo. Perfetto per un aperitivo fruttato e fresco!

Tappa 4: Isole

I migliori spumanti italiani che ho degustato sono:

Sicilia: Di Legami

Terre Siciliane Grillo Extra Brut 2013 ????

IGT Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Grillo verde | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 24 mesi | Zuccheri: | 12 % vol | 3.000 bottiglie | 18 € |

Si presenta giallo oro pallido e brillante con un perlage finissimo, numeroso e persistente. Al naso è intenso e buonissimo: si intrecciano note di nocciola, crosta di pane, amaretto morbido, cedro candito, polvere di caffè, cioccolato bianco, pesca bianca non ancora matura, fiori di camomilla, dattero. In bocca entra cremoso e freschissimo, con una bella sapidità e una grande struttura. Ottima corrispondenza al naso, complessivamente elegante. Di sicuro un vino che non piace a tutti, ma che sono certa farà innamorare chi saprà capirlo. Rapporto qualità prezzo straordinario. Io ci ho abbinato una pasta di Gragnano costruita proprio per lui con filetti di melanzana e guanciale sfumati nello stesso vino con erbe aromatiche. Divini.

Sicilia: Musita

“Passocalcara” Brut ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Chardonnay | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 36 mesi | Zuccheri: 1,8 g/l | 12 % vol | 2.000 bottiglie | 21 € |

Di questo vino in particolare mi sono innamorata. In un primo istante ammetto di averlo guardato quasi con sospetto: ma come? Uno Chardonnay in purezza in Sicilia?? Rubare il cuore ad un’amante dei grandi vitigni bianchi autoctoni di questa splendida terra come me non era facile… eppure lui c’è riuscito in meno di un’istante! Questo grande vitigno internazionale interpreta il terroir in cui è allevato alla perfezione. Giallo paglierino intenso con splendidi riflessi dorati. Il perlage è finissimo, molto numeroso e persistente. Al naso un bouquet ampio e particolare in cui domina la marmellata di limoni, il bergamotto, la spremuta di arancia, i fichi caramellati, il miele di castagno e il dattero fresco al naturale, che sfumano in un finale mentolato piacevole. In bocca è davvero buonissimo! La bollicina è cremosa. Acido, verticale, sapido. Perfetta rispondenza al naso, il sapore è ancora più intenso di marmellata di limoni. Elegante e persistente e scandalosamente buono. Da abbinare a carni rosse o tonno in tartare o preparate come tagliata poco cotta.

Sicilia: La Gelsomina

Etna Brut “La Gelsomina” 2013 ????

DOC Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Nerello Mascalese | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 18 mesi | Zuccheri: 5 g/l | 12,5 % vol | 1.350 bottiglie | 22 € |

Si presenta giallo dorato intenso e brillante con un perlage fine, numerosissimo e persistente. Al naso è davvero buonissimo: scorze di arance caramellate con cioccolato bianco, cumino, fiori di cappero, basilico, mela, grafite. In bocca ottima rispondenza al naso. Si arricchisce di note speziate di chiodi di garofano e cannella e di una piacevole nota fumé. Bollicina cremosa, elegante, molto sapido, fresco… un bicchiere tira l’altro! L’ho abbinato a degli spaghettoni con il pesto di capperi di Salina con nocciole, olio evo e parmigiano. Da provare anche con preparazioni a base di pistacchi di Bronte e formaggi a pasta semidura leggermente grassi.

Sardegna: Quartomoro

Brut “Q Quartomoro” ????

VSQ Bianco Spumante Metodo Classico | 100% Vermentino | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 18 mesi | 12,5 % vol | 5.000 bottiglie | 19 € |

Di un bellissimo giallo dorato brillante. Il perlage è fine, numeroso e persistente. Il naso è grasso e ricco, con sentori di pane tostato e imburrato, fico, camomilla, frutto del cappero, salgemma. In bocca ha un bel nerbo, la bollicina è croccante e piacevolissima, tanta acidità che lo portano ad avere un bel potenziale di invecchiamento. Bella salinità sul finale agrumato e lunghissimo. In abbinamento a tutto pasto, da provare con un hamburger di pecora nel rispetto del territorio d’origine. Una piacevole alternativa abbinato ai crostacei che bilancia con la sua sapidità. Io tra le varie cose l’ho abbinato ad uno spaghettone con sugo di pomodori camoni e pecorino… delizioso!

Sardegna: Vigne Surrau

Rosé Brut “Surrau” 2013 ????

VSQ Rosato Spumante Metodo Classico | 100% Cannonau | Vinificazione: acciaio | Lieviti: 24 mesi | Zuccheri: 8 g/l | 12,5 % vol | 6.000 bottiglie | 25 € |

Si presenta di un bellissimo colore rosa buccia di cipolla, con un perlage fine, numerosissimo e davvero persistente. Il naso è molto particolare e davvero piacevole. Fiori di tiglio, fiori di cappero, note salmastre, rosmarino e pepe bianco si fondono in un sentore di crosta di pane appena sfornato. In bocca entra intenso, la bollicina è croccante, una bella vena acida si amalgama bene con la sapidità finale. Il gusto è quello di una fragola matura condita con una spruzzata di limone e pepe. Perfetto per tutti i crostacei crudi o con condimenti delicati, o per una tempura di gamberi.

Creare la prima edizione di 500 bolle in 500 è stato un lavoro epico, perché appunto, essendo una prima edizione, era la prima volta di tutto. La prima volta che catalogavo oltre 2000 campioni di spumanti italiani arrivati da ogni angolo d’Italia. La prima volta che degustavo così tanti vini nel giro di relativamente pochi mesi. La prima volta che disegnavo il layout di una guida vini e che cercavo di comporre un puzzle armonioso e coerente di degustazioni. La prima volta che scrivevo un libro con tante pagine. La prima volta che gestivo con una tipografia un lavoro così imponente, anche in termini di copie. Ed è solo l’inizio.

Redigere una guida come questa, con la qualità di questa, anche in termini di contenuti fotografici, è un lavoro molto oneroso, sia in termini di tempo, sia in termini economici. Però la soddisfazione è immensa.

Non è stato tutto perfetto come avrei voluto, ma ho lavorato al meglio delle mie (limitate) risorse economiche con l’obiettivo di fornirti un prodotto che ti farà innamorare delle bollicine italiane

Spero con il cuore che questi vini (e gli altri 480 spumanti selezionati) ti accompagneranno nelle occasioni più speciali del tuo 2018. ?

Cheers ❤

Chiara

PS. Tu hai già comprato la tua copia di 500 bolle in 500 Guida Vini Spumanti – Ed. 2018?

P.P.S. Come sempre per le foto ringrazio UniversoFoto.it per avermi fornito la splendida Sony RX100M4 con cui ho scattato quasi tutte le foto presenti sulla Guida.

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Boeuf Bourguignon di Julia Child: la ricetta perfetta in 10 passi

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Ieri sera ho guardato con Davide Julia & Julia, il famoso film dove una fantastica Meryl Streep interpreta la straordinaria e indimenticabile Julia Child, la donna che ha portato la cucina francese in America. Il film è la trasposizione cinematografica – abbastanza fedele – di una storia vera: Julia Powell, brillante scrittrice di 29 anni intrappolata in un impiego amministrativo poco stimolante e a tratti avvilente in un call center, comincia un ambizioso progetto da blogger: sperimentare le 524 ricette francesi del libro di Julia Child in 365 giorni! Una vera impresa poi trascriverle tutte in un blog appena nato! Per Capodanno avevo deciso di cucinare il Brasato al Barolo… poi sulla scia del film ho deciso di optare per il Boeuf Bourguignon di Julia Child! Ci proviamo insieme? ?


Il solo momento buono per mangiare cibi dietetici è mentre si aspetta che la bistecca sia cotta. #JuliaChild #Recipe #Ricette #BoeufBourguignon
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Una piccola precisazione a cui tengo molto.

Da blogger mi sento di dire che quando vedo come il mondo del blogging è raccontato in libri e TV mi sento molto affranta perché so quanto talento, quanto impegno, quanta competenza e quanta costanza comporta avere risultati soddisfacenti in termini di visualizzazioni e seguito. I lettori non arrivano “dal cielo” come si evince dal film ma serve un complesso multidisciplinare di competenze in Copywriting, SEO, Social Media Marketing… per non parlare di buon gusto nel comporre piatti e set fotografici, conoscenze fotografiche e possibilmente una grande macchina fotografica come la mia Sony RX100M4 (che puoi comprare su Amazon scontatissima QUI). Insomma, fare numeri come blogger non è affatto semplice. Soprattutto oggi che di blog ce ne sono milioni e siamo lontani dal 2002 quando i blogger ancora si contavano del periodo d’oro del The Julie/Julia Project. Sicuramente Julia Powell è riuscita a farsi notare senza particolari competenze oltre il talento per la scrittura proprio perché era il 2002 e i blog erano agli albori… oggi sarebbe stata molto più dura! 

Oggi proverò a cucinare il Boeuf Bourguignon di Julia Child, però ti avviso: come sempre ci metterò del mio… di copie sputate della ricetta ne è già pieno il web! Se invece vuoi farla uguale uguale basta seguire passo passo il video originale che ti posto al passo 4! ?

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Boeuf Bourguignon di Julia Child:

la ricetta perfetta in 10 passi

Boeuf Bourguignon: Lista della spesa:

  • 1 kg di carne di manzo (io ho preso 2 guancette)
  • 1 carota
  • 2 cipolle rosse
  • 15 cipolline
  • 10 funghi champignon
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • pepe in grani QB
  • 2 chiodi di garofano (facoltativo)
  • mix di erbe aromatiche (salvia, alloro, rosmarino, prezzemolo)
  • 1 bottiglia di vino rosso
  • brodo
  • burro
  • olio extra vergine d’oliva Q.B.
  • sale QB

Come dici? Non ti ho dato i grammi del burro? Ohibò, ti riporto questa citazione di Julia Child che vedrai che ti farà capire quanto ne serve per preparare la Boeuf Bourguignon! ?

“E fatemi dire una cosa… esiste niente di meglio del burro?
pensateci bene, tutte le volte che assaggiate una cosa che è squisita oltre ogni immaginazione dite: ma che cosa ci hanno messo? la risposta quasi sempre sarà: il burro!
[…]
Questa è la mia ultima parola sull’argomento: il burro… non è mai… troppo!”

Julia Child

Passo 1: La scelta del vino

Per cucinare il Boeuf Bourguignon di Julia Child è molto importante la scelta del vino, che deve essere un vino quantomeno accettabile perché da esso dipenderà molto dell’aroma del piatto. E poi suvvia, qui siamo tutti sommelier o winelover… non vorrai mica usare uno pseudo “vino” in cartone per cucinare, no? Io ho scelto di cucinare il Boeuf Bourguignon di Julia Child con una Barbera piemontese… che è andato a comprare Davide perchè io stavo finendo la Mattonella al cioccolato, arance e pistacchi seguendo la ricetta della mia nonna (guarda la ricetta QUI). L’unica indicazione che gli ho dato è che mi comprasse una buona Barbera… e ammetto che pensavo a una Barbera d’Alba che al supermercato statisticamente qui si trova più discreta di quella d’Asti… non è che ci trovo la mitica Barbera ’90 di Poderi Gallino… però anche quella che ha comprato non è male. Ah forse ti stai chiedendo perché ho scelto la Barbera per il Boeuf Bourguignon? Non avendo a disposizione un ottimo Borgogna, ed essendo stata la mia idea di questo piatto una cosa “dell’ultimo momento” ho deciso di ripiegare su un vino italiano che si prestasse bene! La Barbera è dotata di una grande struttura e un naso fruttato e vinoso con un retrogusto speziato molto adatto per valorizzare la carne di manzo. Due alternative validissime sono vini di qualità ottenuti con il Pinot Nero e il Marzemino.

Passo 2: La scelta degli ingredienti (per 2 persone mangione)

Il Boeuf Bourguignon di Julia Child è un piatto che ha -relativamente- pochi ingredienti, ma questi devono essere scelti con cura ed essere di prima qualità. Il taglio di carne che prediligo è la guancetta di Manzo (1 kg) … questa in particolare l’ho ordinata al nuovissimo Conad di Iseo… hanno aperto il 7 dicembre scorso e qui non l’ho mai presa, vediamo se sono all’altezza delle mie aspettative! Nella ricetta di Julia Child è presente la pancetta con la cotenna, vorrei tanto avere a disposizione quella che si trova a Roma da Fabrizio… mi dispiace dirlo ma quella che trovi in giro in Lombardia non è proprio paragonabile! Poi le verdure, devono essere freschissime! Ti servono 1 carota, 2 cipolle rosse (meglio se quelle meravigliose di Tropea), 15 cipolline borrettane, 300 g di funghi champignon, 2 spicchi d’aglio, 1 mazzetto di prezzemolo fresco.

Passo 3: La marinatura

Sul web troverai tante ricette più o meno fedeli al Boeuf Bourguignon di Julia Child, ma nessuna si concentra a sufficienza o addirittura parla della marinatura iniziale, assolutamente fondamentale per la buona riuscita della ricetta. La stessa Julia Child nel video non parla di marinatura e nemmeno la mostra. Io invece a questo passaggio ci tengo molto, perché durante la marinatura la carne non solo si insaporisce, ma le fibre si ammorbidiscono e il risultato sarà ancora più tenero! Per la marinatura usa la carota tagliata a rondelle, le due cipolle rosse, 4 grani di pepe nero, un mio vezzo sono 2 chiodi di garofano… e una miscela di erbe aromatiche  tritate finemente (prezzemolo, basilico, rosmarino, salvia) e 1 spicchio d’aglio e la bottiglia intera di vino. Prepara la marinatura, taglia la carne a cubettoni grossi, lavala e passala sulla carta assorbente. Poni in una ciotola e coprila completamente con la marinatura. Lascia marinare almeno 12 ore (ma meno di 24)… io ho preparato la marinatura intorno alle 8 di sera e ho cominciato a cucinare alle 2 del pomeriggio successivo.

Passo 4: Prepara subito quello che ti serve

Questo passaggio per me è fondamentale: odio cercare gli ingredienti e gli attrezzi nella cucina rischiando poi di far bruciare le cose! Preparati tutto subito sul piano di lavoro! Io ho usato: 2 forchette, 1 coltello da carne, 1 coltello da verdure, 1 coltello da servizio normale per il burro, 2 cucchiai, pinze da cucina, 1 colino1 tegame con coperchio da 3 litri per il brodo e per cuocere le cipolline, 1 padella antiaderente per fare praticamente tutto, 1 teglia da forno (non ti serve nulla di particolare, io ad esempio per queste dosi ho usato una teglia dell’IKEA in ceramica 31x21 cm alta 6 cm… esattamente QUESTA QUI), 1 spatola di legno, 1 tagliere in plastica, 2 ciotoline e 1 piatto fondo. Ti avviso: se guardi il video di Julia Child ti verrà un colpo per quanti tegami, tegamini e ciotoline ha usato. Io ho razionalizzato: non serve a niente sporcare tutta quella roba!

Passo 5: La Rosolatura

Ho tagliato a cubetti 100 grammi di pancetta arrotolata in un unico pezzo e l’ho lasciata in acqua bollente per 5 minuti prima di rosolarla in una padella antiaderente con 4 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva e 1 spicchio d’aglio schiacciato. Togli i cubetti di pancetta e l’aglio con delle pinze e riponili in una ciotolina. Nel frattempo passa i pezzi di carne nella farina da ogni lato. Rosola la carne 3 minuti per lato (per tutti i lati) e poi disponetela in un piatto. Nello stesso tegame con il fondo di cottura poni 25 grammi di burro e rosola le cipolle e la carota marinate. A questo punto unisci i cubetti di pancetta che avevi già rosolato prima e la carne. Aggiusta di sale e pepe e aggiungi un mestolo di brodo e 1 cucchiaio di farina setacciata e lascia altri 2 minuti.

Passo 6: il brodo e il primo passaggio in forno

Per preparare il brodo usa il tegame dove hai sbollentato la pancetta con la stessa acqua, privata del grasso con la schiumarola. Io non sono una casalinga e non voglio essere disperata, quindi ho aggiunto semplicemente un cuore di brodo knorr al manzo che è comunque un ottimo prodotto e lo uso praticamente sempre. Il primo passaggio in forno si fa solo con la carne a rosolare in forno ventilato preriscaldato a 200°C per 5 minuti. Nel frattempo finisci la preparazione del fondo di cottura aggiungendo alle verdure e alla pancetta che hai lasciato nella padella 1 mestolo di brodo. A parte metti 1 mestolo di brodo in una ciotola con 1/2 tubetto di triplo concentrato di pomodoro e mescola bene per scioglierlo. Trascorsi i 5 minuti tirate fuori la carne dal forno. Aggiusta di sale e pepe il fondo di cottura e lascialo andare per altri 5 minuti e intanto porta il forno a statico 120°C. A questo punto Julia Child ti direbbe di aggiungerlo alla carne e irrorarlo di vino rosso. Io no, credo si possa fare di meglio!  Lascia il fondo di cottura nella padella antiaderente e aggiungi il vino della marinatura passandolo con un colino per evitare che ci finiscano avanzi di marinatura indesiderati. Mescola bene e porta a bollore. N.B. Io vengo dalla scuola di cucina delle mie nonne dove non si butta via niente! Quindi guai ad aprire un’altra bottiglia per la cottura, piuttosto cerca di scegliere bene la prima!

Passo 7: La temperatura e il tempo del secondo passaggio in forno

Quando il fondo di cottura bolle aggiungilo alla teglia della carne coprendola bene. Se non è sufficiente per coprire la carne aggiungi 1 o più mestoli di brodo. Ora inforna il tutto nel forno statico che hai già portato a 130°C. A questo punto dimenticati di tutto per le prossime ore, fin tanto che il brodo non si è ristretto. Per tutto il tempo di cottura il liquido deve sobbollire, quindi per la temperatura regolati in modo che sia i minimi gradi per avere questa condizione. Nel mio caso sono 130 °C. A seconda del forno e degli ingredienti passeranno circa 4 ore. N.B. Tu conosci il tuo forno, io no! Allora mi raccomando, dopo 2 ore ruota la teglia di 180°C: se le resistenze non cuociono proprio tutte uguali eviterai di avere un lato con 2 pezzi di carne meno cotta! Poco male… li ho rimessi in forno un’oretta ancora per domani!! ?

Passo 8: Preparare delle perfette cipolline

Nella stessa padella antiaderente metti 15 grammi di burro e 1 cucchiaio d’olio, 1 spicchio d’aglio e salta le cipolline fino a doratura senza romperle. Passeranno circa 10 minuti. A questo punto metti il brodo avanzato, una bella manciata di prezzemolo sminuzzato con le mani e aggiusta di sale e pepe. Io le ho disposte direttamente nel tegame col brodo avanzato, l’ho coperto e ho lasciato cuocere a fuoco bassissimo finché la carne non era pronta.

Passo 9: Preparare i Funghi Champignon

Ormai il peggio è passato!! Fare i funghi è la cosa più facile… ma devi farli bene bene! Nella padella col fondo delle cipolline cuoci i funghi che avrai tagliato a fettine a fuoco vivace 5 minuti per lato girandoli con una pinza. Poi riponili nella ex ciotolina che avevi usato prima per la pancetta a cubetti, così non stai a sporcare una roba in più! Io non sono Julia Child… e non voglio diventare sul serio una casalinga disperata con 100 piatti da lavare, anche se li lava la lavastoviglie!! A questo punto buone cose, ci rivediamo tra 3 ore almeno!

Passo 10: Assemblaggio e fine cottura

Nel mio forno sono passate circa 4 ore. Ora occorre assemblare la carne con le cipolline e i funghi in padella e far restringere ancora un po’ il sugo. Per fare questo prendi altri 15 grammi di burro, togli la carne dalla teglia da forno e mettila a rosolare in padella un minuto. Aggiungi le cipolline e i funghi. Lascia andare un altro minuto poi metti quel sughetto meraviglioso. A questo punto prepara i due piatti disponendo la carne, le verdure e la salsa e completando con un po’ di prezzemolo tritato.

Preparare il Boeuf Bourguignon di Julia Child mi ha dato tantissima soddisfazione. E ti dirò, è più difficile a dirsi che a farsi! Come tempi calcola un’ora di preparazione iniziale + 4 ore di cottura (in cui puoi benissimo fare altro) + 15 minuti di lavorazione finale circa per metterla in tavola. Il risultato è una carne che si taglia con un grissino con una salsina deliziosa!!

E ora che vino ci abbiniamo? ?

Di primo acchito ho pensato di osare uno spumante e riprendere le uve barbera… poi Davide ha detto che almeno stasera vuole “osare” un buon rosso. Poi ho vagato mezz’ora nella mia cantina come un’anima persa in cerca di idee… ed ecco l’ispirazione!! Mi sono ricordata dei deliziosi vini che mi ha portato la mia collega ungherese vincitrice dei Millésima Blog Awards Ágnes Németh e ho deciso di provare questo:

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ST. ANDREA HANGÁCS EGRI BIKAVÉR GRAND SUPERIOR 2013

Vitigni: Kékfrankos 50%, Pinot Noir 17% Merlot 16%, Cabernet Franc 12%, és Kadarka 5%

Analisi: Alcohol: 14,73 %, T.acid: 5,8 g/l, Estratto secco: 30,0 g/l

Terreno: Forestale, con suolo argilloso

Clima 2013: Clima continentale, inverno freddo, caldo estivo, siccità, precipitazioni annuali nel 2013: 730 mm

Viticoltura: età dei vigneti 12-14 anni, densità: 5000 ceppi /ha

Epoca di vendemmia: 25 settembre – 21 ottobre

Imbottigliamento e produzione annata 2013: sono state prodotte 15.713 bottiglie il 10 ottobre 2015

Per saperne di più ti invito a guardare il sito di questa cantina cliccando qui!

 

 

Questo vino mi è piaciuto tantissimo! Ha la speziatura tipica dei vini rossi ungheresi, un frutto maturo (ciliegia e mora) quasi in confettura delizioso. Il finale è profondo, con note di sottobosco e corteccia umida. Al palato è elegante, molto fine, coerente al naso, intenso e con una grande persistenza. Ha accompagnato la Boeuf Bourguignon alla perfezione!

Sono le ore 21 del 31 dicembre 2017. Ora mi dedico a Davide, abbiamo un programmino perfetto per questo Capodanno 2018: mangiare questa deliziosa Boeuf Bourguignon di Julia Child abbinata al vino ST. ANDREA HANGÁCS EGRI BIKAVÉR GRAND SUPERIOR 2013 e il famoso dolce che ho fatto ieri (… ma quella ricetta e il vino abbinato te la scrivo domani! ?) e guardare un bellissimo film! [Aggiornamento: Davide conferma che la mia Boeuf Bourguignon era squisita e non ha resistito da mangiarsela tutta e leccarsi tutta la teglia col pane… ma ora è stremato ahahaha! Occhio che sta salsina crea dipendenza!]

E tu come passerai questo Capodanno 2018? Hai mai cucinato il Boeuf Bourguignon di Julia Child? Fammelo sapere in un commento! ?

Buon anno a tutti voi ❤

Chiara

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Esame AIS: domande & risposte per iniziare il 2018 ripassando insieme!

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Grazie al mio lettore Christian che proprio in questi giorni ha sostenuto l’Esame AIS, ti condivido questo articolo sulle domande d’esame che sicuramente ti sarà utile per studiare. Ho dato delle brevi risposte per aiutarti a ripassare… spero di esserti d’aiuto! ? Il consiglio migliore che posso darti è esercitarti su domande come queste, magari sostituendo i Paesi, i Vitigni, i piatti da abbinare e le Regioni! Rispondere a queste domande mi ha ricordato il periodo in cui seguivo le lezioni dell’AIS nella delegazione Alta Romagna… quanto mi piacevano! Tanti amici appassionati di vino come me… alcuni relatori straordinari come Bruno Piccioni, Giorgio Amadei, Roberto Gardini… Bei tempi! ?

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Esame AIS – Domanda 1 | Cile: vitigni e zone vitivinicole.

I vitigni a bacca bianca più coltivati in Cile sono Chardonnay e Sauvignon Blanc. I vitigni a bacca nera più coltivati in Cile sono Merlot, Cabernet Sauvignon, Sirah e Carmenère. Le zone vitivinicole sono la Valle di Rapel, la Valle di Colchagua, Maipo e Casablanca.



Esame AIS – Domanda 2 | Indicare le principali aree del Cannonau.

Il Cannonau è prodotto nelle zone vitivinicole dell’Ogliastra, della Baronia, Barbagia e del Nuorese.

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Esame AIS – Domanda 3 | Cognac: da cosa si ottiene e in che zona viene prodotto?

Il Cognac è un distillato di vino prodotto in un’area delimitata tra i dipartimenti di Cherente e Cherente Maritime a 130 km da Bordeaux, tra le colline del Limousin e del Perigord e l’Oceano Atlantico. Leggi tutti i miei appunti completi sul Cognac.

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Esame AIS – Domanda 4 | Elencare i 10 vitigni più coltivati e significativi in Alto Adige.

I 10 vitigni più coltivati dell’Alto Adige sono: Pinot grigio, Pinot Bianco, Gewürztraminer, ChardonnaySauvignonSylvaner, Kerner, Schiava, Lagrain, Pinot Nero.



Esame AIS – Domanda 5 | Definisci “Armonico” nella degustazione del vino. Qual è la sua scala di valori?

L’armonia è l’insieme delle valutazioni date al vino ed è valutata positivamente partendo dalla soddisfazione di due requisiti fondamentali:

  1. coerenza delle caratteristiche dei vari esami del vino;
  2. elevato livello qualitativo del vino.

Scala di valutazione:

  • ARMONICO: tutte le caratteristiche valutate durante i 3 esami dell’analisi sensoriale si combinano in modo perfetto;
  • ABBASTANZA ARMONICO: leggera discrepanza di una o più caratteristiche valutate durante i 3 esami dell’analisi sensoriale;
  • POCO ARMONICO: netta discrepanza tra le caratteristiche valutate durante i 3 esami dell’analisi sensoriale.

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Esame AIS – Domanda 6 | Vin Doux Naturel: cosa sono e dove vengono prodotti. Esempi?

Li amo!! Vin Doux Naturel in poche parole sono vini fortificati, ovvero vini dove la fermentazione è rapidamente bloccata per evitare che tutti gli zuccheri si trasformino in alcol e viene aggiunto alcol per aumentare il tenore alcolico. I miei preferiti sono il Porto e il Moscatel de Setubal… che ho scoperto proprio alle lezioni AIS con un delizioso Bacaloha 2011! I Vin Doux Naturel sono anche una AOC della Francia meridionale, soprattutto del Languedoc Roussilion! Li ne ho bevuti di splendidi, primo tra tutti il Muscat de Saint-Jean-de-Minervois! Questi vini sono prodotti con uve Moscato d’Alessandria e Muscat à Petits Grains. I più conosciuti sono Muscat de RivesaltesMuscat de LunelMuscat de FrontignanMuscat de Mireval e, appunto, il Muscat de Saint-Jean-de-Minervois!

Esame AIS – Domanda 7 | Manzo al timo: indicare le principali caratteristiche organolettiche, quelle del vino in abbinamento, indicandone il nome.

Per analizzare le sensazioni organolettiche della tagliata di manzo, pensando ad una media cottura, mi viene in mente immediatamente la succulenza indotta della carne (poco cotta o mediamente cotta favorisce la masticazione e quindi anche la salivazione) e poi subito dopo penso all’aromaticità, alla tendenza amarognola ed alla persistenza gusto olfattiva del timo. Per questo abbinerei un vino alcolico per contrastare la succulenza della carne, intenso, morbido e persistente per contrastare le sensazioni del timo. Visto che amo molto le langhe, abbinerei un Barolo!



Esame AIS – Domanda 8 | Qual è la differenza tra grassezza e untuosità?

Grassezza e Untuosità sono entrambe sensazioni morbide che differiscono perchè la prima riguarda i grassi solidi (principalmente animali) che danno una sensazione pastosa in bocca perché non si sciolgono subito, mentre la seconda riguarda gli oli vegetali o i grassi solidi liquefatti come il burro fuso.

GRASSEZZA: grassi solidi, ovvero quelli che danno una percezione solida tra lingua e palato. Il burro ed il lardo danno quella sensazione pastosa in bocca perché non si sciolgono subito. Anche il cioccolato tendenzialmente lo è perché contiene quasi sempre almeno un 30 % di burro di cacao che è responsabile di quella nota pastosa che il cioccolato, soprattutto fondente, ci lascia in bocca dopo la deglutizione. Ma anche la carne, il formaggio, alcuni salumi…

UNTUOSITA’: è riferita all’olio vegetale. Mentre il grasso è qualcosa di solido, la nota untuosa è qualcosa di liquido che rende la lingua velata ed insensibile. Viene data dalla presenza di olio o grassi liquefatti come il burro fuso (da contemporaneamente sensazione di grassezza ed untuosità). Se in una preparazione non c’è olio vegetale e non ci sono altri grassi liquidi non possiamo avere questa sensazione!

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Esame AIS – Domanda 9 | Abbinamento cibo-vino: mi scrivi un abbinamento per Concordanza e un abbinamento per Contrapposizione?

Abbinamento per concordanza significa che le caratteristiche del vino: Vino dolce con cibo dolce. Ad esempio una torta al cioccolato con un Centesimino Passito. Abbinamento per contrapposizione: Vino dolce con cibo piccante. Ad esempio un Sauternes con un formaggio erborinato.

Per approfondimenti sulla Scheda di Abbinamento Cibo-Vino clicca QUI.

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Esame AIS – Domanda 10 | Che caratteristiche hanno i vini barricati? Come la barrique influenza il vino?

Il legno conferisce, grazie a dei lentissimi scambi di ossigeno, variazioni di colore, profumo e gusto al vino. Il colore si scalda virando al granato per i rossi e all’oro intenso per i bianchi e il profumo acquisisce sentori evoluti con note di frutta sotto spirito, solvente, pelliccia, caffè, burro, vaniglia, frutta secca, cacao e tabacco. Il gusto diventa più morbido ed equilibrato perché gli acidi in parte si trasformano e si combinano mentre i tannini giovani delle bucce modificano la propria struttura, polimerizzano e precipitano.

Per approfondimenti leggi Maturazione e invecchiamento.




Esame AIS: Vuoi ripassare ancora un po’ con me?

Se vuoi approfondire qualche altro argomento, scrivimelo in un commento!

Cheers <3

Chiara

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Giacomo Gironi: Le 10 regole per essere un perfetto Sommelier (come lui)

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Ieri, mentre ero sul Frecciarossa di ritorno dalla manifestazione “Io Bevo Così” all’Hotel Gallia di Milano, mi capita sotto mano il post del Decalogo del Sommelier di un mio amico Facebook, il Sommelier Giacomo Gironi. L’ho trovato talmente bello e ricco di spunti interessanti da avergli chiesto di poterlo pubblicare sul mio wine blog! Giacomo dice che per lui il Sommelier è la persona che gestisce la cantina di un ristorante e si occupa del servizio del vino e non fa rientrare in questa categoria gli appassionati, gli esperti, gli agenti… e anche i wine blogger come me! In effetti già qui c’è un interessante spunto di dibattito! Per te il sommelier è solo il professionista che gestisce la cantina di un ristorante oppure chiunque ha fatto un corso per Sommelier è a tutti gli effetti un vero Sommelier? Scrivimi cosa ne pensi in un commento!



Decalogo del Sommelier: Regola 1

“Non chiudere accordi alle spalle dell’azienda per la quale lavori. Quei du spicci in più che fai, se vieni sgamato, ti fanno segnare in una black list lunga come l’elenco telefonico di tutta la città dove operi”.

Ecco, sarà che io non ho mai davvero lavorato in sala che non ho idea di cosa significa questo punto. Cioè, che accordi fa un sommelier poco corretto? Ho letto questa regola almeno 3 volte e l’unica cosa che mi è venuto in mente è che un Sommelier si accordi con una cantina che conosce per vendere i vini al ristorante dove lavora prendendo una % extra. Oppure che la cantina alzi il prezzo al Ristorante per riconoscere una % al Sommelier? Sono totalmente fuori strada?

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Decalogo del Sommelier: Regola 2

“Ci sarà sempre chi ha bevuto meglio e più di te, non ti crucciare di questo e ricorda che il tuo obiettivo rimane la movimentazione della cantina! Il resto è formazione che, nel caso del vino, si fa sul campo (degustazioni, fiere, visite ai produttori…)”.

Parole sante, anzi santissime! Per me il Sommelier professionista deve movimentare la cantina e fidelizzare i clienti. Stop! E per fare entrambe le cose, basta seguire questa semplice regola: non porti a priori in una posizione superiore a quella del tuo interlocutore. Non conosci né lui, né la sua esperienza. Anzi, se capisci di avere davanti un interlocutore preparato, anche molto più di te, godine: puoi arricchirti di questo. Inoltre sai che bella soddisfazione far scoprire a una persona preparata una bottiglia che non aveva mai assaggiato prima?



Decalogo del Sommelier: Regola 3

“Partecipa fin dove ti è possibile a tutte le degustazioni con consapevolezza: assaggia-sputa-sciacqua-grissino-assaggia-ricorda-memorizza-appunta. Scardina i miti e lavora per costruire un tuo linguaggio. Il tempo te ne renderà merito”.

Concordo anche su questa regola d’oro… io però ecco, lo ammetto… ho un limite: il vino non lo sputo. Oddio, in realtà l’ho sputato una sola volta, quando ero in Francia per le degustazioni riservate a noi vincitori dei Millésima Blog Award 2017! In un giorno è capitato di aver assaggiato oltre le 100-150 etichette… e lì sputare era davvero inevitabile! Nelle degustazioni “normali” però cerco di non superare mai le 50 etichette giornaliere e quindi in questi casi un piccolissimo sorso lo bevo sempre. Per me sputare ci fa perdere una parte delle sensazioni… comunque quello che ho imparato alle degustazioni è che non posso vivere senza la Moleskine Wine Journal… proprio adesso ne ho ordinata un’altra su Amazon a questo link!  Non ci sono santi che tengano, la batteria dell’iPhone non basta nemmeno con il power bank se prendo tanti appunti!

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Decalogo del Sommelier: Regola 4

“Osserva i mercati e i trend, sono un ottimo volano per le selezioni! Ricorda però che questi non sono il Verbo, perciò pensa con la tua testa anche se sei a casa di Roche e De Villaine”.

No, non chiederti chi cazzo sono Roche e De Villaine… e non preoccuparti, anche io ci ho messo qualche minuto per fare il collegamento mentale! Stiamo parlando delle due famiglie che gestiscono la proprietà Romanée-Conti. Ho detto tutto! Anche questa regola è fondamentale e la condivido in pieno: è la stessa che ho usato io nella selezione dei vini spumanti della mia Guida Vini Spumanti “500 bolle in 500”! Ovvero è importante premiare il blasone, ma in Italia abbiamo una varietà ampelografica e una cultura enologica tale che considero una follia non scoprire anche le chicche più nascoste di cantine che spesso sono molto poco conosciute!

decalogo del sommelier guida vini spumanti

Decalogo del Sommelier: Regola 5

“Non ti fottere le bocce. Mai! Non ha senso! Il vino è un gioco costoso, è vero, ma la rettitudine non te la dà indietro nessuno e se bevi troppo in fretta, sulle spalle degli altri, poi altrettanto in fretta e sulle tue spalle, TI BRUCI (vedi la fine che fai se non segui la regola 1)!”

Ammetto che questa regola mi ha un po’ spiazzato. No ma davvero ci sono Sommelier che rubano le bottiglie dai ristoranti dove lavorano? Davvero?

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Decalogo del Sommelier: Regola 6

“Levate la spocchia, che nun stai a salvà vite umane e al limite sei il cotton fioc dell’anima e misura le esternazioni quando sei a un tavolo (ma anche nella vita)! Ricordati che non sai chi hai davanti e anche se fosse uno che sceglie il vino più o meno costoso dalla tua carta avendo per criterio solamente il prezzo, tu devi essere felice di accontentarlo e raccontargli una storia. Avrai la sua fiducia per sempre!”.

Giacomo Gironi merita tutto il mio rispetto già solo per questa regola! Basta cari miei colleghi Sommelier, avete rotto i cojoni con sta puzzetta sotto il naso! Come ha scritto Giacomo, non siamo cardiochirurghi stile E.R. o Gray’s Anatomy, e probabilmente non siamo nemmeno fighi come George Clooney e le nostre tette non sono grosse come quelle della bellissima Katherine Heigl! Punto.



Decalogo del Sommelier: Regola 7

“Osserva bene il posto dove operi e da lì costruisci la tua cantina: è inutile e dannoso in un posto il cui ticket medio è 35 €, o in un ristorante da 15 coperti, mettersi a fare una carta da 1000 etichette di cui 500 bombe a mano. Se lo fai, semplicemente non hai capito il tuo lavoro!”

Su questo argomento mi è proprio capitato di confrontarmi qualche anno fa. Un collega Sommelier mi suggerì di inserire nella carta del ristorante del mio ex fidanzato un migliaio di bottiglie suddivise per regione e nazione. Peccato che era un ristorante da 30 coperti, con un ticket medio a persona proprio di 35 – 40 €. In questi casi la carta giusta deve essere rapportata al giro potenziale della cantina, e non all’ego del Sommelier che la redige. Per questo credo che ci dovrebbe essere più attenzione a questa parte quando si studia per diventare Sommelier!

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Decalogo del Sommelier: Regola 8

“Droghe e Alcool (lo so, fa ride) tienile fuori e ben separate dal lavoro. La conseguenza è sempre la stessa: è un attimo che ti rovini. Servire è l’unione perfetta tra l’arte ed il metronomo. Ciò che confonde, disperde”.

Questo punto mi astengo dal commentarlo.



Decalogo del Sommelier: Regola 9

“Il Vino sposta il conto in un ristorante perciò si certo di ciò che maneggi e suggerisci. L’obbiettivo è sempre quello di rivedere l’ospite”.

Ecco, proprio di recente mi è capitato di essere “in incognito” in un ristorante dove hanno cercato di vendermi uno champagne giovane da oltre 100 € in una cena che aveva come piatto di portata principale un risotto ai carciofi e ostriche. Già l’ignoranza di chi propone un abbinamento simile non ha limiti… ma vogliamo poi parlare del conto? Ero a mangiare da sola, un pranzo di lavoro veloce prima di vedere un cliente. Può essere verosimile che un cliente in un pranzo con menu fisso da 15 € che comprende un antipasto e un primo piatto ti compra una bottiglia di Champagne da oltre 100 €? Bisogna avere l’oidio nella testa, cappero!

Decalogo del Sommelier: Regola 10

“Il Sacrificio credo sia una puttanata, la dedizione no. Organizzati il tuo tempo, che come hai notato nei 9 punti precedenti può essere il tuo migliore amico o il tuo peggior nemico. Questo lo decidi solo tu”.

Questa regola apre due spunti di riflessione. La prima è che non devi mai sacrificarti per un progetto che non è il tuo se non a un giusto compenso… a meno che proprio non lavori in un posto o per una persona speciale che ti può arricchire e la consideri formazione. La seconda  cosa è che il tempo è una cosa preziosa e imparare ad organizzarlo può portarti molto in alto… ma allo stesso modo sprecarlo ti affosserà in un vortice senza ritorno. Insomma cerca di trovare le persone su cui investire… ma prima investi sempre su te stesso!

decalogo del sommelier“Ho fatto le 4 pe scrivete sta cosa. Mo vedi de nun fa cazzate. Un abbraccione”.

Sommelier Giacomo Gironi

Grazie Giacomo per il tuo lavoro!

E tu sei un sommelier professionista o amatoriale? Sei un Ristoratore, un Cliente o entrambi? Fammi sapere cosa pensi del Decalogo del Sommelier di Giacomo in un commento!

Cheers

Chiara

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